Sto leggendo il libro di Carlo Bordoni Il paradosso di Icaro, sulla necessità della disobbedienza. Almeno in queste prime pagine l’autore fa affermazioni non troppo condivisibili, almeno per me: ma c’è un punto che mi ha fatto fermare e costretto a scrivere queste righe. A pagina 53, parlando della vita come “disordine” e portando quindi il discorso sull’entropia, Bordoni infatti scrive:
Nella teoria dell’informazione persino il rumore (noise) produce senso, ed è tanto più efficace quanto meno è prevedibile.
Bene, anzi male: Bordoni non ha capito nulla, o meglio ha confuso due concetti del tutto diversi. È vero che un segnale perfettamente prevedibile non porta informazione, o se preferite porta un singolo bit: se so che dopo uno 0 mi arriverà una sfilza di altri 0, è inutile che stia a sentirli tutti. È anche vero che meno un segnale è prevedibile più informazione esso porta, e che per definizione un segnale davvero casuale è totalmente imprevedibile. Ma nella teoria dell’informazione il segnale da solo non basta, perché ci vuole anche un codice che mi permetta di tradurre il segnale in informazione. I cifrari monouso, quelli in cui ogni carattere viene codificato per mezzo di una chiave del tutto casuale e non ripetuta, funzionano proprio perché tutti i possibili messaggi decodificabili hanno la stessa probabilità di essere quello vero, e quindi il messaggio codificato è rumore puro per chi non ha il codice. Ma il senso non viene affatto prodotto dal rumore, bensì appunto dal codice applicato al rumore, un po’ come nelle cuffie a cancellazione d’eco.
Il guaio come al solito è che si usano concetti matematici orecchiati senza averli capiti, contando sul fatto che il lettore tipo non li ha comunque capiti. Non mi pare una grande idea…