È già difficile sentire parlare di donne matematiche. Delle donne informatiche non si sa praticamente nulla. Questo libro (Carla Petrocelli, Il computer è donna, Dedalo 2019, pag. 136, € 16, ISBN 9788822068859) cerca di far luce – per quanto possibile, viste le fonti davvero scarse – anche su questo aspetto. Per esempio, non è molto noto che all’inizio il lavoro di programmatore era considerato più o meno alla stregua di quello di segretaria, e quindi ritenuto adatto alle donne (e pertanto meno pagato); solo dopo una ventina d’anni, subito prima del boom dell’informatica, la situazione si ribaltò. Una pecca del libro è forse quella di indulgere un po’ troppo sull’agiografico; trovo importante ricordare che Ada Lovelace e Hedy Lamarr hanno avuto delle vite difficili al di fuori di quello per cui sono oggi note, con problemi di alcolismo e salute; ma credo che le pagine più interessanti siano quelle in cui si spiega come Grace Hopper abbia dovuto lottare contro un ambiente – quello militare – che è sempre stato maschilista, e le scarse note su tante donne sconosciute raccolte nell’ultimo capitolo. Anche il capitolo sulla biblioteconomia avrebbe avuto un valore maggiore se ci fossero stati più esempi pratici della marginalizzazione delle bibliotecarie. In definitiva il libro ha il grande pregio di ricordare a tutti che il computer è anche donna, ma a mio parere poteva essere portato avanti in modo migliore.