Archivi categoria: obituary

Edoardo Vesentini

Qualche mese dopo Radicati, è morto un altro dei miei professori alla Normale: Edoardo Vesentini. Era direttore della Scuola negli anni in cui l’ho frequentata, ma dovete tenere conto che uno dei punti di forza della Normale era la relativa vicinanza tra allievi e docenti, quindi era facile avere a che fare con lui; ecco qualche aneddoto.

Un giorno io e Fabio siamo arrivati trafelati alla mensa della Scuola un minuto o due prima della chiusura, per colpa delle solite lezioni di Analisi 3 che il professor Arosio terminava mezz’ora dopo l’orario teorico. Davanti a noi c’era Vesentini. Naturalmente a quell’ora non era rimasto praticamente nulla se non i cibi che si potevano dare al volo, tanto che avevamo coniato il jingle “La morale è ancora quella: dopo Arosio, mozzarella!”. La cuoca vede Vesentini e gli fa: “Professoooore! La vuole la bistecca?” e lui, pronto: “Premiata calzoleria Scuola Normale?” (In effetti la mensa era più nota per la quantità di calorie che potevamo ingurgitare che per la raffinatezza dei cibi).
Abbiamo anche seguito un corso interno di geometria tenuto da lui, nel quale abbiamo a un certo punto ottenuto che non usasse contemporaneamente le lettere greche ζ (zeta) e ξ (csi), visto che le scriveva allo stesso modo. Un giorno l’aula che usavamo era occupata non ricordo perché, e quindi propose di andare tutti nel suo studio. Eravamo una quindicina, ma eravamo anche ventenni e quindi ci siamo infilati in tutti gli anfratti possibili: ricordo qualcuno seduto sulla scaletta che era usata per prendere i libri in alto in libreria. Marcello – noto per una certa qual goffaggine – vede un angolino libero e si fionda lì: nel farlo inciampa sul filo di una lampada e la fa cadere. Si ferma, prende i pezzi della lampada, e li dà a Vesentini. Bisogna dire che li ha presi con grande aplomb :-)

Martinho Lutero

Ieri a San Paolo è morto per un attacco cardiaco il maestro Martinho Lutero Galati de Oliveira. Da alcuni giorni era ricoverato in coma indotto per una polmonite, non è chiaro se dovuta al CoViD-2019. Io ebbi a che fare con Martinho per la prima volta nel 2008, quando decise che il coro che dirigeva in Italia (Cantosospeso) non gli bastava e pensò di fare un progetto davvero grande: eseguire la Nona di Beethoven con un coro di più di cento persone (e un’orchestra adeguata). Mi presentai un po’ perché quello di cantare la Nona era sempre stato uno dei miei sogni e un po’ perché mi incuriosiva vedere una persona che si chiamava Martin Lutero. Ho cantato la Nona e ho anche cantato altre opere con il Forum Corale Europeo – il nome ufficiale del progetto – quando i brani mi ispiravano, e ho così conosciuto abbastanza bene Martinho.

Una premessa. Io non ho una voce eccezionale, e soprattutto sono un pigro che non studia mai per conto suo. Però so leggere la musica e sono abbastanza bravo a seguire le voci che si rincorrono, quindi non ho grossi problemi a cantare in un coro. Ma con Martinho questo non bastava certo: i suoi cazziatoni “Alza la testa!” erano leggendari. Il fatto è che conoscere “le notine”, come amava dire, era solo il punto di partenza. Quello che poi lui voleva giustamente da noi era l’interpretazione. A parte le battute che facevamo sulla velocità della sua esecuzione, le prove erano sfiancanti ma ti accorgevi che riusciva a farci ottenere dei risultati davvero incredibili. E poi c’era tutto il contorno, quando partiva – non necessariamente per la tangente, faceva anche seminari appositi – a raccontare di cosa stava dietro i pezzi che stavamo provando. Con la musica succede come con la letteratura: puoi apprezzare qualcosa “di pancia”, ma se lo vuoi fare davvero tuo devi avere un’idea di tutto quello che stava intorno alla produzione. Se poi devi cantare o suonare, e non semplicemente ascoltare, tutto questo diventa ancora più importante. Bene, Martinho aveva una cultura eccezionale, e io personalmente pendevo dalle sue labbra quando si metteva a fare queste divagazioni.

