Vabbè, nessuno pensa davvero che Ritorno al Futuro sia un film con una trama solida: la suspension of disbelief è massima… Ma Jeffrey Dean la pensa altrimenti, e ha scritto questo libro per mostrare al fan e al curioso quali sono gli errori marchiani ma anche come sia possibile cercare di far quadrare capra e cavoli (spolier: occorre la teoria del multiverso). Metà del libro è anche dedicata a un reboot della storia, secondo i suoi parametri.
Detto questo, ho trovato il libro inutilmente ripetitivo, oltre ad avere una quantità impressionante di errori di spelling. Qualche idea buona c’è, ma non credo valga la pena di leggerlo per riuscire ad estrarle dalla prosa.
(Jeffrey Dean, The Many Worlds of Back To the Future, 2020 [2015], pag. 466, € 0,89, ASIN B012MJUIU8)
Voto: 2/5
La scorsa settimana Anna e io siamo andati a vedere
Si dice sempre che siamo frutto del caso. Ma quanto è davvero così? Secondo Sean Carroll lo è molto di più di quanto possiamo mai pensare. In questo libro racconta l’insieme di eventi che ci hanno portato ad esistere, a partire dal famoso asteroide che ha cancellato quasi tutta la vita sulla Terra e ha permesso ai mammiferi di uscire dalla propria nicchia per colonizzare il pianeta, per arrivare a una spiegazione di come mai possono esserci mutazioni – non ci crederete: una fluttuazione quantistica può modificare una base del DNA anche senza nessun errore di trascrizione da parte dell’RNA messaggero. Ci sono alcuni esempi di persone particolarmente fortunate o sfortunate, ma mi pare siano stati messi solo per colorire un po’ il testo. Carroll afferma chiaramente che è inutile ipotizzare l’esistenza di Dio, visto che il caso spiega tutto; nell’ultimo capitolo del libro costruisce un panel immaginario con vari umoristi e comici (più Camus e Monod, suoi idoli) sul tema “perché voi siete statisticamente meno legati al concetto di Dio” che mi è parso piuttosto fuori contesto. Buona la traduzione di Allegra Panini.
Io e la fisica non siamo mai andati molto d’accordo. All’università il mio “senso fisico” era un predittore abbastanza infallibile, purché lo considerassi come correlazione inversa, nel senso che se tra le possibilità A e B io ritenevo giusta A, allora dovevo usare B per arrivare alla soluzione corretta.
Credo che tutti noi abbiamo detto più e più volte che il famigerato paniere Istat è tarato per farci credere che l’inflazione sia molto minore di quello che vediamo davvero. Confesso di averlo pensato anch’io: ecco perché questo libro è importante. Barbieri e Giacché, che hanno lavorato a lungo in Istat, compongono una storia del paniere che si intreccia con quella dell’Italia e con quella di cinema, televisione e canzoni italiane, immagino per passione degli autori. Dalle spiegazioni dettagliate su come beni e percentuali relative sono cambiate negli anni vediamo una lenta ma continua evoluzione della nostra nazione. Non sono taciuti i problemi – tanto per dire, le rilevazioni non sono fatte in tutta Italia ma solo in alcuni capoluoghi di provincia – ma si spiega anche il duplice motivo per cui l’inflazione percepita è molto maggiore della reale. In pratica ci sono due ragioni: la prima è che noi tendiamo ad accorgerci più dei rincari che dei ribassi, che pure ci sono: si pensi al costo delle telecomunicazione. La seconda è che un prodotto entra nel paniere quando la spesa relativa per i consumi delle famiglie è uguale o superiore a un millesimo della spesa totale da esse sostenuta. Questo implica che i prodotti entrano quando sono ancora cari, e man mano che vengono adottati calano di prezzo. Consiglio vivamente la lettura anche e soprattutto a coloro che credono che la statistica sia solo un insieme di aridi numeri.
Lo dico subito: non è il tipo di libro per me: il voto non altissimo dipende da questo, perché il libro di per sé è fatto molto bene. Io sono un tipo molto impressionabile, e leggere tutti i modi in cui si può morire, e soprattutto cosa succede mentre si muore in quei modo, spesso era davvero troppo. Se però non avete lo stomaco debole questo libro è davvero una miniera di informazioni su tante cose. La vita di Shakespeare, per quel poco che ne conosciamo; la vita in Inghilterra e soprattutto a Londra a cavallo del XVII secolo, con le epidemie di peste che sconquassavano la vita cittadina; ma principalmente come funzionava il mondo delle compagnie teatrali e come si potevano mettere “in scena” tutti questi tipi di omicidio (non lo si faceva: dopo le ultime battute l’attore usciva di scena e il pubblico sapeva per convenzione cosa succedeva). Harkup mi pare davvero infatuata di Shakespeare, dandogli molti più crediti sulla conoscenza della fisiologia umana di quanti egli probabilmente avesse, anche tenuto conto che suo genero era un medico; ma a parte questo, il suo lavoro di ricerca è davvero completo. La traduzione di Davide Fassio è scorrevole.
La teoria dei numeri è nata parlando di numeri naturali. Occhei, anche adesso parla di numeri naturali, ma le tecniche che si usano spaziano più o meno ovunque nella matematica. Joe Roberts in questo libro ha raccolto proprietà varie di un certo insieme di numeri, da 1 a 357686312646216567629137 (il più grande primo troncabile, nel caso ve lo chiedeste.) La fregatura è che molte di queste proprietà non sono certo elementari, sono semplicemente enunciate senza dimostrazione. e a volte la notazione usata risulta un po’ oscura. Per chi è davvero interessato, però, la bibliografia dopo ciascuna di queste proprietà dovrebbe essere sufficiente per capire di cosasi parla. Certo, bisogna essere ferrati in teoria dei numeri…
Ecco, forse definire “undergraduate level” (soprattutto per quanto riguarda l’università anglosassone, ma forse in Germania il livello è più simile al nostro) questo libro è piuttosto esagerato. Il testo ha infatti un approccio molto algebrico, e almeno a mio parere presuppone che si abbia già una conoscenza dei temi trattati e si voglia un approccio molto formale e algebrico: da questo punto di vista direi che è molto ben fatto. Come sempre, insomma, bisogna accordarsi su cosa si vuole dal testo :-)