Archivi annuali: 2009

rimborsi al comitato promotore dei referendum

Spinto da un commento del Più Cattivo (è il #6 qui) sono andato a vedere qual è la normativa per i rimborsi elettorali. Nonostante le promesse di Simplificius Calderoli, che io sappia non esiste ancora una banca dati pubblica di tutte le leggi attualmente valide, quindi ho dovuto fare una ricerchina che spero ma non garantisco essere completa.
La normativa di riferimento è la legge 157/99, intitolata “Nuove norme in materia di rimborso delle spese per consultazioni elettorali e referendarie e abrogazione delle disposizioni concernenti la contribuzione volontaria ai movimenti e partiti politici”. All’articolo 1, comma 4 si legge (grassetto mio):
In caso di richiesta di uno o piu’ referendum, effettuata ai sensi dell’articolo 75 della Costituzione e dichiarata ammissibile dalla Corte costituzionale, e’ attribuito ai comitati promotori un rimborso pari alla somma risultante dalla moltiplicazione di lire mille per ogni firma valida fino alla concorrenza della cifra minima necessaria per la validita’ della richiesta e fino ad un limite massimo pari complessivamente a lire 5 miliardi annue, a condizione che la consultazione referendaria abbia raggiunto il quorum di validita’ di partecipazione al voto. Analogo rimborso e’ previsto, sempre nel limite di lire 5 miliardi di cui al presente comma, per le richieste di referendum effettuate ai sensi dell’articolo 138 della Costituzione.
La successiva legge 156/2002, “Disposizioni in materia di rimborsi elettorali”, non tocca l’impianto se non aumentando i rimborsi per la legislatura (da 4000 lire per legislatura a 1 euro l’anno), quindi non ci interessa. In pratica, ogni referendum che raggiunge il quorum dà un po’ più di 250000 euro al comitato promotore: questa in effetti può essere una buona ragione per non votare ai referendum, per indicare non tanto che non si accettano le modifiche quanto che non si accetta il comitato promotore ;-)

Ultimo aggiornamento: 2009-06-12 13:20

così facciaculisti che pensavo fossero il governo

Uno dei tanti messaggi di spam che ho ricevuto oggi è stato scritto da qualcuno che ha avuto anche la faccia tosta di terminare il testo con la frase «Il presente messaggio non è da considerarsi spam ma un punto di incontro tra le strutture e i clienti che amano prenotare direttamente senza intermediari.». In questi casi mi verrebbe voglia di usare il napalm, spiegando che l’incendio prodotto non è da considerarsi vandalismo ma un punto di incontro tra le strutture e i clienti che amano esprimere il loro parere direttamente senza intermediari.
C’è però una cosa che mi ha preoccupato: quando ho letto il nome dello spammatore (ItaliaDream, potete andare sul .it o sul .com) ho pensato che fossero quelli di Magic Italy della coppietta Maria Vittoria Brambilla-Silvio Berlusconi.
Ho bisogno di riposo?

