Archivi categoria: pipponi 2016

Boicottaggio e Facebook

Lo so, voi vi aspettate da me che io sia sempre sul pezzo. E invece a quanto pare mi sono perso l’ultima iniziativa della gggente. Leggo che c’è un programma televisivo intitolato L’aria che tira, condotto da tale Myrta Merlino che non so affatto chi sia (ma questa è colpa mia, Wikipedia una voce su di lei ce l’ha). Ho anche intuito che la trasmissione in generale e la signora Merlino in particolare sono colpevoli di lesa pentastellità, e quindi il tamtam della rete ha sentenziato che la migliore risposta a tali sgarbi sia il boicottare i prodotti pubblicizzati negli stacchi pubblicitari della trasmissione, tra cui il Mocio Vileda e i sofficini Findus.

Fin qua nulla di particolarmente strano. I boicottaggi sono all’ordine del giorno, da quelli contro Nestlè e Mondadori al più divertente di tutti che voleva convincere la gente a evitare di fare benzina nei punti di una certa marca, in modo che essa fosse costretta ad abbassare i prezzi e la folla potesse a questo punto concentrarsi su una marca diversa. Ma siamo nei Favolosi Anni Dieci, e quindi c’è Facebook, e ci sono i Social Media Manager (SMM per gli amici) delle aziende che si sono trovati subissati di insulti non esattamente velati. Da quanto ho capito, Vileda e Findus non sono sponsor della trasmissione, ma semplicemente pagano per avere la loro pubblicità nel primetime, il che significa che non hanno poi chissà quale forza contrattuale, ma questo è naturalmente irrilevante.

Non so voi, ma a me questi talebani della tastiera fanno abbastanza paura. È vero che non ce li vedo a uscire per strada con i forconi: ma tutto è possibile, se sono davvero convinti che basti strepitare su Facebook per ottenere i risultati che vogliono. D’atlra parte immagino che costoro siano anche quelli che firmano decine di petizioni su Change.org per essere monitorati il meglio possibile, quindi tutto tornerebbe. Mi chiedo solo quando è stato il momento in cui la gente è passata dall’essere rivoluzionari da poltrona – un’ottima idea, io la perseguo ogni volta che posso – al pensare di vincere la loro guerra sputando nei siti delle aziende. Qualcosa deve essere successo: per il momento apprezziamo il ritorno in grande spolvero della biowashball.

(Ma poi, voi che la tv la guardate: quali sono le malefatte della signora Merlino?)

Ultimo aggiornamento: 2016-10-06 14:43

Elena Ferrante: so what?

Anche stavolta non sono d’accordo con Massimo Mantellini e la sua analisi della “caccia a Elena Ferrante”.

Intendiamoci. Su una cosa io e Massimo siamo sulla stessa linea: non ho mai letto un libro di Ferrante. (Devo aver letto una sua lettera, mi pare a proposito di una sua candidatura allo Strega, quindi non posso dire di non avere letto nulla di lei). Questo non per snobismo, ma semplicemente perché “ars longa, vita brevis” e ci sono troppi libri che mi interessa leggere: la narrativa non è tra le mie passioni. Devo però dire che tra i miei contatti un tiepido interesse sull’identità segreta della scrittrice c’è stato: è vero che parliamo di una bolla filtrante, ma è anche vero che chi legge libri e giornali ormai è una minoranza così sparuta che probabilmente ha una buona correlazione con le persone che conosco.

Anche il secondo punto portato da Mantellini, quello dei rapporti fra privacy e creatività, mi pare un po’ debole. Proprio perché Ferrante ha venduto tanto, in Italia e all’estero, senza che si sapesse chi sia non capisco cosa ci si guadagnerebbe o perderebbe dal vedere svelata la sua identità. Per un singolo libro l’anonimato potrebbe aiutare le vendite, ma già dal secondo prevale l’interesse per il testo (o il battage pubblicitario per le tante vendite del primo). Mettiamola così: per quanto mi riguarda, al più definirei il lavoro di Claudio Gatti “giornalismo inutile”, ma non mi preoccuperei più di tanto. E voi che ne pensate?

Ultimo aggiornamento: 2016-12-11 09:20

Autovelox bastardi

Da una vita il limite di velocità su viale Cesare Battisti a Monza (quello che finisce in capo a Villa Reale) è di 70 Km/h. Ieri sera stavamo riportando a casa i settenni che erano stati per il weekend dai nonni, e mi accorgo che dopo l’incrocio della chiesa sulla destra c’è un cartello messo un po’ di sbieco con un limite a 50 all’ora; subito dopo mi accorgo di due lucine lampeggianti e noto un autovelox.
Sicuramente ieri sera non ho superato il limite inopinatamente abbassato: ma leggo che quell’autovelox è stato piazzato a giugno, e non so quante volte io ci sia passato ai 70. Per la precisione, a giugno è stata piazzata la colonnina: se l’articolo del Cittadino di Monza è corretto, il laser c’è solo ogni tanto, e quando c’è ci dovrebbe essere una pattuglia dei vigili.
Il punto è che abbassare il limite in quel pezzo di strada non ha senso, e se proprio vuoi farlo lo fai dall’inizio del viale. Posso provare a immaginare il motivo di quel nuovo limite malsegnalato?