Dopo che a dicembre avevamo cantato la parte più “natalizia” del Messia di Händel, Martinho aveva lanciato la proposta di fare la versione completa per la fine di quest’anno, e prima dell’isolamento stavamo già cominciando a provare i pezzi in più. Non so se riusciremo comunque a farlo, non foss’altro che per ricordarlo nella musica; ma non sarà sicuramente la stessa cosa.

Ultimo aggiornamento: 2020-03-26 13:14

Marco Burzio

Avete presente la canzone degli Elii “Mio cuggino”? Ecco. Marco era mio cugino, o mio cuggino se preferite. Età in mezzo tra la mia e quella di mio fratello, non troppo lontani come abitazioni (i miei zii vivevano alla periferia opposta di Grugliasco rispetto a quella a trecento metri da casa mia, ma ci voleva meno tempo ad arrivare lì che in centro a Torino) abbiamo passato l’infanzia insieme.
Poi gli anni dell’università ci hanno un po’ separati; ma alla fine ci siamo ritrovati nella stessa grande azienda – lui dirigente (e ingegnere) nella parte di esercizio radio, io orgogliosamente peon sul backoffice di rete – e stante il suo trasferirsi a Milano come sede di lavoro principale ci si vedeva spesso, rigorosamente fuori dall’ufficio.
Quando lo scorso aprile gli diagnosticarono un cancro al pancreas partì in quarta con i cicli di chemio più pesanti permessi, e dopo qualche mese sembrava che ce l’avrebbe potuta fare; ma l’autunno ci riportò brutalmente alla realtà. Prima di Natale era fragile, ma ancora relativamente in forma. L’altro sabato l’ho ancora sentito al telefono, come tutti i giorni, ed era debole ma comunque tranquillo. Giovedì ho preso ferie e sono andato a Grugliasco a casa sua; ho trovato un vecchietto con cui ho scambiato proprio due parole. Sabato sera è morto.

Ultimo aggiornamento: 2020-02-04 15:38

Giovanni Filocamo

Ieri pomeriggio è morto Giovanni Filocamo, dopo alcuni anni in cui ha combattuto contro un tumore al cervello: due operazioni, la seconda molto invasiva tanto che dovette imparare da capo a parlare e scrivere, riuscendo comunque a ottenere il dottorato in matematica dopo aver completato il lavoro che aveva dovuto abbandonare a causa della malattia.

Giovanni, anche se si faceva chiamare “il matematico curioso”, in realtà era fisico di formazione, ma poi si era avvicinato alla matematica soprattutto per il suo interesse nella didattica e nella divulgazione. Ci siamo conosciuti nel 2011, quando partecipai per la prima volta al Festival della Scienza; lui era nel comitato scientifico del festival e aveva approntato nei sotterranei di Palazzo Ducale una mostra di matematica interattiva. Purtroppo non siamo mai riusciti a fare nulla insieme. Avrei dovuto collaborare alla rivista MATE, ma lui fu defenestrato da direttore responsabile prima ancora che uscisse il primo numero (onestamente, credo che fosse tagliato esattamente come me a fare quel lavoro, cioè zero: ciò non toglie che non è stata una bella mossa, e comunque la rivista naufragò lo stesso); tecnicamente sono anche stato parte del consiglio scientifico del progetto MathFitness che aveva fondato dopo che aveva lasciato il quasi omonimo Matefitness, ma la sua malattia non ci ha permesso di fare nulla. Ci restano i suoi libri e il ricordo del suo essere tanguero, l’altra grande passione che aveva oltre alla matematica.

Neil Innes

I Rutles Nonostante i miei ventuno lettori abbiano conoscenze davvero enciclopediche, non so quanti di loro sapessero chi fosse Neil Innes, morto improvvisamente ieri. Musicista e attore comico britannico, iniziò la sua carriera nella Bonzo Dog Doo-Dah Band, che si guadagnò una particina nel film tv Magical Mystery Tour e un modesto hit con un brano prodotto da Paul McCartney sotto falso nome; è anche diventato coautore del brano degli Oasis “Whatever” dopo una causa legale perché i Gallagher avevano copiato un pezzo di un suo brano.

