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I cittadini non meritano di essere informati

A maggio avevo raccontato dell’infinito cantiere che blocca a Milano l’incrocio Suzzani-Santa Monica, dove un anno o l’altro passerà la metrotranvia. Nella mia ingenuità pensavo che bastasse rimettere a posto i sottoservizi e posare i binari in perpendicolare a Suzzani: il tempo previsto era di sei mesi, da metà novembre 2024 a metà maggio 2025, ma all’appropinquarsi della fatidica data qualcuno ha appiccicato ai cartelloni la nuova data prevista di chiusura del cantiere: il 6 luglio.

Ieri era il 14 luglio. Sono passato di là in bicicletta nel pomeriggio. Tutto ancora chiuso. Ma non mi sto lamentando di questo, bensì del fatto che nessuno si è degnato di correggere la data di riapertura di viale Suzzani, che nei vari cartelli è ancora il 6 luglio (oppure il 18 maggio, dove l’aggiornamento attaccato con lo sputo si è staccato). Certo, in questo momento i binari sono stati posati (solo sull’incrocio, ovvio…) e quindi magari per metà settembre si degneranno di riaprire il tutto. Attenzione al cittadino: zero.

Comprensibilità nulla

cosa mi scrive il comune di Milano
Il Comune di Milano mi ha appena scritto il testo qui in figura, con titolo “Identità Digitale Comune di Milano”. L’ho letto, e sulle prime non ho capito un tubo: poi mi sono messo d’impegno e ho finalmente compreso.

Le frasi «La informiamo che, non avendo effettuato l’accesso al sito del Comune di Milano da quasi due anni, per continuare ad utilizzare i nostri servizi online con un’unica Identità Digitale, dovrà accedere nuovamente. In alternativa, coerentemente con quanto descritto nell’informativa privacy pubblicata sul sito https://www.comune.milano.it/policy/privacy/informativa-per-il-trattamento-dati-personali-accesso-al-sito procederemo con la cancellazione della sua Identità Digitale.», a parte la virgola di troppo, significano (in burocratese standard) “Lei non ha effettuato l’accesso al sito del Comune di Milano da quasi due anni: se non accederà al sito, tra pochi giorni elimineremo l’account e i suoi dati conservati, come descritto nell’informativa privacy alla pagina ecc. ecc.» (non è un sito ma una pagina). Infine «In ogni caso, sarà possibile accedere nuovamente con la propria identità SPID/CIE ma non sarà presente lo storico delle sue interazioni con il Comune di Milano.» significa “Potrà sempre accedere al sito con la propria identità SPID/CIE, ma non avrà più a disposizione le informazioni sulle interazioni passate”. Insomma, “o ti connetti (quasi) subito o cancelliamo tutti i tuoi dati e dovrai ricominciare da capo”; ma capisco che scrivere così non è il massimo.

Ma chi è che riesce a scrivere in una prosa così convoluta da richiedere una seconda lettura anche a uno che con la burocrazia ha una certa dimestichezza?

Ultimo aggiornamento: 2025-07-08 13:01

I soliti messaggi di errore di Aria

Sabato mattina alle 8.25 mi arriva una telefonata da un numero che ormai ho salvato come “Call Center Sanitario Lombardia”. Rispondo, dico “sì, mi ricordo che lunedì ho la visita di controllo”, ma dall’altra parte mi si risponde “no, la chiamo per una richiesta di aiuto che ha inviato l’altro giorno”. Nonostante fossi ancora mezzo addormentato, replico “ah, ok, ma alla fine sono riuscito a fare tutto da solo, grazie”.

Cos’era successo? Giovedì il nostro medico aveva mandato un’impegnativa per una visita a Jacopo. Essendo minore, non ha uno SPID; ed essendo noi in Lombardia, non posso vedere le impegnative per un minore dal mio fascicolo sanitario elettronico anche se ho dato l’ok (e posso per esempio cambiargli medico di base). Quello che bisogna fare è entrare con utenza, password e OTP a nome suo: e a un certo punto mi ero ricordato che l’avevo già fatto una volta. Solo che la tessera sanitaria di Jacopo era scaduta, e quindi dovevo fare tutta la procedura di prima autenticazione da capo. Mi accingo a farla, provo e riprovo: nulla da fare. Mi dice sempre “utente o password errata”. Torno a casa, chiedo ad Anna a cui era arrivata una copia dell’impegnativa di stamparla, mi dice “ma è protetta da password!”, le detto il codice fiscale di Jacopo che è la password, mi dice “non funziona!” e a quel punto ho l’illuminazione. Io ricordo a memoria i codici fiscali dei gemelli, cosa che non è difficile ovviamente; l’unica cosa importante è l’ultimo carattere di controllo. Io stavo continuando a usare per Jacopo quello di Cecilia: una volta messa la lettera corretta tutto è filato liscio e sono anche riuscito a entrare nel suo fascicolo sanitario elettronico.

