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#lascuolaconta

Come avevo raccontato, gli amici di MaddMaths! hanno pubblicato un appello dicendosi pronti a fare il possibile per la didattica a distanza in queste settimane di chiusura delle scuole, ma soprattutto per ricordare che una volta finita l’emergenza bisognerà rimboccarsi le maniche e rivedere il modo con cui la società si rapporta con la scuola. Nel contempo, hanno lanciato il tag #lascuolaconta, invitandoci a descrivere perché e come la scuola ha contato nella nostra vita. Oltre a cercare di fare qualcosa per la prima parte – non aspettatevi grandi cose, spiegare ai liceali è facile ma farlo a bambini e ragazzi molto meno – vi racconto una mia esperienza personale… che non riguarda affatto la matematica.

Io ho frequentato lo scientifico dai salesiani, a Torino Valsalice. Ai tempi i professori erano praticamente tutti preti, chi più bravo e chi meno a insegnare. Voglio però parlare del nostro professore di italiano nel triennio, don Ernesto Bellone. Diciamola tutta: io di letteratura italiana non è che ne sappia così tanto. Per la capacità di scrivere (silenzio, su in loggione!) diciamo che si è affinata in questi quasi vent’anni in cui tengo il blog; non ho mai avuto problemi a buttare giù un testo, ma non è che la sua leggibilità al tempo fosse eccezionale. Però don Bellone mi ha insegnato molto di più. Le sue lezioni generalmente partivano dall’argomento del giorno, ma viravano quasi immediatamente su temi apparentemente diversissimi, dalla storia dell’arte medievale (la materia che insegnava all’università) agli avvenimenti del giorno, per poi tornare a bomba al punto di partenza. La sua idea – e questo l’ho capito solo dopo aver terminato il liceo – era che noi adolescenti dovevamo imparare a non compartimentalizzare lo studio, pensando semplicemente all’interrogazione, bensì comprendere che la conoscenza non è fine a sé stessa ma serve per comprendere anche il mondo.

Ma c’è di più. Ogni tanto usciva con espressioni spiazzanti, contro il pensare comune: me ne ricordo ancora qualcuna. L’abbonamento studenti ai mezzi pubblici non serviva per risparmiare, ma perché i genitori potevano così essere certi che i figli non provassero a viaggiare a scrocco per tenersi i soldi; durante un’emergenza sanitaria in cui si chiedeva di donare sangue commentava che donare sangue è un’ottima cosa, ma che questa richiesta non serviva tanto per l’emergenza quanto per riuscire ad avere scorte in generale. (Poi seguiva con il suo leitmotiv, che tutto questo era “romanticismo”, nella sua scherzosa guerra con don Pederzani che ci insegnava storia e filosofia). Bene. Per me la scuola serve anche a questo: a insegnare a non accettare ciecamente le notizie, ma usare la nostra testa per vedere se forse le cose possono essere diverse da quello che sembrano, pur senza cascare nel complottismo. Matematica me la sarei potuta studiare per conto mio e spesso l’ho fatto, ma la scuola serve anche per formare le persone, al di là del voto nelle verifiche. Ed è per questo che il materiale didattico prodotto in questo periodo è importantissimo, ma non potrà mai supplire del tutto al ruolo della scuola. Ricordiamocelo per quando l’emergenza sarà finita.

Sono finalmente su Wikidata :-)

Come i miei lettori sanno, io sono una persona borderline. No, non nel senso di essere ai limiti del patologico – o almeno non solo così – ma in quello di essere sufficiementemente importante per avere una voce su di me in Wikipedia, in qualità di saggista. Si potrebbe discutere se le recensioni dei miei libri che sono apparse sui grandi quotidiani italiani siano sufficienti o no: ma il fatto stesso che io sia la “voce” di Wikimedia Italia fa sì che sia meglio evitare conflitti di interessi e stare al di fuori dell’enciclopedia. Tanto se qualcuno ha bisogno di avere informazioni su di me le trova lo stesso.

Però esiste anche Wikidata, che è la base dati nata per conservare tutte le informazioni che potranno poi essere usate nei progetti Wikimedia ma non solo. Wikidata non è molto noto, ma la sua importanza è fondamentale. Bene: finalmente c’è un’entry su di me in Wikidata. Non che uno se ne faccia molto, ma volete mettere?

SpazioRegione

Ho deciso che mi serviva il pin per leggere la tessera sanitaria. No: ricominciamo da capo. Ho scoperto che il lettore di smart card che avevo preso in edicola nel 2008 e non avevo mai aperto funziona ancora tranquillamente, con l’unica avvertenza di buttare via il cd allegato e scaricare i driver aggiornati per sistemi a 64 bit. Però senza pin non potevo fare nulla: guardando sul sito ho però scoperto che non era necessario andare all’infernall’ASL, ma si poteva fare tutto in regione. Palazzo Lombardia (aka il Formigonio) è sulla strada tra casa e ufficio, così venerdì scorso tornando a casa sono passato di là. Tutto chiuso, perché il venerdì c’è orario ridotto.