Vaxxed

Andrew Wakefield dev’essere la singola persona in campo medico che ha causato i maggiori danni: non ancora in termini di vite umane, ma purtroppo c’è sempre tempo per peggiorarsi. Pagato per scrivere un articolo dove indicava un’inesistente correlazione tra un certo vaccino e l’autismo (mentre – cosa che gli antivaxx non sanno – già che c’era aveva brevettato un vaccino diverso per sostituirlo…), una volta radiato dall’ordine dei medici ha pensato bene di rifarsi una vita e inventarsi documentarista. La sua opera, dall’eloquente titolo “Vaxxed”, dopo essere stata ritirata in tutta fretta dal festival di Tribeca, non era mai stata presentata in Europa: ma questa grave lacuna sarà colmata il prossimo 4 ottobre, in una sede peculiare: il Senato della Repubblica italiana. Chi poteva avere avuto una simile idea? Bartolomeo Pepe, di cui ho già parlato in queste Notiziole: uno che nemmeno M5S, che pure su questi temi è sempre in prima fila, si è voluto tenere.

Attenzione: sono della scuola che ritiene che la censura non sia la risposta giusta, in questi casi. Il problema insomma non è la visione del documentario. Il problema è il sostegno implicito, se non addirittura esplicito, che gli viene dato in questo modo. Il problema è che mi sa che Bartolomeo Pepe non lo faccia nemmeno per pubblicità, come un Razzi qualsiasi…

Aggiornamento: (17:30) A quanto leggo, dopo un pacato intervento del Presidente del Senato, «Gli organizzatori hanno revocato la richiesta per la proiezione del documentario». Peccato non avere avuto lo streaming della chiacchierata precedente alla revoca :-)

Ultimo aggiornamento: 2016-09-29 18:58

“a titolo gratuito”

Dopo il doppio #fail della campagna per il Fertility Day, la ministra Lorenzin insiste, e chiede un aiuto dai creativi, «Possibilmente a titolo gratuito». È abbastanza facile immaginare cosa è successo a questo punto: vorrei però far notare la differenza tra le risposte dei creativi.

Bee Free ha postato un’immagine su Facebook, dal testo “Non aiutiamo nessun ministro a titolo gratuito. La creatività non è gratis. Il nostro tempo non lo è. Gli studi che abbiamo fatto, tanto meno”. Mentre – pur non essendo io certo un creativo – concordo con il concetto dietro questo testo, trovo la forma assolutamente sbagliata. Il messaggio che passa, almeno a me, è politico. La parte più visibile parla infatti del ministro, e nasconde in un maiuscoletto di dimensione ridotta il fatto che fare il creativo è un lavoro, e deve essere retribuito come un lavoro. Si direbbe insomma che per altre persone (o chissà, per altri ministri…) ci si potrebbe anche pensare su.

Molto meglio il discorso di Vicky Gitto, presidente dell’Art Directors Club Italiano, che intervistato dalla Stampa dice più o meno “Il lavoro dei creativi si paga, punto. Però siamo disposti a trovarci intorno a un tavolo con Lorenzin per spiegarle cosa vuol dire fare una campagna promozionale”. Perché ci vogliono i soldi, ma ci vuole anche un’idea di cosa si vuole far fare con quei soldi. A parte le figuracce, io ho visto un mischione tra una campagna che ricordi che non si è fertili a vita e un tentativo di far fare figli alla patria. Non so quanto questo mischione fosse voluto, anche se temo di sì; ma se non lo fosse stato, forse è meglio che il ministro torni a studiare l’abc della comunicazione.

