Diritti e pace

pensieri sparsi dalla manifestazione di sabato.

  • i mille manifesti rifondaroli, che hanno preso i “diritti” CGIL e li hanno tradotti nel loro referendum.
  • uno striscione, che visto da dietro rivelava una pubblicità della Rustichella.
  • un tipo con un cartello manoscritto con su scritto una versione non molto grammaticale, stile “dettata al telefono”, della poesia La guerra che verrà di “Bertol Brect”.
  • i gruppetti che si fermavano in uno slargo e cominciavano a fare i cori
  • la bandiera “PEACE” invece che l’usuale “PACE”
  • i cani avvolti nella bandiera della pace
  • il ragazzotto con megafono che faceva “rat-tat-tat-tat” contro l’elicottero della polizia che volteggiava
  • le attiviste sessantenni, alte un metro e cinquantaquattro, con la bandiera ad alzo 10 gradi pronte a infilarla negli occhi di chi stava loro dietro
  • le attiviste quarantenni che nella foga di telefoninare facevano volteggi peggio che gli sbandieratori, con risultato come sopra
  • i non attivisti, quelli che non ti saresti mai aspettato in un corteo
  • chi si telefoninava la rispettiva posizione nel corteo, stile GPS dei poveri
  • le maschere bianche CGIL messe sulla nuca, magari con gli occhiali sopra per umanizzarle un po’
  • la gioia di camminare in mezzo alla strada e potere vedere le targhe sulle vie percorse
  • i McDonalds tranquillamente aperti

dalla Maiella con furore

Sono all’Aquila a divertirmi per tre giorni a fare un corso di Basic Economics. Insomma, non potrò ancora comprendere l’operazione di fusione Olivetti-Telecom fatta dal Tronchetti Provera, mi spiace.
Però ci sono delle belle giornate, l’aria è pulita, e il corso è divertente. Un po’ di sano riposo non può che farmi bene.

Zoziè l’intoccabile

domenica scorsa, invece, sono andato con Anna a vedere una produzione di “teatro alternativo”, al Teatro Greco (no, nessuna relazione con Eschilo e compagni. Semplicemente sta nel quartiere Milano Greco, che fino a un’ottantina di anni fa era il comune di Greco). E’ stata dura.
Già è stato un casino riuscire a telefonare alla biglietteria: alla fine siamo passati direttamente – non è lontano da casa, e tornando da Monza era praticamente sulla strada – e abbiamo scoperto che non c’era problema, anche se quella era in fin dei conti la prima.
La rappresentazione è durata due ore: alla fine ho avuto una qualche idea di cosa era successo, ma garantisco che ho passato il primo tempo chiedendomi cosa stesse succedendo. C’era una tipa (Marta Ruiz) che ha passato tutto il tempo facendo disegni con i chicchi di riso nello spazio tra il palco e le sedie, restando tra l’altro in scena anche durante l’intervallo: io ho commentato “secondo me, lo fa apposta per fare capire che non è ancora finita”. C’erano le streghe che parlavano con un linguaggio che nemmeno un fautore del rococò oserebbe. L’unico uomo (Francesco Ventriglia) era però un ballerino provetto, bisogna dargliene atto.
Insomma, per mettermi a fare queste cose preferisco continuare a divertirmi con l’improvvisazione!
Tra l’altro, è divertente che il sito del Teatro Greco ha una pagina sulle opere in cartellone, ma non ha un link all’opera stessa! con i miei potenti mezzi divinatori, ho provato a scrivere un nome plausibile e ho scoperto quello che non volevo sapere!
(ps: in realtà dalla homepage del sito del teatro ci si poteva arrivare, ma io avevo fatto la ricerca con Google, e naturalmente la homepage in questione non aveva la stringa “Zoziè”, ma solo un link con un’immagine. Alla faccia delle regole di accessibilità)

