archivi di .mau.

quello che non oso mettere nel mio blog ufficiale

Orwell Y2K #11: oltraggio all’italiano

LivePaola ha segnalato questo simpatico titolone apparso sul Sole-24 Ore: Aig, Obama: «Bloccare i bonus ai manager, sono un’oltraggio».
L’oltraggio c’è sicuramente stato: ma alla lingua italiana, visto quell’apostrofo corpo 36 che campeggia in cima alla pagina. Solo stamattina con molta calma l’apostrofo è stato eliminato: si sa, siamo in periodo di crisi e non possiamo pretendere di sprecare neanche un apostrofo!

Oltraggio1Oltraggio2

March 17, 2009 Archivi

Orwell Y2K #10: consumi energetici

Ecco un classico esempio di giornalismo all’italiana, dove si dimostra la conoscenza dell’inglese e della fisica.
 
Primo ingrediente: un articolo dell’Independent dove si parla dei consumi degli schermi televisivi enormi, e appare la frase «Different makes and models of television vary in their use of power, but a 42in plasma television may use some 822 kilowatt hours a year, compared to 350kWh by an LCD flat screen of the same size. A 32in CRT, the biggest available, would use 322kWh.» In italiano fa più o meno così: “Una tv al plasma tipica consuma in un anno 822 kWh, mentre un LCD della stessa dimensione ne consuma 350 e una TV a tubo catodico di 32 pollici (il più grande acquistabile) usa 322 kWh.
 
Secondo ingrediente: un giornalista di Repubblica che legge l’articolo e traduce così: «Un televisore al plasma da 50 pollici può consumare 822 kilowatt per ora, contro i 350 di un televisore a cristalli liquidi della stessa grandezza e i 322 di un tradizionale televisore a tubo catodico.», dal che si può dedurre come un televisore al plasma abbia una potenza di 822 kilowatt (e quindi un un’ora consuma 822 kilowatt per ora: è l’unico modo di dare un qualsivoglia senso, per quanto debole, alla frase). Qualcuno si è accorto della cosa e ha corretto il tutto: adesso l’articolo toglie il “kilo” finale e dice «Un televisore al plasma da 50 pollici può consumare 822 watt per ora, contro i 350 di un televisore a cristalli liquidi della stessa grandezza e i 322 di un tradizionale televisore a tubo catodico.» Il tutto ovviamente continua a non avere senso, ma tanto nessuno legge davvero un articolo così lungo fino in fondo.
 
Ma la domanda che sorge spontanea è un’altra: perché mai i 42 pollici degli schermi nell’articolo originale sono diventati 50 pollici? I pollici continentali sono più piccoli di quelli albionici? Scrivere 42 pollici sembrava sminuire i monitor? Nemmeno a questo mistero avremo mai risposta, mi sa.

Tvplasma_1Tvplasma_2

January 12, 2009 Archivi

ITALICA STAMPA: Piccoli gesti quotiani

Quella raffigurata qui sotto è la pagina 182 del numero 47 dell’Espresso, datato 27 novembre 2008.
Notate il titolo del redazionale, anche se capisco che con quel font non sia così facile.
Ora, non so se i redazionali vengano preparati dall’azienda che paga (in questo caso Sisley) oppure dalla redazione della rivista: però uno svarione di quel tipo in un titolo corpo 48 o giù di lì mi pare francamente eccessivo…

Quotiano

December 20, 2008 Archivi

Cinegiornale Luce

Vi invito a dare un’occhiata ai resoconti del matrimonio odierno di Marina Berlusconi su La Stampa, il Corriere della Sera e Repubblica. A questo punto potete trovare le dieci piccole differenze, e scoprire che le differenze, oltre che essere davvero piccole, sono molto meno di dieci.
Fortuna che questa non è una notizia così importante: ma per quelle che contano davvero?

Marinab-stampaMarinab-corriere1Marinab-corriere2Marinab-repubblica

December 13, 2008 Archivi

RACCONTO: Non servono a questo?

