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Marco Burzio

Avete presente la canzone degli Elii “Mio cuggino”? Ecco. Marco era mio cugino, o mio cuggino se preferite. Età in mezzo tra la mia e quella di mio fratello, non troppo lontani come abitazioni (i miei zii vivevano alla periferia opposta di Grugliasco rispetto a quella a trecento metri da casa mia, ma ci voleva meno tempo ad arrivare lì che in centro a Torino) abbiamo passato l’infanzia insieme.
Poi gli anni dell’università ci hanno un po’ separati; ma alla fine ci siamo ritrovati nella stessa grande azienda – lui dirigente (e ingegnere) nella parte di esercizio radio, io orgogliosamente peon sul backoffice di rete – e stante il suo trasferirsi a Milano come sede di lavoro principale ci si vedeva spesso, rigorosamente fuori dall’ufficio.
Quando lo scorso aprile gli diagnosticarono un cancro al pancreas partì in quarta con i cicli di chemio più pesanti permessi, e dopo qualche mese sembrava che ce l’avrebbe potuta fare; ma l’autunno ci riportò brutalmente alla realtà. Prima di Natale era fragile, ma ancora relativamente in forma. L’altro sabato l’ho ancora sentito al telefono, come tutti i giorni, ed era debole ma comunque tranquillo. Giovedì ho preso ferie e sono andato a Grugliasco a casa sua; ho trovato un vecchietto con cui ho scambiato proprio due parole. Sabato sera è morto.

Ultimo aggiornamento: 2020-02-04 15:38

Giovanni Filocamo

Ieri pomeriggio è morto Giovanni Filocamo, dopo alcuni anni in cui ha combattuto contro un tumore al cervello: due operazioni, la seconda molto invasiva tanto che dovette imparare da capo a parlare e scrivere, riuscendo comunque a ottenere il dottorato in matematica dopo aver completato il lavoro che aveva dovuto abbandonare a causa della malattia.

Giovanni, anche se si faceva chiamare “il matematico curioso”, in realtà era fisico di formazione, ma poi si era avvicinato alla matematica soprattutto per il suo interesse nella didattica e nella divulgazione. Ci siamo conosciuti nel 2011, quando partecipai per la prima volta al Festival della Scienza; lui era nel comitato scientifico del festival e aveva approntato nei sotterranei di Palazzo Ducale una mostra di matematica interattiva. Purtroppo non siamo mai riusciti a fare nulla insieme. Avrei dovuto collaborare alla rivista MATE, ma lui fu defenestrato da direttore responsabile prima ancora che uscisse il primo numero (onestamente, credo che fosse tagliato esattamente come me a fare quel lavoro, cioè zero: ciò non toglie che non è stata una bella mossa, e comunque la rivista naufragò lo stesso); tecnicamente sono anche stato parte del consiglio scientifico del progetto MathFitness che aveva fondato dopo che aveva lasciato il quasi omonimo Matefitness, ma la sua malattia non ci ha permesso di fare nulla. Ci restano i suoi libri e il ricordo del suo essere tanguero, l’altra grande passione che aveva oltre alla matematica.

Neil Innes

I Rutles Nonostante i miei ventuno lettori abbiano conoscenze davvero enciclopediche, non so quanti di loro sapessero chi fosse Neil Innes, morto improvvisamente ieri. Musicista e attore comico britannico, iniziò la sua carriera nella Bonzo Dog Doo-Dah Band, che si guadagnò una particina nel film tv Magical Mystery Tour e un modesto hit con un brano prodotto da Paul McCartney sotto falso nome; è anche diventato coautore del brano degli Oasis “Whatever” dopo una causa legale perché i Gallagher avevano copiato un pezzo di un suo brano.

Ma Innes aveva anche lavorato con i Monty Python: oltre ad avere recitato nei loro film è una delle due sole persone che siano ufficialmente coautori dei loro sketch – per i curiosi, l’altro è Douglas Adams – e allo sciogliersi del gruppo si unì a Eric Idle per creare lo show Rutland Weekend Television da cui poi nacquero i Rutles, i “Pre-fab Four” protagonisti del mockumentary All You Need Is Cash che prendeva in giro i Beatles; Innes, che nel film interpreta Ron Nasty/John Lennon, scrisse tutti i brani della colonna sonora, così beatlesiani che “Cheese and Onions” apparve persino come bootleg lennoniano…

(Immagine da Wikimedia Commons. Innes è quello più a destra)

Ultimo aggiornamento: 2019-12-30 17:04

Luigi Arialdo Radicati di Brozolo

Radicati (a destra) tra i Tre Moschettieri. Disegno di Franco Ligabue, 1983

Venerdì scorso è morto il professor Radicati (il nome completo lo vedete nel titolo), a poche settimane dal compimento dei cent’anni, senza fare dunque in tempo a partecipare ai festeggiamenti che la Scuola Normale gli stava preparando.

