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Battisti, Wu Ming e confessioni

Molti dei commenti nella mia bolla alla notizia odierna secondo cui Cesare Battisti avrebbe ammesso di avere commesso i quattro omicidi di cui è imputato sono stati del tipo “Ecco, adesso i Wu Ming si dovrebbero vergognare del supporto datogli”. Io non riesco proprio a capire il perché.

Chi mi conosce sa benissimo che la mia stima verso Battisti è nulla, e quella verso i Wu Ming non molto più alta: in quest’ultimo caso soprattutto per i loro metodi, anche se ho il sospetto che la spiataffiata di testo che scrivono ogni volta giochi un ruolo non secondario. Però quando in passato avevo rapidissimamente scorso quanto da loro scritto al riguardo, mi pareva che più che di innocenza nel senso giuridico del termine loro parlassero di una sorta di innocenza “politica”, un modo per chiudere una stagione che ormai è passata. Io non sono assolutamente d’accordo, e anzi sono convinto che questa confessione così tardiva sia dovuta al tentativo appunto di uno sconto di pena a posteriori: ma ciò non toglie che la loro posizione sia logicamente sostenibile e la confessione sia appunto irrilevante nel contesto. Per una volta mi sento più a disagio con i loro detrattori che con loro :-)

Ultimo aggiornamento: 2019-03-25 19:48

L’ineducazione civica via social media

Lasciamo perdere la profezia in stile Fassino. Segnalo solo en passant che il commento di Matteo Salvini su Rami Shehata («A Rami piace lo Ius Soli? Lo potrà fare quando sarà eletto in Parlamento») mostra il solito stile del Capitano, forte con i deboli. (Per completezza, le lacrime di coccodrillo di Graziano Del Rio sono assolutamente ipocrite.)

Il mio punto è un altro. Perché ci sia una legge non serve “essere eletto in Parlamento”, ma serve che il Parlamento voti quella legge. Al più, nella becera deriva di questi ultimi anni, serve andare al governo e promulgare una legge che venga poi votata a colpi di fiducia dal Parlamento. Detto in altre parole, quello che bisogna fare è agire sull’elettorato attivo (chi vota) convincendolo a eleggere come propri rappresentanti persone e partiti che ritengano giusto avere lo ius soli: partiti tra i quali non ci sono certo quelli attualmente al governo (e probabilmente nemmeno la maggior parte di quelli all’opposizione, il che significa che forse prima di farsi eleggere occorre cambiare il pensiero all’interno dei partiti). Tutto questo dovrebbe essere assolutamente banale: né me la sarei presa più di tanto se Salvini avesse detto qualcosa tipo “Noi riteniamo lo ius soli errato come concetto: non è che un singolo atto possa fare eccezione”. In fin dei conti sarebbe stato qualcosa che ci si aspetta da lui. Invece, come al solito, l’ignoranza probabilmente voluta regna sovrana.

Ultimo aggiornamento: 2019-03-24 17:50

Ma voi lo sapete cos’è un aggregatore di news?

Mercoledì vi ho raccontato di come la direttiva europea sul copyright – ovviamente secondo chi la ha fortemente voluta, tanto che spiegano come l’articolo 13 serva semplicemente per operare sul divario di valore (“value gap”) tra chi detiene i diritti sulle opere creative (attenzione, non sugli autori…) e i grandi player come Google e Facebook. Oggi voglio invece parlare dell’articolo 11, la “snippet tax” che fa la stessa cosa ma per quanto riguarda le notizie. (Nota: nella versione che sarà votata l’articolo è diventato il 15, mentre il 13 è diventato il 17.)

Rispetto alla vecchia formulazione di settembre, qualcuno si è accorto che scrivere che si stava aggiungendo un nuovo diritto “sui generis” (no, non è un copyright) non era una gran bella mossa politica e quindi il testo è diventato ancora più involuto con citazioni e controcitazioni a direttive passate. Ma la cosa che ho trovato più interessante è la definizione di che cosa entra nell’articolo. Ci è stato spiegato sino alla nausea che il problema è che i cattivoni aggregatori di news sfruttavano il lavoro dei fornitori di notizie per guadagnarci su. Peccato che l’articolo ora reciti

Member States shall provide publishers of press publications established in a Member State
with the rights provided for in Article 2 and Article 3(2) of Directive 2001/29/EC for the
online use of their press publications by information society service providers.