Mentre si sfilava il costume, Marco si chiese per l’ennesima volta chi glielo avesse fatto fare; e per l’ennesima volta si dette la stessa risposta. Era vero che l’amministratore delegato aveva ribadito che la partecipazione alla recita natalizia aziendale era assolutamente libera e volontaria: ma anche il rinnovo del suo contratto a tempo determinato è assolutamente libero e volontario. Senza contare che la recita veniva considerata come lavoro straordinario: due ore di paga in più non saranno molto, ma aiutano ad arrivare con maggior tranquillità alla fine del mese. Aggiungiamo ancora la gratifica per aver fatto parte del coro che cantava Happy Xmas – War is Over, e si arriva a una discreta sommetta. A proposito del coro, per fortuna che il vescovo non si è accorto che la melodia non era Tu scendi dalle stelle! Ma forse, vista la generosa offerta per il restauro del vecchio organo del duomo, sua eminenza avrà pensato che la musica avvicina in ogni caso a Dio. Ammesso poi che abbia fatto caso alla melodia, e non sia rimasto ben più scioccato da altre licenze poetiche riguardo al racconto della Natività, come ad esempio l’aggiunta di due pastorelle alla scena; era davvero difficile non accorgersene, visti gli abiti che (non le) vestivano. Il Bambinello è rimasto al freddo e al gelo, ma aveva il bue e l’asinello che lo riscaldavano; chissà invece loro!

Certo che quelle due escort sono sicuramente state pagate ben più di me, pensò ancora Marco: ma la cosa non lo faceva arrabbiare. In fin dei conti, il loro non era il tipo di lavoro che a lui piacerebbe fare; molto meglio starsene davanti a un PC a programmare, senza correre il rischio di dovere interagire con una persona che non gli andasse a genio o che lo facesse sentire a disagio. Ognuno ha il suo stile di vita, e quello di Marco non prevedeva certo incontri più ravvicinati del dovere salutare qualcuno mentre strisciava il badge. Quello che mi fa arrabbiare adesso, pensò, è piuttosto la cerniera di questo costume. Già non funzionava bene, ma adesso sembra essersi bloccata del tutto, e stanno per chiudere il teatro. Al diavolo: tanto la macchina è qui vicino e la posso comunque guidare; arrivo a casa e lì con un po’ più di calma riuscirò a togliermelo, questo stramaledetto costume da pecora.

Il rientro in effetti non fu particolarmente problematico, a parte il risolino del custode del teatro. Per strada non c’era quasi nessuno: alle dieci e mezzo di sera della vigilia di Natale non è che ci sia molta gente che abbia voglia o necessità di muoversi. Marco arrivò al suo palazzo, parcheggiò l’auto nel box, prese l’ascensore pregustandosi la liberazione dal suo costume. Piano -2, -1, 0, 1, 2… stop. L’ascensore si era bloccato, le luci si erano spente e la cabina era illuminata solo da una debole lampada di emergenza. Marco da piccolo soffriva di claustrofobia, e ancora adesso aveva qualche problema negli ambienti chiusi: ma era così stravolto che non pensò nemmeno ad aver paura e schiacciò con rabbia il pulsante per chiamare soccorso. Dopo qualche istante, una voce adrenalinica – ma dove trovano gente così pimpante il 24 dicembre notte? – senza lasciare a Marco nemmeno il tempo di spiccicare una parola proruppe: “Via John Lennon 42, scala B? Il nostro tecnico è già in zona, tra cinque minuti sarà da lei. Grazie per averci chiamato” e riattaccò. Marco rimase un attimo stranito, ma ripensandoci fu felice di non aver dovuto dire nulla, e benedisse in cuor suo l’efficienza della società manutentrice.

