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Ritorno al futuro, finalmente!

BTTFIIdate
Finalmente ci siamo. Dopo decine e decine di display photoshoppati più o meno bene – su, ragazzi, c’era una simmetria intrinseca. Se nel primo film si tornava indietro trent’anni, nel secondo si inizia con l’andare avanti di trent’anni, no? – oggi è il giorno ufficiale in cui la DeLorean arriva dal passato.

backtothefuture La cosa a mio parere più divertente è leggere la finta pagina di giornale che appare nel film, e scoprire alcune cose:
– ci sono terroristi svizzeri;
– gli americani non hanno bene in mente il concetto di famiglia regnante, e pensavano che il Regno Unito avesse solo regine, indicando così Diana e non Charles;
– gli USA hanno una presidentessa, immaginare un nero sarebbe stato troppo anche per loro;
– gli articoli sono scritti da un software di intelligenza artificiale (cosa che in effetti capita già almeno per le cronache sportive minori americane…);
– c’è ancora il fax (non ce lo toglieremo mai dai piedi).

Ma soprattutto sono fiducioso: non vedrò più display photoshoppati con una data farlocca per il Ritorno al Futuro!

un dubbio mi attanaglia (insomma)

Grazie a Piero D’Ancona, ieri ho avuto il piacere di leggere questo post in cui Marco Grimaldi – nel contesto dell’attribuzione a Jacopo Alighieri degli ultimi capitoli del Paradiso dantesco – spiega pacatamente come anche in letteratura un assioma dev’essere una verità evidente, e che scegliere un assioma solo perché ci piace o perché vogliamo mostrare come siamo bravi non sempre dà risultati validi anche quando essi non sono contraddittori.

Mi è però rimasto un dubbio. Grimaldi fa notare come per Dante non esiste una netta separazione tra scienza e letteratura – questo me l’aveva spiegato la buonanima di don Bellone al liceo, quando studiavamo la Commedia – così come non esiste per Galileo – e questo probabilmente dovreste ricordarlo tutti, perché il pisano spunta nella storia della letteratura italiana forse ancora più che nelle ore di fisica. Bene: qualcuno dei miei ventun lettori ha qualche idea di quando e dove è nata questa separazione? La mia sensazione è che non sia nata in Italia, sia precedente a Benedetto Croce, e nasca in maniera opposta, che cioè prima la scienza si è separata dalla letteratura e poi Croce abbia fatto una battaglia di retroguardia – riuscitagli benissimo – per convincere l’italica stirpe che la separazione è cosa buona e giusta perché l’unica vera cultura è quella letteraria mentre la volgare scienza si limita a fare le cose. Però non ho una cultura sufficiente per esserne certo. Chi mi aiuta?

(p.s.: ricordatevi che la scienza non è fatta solo di formule. Le formule sono una notazione compatta per tirare fuori dati, ma sono appunto una notazione: un mezzo, cioè, e non il fine).

Ultimo aggiornamento: 2015-10-20 09:51

Codacons, basta la parola

Da Repubblica: «Ora i consumatori passano all’azione con il Codacons che ha annunciato la presentazione della prima causa risarcitoria per danni da coda eccessiva a Expo.» Mi sa che dovrò aggiornare il vecchio detto: “Piove, denuncia Codacons”.

Ultimo aggiornamento: 2015-10-18 12:19

Un atomo di idrogeno come non l’avete mai visto

idrogeno Quella che vedete qui a fianco, tratta da questo articolo, dovrebbe essere la prima “fotografia quantistica” di un atomo di idrogeno. Come sapete, per la meccanica quantistica protoni ed elettroni sono una funzione d’onda, e quello che possiamo misurare è solo la probabilità che l’elettrone si trovi in un certo punto. (I fisici mi correggeranno subito, e io correggerò il post, ve lo dico subito). Con una tecnica chiamata microscopia a fotoionizzazione e che io – seguendo Clarke – ritengo indistinguibile dalla magia sono state “scattate” delle “fotografie” che “mostrano” alcuni stato di un atomo di idrogeno, e i risultati sono abbastanza in accordo con le previsioni teoriche. Scusate la profusione di virgolette, ma qui siamo davvero arrivati a un punto dove le parole usuali non funzionano per niente.