Non vi pare che manchi qualcosa? Proprio così. Non si parla da nessuna parte di aggregazione. Detto in altri termini: bontà del legislatore, io – che sono un individuo e ho un blog non commerciale – sono graziosamente esentato dalle richieste di questo articolo; ma una qualunque entità commerciale che fa tutt’altro ma cita un singolo articolo di giornale con qualcosa in più di un “very short extract” (qualunque cosa sia un brevissimo estratto… come vedete, la terminologia è indiscutibilmente ambigua) potrebbe essere citata per non avere chiesto una licenza. L’avvocato De Angelis che martedì faceva gli onori di casa alla riunione sul copyright spiegava che probabilmente in Italia potremmo cavarcela con il diritto di cronaca, ma in altre nazioni UE questo non sarà possibile, alla faccia della direttiva che dovrebbe essere per un mercato unico digitale.

L’altra cosa che De Angelis ha notato è la durata di questo nuovo diritto: due anni (più il periodo fino al capodanno successivo, che per una notizia postata a gennaio significa quasi tre anni) dalla pubblicazione. Anche accettando il principio che un aggregatore di news tolga traffico ai siti, direi che siamo tutti d’accordo che dopo un mese a dir tanto nessuno cerchi più la notizia come “novità” e quindi il rischio di perdere traffico non c’è più. (Ve lo vedete voi qualcuno che pubblicizzi un servizio “è accaduto un mese fa”?) Peggio ancora, terminato questo periodo potrebbe entrare in gioco il diritto all’oblio: quello che insomma si potrebbe avere è una censura nei confronti di certe notizie.

Tra l’altro, pur non essendo certo chissà quale risultato – per esempio non si parla per nulla della libertà di panorama – il resto della direttiva ha raggiunto dei compromessi accettabili. Io sono una Brutta Perzona (TM), e ho come la sensazione che questo sia stato fatto per raccogliere consenso da una serie di enti che l’anno scorso erano contrari: vedi per esempio l’Associazione Italiana Biblioteche. Personalmente, anche se forse Wikipedia non sarà toccata (a me non piace che nei considerando si parli di “senza fini di profitto” e non “senza fini di lucro”), cerco sempre di vedere le cose da un punto di vista più generale: e anche se apprezzassi il razionale dietro questi due articoli non posso accettare la loro formulazione che non mette in pratica la teoria.

Poi è chiaro che il mio parere scritto qua conta zero, ma almeno i miei ventun lettori possono conoscerlo e farsi un’idea loro, dato che a questo giro la stampa non si è nemmeno data cura di postare le veline a favore di questa bellissima direttiva…

Chiara Appendino rischia?

Venerdì scorso sono andato a Torino a parlare di matematica agli studenti. Non essendo così di fretta mi sono fatto a piedi la strada da Porta Susa al Sermig (sono meno di tre chilometri), e nel percorso mi sono fermato in una panetteria che ho trovato per strada per prendermi un po’ di “pizza rossa” (focaccia al pomodoro, per i non subalpini). Mi trovavo in una zona centrale ma non ancora gentrizzata, anche se a due passi dal Quadrilatero Romano; la panetteria era il classico negozio di prossimità. Davanti a me c’erano quattro o cinque persone, evidentemente clienti noti perché la panettiera li chiamava per nome; assieme al pane dava loro dei foglietti, dicendo di lasciarne uno al portone del loro condominio, e commentando che sperava che lunedì sera partecipassero in tanti.
Alla fine ho capito di che si trattava: un incontro contro il progetto della giunta Appendino per il prolungamento dell’orario di chiusura alle auto del centro storico (ora lo è solo al mattino, lo diventerebbe per tutto il giorno con accesso a pagamento un po’ come AreaC a Milano) e una regolamentazione dei dehors, con l’eliminazione di un buon numero e l’aumento delle tasse di occupazione di suolo pubblico per gli altri.

Considerando che la panetteria non aveva dehors, direi che non era quest’ultimo il punto del contendere, ma evidentemente il primo. Se non ricordo male il quartiere centro aveva comunque votato per Fassino, lo so: sono state le periferie a dare la vittoria ad Appendino. Ma qui non stiamo parlando di radical chic, il che mi fa pensare che i problemi per la giunta pentastellata sabauda siano molto maggiori di quelli che si possono percepire da lontano.

Povero Travaglio

Dev’essere dura sperare di aver finalmente trovato un partito (pardon, un moVimento) che la pensa come te sul giustizialismo senza se e senza ma, e poi scoprire che non è così. Tralasciamo la considerazione che non stavamo parlando di un giudizio penale del popolo, ma bensì di un modo per sottrarre qualcuno al giudizio: nonostante il quesito pentastellato lo spiegasse bene (il quesito finale era persino più esplicito di quello già per me chiaro di cui scrivevo ieri) non credo siano stati molti i votanti che se ne siano accorti.