Erano passati sette minuti e Marco stava chiedendosi se richiamare il soccorso, quando sentì la voce di una donna.
– “È ancora bloccato dentro l’ascensore?”
– “Sì – rispose Marco – ma dovrebbe arrivare il tecnico.”
– “Il tecnico sono io. Aspetti che salgo al locale macchine”
Marco non sapeva se rallegrarsi perché stava per essere liberato, oppure tremare al pensiero che la sua salvezza passasse per le mani di una donna. Non aveva nulla contro l’altra metà del cielo, e non faceva affatto distinzioni tra colleghi maschi e femmine: saper programmare non dipendeva certo dall’avere la coppia di cromosomi XX o XY. Ma questo era un lavoro da uomo! Come fa una donna a girare a mano gli argani di sicurezza? Eppure l’ascensore si stava muovendo lentamente ma con sicurezza verso l’alto, e tra le porte iniziò a vedersi una lama di luce. Di nuovo la sua voce: “Ho portato la cabina al piano. Dovrebbe trovare una levetta in alto a destra, la prema e le porte si dovrebbero sbloccare.” Quasi ipnotizzato, Marco eseguì, sentì un clac, allargò le porte e si trovò davanti una giovane in salopette, sorridente.
– “Ehm… grazie per il saltimbanc… no, il salvataggio, e mi scusi per il costume da piovr.. da pecora volevo dire. Sa, non è colpa mia, ma…”
– “Ma la cerniera si è inceppata. Conosco quel modello di costume, una volta mi è capitato di indossarlo. Ci vuole un’altra persona per disincastrarla. Senta, tanto ho finito il mio turno di lavoro: se vuole le do una mano io.”
Marco stava meccanicamente rispondendo “No, grazie”. Poi la guardò in viso, e si sentì tutt’a un tratto stupido. Perché non dovrei farmi aiutare? Devo dimostrare di essere un vero macho?
– “Se non le è di disturbo…”
– “Macché disturbo! È una cosa di pochi secondi!”

Entrarono in casa – Marco ebbe qualche difficoltà a inserire la chiave nella toppa, ma alla fine se la cavò egregiamente – e l’ascensorista fu di parola: un rapido tocco e la cerniera si aprì come se non fosse mai stata bloccata.
– “Come volevasi dimostrare. Mi sa che queste cerniere hanno una loro personalità. Ah, mi chiamo Angela”, fece mentre Marco si ricopriva rapidamente con un plaid che per fortuna era lì vicino.
– “Marco. Non so proprio come ringraziarla, in pochi minuti mi ha tolto per due volte dai pasticci!”
– “Era mio dovere. E poi diamoci del tu, i contatti per lavoro sono terminati! Ah, in effetti ci sarebbe un piacere che potresti farmi, ma è piuttosto personale e magari non te la senti. Facciamo così: io te lo chiedo, ma non mi offendo se mi dici di no, occhei?”
– “Va bene. Ma cosa può essere di così personale? Adesso mi hai incuriosito…”
– “Giù in macchina ho un po’ di roba per cenare, ma sono da sola in casa e mi sembra una cosa così triste. Hai voglia di dividerla con me? Ce n’è abbastanza per entrambi, davvero. Posso?”
– “No… cioè sì, volentieri. Anch’io sono solo, stanotte”. Come se non se ne fosse già accorta. Marco si sentiva strano; era come se ci fosse qualcun altro che parlasse al posto suo. La cosa più incredibile era però che quello che diceva lo faceva star bene. Al diavolo tutto! Almeno a Natale potrò ben rilassarmi e prendere le cose come vengono, no?

