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Presento Numeralia ad Aosta!

Sembra destino che le presentazioni di Numeralia siano in regioni a statuto speciale. Dopo quella di Trieste dello scorso aprile, il 15 febbraio alle 17 sarò ad Aosta a dialogare di numeri. Cito dalla locandina:

Daremo i numeri. Anzi, no: andremo alla caccia dei numeri che sono scappati dai manuali di matematica e si sono intrufolati nella letteratura, nel cinema, nelle canzonette, nei siti internet, nei fumetti, cercando di rimanere il più possibile inosservati. Scopriremo perché Bergoglio sarebbe l’Anticristo; vedremo come mai nessuno è riuscito a telefonare ai Ghostbusters; sentiremo la storia ufficiale e quella reale di come mai Google si chiama così, e l’importanza della salamoia per le temperature anglosassoni. Purtroppo non daremo i numeri per vincere al superenalotto, ma non si può pretendere tutto dalla vita!

(La storia di Bergoglio nel libro non c’è, l’ho scoperta solo in queste settimane). Se non siete aostani, non fatevi spaventare dal luogo (la casa di riposo J.B. Festaz): la presentazione non è pensata per gli ospiti, che potrebbero anche prendersi un coccolone se mi vedono parlare, ma per la cittadinanza ed eventuali turisti. Io non vado ad Aosta da una quarantina d’anni: qualcuno vuole farmi compagnia?

C’è chi non ama la matematica (oppure me)

Premessa: come probabilmente sapete se seguite il mio blog, da quest’anno il Pi Day ha avuto l’endorsement ufficiale dell’Unesco e il 14 marzo è diventata la giornata internazionale della matematica. Quando ho saputo della notizia, ho chiesto alle maestre dei gemelli cosa ne pensavano se in quell’occasione fossi andato a scuola a raccontare un po’ di curiosità legate alla matematica, tanto per far capire ai bambini che ci possono essere anche cose divertenti: il tutto ovviamente a titolo gratuito. Loro hanno apprezzato l’idea; così ho cominciato a studiare cosa si fa in giro, soprattutto i libri di Anna Cerasoli, e a inizio mese ho scritto alla dirigente scolastica proponendo questa mia idea. Di nuovo, se seguite il mio blog sapete che io e la suddetta dirigente abbiamo avuto molti franchi scambi di opinioni nell’anno passato in cui facevo parte del consiglio di istituto.

Ad ogni modo il 9 gennaio scrivo, mettendo in copia le maestre. La mail mi rimbalza per casella troppo piena :-) Mando allora una PEC, che risulta consegnata. Poi nulla. Dieci giorni dopo rimando la mail, e finalmente mi arriva la risposta, dove mi si dice fondamentalmente che «non è normalmente buona prassi permettere ad un genitore di entrare in classe a fare lezione,e per giunta nella stessa classe frequentata dal proprio figlio/a.» e che «nel caso di volontari deve esserci l’approvazione di un progetto da parte dei consigli di classe all’unanimità,poi il passaggio per approvazione in Collegio Docenti e infine in CdI e in ultimo nel PTOF dell’Istituto che si aggiorna a fine di ogni Ottobre dell’anno in corso.»

Chiedo lumi al mio amico Leo, neodirigente a Piacenza, che mi dice “Un conto è un progetto vero e proprio, ma per una chiacchierata singola basta che il consiglio di classe comunichi la cosa al dirigente, per avere l’ok formale e avvisare i commessi”, commentando che secondo lui ce l’ha con me. Parlo con i vecchi compagni di CdI, e vengo a sapere che (a) nel PTOF si parla già di attività legate alle varie giornate internazionali, quindi di per sé non c’è nemmeno bisogno di una aggiunta specifica, visto che comunque la matematica nel programma scolastico ci sta; e (b) pare che nell’altra elementare del plesso ci sia un laboratorio per lavorare con la cartapesta, tenuto dalla mamma di un bambino di quelle classi, a pagamento. Il tutto senza che nessuna delle insegnanti ne avesse sentito parlare in collegio docenti (o in CdI, se per questo: a ottobre c’ero ancora).

Risultato finale? le maestre di Jacopo mi hanno chiesto se ci fossero problemi a fare un'”uscita didattica” (quelle sono previste) e trovarci nel parco a raccontare di matematica (sperando che il tempo sia clemente). Un’altra possibilità che stiamo valutando è chiedere una sala al municipio di zona oppure alla biblioteca; tra l’altro anche una professoressa delle medie sarebbe interessata alla cosa per i ragazzi di prima. Insomma, alla fine probabilmente qualcosa riusciremo a fare: ma perché ci vuole sempre così tanta fatica?

Perché BikeMi ce l’ha con me?

Visto che fino alla prossima primavera non prenderò una nuova bici, vado generalmente in ufficio con il BikeMi: mi dà meno fastidio il freddo che il ficcarmi in metropolitana. Stamattina ho lasciato i bambini a scuola, sono arrivato alla stazione, ho passato la tessera, ho scelto la bici… e la stazione è andata fuori servizio. A volte capita: invece che tornare alla metro ho pensato male di andare verso via Farini angolo via Stelvio e prendere la bici lì. Passo la tessera: stazione fuori servizio. Scarpino fino a piazzale Lagosta, dove due persone avevano appena preso la bici e stavano togliendo la brina dalla sella. Passo la tessera: ci sta a pensare un po’ su, mi arriva il messaggio “Errore!” e la stazione poi va fuori servizio. A questo punto ho continuato a piedi fino in ufficio. (Non preoccupatevi: il percorso scuola-ufficio sono tre chilometri scarsi, ho timbrato alle 9 in punto).

La domanda è per l’appunto “cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo?”, con il sottotesto “e come faccio oggi ad andare in palestra?” (per tornare a casa ho comunque l’abbonamento ATM)

Ultimo aggiornamento: 2020-01-09 09:38