Stanotte ho dormito sì e no quattro ore. No, non è stata colpa dei gemelli: è il nervosismo per tutte le pratiche per vendere quella maledetta casa di Torino che mi sta facendo impazzire. Dalle 4 alle 6:30 sono rimasto così sveglio a guardare il nulla; quando finalmente stavo riuscendo ad appisolarmi è suonata la sveglia e sono rotolato giù dal letto per prendere il treno per Torino, nuova puntata della mia inenarrabile lotta contro la regia burocrazia. Arrivo in stazione, vedo che il treno è in ritardo di un quarto d’ora – poco male, tanto non ho tutta quella fretta. Arrivo, mi dirigo in corso Bolzano all’Agenzia delle Entrate per recuperare il certificato di successione di mio padre… e trovo tutto chiuso. Guardo meglio: c’è un cartello che spiega che dalle 9 alle 11 c’è un’assemblea sindacale e quindi “non è garantita l’apertura”. Oserei dire che i dipendenti del ministero del Tesoro sono molto politicizzati: e ringrazio il cielo di non avere avuto un bazooka sotto mano.
A questo punto telefono al geometra che contemporaneamente stava andando in comune a scoprire perché la pratica di condono edilizio per la veranda – pratica del 1986… – risultasse “incompleta”. Mi spiega che molto semplicemente al comune non risulta l’accatastamento, al che dico ” va bene, tanto il catasto è qua dietro, vedo che fare”. Arrivo, stranamente non c’è nessuno, spiego la situazione e avviene il miracolo. Ho trovato un’impiegata gentilissima, che non solo mi dà tutta la documentazione necesaria – che poi è quella che avevo appena consegnato… – ma mi dice che la copia della denuncia di successione è regolarmente presente nella base dati, anche se comunque è in conservatoria che bisogna andare. A questo punto mi chiedo non tanto perché io abbia dovuto pagare euro 41.64 allo stato, che un pizzo si sa che ci vuole sempre, ma perché non potevano stamparmelo subito; un’altra di quelle domande che rimarranno senza risposta. Già che ci sono chiedo della pratica per rimettere a posto la planimetria dei posti auto: la signora mi dice di salire al secondo piano, salgo, vado nell’ufficio apposito. I miracoli però non accadono due volte: quello che riesco benignamente a ottenere è che la mia pratica venga presa e protocollata. Proprio così. Dieci giorni fa avevano preso i dati, ma non avevano fatto la fatica di metterci su un numerello; e chissà quanto tempo ci sarebbe voluto prima di farlo. L’unica consolazione è che ho scoperto che quando al Regio Catasto si degneranno di vedere cosa è successo e rimetteranno a posto il tutto io potrò farmi stampare la planimetria a Milano.
Intanto il geometra era ancora al Palazzaccio, visto che anche lì erano in assemblea: mi faccio così un quarto d’ora di passeggiata, gli consegno le copie delle carte catastali che domani porterà per la chiusura della pratica e mi faccio dare copia dell’esito della richiesta. In pratica, non solo il comune e il catasto non si parlano per nulla, ma è successo che il 13 agosto 1997 (undici anni dopo la richiesta…) il tecnico ha emesso la sua sentenza di mancanza dati e tutti si sono ben guardati dal comunicarcelo. Più vicini al cittadino. Sempre.
Torno infine in corso Bolzano, dove trovo un centinaio di persone davanti a me. Alle 11 si aprono le porte, mentre gli ultimi impiegati rientrano in ufficio dal bar interno (avranno fatto l’assemblea lì?) Per fortuna, arrivato il mio turno, mi fanno saltare la coda e prendere il sospirato documento, tutto regolarmente timbrato pagina per pagina sul momento. Forse (ma è meglio che non lo dica forte) sono a posto.
Ultimo aggiornamento: 2009-12-10 15:33