Angela era già tornata con una borsa, dalla quale tirò fuori degli antipasti, uno zampone con le lenticchie, una bottiglia di brut e un quaderno di fogli colorati. “Per favore, riscalda lo zampone, mentre io preparo il presepe”.
– “Il presepe?”
– “Il presepe, certo! È Natale, ci vuole un presepe, e niente di meglio che farlo con gli origami.” Piegava velocemente un foglio dopo l’altro, e in pochi minuti c’era la capanna con la stella, Giuseppe e Maria, bue e asinello, e la culla.
– “Come vedi, non sono una purista: uso le forbici, anche se così non sono veri origmami.” Marco annuì sbalordito. “Ma sono meravigliosi!”
-“Sono carini, sì. Avrei potuto anche fare qualche pecora, ma mi sa che non era il caso.”
Le figurine furono messe su un tavolino mentre Marco apparecchiava, e iniziarono a cenare. Marco temeva di non avere nulla di interessante da dire, ma le parole e il sorriso di Angela lo rincuorarono, e iniziò a parlare dei suoi sogni di quando era ragazzo. Angela lo ascoltava attenta, ma a un tratto si fermò di botto: “Aspetta! È quasi mezzanotte!” Prese un nuovo foglietto, lo manipolò rapidamente, e gli mostrò la figura di un neonato.
– “Ecco qua il Bambinello. È Natale: Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini che Egli ama. Una volta si diceva che a Natale si è tutti piu buoni: in realtà è solo uno di quei rarissimi momenti in cui riusciamo a sentire che possiamo amarci.”
– “Angela, tu riesci a far sembare facili tutte le cose. Ma guardami: sono qua, con un lavoro che non so per quanto mi durerà, solo come un cane e praticamente costretto a indossare un costume da pecora! Ti sembra che io possa avere qualcosa da amare?”
– “Il costume te lo sei tolto, e adesso non mi pare tu sia da solo, no? Non ho detto che tutto è facile: ho detto che è possibile. Se tu non vuoi bene a te stesso, non potrai mai fare il primo passo.”
– “Ma come faccio a volermi bene?”
– “Lo stai già facendo! Non te ne sei accorto? Stai dedicandoti a te. Mi stai tenendo sottobraccio” – Marco si ritrasse come tarantolato, ma Angela ridendo gli riprese la mano – “e parli di cose belle. Ci sono anche cose brutte nella vita, e non serve a nulla nasconderle: ma questo non significa che bisogna sempre macerarcisi su! Piuttosto, non scappar via, stai qua vicino e raccontami ancora di te…”

Il mattino dopo – tardo mattino, a dirla tutta – Marco iniziò a svegliarsi. Allungò la mano per toccare Angela al suo fianco, svegliandosi del tutto non appena si accorse di essere solo. Si chiese per un attimo se avesse sognato quanto successo nella notte, poi notò il biglietto sul comodino. “Ora devo andare: ma ricordati di quello che ci siamo detti. Il primo passo l’hai fatto: adesso ci sono gli altri. Angela.”
Nessun indirizzo, nessun numero di telefono. Marco chiamò subito la società degli ascensori, ma una voce piuttosto seccata gli rispose che non avevano nessuna donna tra i loro dipendenti, e che non risultava loro alcuna chiamata di soccorso per l’impianto di via John Lennon 42. Nelle settimane successive, Marco provò ad andare nei posti di cui Angela gli aveva parlato quella notte, ma senza alcun risultato. Qualcosa stava però accadendo: senza accorgersene, era più sicuro di sé, e tra una ricerca infruttuosa e l’altra la cosa fu notata eccome, tanto che in breve gli fu offerto un contratto a tempo indeterminato con un discreto aumento di stipendio. Qualche mese dopo, quando ormai si era arreso all’evidenza e aveva smesso di cercare Angela, si accorse che una sua collega non solo era carina, ma era anche interessata a lui; iniziarono a frequentarsi più spesso, fino a decidere di convivere.
Marco si sentiva finalmente amato e in pace con sé stesso; gli capitava ancora ogni tanto di pensare ad Angela, e che grazie a quell’incontro così strano la sua vita era completamente cambiata per il meglio. Ma non è proprio a quello, che servono gli angeli?

December 10, 2008 Archivi

CARTELLI: Premunitevi!

A Bologna, come del resto in molte città italiane, ci sono gli autobus urbani. Come quasi dappertutto, occorre comprare il biglietto prima di salire sull’autobus. Fin qua nulla di strano. Un po’ più strano, se ci pensate un attimo su, è che ti avvisino della cosa all’interno dell’autobus, quando oramai è troppo tardi: ma magari quelli dell’ATC hanno pensato che l’ignaro utente legga l’avviso e scenda alla prima fermata per andare in caccia del biglietto.
Però l’utente, oltre che ignaro, deve anche essere un amante dei giochi di parole per riuscire a capire che non occorre premunirsi contro qualcosa ma pre-munirsi, cioè difendersi in anticipo, con un biglietto (pardon, di un “titolo di viaggio”). D’accordo, il Garzanti ha anche l’esempio “premunirsi di un fucile”, ma mi sa che nessuno l’abbia detto nell’ultimo secolo.