Ultimo aggiornamento: 2009-06-12 10:33

Referendum elettorali

Chi mi legge abitualmente sa bene cosa farò ai referendum; d’altra parte l’informazione in giro è così frammentaria che penso sia cosa utile raccogliere quello che ho trovato, prima di reiterare la mia posizione al riguardo.
Domenica 21 dalle 8 alle 22 (e lunedì 22 giugno dalle 7 fino alle 15) si vota per tre referendum. Due di essi sono virtualmente indistinguibili, se non per il colore della scheda (viola nel primo caso e beige scuro nel secondo caso: non credete a quanto artatamente[*] colorato nel sito dei promotori) e si occupano della Camera dei Deputati, con 1756 parole, e del Senato della Repubblica, con sole 1007 parole. Il terzo è su una scheda verde chiaro, è ugualmente incomprensibile ma è almeno molto più corto, visto che recita
«Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, titolato “Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei Deputati”, limitatamente alle seguenti parti:
art. 19, limitatamente alle parole: “nella stessa”,
art. 85.»
Nel seguito per semplicità tratterò assieme i primi due, chiamandoli “Porcellum”; del terzo, “Candidature multiple”, parlo a parte.
Cominciamo proprio col terzo referendum, che è il più semplice. Come forse vi siete accorti, in questo momento è possibile candidarsi in più circoscrizioni; nel caso si venga eletti in più di una circoscrizione, si può scegliere la preferita e lasciare il posto al primo escluso nelle altre. Se a quel referendum vincerà il SÌ, la cosa sarà impossibile: uno si potrà candidare in un solo posto per volta.
I referendum “Porcellum” tendono invece a cambiare – il primo per la Camera e il secondo per il Senato – la legge elettorale, amichevolmente nota col nomignolo che gli diede il suo estensore Calderoli. In questo momento, la legge è proporzionale con premio di maggioranza (il 55% alla coalizione che ottiene più voti) e con sbarramento. Più precisamente, alla Camera una coalizione o un partito singolo deve ottenere il 4% su base nazionale, e un partito in coalizione (se la coalizione ha il 4%) deve ottenere il 2% sempre su base nazionale per essere rappresentato; al Senato le percentuali sono raddoppiate (8% e 4%) ma si applicano regione per regione. Se i referendum passeranno, non ci saranno più coalizioni; quindi il partito (e non la coalizione) di maggioranza relativa otterrà il 55% dei seggi, e saranno rappresentati solo i partiti con il 4% nazionale (Camera) o l’8% regionale (Senato).
Ci sono fondamentalmente quattro modi diversi per esprimesi con un referendum:
– non votare. A parte i menefreghisti e gli impossibilitati, sceglie questa opzione chi spera che il quorum (50%+1 degli aventi diritto al voto) non venga raggiunto, e quindi il risultato non conti un tubo. È possibile anche non ritirare la scheda di uno o più referendum e votare per gli altri; il risultato è come quello di non votare.
– astenersi, o annullare la scheda. Questa opzione è scelta da coloro ai quali non importa assolutamente nulla vedere un risultato o l’altro. Notate la differenza con il non voto: nel primo caso si cerca di andare sotto il quorum, nel secondo si contribuisce a raggiungerlo.
– votare SÌ. Lo fa chi vuole cambiare la legge.
– votare NO. Lo fa chi non vuole cambiare la legge, però vuol vedere cosa ne pensa la popolazione tutta.
Al momento in cui scrivo, il sito del ministero dell’Interno non riporta nulla di citabile al riguardo: i promotori dei referendum hanno il loro sito. Fine della parte per così dire “istituzionale”; inizia ora il mio pippone personale.
Premetto che io sono contrarissimo all’astensionismo per fare fallire il quorum; lo ero per i referendum passati e non vedo perché cambiare idea. In realtà una volta mi è capitato di non ritirare una scheda (abolizione del ministero dell’Agricoltura, per la cronaca) ma stiamo parlando di 15 anni fa in una situazione ben diversa. Potrei prendere in considerazione la cosa se si passasse da una legge decente a una legge pericolosa: ma la legge attuale è già pericolosa, quindi cambia poco.
Per quanto riguarda le candidature multiple, il mio è un sì convinto; presentarsi in più circoscrizioni toglie addirittura ancora più libertà di voto, perché poi è il multiplo eletto che sceglie dove accettare la propria elezione. Se io sono eletto chessò in Piemonte e Lombardia, e ci sono due altri candidati, entrambi primi esclusi in una delle due regioni, che aspettano la mia scelta per sapere chi sarà graziato, vi pare una cosa bella? L’unica cosa da aggiungere è che è una vergogna che la norma non sia già stata autonomamente abolita.
Sul Porcellum, il mio voto è un no ancora più convinto. A parte le voci che ho sentito in giro che sostengono che in caso di vittoria dei sì allora si abolirà l’attuale legge elettorale (palle, come ho spiegato sopra: e mi chiedo se siano state lanciate apposta per convincere l’elettorato meno attento) non solo la vittoria al referendum non migliorerebbe la situazione, ma anzi la potrebbe peggiorare. Se i partiti rimanessero separati come adesso, infatti, il premio di maggioranza sarebbe più elevato, schiacciando tutti gli altri. Basta fare due conti: se adesso con il 45% dei voti hai il 55% dei seggi, significa che l’altro 55% ha il 45%. Ma se ottieni il premio con il 35%, allora l’altro 65% dei voti prende il 45%, e quindi si starà più stretti… a parte il fatto che prima un partito con il 2% poteva sopravvivere alleandosi a uno più grande, mentre poi dovrà per forza fare il 4%.
Guzzetta e amici affermano “sì, ma così i partiti si dovranno per forza alleare prima delle elezioni”. Certo. Ma naturalmente nessuno ti obbliga a restare alleati un minuto dopo la chiusura delle urne. Inoltre c’è un piccolo particolare su cui i referendari casualmente tacciono. Con il Porcellum, non si possono dare preferenze (“per risparmiare sulle spese di campagna elettorale”: dev’essere). Questo significa che quello che conta è l’ordine in cui i candidati sono posizionati sulla lista: se il Partito Qualsiasi prende sette seggi, vengono eletti i primi sette in lista. Chi è che definisce l’ordine in lista? le segreterie dei partiti. Quindi possiamo anche immaginare di avere due listoni che imbarchino praticamente tutti chi da una parte chi dall’altra, ma così non avremo nemmeno quel barlume di scelta di dire “voto X invece che Y, perché il candidato in bilico di X mi piace, mentre quello in bilico di Y mi fa schifo”. Bel risultato, vero?
Poi intendiamoci, già la legge attuale fa sufficientemente schifo da non farmi decidere per un’astensione mirata, ma come si vede non c’è limite al peggio.
Questo è quanto: fate poi quello che volete, ma siate almeno informati. E ricordate che non è un problema di schieramento: se non ci credete, guardate come se fosse solo per loro sia il PD che il PdL sarebbero per il sì.
[*] colorare i quesiti come fossero una bandiera italiana, oltre a rendere difficile capire poi quali sono le schede reali, porta un significato implicito ma chiarissimo.

