Cetirizina, da https://commons.wikimedia.org/wiki/Image:Cetirizine-ball-and-stick.png
Anna e io prendiamo in questa stagione la levocetirizina (io un po’ di meno, perché sono un po’ meno allergico). La scorsa settimana Anna era in trasferta, e la farmacia dove era andata non aveva levocetirizina, e le hanno dato della cetirizina. La confezione aveva un blister non bene incollato, a dire il vero (ho segnalato alla casa farmaceutica, anche per capire se quelle pastiglie potevano essere assunte: la risposta è no, per la cronaca).
Chimica organica al liceo l’ho dimenticata tutta, ma fino ad arrivare a capire che la levocetirizina è l’isomero levogiro della cetirizina, insomma la molecola allo specchio. Quello che non sapevo era la differenza pratica: guglando,
ho scoperto che la levo- costa di più ma è più efficace; all’atto pratico non significa nulla, perché la pastiglia di cetirizina ha un dosaggio doppio (10 mg anziché 5) e la confezione del generico costa lo stesso (3,60 euro)…
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quando una molecola esiste nei due isomeri, spesso, solo uno dei due “funziona davvero”. generalmente per artefatti di fabbricazione si produce un racemo con parti uguali dei due isomeri e si usa una dose doppia (specialmente nei casi in cui il dosaggio non è critico). a volte il processo di sintetizzare solo uno dei due isomeri è effettivamente efficace in senso economico, altre volte no.
La sintesi diretta di molecole chirali (quelle che hanno la forma L od R) è bilanciata, cioè 50/50 per L/R. Tuttavia a livello industriale è molto raro (per ragioni di costo) che si utilizzi una sintesi diretta, procedura che si fa invece in laboratorio perché è più pratica.
Non conosco i processi industriali per la molecola in questione, ma il messaggio è che non è in generale detto che sia una produzione bilanciata, e no, non viene fatto perché richiesto dai test di laboratorio ma “perché viene gratis”. Sul fatto che solo uno dei due isomeri sia efficace, qui la questione è assai più complessa. In generale posso dire che nella stragrande maggioranza dei casi la differenza è molto bassa e si sospetta che non dipenda strettamente dall’isomeria ma anche da altri fattori esterni.
In natura esiste una netta prevalenza degli isomeri nella forma L (>98%), per ragioni a tutt’oggi sconosciute, ma nella fisiologia umana posso dire che non sono isomero-dipendenti tutti i processi biochimici basali. Certo, non li conosciamo tutti quindi non possiamo dare una risposta precisa, ma possiamo senza dubbio dire che le reazioni chiralo-specifiche sono molto poche.
dipende dal meccanismo di azione del farmaco e in particolare dal recettore con cui si va a legare, ma non è infrequente che questi recettori abbiano dei siti di legame chirali e questo giustifica l’azione diversa dei due enantiomeri del farmaco. In alcuni casi la differenza fu sottovalutata portando a conseguenze tragiche, vedi il caso classico del talidomide. Il talidomide fu venduto come sedativo negli anni 60 sotto forma di racemo (ma può racemizzare anche in vivo, quindi anche fornendo il prodotto enantiomericamente puro non sarebbe comunque sicuro), poi si scoprì che la forma efficace è l’enantiomero R, mentre l’enantiomero S è teratogeno (causa focomelia grave). Casi di farmaci in cui solo uno degli enantiomeri è efficace o uno molto più efficace dell’altro ce ne sono parecchi: ibuprofene, fluoxetina, citalopram, pemedolac, metadone, propranololo, eszopiclone, salbutamolo, naprossene, ketoprofene, omeprazolo, ketamina, dopa, penicillamina. In alcuni di questi casi non solo l’altro enantiomero non è efficace, ma come nel caso del talidomide l’effetto dell’altro è avverso (vedi https://en.wikipedia.org/wiki/Chiral_drugs)
Non mi risulta che in natura ci sia prevalenza di isomeri nella forma L, quello è vero per gli amminoacidi, ma per esempio la molecola biologica più abbondante sulla Terra, il glucosio, è in forma D.
Riguardo alla tua considerazione finale, non ho una conoscenza così vasta dei recettori delle cellule per poterla smentire, ma mi sembra una concezione in contrasto con le conoscenze attuali. Tuttavia, visto che per un po’ mi sono interessato della chimica dell’olfatto, posso dire che non è infrequente che un enantiomero scateni sensazioni diverse rispetto all’altro, indicando che il sito di legame di uno o più recettori olfattivi sia chirale. Siccome i recettori olfattivi hanno molto in comune con gli altri recettori delle cellule e anzi sono proprio usati per scopi non olfattivi da cellule che nulla hanno a che vedere con l’olfatto, non mi torna la sottovalutazione della stereospecificità delle interazioni farmaco-recettori cellulari.
avevo scritto un articolato commento che smentiva quello che hai scritto, ma è andato perduto nella sottomissione e non ho voglia di riscriverlo.
in realtà il tuo commento era finito nello spam (il che è una cosa rarissima, di solito Akismet o chi per esso non mi fa nemmeno vedere i commenti spammosi: me ne sono accorto per caso della sua esistenza…)
dopo ho pensato che fosse finito in moderazione per via del link che ho messo e la cosa mi è sembrata ironica visto che è un link a Wikipedia
no. qui la regola è che un solo link passa, due mandano il commento in moderazione: ma stavolta era proprio nello spam.
Da assuntrice di istaminici da decenni, così come altri componenti della famiglia, ho constatato che ognuno di noi ha una risposta diversa allo stesso farmaco. Per il raffreddore allergico a me va meglio la rupatadina, per l’orticaria la levocetirizina. La ceririzina mi fa abbioccare, la levocetirizina no.