Era un po’ che mi chiedevo perché mai l’orologio del forno elettrico in cucina fosse sempre in ritardo, nonostante io lo aggiustassi regolamente per non rischiare di portare i bimbi a scuola in ritardo. Finalmente ho scoperto l’arcano: è tutta colpa di Serbia e Kosovo. In pratica, da metà gennaio il Kosovo ha consumato più energia del previsto, la Serbia non ha voluto aumentare la propria produzione come da accordi, quindi la rete elettrica europea si è trovata meno elettricità del necessario, il che è significato un rallentamento della frequenza della corrente alternata rispetto ai nominali 50 hertz. Che c’entra tutto questo con i forni? Semplice: l’orologio digitale non usa un quarzo per calcolare l’ora, ma usa direttamente la frequenza della rete elettrica (tanto ci è attaccato…). Frequenza inferiore = orologio che va indietro, e in meno di due mesi si sono persi quasi sei minuti (345,517 secondi mentre sto scrivendo questo post: in realtà in questo momento la frequenza è leggermente superiore ai 50 Hertz, quindi gli orologi andranno avanti. Ah, il compito di monitorare la differenza del “grid time” rispetto all’ora esatta è appaltato all’azienda elettrica di quale nazione europea? Provate a indovinare :-) ).
La soluzione non è tecnica ma politica, come avrete capito: il che prova da un lato che siamo tutti così interconnessi che il protezionismo diventa sempre più difficile da mantenere, e dall’altro che non è affatto detto che si arriverà presto a una soluzione. Tra l’altro quello che non ho capito è se si vuole riportare avanti di sei minuti l'”ora elettrica” quando la soluzione si sarà trovata, oppure si deciderà di fare una moratoria e accettare che la griglia elettrica ha perso quei minuti. In fin dei conti penso che gli elettroni non siano molto interessati alla cosa, mentre io non ho voglia di rimettere indietro l’orologio del forno…
Io non mi lamento del fatto che 
Il mio percorso ufficio-casa [*] passa davanti al Formigonio, la sede della Regione Lombardia. Ieri sera mentre rientravo ho visto una dozzina di persone ferme sull’angolo con via Pola, e tre persone con due bandiere dall’altra parte. Le bandiere erano di non meglio identificati – almeno per me – “CARC – Comitati di Appoggio alla Resistenza – per il Comunismo”; tenuto a mente il nome e arrivato a casa ho scoperto che non solo hanno 