D’altra parte è molto più facile essere giustizialisti quando lo Stato non siamo noi, è nella natura umana. Il problema per Travaglio è però un altro: lui funziona meglio come oppositore a prescindere, e in effetti il Fatto Quotidiano andava benissimo con Berlusconi al governo, ma in questo momento a quanto pare non c’è un’opposizione urlante, checché Renzi speri. Povero Travaglio, davvero.

Ultimo aggiornamento: 2019-02-19 09:53

Rousseau e l’autorizzazione a procedere contro Salvini

Io non faccio parte del gruppo di quelli che si lamentano perché nella domanda posta agli attivisti M5S su Rousseau “bisogna dire sì se si intende dire no”. Se il testo è quello indicato sul Fatto Quotidiano, le opzioni sono assolutamente chiare: “Sì, quindi si nega l’autorizzazione a procedere” oppure “No, quindi si concede l’autorizzazione a procedere”.

I miei dubbi sono sulla domanda che viene fatta:

“Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?”

Leggete attentamente la frase. Cominciamo a togliere l’inciso: “Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?” La risposta sarebbe chiaramente “non so”: noi non siamo parlamentari e non abbiamo certo dati sufficienti a disposizione per rispondere a questa domanda. Ma c’è l’inciso, direte voi: un po’ come in quei compiti in cui l’insegnante, mosso a pietà dei suoi studenti, prepara la traccia in modo che chi è almeno un pochino sveglio capisce cosa deve fare. Dunque, la “tutela di un interesse dello Stato” sarebbe stata il “redistribuire i migranti nei vari paesi europei”. Beh, non è stato proprio del tutto così, ma probabilmente il votante medio se lo è già dimenticato. Ma anche ammesso che lo fosse stato, la domanda dovrebbe sorgere spontanea: perché solo in quel caso ci sarebbe stato un interesse dello Stato da tutelare, mentre per tutti gli altri sbarchi successivi tale interesse sarebbe misteriosamente scomparso? C’è qualcosa che non va.

Morale della storia: capisco che l’intelligencija pentastellata abbia bisogno di pararsi il culo e trovare una scusa per non fare quello che hanno sempre sostenuto essere doveroso, cioè votare per un’autorizzazione a procedere (che ricordo non è un’ammissione di colpevolezza, ma la possibilità di fare luce su una vicenda); immagino che la base grillina potrebbe anche cascarci; ma non è che per assomigliare più al partner di governo debbano proprio fare i cacasotto…

Ultimo aggiornamento: 2019-02-18 06:59

ambasciatore?

Ma secondo voi, a Giggino e Sal***i può importare qualcosa che la Francia abbia richiamato l’ambasciatore? No, davvero. Abbiamo una politica estera che è sostanzialmente “ce l’hanno tutti con noi”: una mossa come questa mostra semplicemente che Loro hanno ragione.
(Ah, ma dovrei parlare del PresConsMin? E perché, visto che non se lo fila nessuno?

Ultimo aggiornamento: 2019-02-07 19:59

Come? Niente processo?

Leggo che Matteo Salvini non vuole essere processato per il caso Diciotti. Buffo, perché a suo tempo affermava esattamente l’opposto: ma è vero che gli unici a non cambiare idea sono gli scemi e i defunti, e Salvini non fa parte di nessuna di quelle categorie.

Quello che invece mi interessa far notare è un’altra cosa. Se l’intervista riporta correttamente le frasi pronunciate dal ministro dell’Interno, il suo punto di vista è «di aver agito per «la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante» e per «il perseguimento di un preminente interesse pubblico». Questo può essere vero o falso, e io non ho certo gli strumenti per accertarlo: questi ce li ha la magistratura, alla quale evidentemente Salvini si vuole sottrarre. L’autorizzazione a procedere non è il «giudicare le azioni di un ministro», ma è il verificare che il parlamentare non sia indagato per reati di opinione. Detto in altri termini, se un magistrato avesse voluto incriminare il vicepremier perché ha affermato che i rom sono una «sacca di minoranza e parassitaria», il Parlamento avrebbe dovuto negare l’autorizzazione senza se e senza ma, indipendentemente da quello che pensa di tali frasi. Ma qui, e lo dice Salvini che è un uomo d’onore, le sue scelte sono dovute a quelle che egli ritiene non solo lecite ma legali. Perfetto. Lasciamo deciderlo a chi è deputato a verificarle.

(Sì, ricordo perfettamente la storia della “nipote di Mubarak”, e quindi so bene cosa succederà. Però bisogna sempre ricordare perché esistono certi strumenti)