Ultimo aggiornamento: 2009-06-12 07:00

Simac

La donna che viene due mattine la settimana a fare un po’ di pulizie e a stirare oggi ha rotto una delle ciotole dove mangiano le nostre gatte. Capita, direte voi; e sicuramente non è il costo di una ciotola che ci manderà in rovina, soprattutto considerando tutte le cose che ha già spaccato in questi anni.
Il punto è che la ciotola in questione non era in ceramica, ma in plastica. Non saprei nemmeno da dove iniziare, per spaccarla; non dico lavandola, ma anche lanciandola per terra in un impeto d’ira o tirandone i lati in una pessima imitazione dell’incredibile Hulk credo riuscirei a scalfirne una. Mi sa che mi devo preoccupare.
(p.s.: il mistero si infittisce. Mi sono accorto che quella ciotola l’avevo lavata io stamattina e messa nello scolapiatti ad asciugare. Lo scolapiatti è sopra il lavandino, ma è anche chiuso con un’antina. Cosa diavolo avrà fatto?)

Ultimo aggiornamento: 2009-06-11 18:52

intercettazioni

Sarò il solito irresponsabile spensierato, ma non mi preoccupo più di tanto della noticina al maxiemendamento sul disegno di legge antiintercettazioni, che prevede per i titolari di “siti informatici” l’obbligo di rettifica entro 48 ore. A parte la definizione di “sito informatico” che è sempre difficile da specificare, già adesso c’è chi è capace di denunciarti: una rettifica la si aggiunge senza problemi.
Mi sembra molto più grave il blocco pratico alla possibilità di usare intercettazioni, soprattutto da parte dei giornalisti: e mi chiedo come mai Repubblica (dal Corsera sarebbe troppo, mi sa) non esca un giorno con quattro o cinque spazi bianchi in prima pagina, giusto per far capire l’effetto. Solo che adesso che scrivo questo mi viene in mente che oltre a essere un irresponsabile spensierato sono anche un inguaribile romantico…

