Alitalia

Lo so, mi ripeto. Che ci posso fare, però? Stavolta il volo delle 8 è partito alle 8:35. Ma non perché non ci fosse l’aereo: la chiamata è stata regolarmente fatta alle 7:35, anzi con qualche minuto di anticipo. Ma se si vede gente (e non una singola persona) salire alle 8:05 significa che la nostra compagnia di bandiera decide scientemente di ritardare i voli. Allora non rompano le palle, costringano ad avere 40 minuti di anticipo rispetto alla partenza e non i 25 attuali, e li facciano rispettare.

Addio a <em>Lettere e cifre</em>

Dopo quasi venticinque anni (iniziò Giampaolo Dossena nel 1980, seguito da Stefano Bartezzaghi a partire dal 1987, ed Ennio Peres dal 2000) non ci sarà più una rubrica di giochi nell’inserto ttL (per gli amici “tuttolibri”) de La Stampa.
Il motivo ufficiale della scelta è stato di “volere riacquistare più spazio per i libri”.
Permettetemi di dubitare della cosa, visto che ad esempio lo spazio per la classifica dei libri più venduti è passato a mezza pagina (con le stesse informazioni). Semplicemente, temo che la redazione sia convinta che i numeri, anche se in forma ludica, facciano paura a chi cerca la “cultura”.
Se qualcuno leggeva la rubrica e vuole protestare, può scrivere a tuttolibri@lastampa.it.

Bollettino dell'aria

Posso affermare che siamo ritornati in clima autunnale. Il mio indicatore è banale: l’aria che respiro mentre vado a lavorare in bicicletta. Stamattina è stata davvero dura, e non solo perché stavo dormendo un po’ più del solito.

Specchio della Stampa

Come si sapeva già da aprile, La Stampa ha cambiato il formato del suo magazine settimanale Specchio. Ora non è più distribuito gratuitamente, ma il costo di giornale e supplemento è di 1.20 €, allineandosi così al Corriere (Sette, il giovedì) e a Repubblica (Il venerdì).
La prima cosa che salta all’occhio è il cambio di formato. Non è affatto una baggianata, come qualcuno può pensare. Specchio era infatti nato con il dorso, proprio per dare l’idea della collezione, con tutti i numeri belli allineati. Il fascicolo attuale dà invece l’idea di un “usa e getta” che abbassa le aspettative sul contenuto, e non credo la cosa sia casuale. Il quotidiano torinese è da parecchio in crisi di vendite, e si sta sempre più abbarbicando sul territorio “storico” (Piemonte, Val d’Aosta e Riviera di Ponente) dove riempie le edicole di gadget; la parte di commenti e reportage, nonostante la presenza di ottime firme, sembra sia semplicemente tollerata ma non curata come si dovrebbe.
Da questo primo numero dopo il restyling non si riesce a dare un giudizio completo, ma mi pare che la percentuale di articoli “leggeri” sia ancora aumentata, e questo non è bello.

S’i’fosse foco

Stasera abbiamo provato a inaugurare il caminetto. Non che facesse freddo, ma è meglio portarsi avanti con il lavoro.
Peccato che le mie esperienze di camini siano scarse e quelle di Anna nulle. Abbiamo preso la legna, messo due pezzi dentro, preso la mattonella per accendere – anzi due per sicurezza, accesi, aggiunto per soprammercato un giornale appallottolato… e niente. Le mattonelle si sono accese e bruciate, il giornale nemmeno tutto, e la legna è rimasta intatta. Mi era chiaro che ci fosse un problema di tiraggio, ma molto meno come risolverlo. Dopo un altro tentativo senza risultato, anche se a dire il vero avevo appallottolato meglio il giornale e quindi almeno quello era bruciato, ad Anna è venuto in mente di spostare in fondo al camino la legna: effettivamente adesso sta bruciando più che onestamente. Che gioia… resta solo da capire se e come si attaccherà il ventilatore forzoso.

che belle le enciclopedie

Se non comprate Repubblica, saprete semplicemente che per venti lunedì allegano al giornale ottocentotrentadue pagine ben rilegate di un’enciclopedia. Per non saperlo, dovreste essere stati rinchiusi a Guantanamo negli ultimi mesi.
Se la comprate, in questi giorni avrete letto che non solo il primo volume, tiratura 1.200.000 copie, è dovuto andare in ristampa, ma anche il secondo, con “solo” mezzo milione di copie ma al costo di 12,90 € oltre ai novanta centesimi del giornale, è pure stato esaurito. Saprete anche del problema dei tempi per avere una ristampa di qualità simile, ma lasciamo perdere questo peana alla tecnica legatoristica. Non è nemmeno così interessante pensare alle 700.000 persone che, “tanto è aggratis”, si sono prese il primo volume e adesso potranno sapere tutto, ma solo dalla A ad Apraz.
Ma prendiamo l’altro mezzo milione. Possiamo immaginare che la maggior parte di loro acquisterà anche gli altri diciotto volumi, per un esborso di circa mezzo milione di lire. Può anche darsi che molti di loro non abbiano un calcolatore, e quindi troverebbero inutile una versione CD-ROM, che indubbiamente è più semplice da consultare. Ma quanti hanno davvero bisogno di un’ottantina di centimetri di libreria da riempire? e quanti l’apriranno, questa benedetta enciclopedia?

