Archivi annuali: 2014

_The Harmony of the World_ (libro)

[copertina]Mathematics Magazine è il fratellino minore dell’American Mathematical Monthly: una rivista che parla di matematica ma a un livello più basso. Intendiamoci: “più basso” significa a livello universitario… Ad ogni buon conto, alcuni anni fa è stato preparato questo libro (Gerald L. Alexanderson (ed.), The Harmony of the World : 75 years of Mathematics Magazine, MAA 2007, pag. 287, $ 56.95, ISBN 978-0-88385-560-7) che raccoglie una piccola selezione degli articoli apparsi nei primi tre quarti di secolo della storia della rivista. Onestamente mi aspettavo di più: la parte più importante mi è sembrata quella (auto)celebrativa, dove si mostra come anche grandi nomi della matematica si sono “degnati” di scrivere lì. Ci sono chicche storiche come il resoconto del Congresso Internazionale dei Matematici del 1936 (dove ho scoperto che gli italiani non vi parteciparono a causa delle sanzioni per l’invasione dell’Etiopia, anche se non ho capito se è stata una ripicca italiana o un divieto imposto dagli inglesi) o curiosità come il sistema di numerazione in base φ scritto da un dodicenne. In definitiva, però, è un lbro di cui si può fare tranquillamente a meno.

Wikipediocracy e Telecom Italia

Il logo di Wikipediocracy è la W di Wikipedia a testa in giù: il sito ha come motto “Perché non puoi parlare su Wikipedia di quello che non va in Wikipedia” (occhei, lo dice in inglese, ma il concetto è quello). Insomma, un po’ come il nostrano Wikiperle. Un mesetto fa, nei forum di Wikipediocracy c’è stato un thread dove un attivo contributore scrive:

The Italian Wikipedia article Telecom Italia was completely refurbished by six undergraduates at Università Cattolica del Sacro Cuore, in a cooperative project between Telecom Italia and (I presume) a professor at the university, with guidance from Wikimedia Italia’s Cristian Consonni.

Is this the future of “paid editing”? Broker college students as unpaid interns?

Il thread non ha avuto una grande fortuna, essendoci stato un solo commento “They get paid in free bananas at lunchtime”, che mostra come Tavecchio abbia fatto scuola anche all’estero. Però sono dell’idea che forse ha senso parlarne un po’ di più, considerando che per ovvie ragioni ho seguito abbastanza bene la storia pur non essendo impegnato in prima persona. Sì, la voce di Telecom Italia è stata rifatta da sei tesiste (sotto la supervisione della loro professoressa), e no, le tesiste non sono state pagate (l’Università non so: secondo me non c’è stato un pagamento diretto ma è entrato tutto in un qualche accordo quadro Telecom – Sacro Cuore, però non mi dicono certo queste cose).

Ora vi faccio una domanda: chi avrebbe dovuto riscrivere la voce su Telecom? Qualcuno di Telecom? Ovviamente no. Rischieremo di avere una voce agiografica: non per nulla le linee guida dell’enciclopedia scoraggiano fortemente le voci scritte dai diretti interessati. Le studentesse che hanno lavorato per la loro tesi dovrebbero essere pagate da Telecom? Ovviamente no, per le stesse ragioni di cui sopra. Le studentesse ci hanno guadagnato, anche se non in vil denaro? Probabilmente sì: studiavano scienze della comunicazione, e sicuramente quel lavoro sul campo è stato loro utile. Spassionatamente posso dire che secondo me hanno fatto molta più fatica che per una tesi (triennale) standard: per questo non sono così certo che ci abbiano guadagnato. Telecom ci ha guadagnato da tutto questo? Indubbiamente sì. Le affermazioni (dotate di fonti) contro Telecom continuano ad esserci, perché le fanciulle sono state abbondantemente catechizzate ed è stato impedito loro di “risciacquare” la voce; ma sono state aggiunte molte informazioni utili e importanti, e questo “annacquamento” favorisce sicuramente l’immagine. Ma la vera domanda da farsi è “Wikipedia ci ha guadagnato da tutto questo?” E la risposta è di nuovo “sì”. Ci sono più informazioni, ci sono più fonti e quindi l’utente può sapere più cose (non “cose diverse”, ribadisco, ma “più cose”). Non è questo lo scopo di un’enciclopedia?

Per quanto mi riguarda, ben vengano esperimenti di “unpaid editing” come questo, e del resto c’è un altro progetto in corso in questo periodo, sempre con l’università del Sacro Cuore (ma non con Telecom, stavolta c’è parte di una multinazionale in gioco). Per quanto mi riguarda, è una situazione win-win, e allora perché non sfruttarla?

_Matematica e quotidianità_

Il 16 ottobre al Palazzo delle Esposizioni di Roma si inaugura la mostra Numeri. Tutto quel che conta, da zero a infinito. Nel periodo della mostra, si terranno una serie di conferenze il giovedì alle 18.30: Incontri con i numeri. Tra i relatori ci sono anch’io, il 13 novembre, con Matematica e quotidianità: ecco il teaser della conferenza.