Ma Innes aveva anche lavorato con i Monty Python: oltre ad avere recitato nei loro film è una delle due sole persone che siano ufficialmente coautori dei loro sketch – per i curiosi, l’altro è Douglas Adams – e allo sciogliersi del gruppo si unì a Eric Idle per creare lo show Rutland Weekend Television da cui poi nacquero i Rutles, i “Pre-fab Four” protagonisti del mockumentary All You Need Is Cash che prendeva in giro i Beatles; Innes, che nel film interpreta Ron Nasty/John Lennon, scrisse tutti i brani della colonna sonora, così beatlesiani che “Cheese and Onions” apparve persino come bootleg lennoniano…

(Immagine da Wikimedia Commons. Innes è quello più a destra)

Ultimo aggiornamento: 2019-12-30 17:04

Luigi Arialdo Radicati di Brozolo

Radicati (a destra) tra i Tre Moschettieri. Disegno di Franco Ligabue, 1983

Venerdì scorso è morto il professor Radicati (il nome completo lo vedete nel titolo), a poche settimane dal compimento dei cent’anni, senza fare dunque in tempo a partecipare ai festeggiamenti che la Scuola Normale gli stava preparando.

In effetti io Radicati lo conobbi in Normale, quando insegnava alle matricole di Scienze insieme s Giuseppe Tomassini e Franco Conti; i tre sono qui ritratti in caricatura dal mio compagno di corso (e anch’egli poi fisico, anche se delle particelle e non teorico, Franco Ligabue. Io e la fisica non siamo mai andati d’accordo e non ci ho mai capito nulla, ma mi era comunque chiaro che Radicati era invece uno che ne sapeva. Ci divertivamo per le sue manie, come tenere la canna di bambù che usava come puntatore dal lato più sottile (ecco perché nella caricatura tiene la spada per la punta); sapevo però che come ogni fisico teorico davvero bravo, conosceva molto bene anche la matematica e quindi lo rispettavo anche per questo e non solo per l’anzianità. È stato anche direttore della Normale dopo che mi ero già laureato, rompendo l’usuale alternanza letterati-scienziati, e anche questo vorrà ben dire qualcosa. Certo non si può parlare di morte precoce, ma mi dispiace lo stesso.

Felice Gimondi

Io ricordo di aver seguito le gare di ciclismo da sempre. Occhei, non mi ricordo di Balmamion, ma nomi come Motta, Adorni, Bitossi, Dancelli per me erano quelli di amici un po’ particolari. E poi c’era lui: Gimondi. Il gigante che ebbe la sventura di trovarsi un gigante più grande di lui, Merckx (Eddy, non certo il figlio Axel), e che non si perdeva d’animo. Occhei, non contiamo il Giro 1969, con il rivale fatto fuori per una strana storia di doping (diciamo che a quei tempi i controlli erano ad orologeria) ma mi ricordo benissimo la vittoria al campionato del mondo 1973 che NON vidi perché non volevo vederlo perdere, e il Giro 1976, funestato dalle cadute: una di esse lo coinvolse mentre era maglia rosa, e come titolo il giorno dopo La Stampa “Gimondi cade, il Giro lo aspetta”.

Nulla di strano. Anche negli anni successivi la cifra di Gimondi era la gentilezza e pacatezza. Non è una dote molto comune, forse gli si può affiancare Nibali: ma ho sempre avuto l’impressione che a parte la sua indubbia capacità come ciclista lui fosse apprezzato anche dagli avversari. Credo ci mancherà.

Ultimo aggiornamento: 2019-08-18 07:49

Mario Marenco

Sono troppo giovane per ricordarmi qualcosa di Alto Gradimento, ma abbastanza vecchio per ricordarmi di L’altra domenica e di Mister Marengo, con il suo tormentone “mannaggia al tacchino!” e poi tutte le sue apparizioni nelle sgangherate trasmissioni arboriane. E naturalmente sapevo anche della sua carriera “seria” come architetto e designer. Poi si sa, se qualche personaggio famoso non appare più in tv o sui giornali purtroppo lo dimentichiamo… Non è giusto ma è così. Posso solo ringraziarlo tardivamente per la sua surrealità.

Ultimo aggiornamento: 2019-03-17 17:57