In effetti io Radicati lo conobbi in Normale, quando insegnava alle matricole di Scienze insieme s Giuseppe Tomassini e Franco Conti; i tre sono qui ritratti in caricatura dal mio compagno di corso (e anch’egli poi fisico, anche se delle particelle e non teorico, Franco Ligabue. Io e la fisica non siamo mai andati d’accordo e non ci ho mai capito nulla, ma mi era comunque chiaro che Radicati era invece uno che ne sapeva. Ci divertivamo per le sue manie, come tenere la canna di bambù che usava come puntatore dal lato più sottile (ecco perché nella caricatura tiene la spada per la punta); sapevo però che come ogni fisico teorico davvero bravo, conosceva molto bene anche la matematica e quindi lo rispettavo anche per questo e non solo per l’anzianità. È stato anche direttore della Normale dopo che mi ero già laureato, rompendo l’usuale alternanza letterati-scienziati, e anche questo vorrà ben dire qualcosa. Certo non si può parlare di morte precoce, ma mi dispiace lo stesso.

Felice Gimondi

Io ricordo di aver seguito le gare di ciclismo da sempre. Occhei, non mi ricordo di Balmamion, ma nomi come Motta, Adorni, Bitossi, Dancelli per me erano quelli di amici un po’ particolari. E poi c’era lui: Gimondi. Il gigante che ebbe la sventura di trovarsi un gigante più grande di lui, Merckx (Eddy, non certo il figlio Axel), e che non si perdeva d’animo. Occhei, non contiamo il Giro 1969, con il rivale fatto fuori per una strana storia di doping (diciamo che a quei tempi i controlli erano ad orologeria) ma mi ricordo benissimo la vittoria al campionato del mondo 1973 che NON vidi perché non volevo vederlo perdere, e il Giro 1976, funestato dalle cadute: una di esse lo coinvolse mentre era maglia rosa, e come titolo il giorno dopo La Stampa “Gimondi cade, il Giro lo aspetta”.

Nulla di strano. Anche negli anni successivi la cifra di Gimondi era la gentilezza e pacatezza. Non è una dote molto comune, forse gli si può affiancare Nibali: ma ho sempre avuto l’impressione che a parte la sua indubbia capacità come ciclista lui fosse apprezzato anche dagli avversari. Credo ci mancherà.

Ultimo aggiornamento: 2019-08-18 07:49

Mario Marenco

Sono troppo giovane per ricordarmi qualcosa di Alto Gradimento, ma abbastanza vecchio per ricordarmi di L’altra domenica e di Mister Marengo, con il suo tormentone “mannaggia al tacchino!” e poi tutte le sue apparizioni nelle sgangherate trasmissioni arboriane. E naturalmente sapevo anche della sua carriera “seria” come architetto e designer. Poi si sa, se qualche personaggio famoso non appare più in tv o sui giornali purtroppo lo dimentichiamo… Non è giusto ma è così. Posso solo ringraziarlo tardivamente per la sua surrealità.

Ultimo aggiornamento: 2019-03-17 17:57

Giuseppe Lippi

Confesso: pensavo fosse più anziano, mentre invece Giuseppe Lippi aveva solo dieci anni più di me (evidentemente anch’io sono anziano). Evidentemente quando gli scrissi a proposito di non ricordo più quale Urania era ancora giovane.

Dopo la prima onda di fantascienza in Italia (Solmi, Fruttero e Lucentini, tutti con un approccio molto peculiare più legato al mondo letterario-editoriale che alla SF vera e propria) Lippi faceva parte di un gruppo – insieme a Vittorio Curtoni e Ugo Malaguti – più attento a cosa veniva pubblicato. A differenza degli ultimi due, pur avendo collaborato fino alla fine con Robot, era però più mainstream, tanto che appunto per quasi trent’anni ha curato Urania, barcamenandosi tra le vicissitudini della rivista e soprattutto portando il colloquio con i lettori direttamente nelle pagine della pubblicazione. Sparlare di lui era più o meno diventata un’abitudine, ma secondo me erano ben pochi quelli che avrebbero voluto cambiare la sua curatela…

Ultimo aggiornamento: 2018-12-15 18:24

Roberto Renzi

No, non era parente di Matteo, almeno a quanto mi consta. Renzi fu un fumettista che a me era noto non tanto per Akim (mai sentito…) quanto per Tiramolla. Quando ero un bimbetto e non andavo ancora a scuola, mio papà mi portava pacchi di fumetti, tra cui quelli delle edizioni Alpe. In questi, oltre a Cucciolo e Beppe che sono praticamente dei cloni dei disneyani Topolino e Pippo, c’era questo strano personaggio “figlio del caucciù e della colla” che poteva allungarsi e piegarsi a piacere. Bene: Tiramolla nasce dalla fervida mente di Renzi e mostra quella tendenza all’assurdo che fu una cifra stilistica di molti albi a fumetti degli anni ’50 e dei primi anni ’60: non credo che sia un caso che tra le nove storie di Topolino sceneggiate da Renzi quasi la metà riguardasse Eta Beta.
Purtroppo questi fumettisti “minori” non hanno la notorietà che si meriterebbero…