A cosa può servire nella vita di tutti i giorni la matematica appresa a scuola dopo le quattro operazioni? A tante cose, se la sappiamo usare bene. Possiamo riconoscere i dati fasulli sui giornali, barcamenarci tra tassi di interesse e lotterie apparentemente vincenti, e capire perché al supermercato l’altra fila è sempre più veloce della nostra…

C’è qualche romano tra i miei ventun lettori che ha voglia di vedere la mia bella (si fa per dire) faccia?

io e BikeMi

Il mese scorso ho attivato l’abbonamento BikeMi. Poi non mi è mai capitato di prendere la bici, almeno fino a oggi: in fin dei conti una bicicletta ce l’ho bene. Ieri sera però pioveva e la bici è rimasta in ufficio, così stamattina ho pensato di provare l’ebbrezza del mio primo uso della tessera.

Beh, la stazione più vicina dall’asilo (e da casa, se per questo) è quella in viale Zara a quasi un chilometro e mezzo, ma questo ovviamente lo sapevo. Arrivo, guardo il display dove c’è scritto di inserire codice e password, li inserisco. Poi guardo il display grande col monitor e leggo che la stazione è momentaneamente fuori servizio. Clicco su “annulla” e passo a quella successiva in piazzale Lagosta. Arrivo, rifaccio il tutto, guardo sul monitor grande e leggo “tessera bloccata”. Ah. Mi avvio verso l’ufficio – ormai prendere i mezzi non vale la pena – arrivo in Melchiorre Gioia e decido di riprovarci ancora. Stavolta guardo prima il monitor grande e scopro che posso avvicinare la tessera senza digitare il codice. Bene, penso, avvicino e guardo il monitor per sapere quando inserire la password; per una decina di secondi appare un enorme 3, poi niente. Riavvicino la tessera: mi dice che sto già usando la bici. A questo punto mi dico “sta a vedere che il 3 era il numero della bici da prendere!”, cosa che in effetti era. Risultato: è evidente che comincio ad avere dei forti problemi con la tecnologia e la lettura delle istruzioni, anche se continuo a pensare che avere una tessera che funziona senza password o pin è un’idiozia dal punto di vista della sicurezza.

La bici com’era? Mah. Non ho capito se il campanello era rotto oppure funziona facendo ruotare la coroncina sotto. I freni sono molto teorici, nel senso che rallentavano ma sarebbe stato impossibile inchiodare. Mi ha stupito che la bicicletta avesse tre rapporti, e mi ha stupito ancora di più scoprire che il rapporto più duro è davvero duro: non ne capisco l’utilità in città dove ci si ferma a ogni istante… In generale non so quali siano i flussi d’uso (sì, mi ricordo che avevo visto un sito che li mostrava, ma non ricordo il nome del sito) però non mi pare utile che non si esca dalla cerchia della 90/91 da un lato e ci siano stazioni a cento metri di distanza dentro quella cerchia. Probabilmente qualche stazione in punti strategici al di fuori del centro permetterebbe di fare percorsi radiali non serviti bene dai mezzi: chissà che succederà per Expo.

Ultimo aggiornamento: 2014-10-08 13:07

‪#‎laradiofa90 (in ritardo)

Da quando ho capito, domenica era il novantesimo anniversario della radio e l’hashtag qui nel titolo (insieme a #laradiofa90) raccoglieva vari contributi. Come sempre sono in ritardo, ma due parole le vorrei dire anch’io.

Direi che le mie prime esperienze radiofoniche risalgono al 1980 (o forse al 1981), mentre ero un giovane liceale dai salesiani a Valsalice. I salesiani avevano anche una radio (non mi ricordo se Radio Proposta o Radio Incontri: le due poi si sono unite un paio di anni dopo, per questo il mio neurone non riesce a scinderle), don Bellone che ci insegnava italiano teneva una trasmissione sui personaggi della storia torinese immortalati nelle targhe delle vie subalpine e ogni tanto ci portava al Rebaudengo a raccontare i risultati delle nostre ricerche, che nell’era Avanti Wikipedia erano piuttosto complicate da svolgere. Un paio di volte è così toccato anche a me, e ho più o meno imparato a capire che bisogna stare attenti a non parlare addosso agli altri (e addosso a sé stessi, a meno che uno lo faccia come cifra stilistica…)

Zoom avanti di trent’anni: dopo un paio di partecipazioni a Tre metri sopra il CEPU l’anno scorso mi è capitato di fare l’ospite fisso a Radio Popolare: con il nome d’arte di Wiki Maus facevo finta di raccontare voci di Wikipedia all’interno di Big Fish ma in realtà triettavo con Disma Pestalozza e Jam Kesten. Ammetto di non avere mai avuto nessuna fan che si è appalesata, ma in ogni caso mi sono divertito davvero tanto.

