Quando andavo a scuola io, gli assiomi della geometria euclidea erano quelli di Euclide, e non si scappava. Si sapeva da decenni che Euclide aveva dimenticato qualcosa, e che Hilbert aveva aggiunto altri assiomi impliciti come quello di Pasch, costruendo così un nuovo e più corretto sistema di assiomi; ma si faceva finta di niente. Quindi a noi insegnavano che un segmento poteva essere prolungato a piacere da ambo i lati, e buona lì. (Occhei, quelli meno attenti alla verità storica dicevano “la retta è infinita”, ma non stiamo a disquisire sulle parole.)
Ora le cose sono cambiate, e gli assiomi di ordinamento a quanto pare entrano anche nel libro di matematica per la prima liceo artistico che Cecilia sta frequentando. Così a pagina 507 mi trovo un testo che dice «I punti di una retta possono essere ordinati in modo che […] b. dato un punto P, esistono sempre due punti A e B, tali che A precede P e P precede B.» Fin qui nulla da eccepire. Poi però mi trovo anche la nota «Il punto b. dell’assioma ci dice che una retta orientata può essere prolungata illimitatamente sia nel verso fissato sia in quello opposto.» e qua eccepisco.
Prendiamo un modello dove i punti sono punti, il “piano” è un cerchio senza la circonferenza che lo racchiude e le rette sono corde di questo cerchio. Evidentemente non abbiamo un piano come ce lo aspetteremmo dalla geometria euclidea: eppure esso rispetta il punto b. qui sopra, come è facile vedere prendendo i punti a metà tra P e i due estremi. Naturalmente la cosa era ben chiara a Hilbert, che tra i suoi assiomi aggiunge quello di Archimede che ha il doppio vantaggio di assicurare la continuità della retta da un lato ma anche di poter avere una retta lunga a piacere dall’altro; altrimenti ci troviamo nella situazione di Achille e tartaruga, dove si può sempre trovare un punto più in là ma non si arriva mai alla meta. Ed effettivamente gli autori una decina di pagine dopo aggiungono quasi come post scriptum l’assioma di continuità con una formulazione corretta («Comunque fissati un segmento (non nullo) u come unità di misura e un numero reale positivo k, esiste un segmento la cui misura rispetto a u è il numero k.»), ma vedendolo appunto solo come continuità e non come illimitatezza.
Insomma, se non si metteva la parolina “illimitatamente” nella nota e la si portava assieme all’assioma di continuità non si sarebbe fatto male nessuno. Quello che posso immaginare è che qualcuno completando il libro si sia fatto prendere la mano. Ma a me resta un dubbio. Io non userei gli assiomi di Hilbert nemmeno al liceo scientifico e al più accennerei alla loro esistenza. Non parliamo dell’artistico. Perché si vogliono complicare così le cose?