(h/t Piero D’Ancona)

Ultimo aggiornamento: 2015-10-14 11:51

Una cosa che ho imparato oggi

(sì, il titolo è scopiazzato dal Mucaria, ma tanto lui ha smesso di fare questi post, e io non so quante cose “da blog” imparerò)

A me non è mai piaciuta la musica operistica. Apprezzo Händel, ma poi mi fermo, per l’ottima ragione che non capisco quello che dicono i cantanti. Non mi importa che i libretti d’opera abbiano testi stupidi: io li voglio capire. Bene, in una pausa delle prove per il Requiem di Verdi – che tecnicamente non è un’opera, ma il periodo è quello – Davide Rocca ci ha spiegato che nella musica romantica si sceglie una tessitura più alta (si cantano gli acuti), che la nostra voce tende a cambiare di timbro sugli acuti, e che quindi bisogna emettere le vocali in modo diverso perché all’udito il suono sembri simile: quindi tutte le vocali tendono verso la “u” e si sacrificano le parole per migliorare il suono.
La musica operistica continua a non piacermi, ma almeno ora capisco il perché.

Ultimo aggiornamento: 2015-10-09 23:37

Verdi e la Messa di Requiem

Se non mi scoccio prima di fare prove e soprattutto se riuscirò a imparare la parte da basso, a fine gennaio canterò la Messa di Requiem di Giuseppe Verdi (“di”, non “da”, mi raccomando), col Forum Corale Europeo. In questa settimana di prove tutte le sere (argh) mi sono fatto una cultura sulla genesi di quest’opera, genesi 69, non è avvolta dal mistero come nel caso del Requiem di Mozart ma che ho comunque trovato molto interessante.

Tutto nasce nel 1868, alla morte di Gioachino Rossini. Peppino, che in quel periodo più che il compositore operistico stava facendo il proprietario terreno in quel di Busseto, pianse colui che a suo parere era insieme a Manzoni il più illustre connazionale, e lanciò l’idea di un U.S.A for Africa ante litteram: una messa da requiem da eseguirsi a San Petronio a Bologna nell’anniversario della morte del compositore pesarese. I vari brani musicali sarebbero stati composti dai maggiori compositori italiani e il progetto doveva essere addirittura autofinanziato. Com’è, come non è (c’è chi dice che Verdi, che pure aveva espressamente rifiutato di far parte del comitato organizzatore per non influenzarlo, avesse comunque remato contro) non se ne fece nulla: la prima esecuzione della Messa per Rossini avvenne nel 1988 (no, non è un refuso) e non c’è nemmeno una voce a riguardo nella Wikipedia in lingua italiana. Verdi aveva preparato e inviato a Ricordi il Libera me Domine con la clausola che se la messa non fosse stata suonata l’editore avrebbe dovuto ritornargli il manoscritto.