D’accordo, era colpa mia. Ma cosa sarebbe costato ad Aria indicare come messaggio di errore “codice fiscale formalmente non corretto”? Avessi visto quel messaggio di errore ci sarei arrivato subito. Io capisco che spesso non convenga dare troppe informazioni sul perché la coppia utente-password non funziona; ma nel caso di un errore di sintassi il problema non si dovrebbe porre, perché un maleintenzionato quell’errore non lo farebbe. I soliti misteri dell’informatica.

Ultimo aggiornamento: 2025-07-07 10:32

Casorati (mostra)

logo mostra (dal sito ufficiale)
Sempre all’ultimo momento – la mostra chiude domenica 29 – siamo andati a vedere a Palazzo Reale la mostra su Felice Casorati. Stavolta c’era anche Cecilia, in qualità di studentessa dell’artistico, ma lei dà solo un’occhiata ai quadri e non è interessata al contesto.
Rispetto alle ultime mostre che abbiamo visto, c’era finalmente abbastanza materiale, ordinato più o meno cronologicamente il che è utile perché permette di vedere come Casorati abbia cambiato il suo stile nei decenni, pur rimanendo generalmente riconoscibile, soprattutto per le espressioni dei suoi personaggi (ma forse quello è il periodo dopo la prima guerra mondiale, dove visto anche il suicidio di suo padre non penso avesse molto da essere felice). Ho trovato molti accenni a stili precedenti, dal Rinascimento alle varie correnti tra Ottocento e Novecento (tranne il futurismo, che non gli piaceva proprio, ma compresi simbolismo e metafisica; le sculture non mi hanno detto molto, mentre le scenografie per la Scala che si trovano nell’ultima sala sono carine. Le ampie spiegazioni sui cartelloni aiutavano anche le capre come me a capire come le opere si inserivano nel quadro di quei decenni, ma avrei evitato di scrivere dell'”attimità impressionista”…

Per i milanesi: la tessera annuale ATM dà diritto a un biglietto a 10 euro anziché 17 :-)

Il mio coro e un’orchestra di violoncelli

Stavolta raddoppiamo il concerto primaverile (anche se in effetti formalmente domenica 22 siamo già in estate…), perché c’è un ensemble di violoncellisti statunitensi in tournèe. Noi faremo relativamente poco (a parte quanto scritto nella locandina abbiamo studiato un altro pezzo che tra l’altro mi piace davvero): però credo che se riusciamo a sopravvivere alla prova sabato e ad amalgamarci il risultato sarà interessante. E comunque l’ingresso è gratuito :-)

(se preferite avere un promemoria automatico, potete usare evenbrite: ma appunto non è un biglietto vero e proprio)

Altro che legge di Hofstadter!

La legge di Hofstadter, come espressa da Douglas Hofstadter, afferma che ci vuole più tempo di quanto si pensi per fare qualcosa, anche se si tiene conto della legge di Hofstadter. Credo che chiunque abbia fatto una stima per un lavoro si sia effettivamente accorto della triste realtà sottesa da questa legge. Però qui a Milano la situazione sta diventando tale che il buon vecchio Doug può essere definito un ottimista.

A metà novembre hanno chiuso l’incrocio tra viale Suzzani e via Santa Monica, facendomi bestemmiare come non mai, per i lavori della metrotranvia (il 7, per gli amici) che prima o poi dovrebbe arrivare a Certosa ma per il momento si limiterà a fare capolinea davanti al pronto soccorso del Niguarda, sempre che ATM abbia sufficienti vetture bidirezionali per un capolinea senza anello di ritorno. Ora, io sono una persona semplice, e mi sono chiesto perché dovessero chiudere un incrocio per sette mesi. Nella mia ingenuità, pensavo che si sarebbero spostati i sottoservizi e poi piazzati i binari in corrispondenza dell’incrocio, aspettando con calma di proseguire sul resto del percorso. Ad ogni modo i lavori sarebbero dovuti terminare lunedì scorso, ma qualche giorno prima della fatidica data sui cartelli si è appiccicata una scritta a mano che dava la nuova data di termine lavori: il 6 luglio, un mese e mezzo dopo la data prevista. Non che io creda che ce la faranno per quella data.