Ultimo aggiornamento: 2016-09-26 16:41

Piego di libri

Oggi, in pausa pranzo :-), ho spedito a due dei miei lettori alfa una copia di Matematica in pausa pranzo. Dovete sapere che PosteItaliane ha una tariffa speciale, “piego di libri”, che è davvero conveniente: spedire un libro costa 1,28 euro. La tariffa nasce per gli editori che se non ricordo male pagano persino un po’ di meno. Solo che oggidì tutti gli editori che conosco spediscono comunque per corriere, e quindi il piego di libri è un’opzione per amatori.
Naturalmente ai vantaggi corrispondono degli svantaggi. Più precisamente, nel piego di libri ci possono stare libri, e non missive. Una volta era ammesso un biglietto di presentazione del libro, forse lo è ancora adesso, ma direi che la cosa è irrilevante, visto che possiamo tranquillamente mandare il testo per email. Il punto è che questo significa che la busta deve poter essere “apribile per ispezione postale”, il che diventa un po’ meno semplice. Sono infatti riuscito a trovare delle buste con i buchetti per mettere i ganci apribili, ma non ho trovato i ganci. Alla fine ho usato delle fascette fermacavi, lasciate abbastanza lasche da permettere la visione del contenuto. Peccato però che io i libri li ho spediti da un ufficio postale, e quindi pensavo ingenuamente che fosse sufficiente che l’impiegato verificasse il contenuto, chiudesse e affrancasse con le macchinette dell’ufficio, che sono evidentemente diverse da quello che potrei fare io a casa o in un altro ufficio. D’accordo, non sono così ingenuo tanto che mi ero portato le fascette. Però mi chiedo a questo punto qual è il valore aggiunto dell’impiegato, anzi degli impiegati visto che chi mi ha preso le buste ha anche chiesto il parere del collega. Non facciamo più in fretta a mettere una bella macchinetta Send-O-Matic?

Ultimo aggiornamento: 2016-09-26 15:41

Commentatori

Oggi parlo di due episodi che sembrano slegati, ma dal mio punto di vista hanno parecchio in comune.

Domenica scorsa Gianni Morandi ha pubblicato la sua solita foto su Facebook: stavolta era fuori da un supermercato con la borsa della spesa. Apriti cielo: mi dicono che non so quante persone l’hanno virtualmente linciato perché non si può andare a fare la spesa la domenica e costringere così i lavoratori del commercio a non santificare le feste. (Poi c’è stato il rimbalzo di chi sta a dire “e tutti quelli che hanno sempre lavorato la domenica?” Inutile dire che vista la mia Filter Bubble sulla mia bacheca Facebook sono arrivati solo questi ultimi)

Tra i collaboratori del nuovo quotidiano di Maurizio Belpietro c’è anche “il Disinformatico / trovabufale” Paolo Attivissimo. Lui ha spiegato il perché nel suo blog: fondamentalmente vuole raggiungere un pubblico più abituato alla carta che alla rete, e gli hanno promesso che non toccheranno i suoi testi e presumo lo pagheranno anche. Apriti cielo: leggendo i commenti al post scopriamo che Attivissimo ha perso credibilità a mettersi insieme a cotanta congrega.

Quello che vedo io di comune tra i due casi è il ruolo che i commentatori si sono ormai ritagliati. Non è che si entri nel merito della questione, se il considerare cosa normale fare la spesa a qualunque ora di qualunque giorno è un bene o un male, oppure se un autore ha degli obblighi morali. No, il Commentatore ha la sua idea insindacabile, e non si perita di annunciarla al popolo. A volte, si parva licet, può capitare di vedere le stesse dinamiche qui su queste notiziole: ma naturalmente l’effetto è molto diverso perché io non sono famoso. La mia impressione è infatti che il Commentatore sia passato a uno stadio successivo a quello in cui si sentiva realizzato perché il VIP l’aveva omaggiato di un like o un retweet; ora ritiene di avere lo stesso diritto di rendere note le sue opinioni al riguardo di tutto, soprattutto quando sono in contrasto a quelle del VIP, tralasciando il particolare che i lettori sono interessati a quest’ultimo e non certo al Commentatore. Vabbè, basta sapere che da certe parti i commenti sono da leggere solo ogni tanto per ricordarsi di come è fatto il paese reale.

(Ah, un’ultima noticina. Ammiro sempre più Morandi che continua a rispondere. Io ormai – a meno che non abbia scritto qualcosa di sbagliato, nel qual caso ringrazio – tendo a lasciare l’ultima parola al commentatore. Tanto non cambierebbe nulla)

Ultimo aggiornamento: 2016-09-21 12:28

solita truffa telefonica

Sabato mattina, mentre stiamo per uscire, Anna riceve una telefonata dal numero 0683802835. Risponde, e le viene detto che la chiamavano da A2A e che avevano bisogno del numero dell’ultima bolletta. Anna naturalmente non è una stupida, chiede per prima cosa se davvero chiamano (di sabato…) da A2A, poi mi passa la chiamata. A me dicono di chiamare da un operatore mai sentito, e alla mia richiesta di come hanno avuto quel numero di telefonino buttano giù la linea.
Nulla di strano. (Nel caso uno si chiedesse come fanno a sapere il nostro fornitore di energia, la risposta è semplice: tirano a indovinare). Quello che non riesco a capire è come mai non sembri possibile denunciare questa gente, e come mai – nonostante precchi siti affermino che l’Autorità per l’energia elettrica pubblichi una black list di operatori “cattivi” – tutto quello che ho trovato è una lista di operatori “buoni” che accolgono i reclami.