Lunedì ho pensato di usare pausa pranzo per riprovare. Sono arrivato: era aperto. Sono entrato dalle porte girevoli: non c’era nessuno. Non ho nemmeno preso il numerino: ho mostrato carta d’identità e tessera sanitaria, mi hanno mandato per SMS mezzo codice e mi hanno dato una stampa con l’altra metà. Sono rientrato in ufficio trenta minuti dopo che ero uscito. Incredibile. Ma qualcuno sa che esiste questo SpazioRegione?

Sushi Shop: ora basta (sul serio)

Ricordate la mia storia con Sushi Shop? Il problema è che non sono mai riuscito a trovare un altro ristorante giapponese che facesse servizio a domicilio e avesse cibo apprezzabile. (Occhei, a me comunque dava fastidio tutto il Philadelphia™ che ci mettevano, ma amen). Avevamo così ripreso a servirci da loro.

Venerdì pomeriggio verso le 18:15 facciamo un ordine. Invece che il solito sushi box per due, facciamo degli ordini diversi; io prendo del sashimi, e il sito mi offre la scelta tra riso e miso come contorno in omaggio. Bene, dico io, non ho nemmeno bisogno di aggiungere del riso. Chiediamo che l’ordine ci venga portato alle 20. Alle 20.25 Anna telefona chiedendo “scusate, ma dov’è il nostro ordine?” al che ci viene detto “il fattorino è già partito da un po’”. Alle 20:40 Anna ritelefona: in quel momento suona il campanello. Prendiamo il sacchetto… e ci accorgiamo che manca il riso. Nuova telefonata di Anna: quello che le viene detto è nell’ordine
– vi rimandiamo il fattorino con il riso (siete già tre quarti d’ora in ritardo, dobbiamo ancora aspettare un quarto d’ora?)
– ah, ma il riso è in offerta solo a pranzo (peccato che nello scontrino sia segnato che c’è anche il riso, anche se a 0 euro)
– ma tanto non l’avete pagato (certo, ma se non fosse stato indicato che c’era noi l’avremmo aggiunto all’ordine).

A questo punto ho detto ad Anna di lasciar perdere. Quello che però lascerò definitivamente perdere sono gli acquisti al Sushi Shop. Innanzitutto si erano chiaramente dimenticati dell’ordine. Io ci metto io un quarto d’ora in bicicletta ad arrivare da lì a casa, e il fattorino va in scooter. Se guardate gli orari, sono giusto quindici minuti dalla prima telefonata all’arrivo, senza contare un banale particolare come il fatto che si erano anche dimenticati di mettere le vaschette per la soia, segno di sacchetto preparato in fretta e furia. Ma un sedicente servizio clienti che cerca solo una scusa dietro l’altra, invece che ammettere l’errore e dare chessò un credito di due euro o meglio ancora una porzione di riso in offerta nell’ordine successivo (costo marginale 30 centesimi…) non merita i miei soldi. Vorrà dire che torneremo a mangiare fuori.

Iscrizioni alle medie

I gemelli non andranno nella scuola media che avremmo voluto. C’è stato l’assalto alla diligenza: noi siamo lontani da quella scuola, sarebbe sulla strada per il mio ufficio ma non è “così” vicina all’ufficio per guadagnare punti sufficienti. Ci è stato proposto lo spostamento nella seconda scuola del plesso, ma quella è davvero irraggiungibile da casa nostra. Vedremo cosa succederà: la scuola fighetta che è la nostra seconda scelta è vicino al mio ufficio per davvero, ma essendo una seconda scelta potrebbe già essere piena.

Ma quello che mi fa davvero specie è cosa succederà nella media che al momento si trova letteralmente al piano di sopra della nostra scuola elementare. In genere questa scuola ha tre classi per anno; solo il nostro anno ha avuto un boom di iscritti e sono arrivati a quattro classi. Bene: le voci di corridoio dicono che riusciranno a fare una classe di prima media. Io posso anche essere caritatevole, e pensare che l’attuale dirigente scolastica (che tra l’altro pare abbia detto “tanto dovranno tornare per forza tutti qua”) abbia ragione e siano tutti i genitori ad andare contromano. Ma in ogni caso l’Ufficio Scolastico Regionale dovrebbe prendere atto che la situazione non è sostenibile e fare qualche spostamento. Secondo voi cosa succederà?