Il “tutor di linea” ATM

O che pensate che sia? è il vecchio controllore, che però adesso ha una targhetta che lo identifica in questo modo. Me lo sono trovato ieri sera sceso dal 15: sì, se ne stava a terra. Non so se poi sia anche salito, anche se dubito della cosa perché eravamo all’ultima fermata prima del capolinea: mi resta il dubbio dell’utilità pratica della cosa, dato che uno può prendere e scappare senza apparente problema. Magari mandano in giro questi tutor solo per far vedere che loro stanno facendo qualcosa…

Brixia (mostra)

Domenica non avevamo nessuna meta particolare, e Milano non offriva nulla di eclatante. Sì, potevamo andare a Rozzano al Fiordaliso a vedere “i ragazzi del Grande Fratello”, devo ammettere. Però non è stato trovato un accordo… Così siamo andati a Brescia al Museo della Città (Santa Giulia), a vedere la mostra sulle domus dell’Ortaglia. Il museo, con gran fantasia, sta in via dei Musei: in effetti ce ne sono due, e una possibile idea consisteva nel passare anche dall’altro a vedere la mostra temporanea di pittura che continuerà fino a novembre. Non ce l’abbiamo fatta: il museo della città è stato una scoperta entusiasmante, che ci ha preso quasi quattro ore.
Premessa: lo sponsor, il Credito Agrario Bresciano, ci deve aver buttato dentro una barcata di soldi. È vero che il biglietto di ingresso costa otto euro, ma considerando quanta gente sta nelle sale gli incassi basteranno sì e no a pagare loro gli stipendi. Ma avere i soldi non basta: né è sufficiente avere tanto materiale museale, cosa che comunque è verissima nel nostro caso. Occorre anche essere capaci a spendere e mostrare bene, creando un buon allestimento. Garantisco che in questo caso le soluzioni scelte non hanno davvero nulla da invidiare ai musei parigini, e questo museo può e deve essere preso a modello di fruibilità nel ventunesimo secolo.
Facciamo un passo indietro. Il museo sorge sull’ex monastero benedettino femminile di san Salvatore e santa Giulia, nato ai tempi dei Longobardi sul territorio entro le antiche mura romane. Avere avuto un monastero è significato un terreno rimasto in buona parte intatto: gli scavi degli anni ’60 hanno così riportato alla luce nelle immediate vicinanze i resti di una domus, e negli anni ’90 di un’altra ancora. Si è scelto così di integrare questi ritrovamenti nell’area museale, e a marzo si è inaugurata questa nuova sezione. La scelta è stat di coprire tutta la zona e lasciare un’illuminazione bassa, oltre a dipingere le pareti di nero, probabilmente per ridurre il pericolo di danni della luce a mosaici e pareti: inoltre il percorso camminabile resta più in alto rispetto all’altezza dei vani, in modo da vedere tutto dall’alto. Alle pareti ci sono ampie spiegazioni della struttura e delle funzioni degli ambienti delle due domus, sia in italiano che in inglese, il tutto corredato da dovizia di piantine. Termina questa parte dell’esposizione un video che ricostruisce come poteva essere la Brixia romana.
Ma tutto il percorso della mostra è una continua sorpresa, con dovizia di reperti e contestuali spiegazioni. Sarebbe forse preferibile avere indicato meglio l’ordine della visita, perché gli spazi sono un po’ labirintici, ma in genere non ci si perde. In tutto questo, la mostra temporanea con la “Afrodite ritrovata”, prorogata fino al 2 novembre, in realtà non aggiunge molto. Hanno preso la Vittoria simbolo di Brixia, le hanno tolto e lasciato lì sul puiedestallo le ali (tranquilli, sono un’aggiunta posticcia) e si sono fatti prestare la Venere di Capua per far risaltare le similitudini. Il tutto in un padiglioncino temporaneo in uno dei chiostri del convento.
Tornando al percorso principale, gli spazi di San Salvatore contengono reperti longobardi e dell’età comunale, e terminano nella chiesa omonima (un gioiello romanico eppure slanciato) e nel coro delle Monache di Santa Giulia, rinascimentale e ricchissimo di affreschi. Tornando all’ingresso, si passa poi a Santa Maria del Soccorso, con una favolosa volta stellata e la croce di Desiderio, che mostra come i longobardi amassero le cose luccicanti.
Molto meno interessanti invece le collezioni al piano superiore del museo, che tra l’altro mancano ancora di didascalie e simili. Si direbbe che il museo le avesse e fosse quasi costretto ad esporle, senza però un vero interesse: ma in ogni caso anche noi avevamo bisogno di un po’ di riposo.
Ultimo consiglio: anche se fuori fa caldo, portatevi un maglioncino. La temperatura interna è davvero bassa.