Il punto è che a me la radio piace, per lo stesso motivo per cui mi piacciono i libri (mentre con televisione e cinema il mio feeling è vicino a zero). La radio, sia davanti ai microfoni che ascoltata, è qualcosa che mi lascia libero e a mio agio, e mi fa vedere le cose con la testa anziché con gli occhi (che come ben sa chi mi conosce di persona non è che siano proprio il massimo…)

Ultimo aggiornamento: 2014-10-07 12:39

“sentinelle dell’Illinois”

Io non sono affatto d’accordo sul motivo per cui le sedicenti [*] Sentinelle manifestano. Però ritengo che abbiano pieno diritto di manifestare in quel modo, cioè silenziosamente e in modo non violento. Parallelamente però ritengo anche che il “nazista dell’Illinois” Giampietro Belotti avesse lo stesso diritto di contromanifestare come ha fatto, vestito da Grande Dittatore. (Ecco: non avrei usato il Mein Kampf, però. Non serviva a caratterizzare la protesta). Il punto è sempre il solito: spesso i diritti sono in conflitto tra di loro, e bisogna fare una scelta. Posso essere contrario ai matrimoni tra persone dello stesso sesso [**], ma devo avere il diritto di esprimere questa mia convinzione in maniera civile. Posso essere contrario alle Sentinelle in piedi, ma devo avere il diritto di esprimere questa mia convinzione in maniera civile.

[*] nel senso etimologico del termine
[**] per la cronaca io sono contrario al fatto che un matrimonio cattolico abbia automaticamente effetti civili. Per quanto riguarda i matrimoni civili, per me possono essere tra un numero qualunque di persone di qualunque sesso. Se volete, non chiamiamolo più “matrimonio”, così tagliamo la testa al toro.

Ultimo aggiornamento: 2014-10-07 12:03

Era lunedì mattina

Ieri mi hanno probabilmente fregato il ciclocomputer. Dico “probabilmente” perché ho un pallido ricordo di averlo tolto prima di entrare in pizzeria, ma non l’ho più trovato. Vabbè, mi sono detto, tanto ne ho uno uguale di scorta, sempre made in Lidl. Ieri sera lo cerco nell’ordine che regna sovrano a casa mia dove Anna non ha accesso e stamattina lo attacco al posto del vecchio. Peccato che non si accenda. Ma come, penso: è identico all’altro, si infila alla perfezione e non va?

Arrivo in ufficio e ne parlo col mio esperto di fiducia che subito mi fa: ma c’è la pila? Il bello è che avevo anche provato ad accenderlo prima di inserirlo, e non mi era mica venuto in mente che c’era qualcosa che non andava…

Ultimo aggiornamento: 2014-10-06 21:15

_Breve storia della filosofia_ (libro)

[copertina]Di filosofia nel mondo occidentale se n’è fatta tanta, nei due millenni e mezzo abbondanti nei quali ci siamo occupati di tramandarla. Questo significa che una storia della filosofia è un’opera improba, a meno che non si scelga di avere un’enciclopedia oppure fare una cernita molto pesante. A questo punto il discorso passa su um altro tema: in che modo fare la cernita. Nigel Warburton, uno dei più noti “filosofi divulgativi” (esisterà il concetto?) britannici, ha pensato di fare pillole di filosofia: in questo libro (Nigel Warburton, Breve storia della filosofia [A Little History of Philosophy], Salani 2013 [2011], pag. 267, € 14,90, ISBN 9788867151103, trad. Laura De Tomasi) ciascun filosofo viene trattato in quattro o cinque pagine, un po’ come dire in un post un po’ più lungo della media. (L’unica eccezione è Kant che otttiene ben due capitoli; inoltre spesso più che di un autore si parla di una scuola, e quindi i filosofi nel capitolo sono più di uno). La seconda caratteristica del libro è che nasce come una collana, nel senso di successione logica: alla fine di ogni capitolo Walburton si inventa un modo per tirare fuori il nome del filosofo del capitolo successivo. (e l’ultimo capitolo ci riporta a Platone con cui si apre l’opera…) Diciamo che non gli riesce sempre così bene…
Il testo è naturalmente molto semplicistico, e tende a evidenziare un singolo punto nel pensiero di ciascun filosofo, lasciando spesso in sottofondo le relazioni tra i vari pensieri. C’è però di buono che tardo Ottocento e Novecento sono trattati molto ampiamente, il che è utile per quelli come me che hanno una formazione scolastica e si sono fermati più o meno a Hegel. La traduzione di Laura De Tomasi mantiene lo stile leggero che contraddistingue l’opera, ma non posso perdonarle di avere usato il genere maschile per George Eliot e subito dopo aver massacrato un limerick (che chiaramente non è stato definito come tale)…

Ultimo aggiornamento: 2014-11-01 12:44