Si sono dimenticati del 2×1000 per la cultura. Pensavano bastasse lasciare quello per i partiti.
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Attenti ai telefoni (nuovi)
Da un po’ di tempo il telefonino di Anna è in realtà intestato a me, infilato nel bundle con la linea di casa (in realtà visto il suo tipo di lavoro pago un’ulteriore opzione per minuti più o meno illimitati, ma questo è irrilevante nel contesto) Il problema è che in tutte quelle opzioni non sono compresi affatto gli SMS e quindi pago separatamente per 500 messaggi ogni mese (30 giorni? 28 giorni?), pagamento che è fatto separatamente a quello del telefono.
Venerdì, mentre io e i bimbi eravamo in montagna, Anna mi chiama e mi dice che non riesce più a inviare messaggi e di guardare sul sito come mai. Io le rispondo che la password non me la ricordo, ma sarà sicuramente sul mio PC che era rimasto a casa, e che poteva controllare direttamente lei. Torno domenica, poso le valigie, prendiamo e andiamo a pranzo dai nonni, e lei mi rammenta che non ho ancora fatto il controllo. Ok, le dico, chiama il 40916 e senti se hai credito. Risposta: meno 0,03 euro.
Rientrati finalmente a casa guardo cosa è successo, e mi trovo una sfilza di notifiche di SMS inviato a quindici centesimi cadauna. Le notifiche partono dal 2 aprile, quando Anna ha cambiato telefono (e SIM, ma questo non dovrebbe contare). Prendo il suo telefono e scopro che nei settaggi le notifiche sono automaticamente abilitate.
Ora direi che è una fortuna che io non avevo messo la ricarica automatica, e quindi alla fine dei conti sono usciti sette euro di notifiche. Però consiglio a tutti di controllare attentamente le impostazioni di default! (Ah, Anna vedeva gli sms flash con la notifica del corretto invio, ma pensava che fosse una feature del nuovo telefono ;-) )
Le tasse sulle vincite alle lotterie
Ho visticchiato che tra le mille norme della manovrina di primavera del governo Gentiloni c’è l’aumento dal 6% al 12% del prelievo sulle vincite alle lotterie oltre i 500 euro.
Di per sé questa norma non mi fa né caldo né freddo: per vincere a una lotteria bisogna prima giocarci. Ma per principio non riesco a capire perché bisogna pagare le tasse due volte, prima nella parte del ricavo che va allo Stato (su cui non ho nulla da dire) e poi sulle vincite. Ma è anche vero che da noi si paga l’Iva sulle accise, quindi non ci si può stupire di nulla. Magari sperano che chi vince tanti soldi non si curi dell’ulteriore prelievo…
(Un altro aumento paventato nella manovrina è quello delle multe per chi viaggia senza biglietto. Peccato che – anche ammettendo che aumenti il numero di controllori – con ogni probabilità la maggior parte delle multe non si riescono a riscuotere. Qualcuno sa se ci sono statistiche al riguardo?)
“Credevo che fosse una notizia vera”
Essendoché è la vigilia di Pasqua, non è che ci siano tante notizie. Lasciando perdere sciocchezzuole come una possibile guerra mondiale nello scenario della Corea, Repubblica fa un grande scoop e intervista uno di coloro che hanno rilanciato su Facebook la bufala sulla sorella della presidente della Camera:
Chiedo scusa a Laura Boldrini. Che altro posso fare? Ero convinto che si trattasse di una notizia vera”. Felice Di Rocco, 70 anni, ex autista in pensione, di Termoli, è uno dei moltissimi utenti Facebook che ha rilanciato notizia falsa sulla sorella della presidente della Camera.
Che si può dire? Tante cose. Che il signor Di Rocco ha un’altissima opinione delle sue capacità di riconoscere la verità o falsità di una notizia. Che il suddetto ha anche un desiderio così grande di notorietà che accetta gioiosamente di essere sputtanato su un quotidiano nazionale (ma questo può essere un mio bias: è possibile che il lettore tipico non lo prenda affatto per uno sputtanamento). Ma soprattutto che Repubblica ha fiutato i vantaggi di una campagna di questo tipo contro le fare news, e ci si è buttata a pesce. Non credo siano arrivati a pensare che delegittimare le bufale sui ben noti siti a ciò dedicati porta implicitamente a una maggiore autorevolezza della loro testata, ma non si sa mai.
_Vite bruciacchiate_ (libro)
Gli Elii sono noti per la loro musica ma non solo, nel senso che forse quella è la parte meno importante dei loro spettacoli. Intendiamoci: hanno una tecnica favolosa, ma se non si considera tutto il contorno non si riesce a comprendere il fenomeno. Questo libro (Elio e le storie tese, Vite bruciacchiate, Bompiani 2012, pag. 330, € 9,90, ISBN 9788845271663) cerca di colmare questa lacuna, presentando la storia del simpatico complessino raccontata sia dai componenti che dalle persone con cui hanno avuto a che fare artisticamente. Il risultato è però piuttosto disuguale, con ripetizioni varie e salti temporali che rendono la lettura piuttosto ostica almeno nella prima metà del libro: poi dalla storia si passa agli omaggi e la cosa si dipana meglio… a parte perdersi ogni tanto almeno nella versione elettronica, perché non ci accorge che è finito l’intermezzo di uno degli Elii e ha ripreso a parlare la voce narrante di quel capitolo. Probabilmente la cosa migliore da fare è prendersela con calma e leggere un capitolo (cioè una persona: gli Elii intervengono all’interno, dialogando con il raccontatore) per volta.