P1020533

November 27, 2008 Archivi ,

Prospero Pirotti

[se volete sapere tutto di Prospero Pirotti da lui stesso medesimo, andate sul suo sito oppure sul suo blog]

Le due immagini che vedete qua sotto sono la scansione della Diffida arrivatami ieri a firma Prospero Pirotti. Prima di proseguire la lettura vi invito a guardarle e prendervi tutto il tempo necessario per ricomporvi.

Se per una qualunque ragione, caro lettore, tu non eri su Usenet alla fine degli anni ’90 ti sei perso le gesta di Prospero Pirotti, e non puoi capire di cosa si sta parlando. L’anno scorso ne ho scritto qualcosa sul mio blog (vedi qua e qua), ma si trattava di fatti appunto relativi al 2007. Non ho nessun problema ad ammettere che la Prospero Pirotti FAQ, che potete trovare in rete con una semplice ricerca, sia mia; e continuo ad essere pronto a sostenerne ogni singola parola. Lascio a chi mi legge decidere se a suo parere sia o no “vistosamente lesiva dell’immagine dello scrivente”. Naturalmente, visto che aveva senso pubblicarla solo in una cornice temporale ben precisa, dopo il 1999 ho smesso di postarla su Usenet, e nel 2001, quando ho creato il mio nuovo sito, non me la sono nemmeno salvata perché non mi interessava più.

Come potete leggere (tralasciate la parte del “Flaggello”, che avrà rovinato la vita di Prospero Pirotti ma della quale io non so nulla), il Nostro ha scoperto che la sua “ControFAQ” scritta al tempo non è più presente negli archivi Google: cosa che personalmente mi dispiace anche. Prospero Pirotti ha così deciso che “io sarei stato esortato a emendare in pubblico detta FAQ” (non so bene dove, né quando: sicuramente nel 1999 lo fece, e in effetti la mia FAQ fu emendata), e avrei “replicato in modo provocatorio” (immagino che si riferisca al commento che scrisse sul mio blog, di testo Ti devo notificare una querela in uno con Google: l'indirizzo me lo dai tu, o me lo devo cercare da me? che io non approvai e a cui risposi privatamente Prospero, non sei tu che notifichi le querele, e lo Stato, se gli dici Maurizio Codogno - Milano, ovviamente mi sa trovare...) e quindi, “premesso tutto questo” invita formalmente Google Italia e il sottoscritto a far sì che vengano ripristinati i link ai suoi post e a una pagina del suo sito. Se non lo facciamo entro domani avvierà causa civile.

Se io fossi un po’ meno bastardo di quanto sono, mi preoccuperei per la salute mentale di Prospero Pirotti: secondo lui, a quanto pare, io ho così tanta influenza su Google Italia da convincere loro a cancellare un post (di cui poi non me ne poteva fregare di meno). Ma non è un mio problema. Se proprio Prospero Pirotti mi denuncerà, vorrà dire che il gioco si farà un po’ più duro. Inutile dire che non mi sogno nemmeno di mettere un link come richiesto; quello che potrei fare, se me lo chiedesse, è recuperare il testo della famosa FAQ e della ControFAQ e metterli insieme in un file sul mio sito, perché in fin dei conti sono un’interessante testimonianza storica – e mostrano anche Prospero Pirotti molto meglio di quanto possa farlo io da solo. Però me lo deve chiedere. Non “ingiungere”; nemmeno “pietire”, perché non sarebbe un favore che faccio a lui.

Ah. Se mai a Prospero Pirotti capitasse di leggere questo testo (cosa non troppo difficile, visto che dovrebbe venire indicizzato abbastanza bene da Google) sappia che da me non avrà più una parola di risposta. L’unica cosa che farò è mettere su la pagina in questione.

P.S.: un link a un thread del 1999 sopravvissuto alla decimazione da parte di Google potrebbe esservi utile per capire il Pirotti-pensiero.