Passiamo al 1873. Muore anche don Lisander, e Verdi – che era ritornato alla grande sulla scena musicale con l’Aida decide che questa volta farà tutto da solo e comporrà lui la messa. Si era appena fatto rimandare il manoscritto del Libera me Domine e da lì partì per comporre tutta la messa. Solo che non basta musicare i brani: ci sono tutte le condizioni al contorno. Per esempio, la scelta dei solisti, anzi delle soliste (per tenore e basso non aveva posto condizioni particolari): Verdi voleva assolutamente Teresa Stolz come soprano e Maria Waldmann come mezzosoprano, e litigò con gli impresari fiorentini che in quel periodo stavano mettendo in scena l’Aida e non volevano lasciare abbastanza tempo per far imparare la parte. Poi c’era il problema del coro: Verdi voleva assolutamente che fosse misto, e non con voci bianche come era obbligatorio al tempo nelle chiese, e sapeva che Pio IX non avrebbe mai dato il permesso, soprattutto dopo Porta Pia: la scelta di San Marco come chiesa in cui fare l’esecuzione, oltre che perché aveva un’acustica migliore, fu facilitata dal fatto che il canonico da buon ambrosiano fece finta di nulla e chiese solo che le cantanti fossero vestite di nero e velate, non essendo ancora conosciuto il burka. Ma il rito ambrosiano della messa era diverso da quello romano (tanto per dare un’idea, nel rito ambrosiano non esiste l’Agnus Dei…) e la messa sarebbe appunto stata una messa, con le parti cantate che intervallavano il rito: anche lì si trovò un compromesso e si ebbe una specie di messa con “rito misto” (e senza consacrazione, ma quello immagino non fosse così strano nella liturgia preconciliare).

Il successo dell’opera portò a varie rappresentazioni in Italia e all’estero, compreso in una nazione che non riconosceva il diritto d’autore e non aveva nessun accordo con alcuno stato estero. Sì, avete indovinato: erano gli Stati Uniti d’America. Sono state conservate le lettere dell’incaricato statunitense di Ricordi che si lamentava perché una copia della partitura era stata fraudolentemente introdotta in quella nazione. In breve però il Requiem fu dimenticato quasi del tutto, perché non era né carne né pesce, e dovette passare più di mezzo secolo perché ritornasse in auge. Aspettiamo qualcosa di simile per gli One Direction :-)

Ultimo aggiornamento: 2015-10-08 15:27

test: dimmi come parli e ti dirò quanti anni hai

Pungolato dall’illustre professor Beccaria, ho provato a fare il test “Can We Guess Your Age By Your Vocabulary?”, nel quale ti fanno alcune domande (in inglese) e a seconda delle risposte ti dicono quanti anni hai. Io (come il Beccaria o l’altro illustre professore) sono risultato essere un sessantottenne (no, non sessantottino!) con questa didascalia:

«You’ve studied many languages, providing you with plenty of ways to express yourself. You are storyteller and people love to listen to you. Your voice is full of wisdom and your vocabulary is old-fashioned and immaculate.»

Ma probabilmente ha ragione Serena, che ha commentato «è l’età delle nostre maestre d’inglese». (La buonanima del mio professore di inglese avrebbe novant’anni, ma l’idea è quella)

multa o non multa

avviso-multa Venerdì, mentre riportavo i bambini a casa da scuola, ho fatto una strada diversa dal solito e sono passato in via Pavoni. Nel punto indicato qui su Google Maps ho notato che c’era un foglietto attaccato alle macchine in sosta dove non dovrebbero essere (tipo l’Audi bianca). Curioso come una biscia, ho dato un’occhiata al testo e ho visto che c’era lo stemma del comune di Milano e un testo che diceva qualcosa tipo “Gentile signore, la sua auto è in divieto di sosta ed è stata pertanto multata: le arriverà il relativo verbale a casa”.

Essendoché piovicchiava, me ne sono semplicemente tornato a casa: poi, pungolato da una discussione su Facebook, oggi rientrando ho allungato il giro per vedere se trovavo ancora uno dei foglietti, che ho recuperato e prontamente scansionato (ovviamente non è visibile per chi non legge il post sul mio sito, visto che non ho ancora capito come spiegare a Zapier di mettere i link). A un’occhiata più attenta credo proprio un fake e anche malfatto: a parte la carta mal strappata, se io avessi fatto una cosa del genere avrei almeno aggiunto qualche supercazzola su un articolo del regolamento – non che esista un regolamento comunale con articoli, almeno guardando il sito del Comune, ma basta già un riferimento all’articolo 201, comma 1, del Codice della Strada. Se qualcuno ha ulteriori notizie è come sempre il benvenuto!

Ultimo aggiornamento: 2015-10-05 19:08