Ultimo aggiornamento: 2009-06-11 12:10

Assimilazione

Martedì pomeriggio ero in via della Moscova angolo via San Marco, avevo legato la bici ed ero ancora lì col casco, mentre due donne stavano parlando. Una finisce di dire “aspetti, proviamo a chiedere al signore qua” e mi fa “sa dirmi dov’è il Fatebenefratelli?” Io rispondo di sì, e spiego come arrivarci (è facile :-) ) La signora si avvia e l’altra aggiunge “Beh, già che ci sono, da qua come arrivo in Ticinese coi mezzi?”, al che io ci penso un attimo su e la consiglio di prendere la 94 e poi il 3 in Arena. Ora, è vero che io ho sempre avuto la faccia di uno che sa dare indicazioni stradali; però fare il milanese così mi intristisce un po’.
(poi è vero che c’è stato qualcuno che lunedì sera mi ha telefonato da Torino per chiedermi come arrivare in via Bogino :-) )

Ultimo aggiornamento: 2009-06-11 07:00

Massimo comun divisore e minimo comune multiplo

Non so se le frasette “massimo comun divisore” e “minimo comune multiplo” facciano ancora venire a qualcuno un brivido di terrore, al pensiero dei conti che ci facevano fare a scuola e magari anche per capire com’è che una di quelle due sigle – che ricordano pericolosamente 1400 e 1900 scritti in numeri romani – fosse tutta in maiuscolo e l’altra tutta in minuscolo, e perché quello maiuscolo fosse il più piccolo dei due numeri, e non il più grande. Forse è vero che oggi questi concetti sono un po’ meno importanti di un tempo, quando i conti si facevano a mano; ma hanno ancora un certo qual interesse.
Per prima cosa occorre fare un passo indietro e approcciare il tutto da parecchio lontano. I numeri naturali hanno una simpatica proprietà, niente affatto scontata: quella della fattorizzazione unica. Un fattore di un numero n è un numero f tale che la divisione n/f non dà resto: i numeri primi, forse ricordate, sono quelli maggiori di 1 che hanno come fattori solo sé stessi e 1. Se prendiamo un qualsiasi numero, la fattorizzazione unica ci assicura che lo possiamo scrivere in un solo modo come prodotto di numeri primi; per esempio, 1001 = 7·11·13.
In matematica la fattorizzazione unica è importantissima, ed è il motivo fondamentale perché si definisce che 1 non è un numero primo; piuttosto che aggiungere qui la frasetta “eccetto che si possono aggiungere tanti fattori uno quanti si vogliono”, si preferisce aggiungere “eccetto 1” nella definizione di numero primo. Come curiosità posso aggiungere che all’inizio del XIX secolo si pensava di poter dimostrare il teorema di Fermat con alcune tecniche nemmeno troppo difficili matematicamente ma che presupponevano che la fattorizzazione unica valesse anche per numeri “più o meno interi”, quelli della forma n + m √(-1); ed è stato un brutto colpo acccorgersi che non è affatto vero.
Ma basta con le divagazioni, e torniamo alla fattorizzazione unica. Abbiamo visto che ogni numero si può scrivere in modo univoco come prodotto di numeri primi; ma allora se prendiamo due numeri possiamo trovare quali fattori – e presi quante volte – hanno in comune. Per esempio, 9009 = 32·7·11·13 e 147 = 3·72 hanno in comune il prodotto 3·7, cioè 21. Detto in altro modo, posso dividere sia 9009 che 147 per 21 senza ottenere nessun resto, e non c’è nessun numero maggiore con questa proprietà. Quindi 21 è un divisore, comune a entrambi i numeri e massimo; il Massimo Comun Divisore (MCD), appunto. In maiuscolo, perché immagino che la parola “massimo” faccia pensare a qualcosa di grande.
Supponiamo però che ci interessi qualcosa di diverso; possiamo riempire degli scatoloni di libri mettendoli a gruppi di sei oppure a gruppi di otto a seconda di cosa il Comitato Centrale ci comunicherà, non vogliamo scatoloni mezzi pieni perché non sta bene, e vogliamo evitare di fare troppi scatoloni perché siamo pigri. Ovviamente prendere sei per otto, quarantotto, libri ci permette di riempire in ogni caso gli scatoloni; però si può fare di meglio limitandoci a 24 libri. Questo 24 è il minimo comune multiplo (mcm) di 6 e 8, appunto. In minuscolo, perché immagino che la parola “minimo” faccia pensare a qualcosa di piccolo.
Se ci capita di sommare due frazioni, a denominatore ci conviene usare il minimo comune multiplo dei denominatori, perché ci troveremo con numeri più piccoli. Ma come si fa a sapere qual è il mcm di due numeri? Più semplice di quanto possa sembrare a prima vista: si moltiplicano tra di loro i due numeri e si divide il risultato per il loro massimo comun divisore. In fin dei conti il MCD indica proprio quali fattori sono in comune tra i due numeri, e quindi è inutile contare doppi. E come si fa a sapere qual è il massimo comun divisore dei numeri? Beh, quello lo racconto la prossima volta :-)