Aggiornamento: (17 novembre) Una ricerca un po’ più accurata mi ha fatto trovare una copia della ControFAQ pirottiana, datata 22 giugno 1999; o se preferite c’è questa versione del 14 settembre 2000 (nove mesi dopo che avevo smesso di postare le FAQ… Ma si sa che le sinapsi non sempre sono veloci). O ancora si può vedere la prima edizione delle ControFAQ. Naturalmente una qualunque persona dotata di un minimo di raziocinio sa che non ho alcuna possibilità di modificare il link inserito in un post di nove anni fa, esattamente come non posso modificare un elenco del telefono di nove anni fa. Ma quello non sarebbe un vero problema, visto che come ho scritto posso fare un’opera storica, mettere nel mio sito FAQ e una qualunque delle ControFAQ e vedere schizzare in cima ai motori di ricerca quella versione. Dal mio punto di vista sarebbe anche più divertente 🙂

Prospero1Prospero2

November 17, 2008 Archivi

Il livello della stampa italiana

Oggi pomeriggio il PresConsMin della Repubblica Italiana, S.E. il cavalier Silvio Berlusconi, ai margini di un incontro ufficiale con il presidente della Federazione Russa Dmitri Medvedev, se n’è uscito con una battuta su Barack Obama, dicendo che il prossimo presidente è «giovane, bello e anche abbronzato». Come ho scritto sul mio blog , semplicemente non fa ridere, tutto qua.
Quelle qui sotto sono le schermate della home page di quattro tra i primi cinque quotidiani non sportivi italiani, prese adesso. Per tutti, quella non-notizia è stata ritenuta la cosa più importante da scrivere. Per la cronaca, Il Sole – 24 Ore aveva il titoletto "Gaffe di Berlusconi su Obama: è bello, giovane e abbronzato" in home page, ma in un riquadro defilato; Il Giornale parla nel secondo articolo dell’incontro col presidente russo e nel riassunto scrive "Poi scherza sul neoeletto presidente Obama […]".
Se continuiamo a scavare così dopo avere toccato già da un pezzo il fondo, chissà se riusciamo ad arrivare dall’altra parte.
(Autopromozione: la mia battuta al riguardo che ho postato su Friendfeed è stata "una su tre riesce anche a Berlusconi" . Non farà ridere nemmeno questa, ma almeno ha avuto una visibilità molto minore.)

Silvio-obama-corSilvio-obama-repSilvio-obama-staSilvio-obama-mes

November 6, 2008 Archivi

CARTELLI: Tapis roulant in stile sardo

La Stazione Centrale di Milano è in fase di ristrutturazione. Nella foga di ristrutturare tutto, credo che qualcuno abbia anche pensato
alla lingua italiana e alla necessità di non fare disuguaglianze tra italiani e stranieri. Vittorio Bertola ha già detto di come l’Engrish sia stato usato per rendere impossibile a un turista non italiofono capire cosa sta succedendo: ma che fare per gli italiani?
Semplice. Come potete vedere nella foto, i tapis roulant hanno guadagnato una "t" e sono diventati tappetti mobili. Ad essere sinceri, oggi quelli che ho preso io non si muovevano per nulla, ma è anche vero che io sono tutto meno che un tappetto e magari sono stati invidiosi…

P1020470

November 2, 2008 Archivi ,

Orwell Y2K #9 – Milioni o miliardi, che cambia?

Gli USA sono una Grande Nazione, e fanno tutto in grande. Così Mario Calabresi, in questo suo reportage, non ha avuto nemmeno un attimo di dubbio nello scrivere che Barack Obama era riuscito a raccogliere 600 miliardi di dollari di offerte dai suoi sostenitori, qualcosa come il cinque per cento del PIL USA. Ci sono volute solamente quattro ore, come potete vedere dalla terza immagine, perché qualcuno facesse un controllo di realtà e rimettesse la cifra giusta. Certo che uno magari potrebbe anche accorgersene subito di certi strafalcioni… che poi va a finire che qualcuno li riprende e la gente inizia a crederci!

Obama1Obama2Obama2-info

October 30, 2008 Archivi ,
(i miei cookie)