Lo stesso sta capitando con il rinnovo delle scale mobili della gialla. A Turati c’era un bel cartello che ci assicurava che per fine aprile avremmo avuto la scala più bella che pria: adesso il cartello recita “fine giugno”, e dovrei quasi essere contento che abbiano fatto un salto di due mesi, visto che a Maciachini si è andati avanti per quattro mesi con lo slittamento di trenta giorni per volta. Quello che non capisco non è tanto i mesi che servono per rimettere in sesto una scala mobile, quanto il fatto che è un anno che i lavori stanno andando avanti: possibile che nessuno sia riuscito a calcolare i tempi necessari? È vero che magari ogni scala mobile è un mondo a sé, ma nell’insieme non credo che lavori e pezzi di ricambio siano tanto diversi. Mi sa tanto che le date iniziali siano indicate sapendo benissimo che sono farlocche, solo perché così la gente rimanga speranzosa per una pronta messa in opera…

Sala e la fascia tricolore

il tweet di Totolo Francesca Totolo è una persona che già ai tempi in cui Twitter si chiamava Twitter e non X era pronta all’uso attuale di questo social network. Ieri ho letto il tweet mostrato qui sopra, dove la signora Totolo si lamentava che il sindaco non avesse la fascia tricolore durante la commemorazione di Sergio Ramelli (tra l’altro, come mai non si parla mai di Enrico Pedenovi?), e la cosa non mi tornava: così ho fatto qualche ricerca.

In effetti, leggendo la normativa, ho scoperto che “nell’uso corrente si è affermata la consuetudine che il sindaco indossi la fascia in tutte le occasioni ufficiali, in qualunque veste intervenga”. Ma non sono riuscito a trovare da nessuna parte l’ufficialità della commemorazione, il che non è poi così strano. Del resto, una semplice ricerca che sicuramente Totolo avrà fatto prima di scrivere il suo post mostra che per esempio nel quarantesimo anniversario della morte di Fausto e Iaio il sindaco non aveva la fascia. Perlomeno Sala è coerente.

Già che ci sono, ho anche letto che il ministro Santanché vorrebbe che una via di Mliano sia intitolata a Ramelli. Lo so che non mi leggerà mai, ma segnalo ai miei ventun lettori che Milano ha i giardini Sergio Ramelli, che è più che i giardini Fausto e Iaio (che a quanto pare non hanno una denominazione ufficiale ma solo una targa commemorativa, come si vede anche dalla foto qui sotto: il giardino è “dedicato”, non “denominato”).

targa sul giardino

Ah: buon primo maggio!

BOLD! Declinazioni tipografiche Campari (mostra)

un manifesto Campari Ieri sono andato con Anna a vedere la mostra nei locali della Galleria Campari a Sesto San Giovanni. Come sempre almeno a Milano uno si chiede se 12 euro siano un prezzo equo (e non vi dico i prezzi del merchandising…): però la mostra è davvero interessante. Già l’architettura della Galleria Campari merita, ma il materiale è davvero interessante, anche perché oltre alla mostra in questione si può vedere anche tutta la parte relativa alla pubblicità del marchio Campari nel tempo. Davide Campari, il figlio del fondatore Gaspare e colui che ha portato il marchio alla notorietà internazionale, aveva evidentemente capito che la pubblicità era necessaria per raggiungere nuovi mercati ma serviva anche trovare qualcosa di diverso: si avvalse pertanto di grandi artisti, soprattutto nel periodo futurista: Depero è sicuramente quello più presente, e si deve a lui l’ideazione della bottiglietta del Camparisoda, con la forma a tronco di cono che ricordava un calice rovesciato e inizialmente non aveva nemmeno il nome indicato – iconicità allo stato puro. Sempre in quel periodo veniva fatto un po’ di tutto, compresi alcuni volumi di racconti, illustrati anche da Sergio Tofano. Ma anche dopo la seconda guerra mondiale Campari ha continuato queste collaborazioni: il manifesto di Munari in occasione dell’apertura della metropolitana di Milano, formato solo dalla parola Campari in tante font diverse – da qui il titolo della mostra – ne è un esempio, così come i poster coloratissimi di Ugo Nespolo. Il manifesto qui a fianco mostra uno dei tanti esempi tipografici: la figura è infatti formata solo da parole.

Chi non è milanese può avere qualche informazione in più (ma non le immagini…) qua.