Ultimo aggiornamento: 2009-06-10 16:07

Simplificius, dov’eri?

Notizia di oggi: ATM ha affermato, per bocca dei suoi legali, che «si può comprendere, dunque, se il Legislatore italiano ha ritenuto di limitare l’accesso all’impiego nel settore dettando determinati requisiti, tra i quali quello della cittadinanza, ritenendo – forse – che il legame personale del cittadino allo Stato dia maggiori garanzie in relazione alla sicurezza e incolumità pubblica». Il tutto nella memoria difensiva contro il ricorso fatto da un elettricista marocchino, che afferma di non poter essere assunto dall’azienda dei trasporti milanese perché il Regio Decreto 148 del 1931 impone di avere la cittadinanza italiana.
Vabbè, ci sono alcune cose che non quadrano in tutto l’articolo. Innanzitutto non si capisce se l’elettricista ha presentato o no domanda ufficiale, né è chiaro perché gli avvocati non si siano limitati a dire “abbiamo seguito la legge”: per amor di pignoleria non il Regio Decreto di cui sopra ma il suo regolamento attuativo. Tale regolamento tra l’altro prevede anche che «deve essere data la precedenza a coloro che appartengono al partito nazionale fascista ed ai sindacati fascisti, nonchè le altre precedenze stabilite dalle disposizioni della legge 6 giugno 1929, n. 1024, portante provvedimenti sull’incremento demografico.» (art. 9) e che «Nelle località designate come malariche dalla direzione generale di sanità, l’azienda somministra gratuitamente a tutti gli agenti ed alle persone di famiglia, conviventi ed a carico, i chinacei ed adotta tutte le altre misure e difese prescritte dalla legge per la prevenzione e per la cura delle febbri palustri.» (art. 8), giusto per dare un’idea. Potrebbe anche valere la pena rileggere l’affermazione dei legali ATM, e ricordarsi chi era il Legislatore cui fanno riferimento: ma credo che per molti tutto ciò sarebbe assolutamente naturale e anzi finalmente qualcosa di serio.
Ma la cosa che non quadra a me è che o il regolamento è stato cambiato nei decenni oppure non è già rispettato: l’articolo 10 dice anche che gli assunti in prova non devono avere superato «i trent’anni di età per i servizi attivi ed i trentacinque per gli altri servizi», e ad esempio questo bando di concorso per autisti a Gorizia prevede un’età massima di 40 anni. Quindi, caro Simplificius: non è che a suo tempo ti sia dimenticato qualcosa? E quindi, cara pseudoopposizione: non è che magari provate a chiedere lumi su questa cosa?

Ultimo aggiornamento: 2009-06-10 10:40