_The Enclave_ (ebook)
(Ho ricevuto questo libro via LibraryThing Early Reviewers)
Ho avuto un po’ di difficoltà all’inizio della lettura di questo racconto lungo (Anne Charnock, The Enclave, NewCon Press 2017, pag. 68, € 3,46, ISBN 9781910935347) (circa 70 pagine). Magari il mio inglese non è così perfetto, ma non riuscivo a capire cosa succedeva. Pian piano la storia si è chiarita: a parte un breve momento di perplessità all’inizio della seconda sezione dove la voce narrante cambia non ho più avuto problemi ad arrivare in fondo.
Il libro fa parte di una serie, ed è ambientato in quello che potrebbe essere un futuro sin troppo prossimo: innesti cerebrali per le persone “migliori” che vivranno nelle città principali, altri agglomerati satellite (come l’enclave che dà il titolo al libro) dove la gente ricicla materiale comprato poi dall’élite; infine i migranti, come il protagonista Caleb, che cercano disperatamente di poter entrare nelle città. Tutto questo è solo accennato nel libro, non so se perché già spiegato nel primo libro della serie o perché non è l’interesse principale di Anne Charnock. In generale, a parte qualche brano un po’ paternalistico, la lettura è stata interessante.
Vai con l’agnellismo
Ha cominciato Silvio Berlusconi, uno che – dite quel che volete – sa sempre come farsi pubblicità: la scorsa settimana ha adottato cinque agnellini che non saranno macellati a Pasqua. La presidenta della Camera Laura Boldrini non ha voluto essere da meno, e ha adottato a distanza le due agnelline Gaia e Gioia, che ieri hanno fatto visita a Montecitorio accompagnate da due volontarie dell’Enpa e dalla presidentessa dell’Ente protezione animali. (Sì, tutto al femminile).
C’è solo un piccolo problema. Come mi è stato fatto notare (ebbene sì, io sono un cittadino e queste cose non mi vengono affatto in mente) il mangiare gli agnelli (maschi) è in realtà un sottoprodotto del volere avere latte e formaggio di pecora. Per tutto questo occorre evidentemente che nascano tanti agnelli: ma almeno per il momento i maschi non allattano, non ne servono nemmeno tanti per ingravidare le pecore, e quindi rimane un surplus di poco o nullo valore. Che farne? Costolette :-) Ma questo significa che con ogni probabilità Gaia e Gioia non sarebbero state comunque macellate… Peccato che il gender ormai ci pervada tutti.
Anche i secondi contano
La mia azienda ha deciso che tutti devono fare le quattro timbrature, perché pare ci fosse gente che facesse finta di nulla e si fermasse in ufficio meno del dovuto. Vabbè, tanto ci sono i tornelli e quindi tipicamente timbravo comunque a meno che mi portassi la schiscetta da casa.
La mia azienda ha anche deciso che bisogna specificare che le due timbrature di mezzo sono di inizio mensa e fine mensa, e non vengono prese così per default. Vabbè, in effetti a volte mi capita di fare cose strane. Con calma sto cercando di ricordarmi di cliccare al tornello inizio e fine mensa, anche se non sempre me ne ricordo. Ieri non me ne ero ricordato e quando sono rientrato il sistema mi ha detto “non puoi finire un intervallo mensa che non hai iniziato”: amen, qualcuno modificherà le timbrature.
La mia azienda, stante che l’intervallo è flessibile tra i 30 e i 60 minuti, ha deciso che non si può terminare l’intervallo mensa prima di 25 minuti dall’inizio. Notate: nessuno dice che un intervallo più breve viene considerato comunque di 30 minuti: semplicemente si sperava che fosse automaticamente settato anche in caso di intervallo più breve. Vabbè, c’è il trucco: si timbra normalmente per entrare e si aspetta nell’atrio lo scoccare dei 25 minuti per fare la timbratura di fine intervallo.
Oggi non c’era coda in mensa, io mangio sempre di corsa, e sono rientrato troppo presto. Vabbè, timbro per entrare e aspetto di indicare la fine dell’intervallo. Vedo che avevo timbrato l’uscita alle 12:46, erano le 13:08 e quindi erano solo tre minuti di attesa. Arrivano le 13:11, timbro, e appare ancora il messaggio: “INTERVALLO INFERIORE A 25 MINUTI”. Ora, in effetti avevo timbrato alle 12:46:18 e poi alle 13:11:12 o giù di lì: ma il nostro sistema di timbrature non considera i secondi e ce le visualizza al minuto (e dopo dieci secondi ce l’ho finalmente fatta). Ma volete proprio rendermi la vita difficile?