Sabato, Domenica e Lunedì

Venerdì scorso siamo stati al Piccolo Teatro – per la precisione, al Teatro Studio in piccionaia, mannaggia a quelle sedie! – per vedere quest’opera relativamente poco conosciuta di Eduardo. Nota di gossip: mentre entriamo, Anna mi fa “guarda, c’è la Massironi!” e io rispondo “embé?” Per i curiosi, c’era anche Giacomo senza Aldo né Giovanni.
Ma passiamo alla rappresentazione. Un cast enorme, sedici persone, una lunghezza inconsueta, due ore e cinquanta in tre atti che però scorrono veloci. La storia si svolge appunto in tre giorni, con climax sul ragù del pranzo domenicale, preparato da Rosa. Suo marito Peppino si sente trascurato da lei, e la sua gelosia nei confronti del ragionier Luigi sale fino allo scoppio d’ira durante il pranzo di gruppo. Il lunedì i coniugi riescono finalmente a parlarsi e a riappacificarsi, e sembra non sia successo nulla.
Che dire degli attori? Toni Servillo, che oltre a fare Peppino è anche il regista (ma come fa ad avere solo quattro anni più di me?) è semplicemente favoloso. Il modo con cui ha tenuto la scena nel secondo tempo senza dire una parola e quasi senza muoversi, mentre tutti gli altri continuavano a mangiare e chiacchierare, è stato fantastico.
Anna Bonaiuto, Rosa, è indubbiamente una brava attrice, ma io me la sono vista un po’ sopra le righe: probabilmente Servillo ha preferito un allestimento che puntasse un po’ più sul comico, lasciando sullo sfondo la povertà d’animo dei personaggi.
Tra gli altri, mi sono piaciuti molto il ragionier Luigi Ianniello (Francesco Silvestri), perfetto contraltare di Peppino; sua moglie Elena (Mariella Lo Sardo) ha rappresentato perfettamente la povera signora in seconda fila. Il suocero Antonio (Gigio Morra) ha dei tempi teatrali perfetti, soprattutto quando non è nel fuoco dell’azione. E’ lì che si vede l’attore… Una menzione anche per la zia Amelia (Betti Pedrazzi) e Attilio (Toni Laudadio), che mi è sembrato più incisivo come “riempitivo” del suo contraltare Raffaele (Marcello Romolo).
Aggiunto che né Giulianella (Monica Nappo) né Virginia (Alessandra d’Elia) o Rocco (Roberto De Francesco) mi hanno detto molto, l’attore che mi ha deluso è stato Enrico Ianniello, tra l’altro l’unico che ha interpretato due ruoli. Passi quando ha fatto il sarto: un’altra parte non molto utile nel contesto della storia, ma quello non è colpa sua. Ma come Federico, il fidanzato di Giulianella, è rimasto imbambolato in scena per quasi tutto il primo tempo senza fare nulla, e facendo chiedere alla gente perché diavolo stesse lì. Lo so, io in scena mi comporto spesso allo stesso modo, ma spererei che un attore “serio” sappia muoversi un po’ meglio, no? Gli altri nella compagnia almeno lo facevano :-)
Ad ogni modo, il giudizio è assolutamente positivo.

Falsi handicappati

Mi dice Anna che sembra che la nuova “moda” qui a Milano consista nel contraffare i nuovi contrassegni per gli handicappati (quelli che vanno messi nel vetro posteriore, per capirsi) e così sfruttare i posti loro riservati.
Se la cosa è vera, spero che i signori in questione in un prossimo futuro possano farlo perché ne avranno il diritto.

Attenti all’AIPRES!

Ieri sera mi sono trovato sul portone di casa un simpatico cartello dell’Associazione Italiana PREvenzione Sicurezza, con tanto di timbro. Per quanto posso immaginare, sono quelli che da anni tentano di vendere rivelatori per le fughe di gas, di efficacia dubbia, e soprattutto con un’opera di convincimento della massaia tapina che sfiora la truffa: convincendole che “sta per arrivare una legge che renderà obbligatori i rivelatori”, e che in questo modo potranno risparmiare dei bei soldini. Peccato che di questa legge se ne parli da anni, e soprattutto che io non comprerei nulla prima che la legge in questione specifichi quale normativa i rivelatori debbano osservare…
Ma non divaghiamo. La notiziola riguarda il testo del volantino, che è un capolavoro nel suo genere. Del timbro ho già scritto. Ma che pensate di una frase come “i nostri dipendenti, muniti di tessera di riconoscimento AIPRES“? Quella del Club di Topolino, no?
Ma il massimo arriva in fondo, con questo appello al buon cuore della gggente. “Si prega di accoglere gentilmente i ns. dipendenti, i quali non operano per conto di ditte produttrici o distributrici di gas. Traducendo: “sappiamo bene che quelli dell’Italgas sono dei ladri, e fate bene a riceverli con la lupara spianata. Ma noi siamo tanto buonini… Per favore, mettetevi una mano sul cuore!”
PS: Google non ha ritornato alcun link all’AIPRES. Niente, nix (a meno che non si conti l’associazione sudamericana degli assicuratori). Mica male…

Pace

Ieri sera, mentre andavo con Anna a teatro – dovrei fare una recensione, ma devo prima recuperare le forze – avevamo davanti un taxi che tra il lunotto e il baule aveva una bandierina “pace” che sventolava.

La Grande Convenscion (non a colori)

Quest’anno il Tronchetti ha deciso che sia cosa Buona e Giusta che anche i quadri, e non solo i dirigenti, partecipino all’annuale Convention del gruppo Telecom. Ergo, mi è arrivata una simpatica email dove il Marco Tronchetti Provera in persona mi comunica che il 2 aprile sono invitato a partecipare – in videoconferenza, così non mi vedono. Speravo nella sede di Piazza Einaudi, invece ci troviamo qui al FilaForum di Assago (ma quanti quadri ci sono nel nordest?), e non hanno nemmeno preparato una gara di tiri liberi per passare un po’ il tempo. Il programma prevede infatti registrazione a partire dalle 12, un “welcome coffee” alle 13 – ma mica è giorno di digiuno! – fino alle 15, quando i lavori iniziano e resteranno in corso sino alle 19.
Avremo un simpatico servizio navetta, ma stavo meditando di usare il servizio bicicletta personale: fa molto funky, anche se i miei pneumatici non sono Pirelli.