Chiarezza innanzitutto

La bolletta della luce di questo bimestre era piena di allegati notevoli. Inizio con una lettera di Polizia di Stato e Segretariato sociale… Rai, con tanto di foto di Paolo Limiti. Il simpatico presentatore postprandiale è “felice di dirci” che Polizia e Rai hanno deciso di promuovere quest’estate una campagna incisiva contro i truffatori, il che è bello, come anche può forse essere utile il decalogo di punti di attenzione. Ma mi preoccupa la frase “Non potete nemmeno immaginare quanto ci potete aiutare!”. Mi vedo già il cittadino che chiama il 113; per le sinergie di cui sopra, invece che una volante mandano una troupe televisiva per filmare una nuova puntata di “Distretto di Polizia 42”, per la quale gli sceneggiatori hanno deciso di virare verso il reality show.
Ma AEM Energia ha anche pensato bene di delucidarci sulla “nuova metodologia tariffaria” riguardante le Opzioni Tariffarie Base – mi raccomando le maiuscole – approvata dall’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas. La tariffa è divisa in una quota fissa e una quota variabile. Quest’ultima è “articolata in 7 scaglioni di consumo, a ciascuno dei quali corrisponde un importo unitario decrescente all’aumentare del consumo”. Bene, fino a qua un laureato può comprendere di che si parla. Ma il bello ha ancora da venire. Tenetevi stretti: la quota variabile attualmente non incorpora le componenti α e β che, ove previste dalla citata Deliberazione n. 138/03, Le verranno in seguito conguagliate, con decorrenza dal 1° gennaio 2004..
Non chiedetemi cosa sono alfa e beta. Non vi è traccia nella lettera, a differenza del coefficiente M che ci spiegano permettere “di adeguare la conversione [dal prezzo al megajoule, che è stato deliberato essere l’unico con valore ufficiale, a quello per metro cubo] alla quota altimetrica e alla zona climatica di appartenenza”.
Non oso provare a seguire il loro consiglio di andare su www.miservi.it a leggere quali sono le tariffe, pardon: l’articolazione tariffaria relativa a ciascun ambito. Se tanto mi dà tanto, avremo una presentazione flash da un paio di megabyte.

scene da un viaggio in Olanda

  • Ad Amsterdam Anna mi dice “Guarda il casinò”, e a un tratto mi ritorna in mente la mia camminata nella zona nel 1999. Riconosco la strada, la zona dei musei – dove naturalmente non ero entrato – e scommetto che saprei raggiungere l’alberguccio dove ero stato nei giorni della conferenza. Eppure non ricordavo affatto di ricordarmi tutte queste cose. La memoria è una strana bestia.
  • Passando per il mercatino dei fiori di amsterdamche stava chiudendo, abbiamo notato in bella vista le buste di semi di canapa indiana, con su indicato “starter kit”. Veniva voglia di prenderne una giusto per scoprire se le istruzioni dicevano “soddisfatti o rimborsati”.
  • Gli olandesi sono molto più pazzi per il calcio di noi, anche se è difficile crederlo. In giro, a parte la raccolta di figurine arancioni al supermercato, abbiamo visto cappelli arancioni a forma di corona, pallone, e peggio. Alcune case sono poi completamente abbigliate con festoni arancioni. In genere è il locale a pian terreno che si vuol fare pubblicità, ma ho anche visto case normali piene di bandierine.
  • Noi avremo anche i nani da giardino, ma pure qui non scherzano: abbiamo visto una casetta che all’esterno aveva una serie di animali, dai tre corvi al maiale che stava grufolando. Viva la natura.
  • Rispetto alle mie passate visite ad Amsterdam, ho notato che le case continuano ad essere pendenti di un grado o due in avanti o all’indetro. L’uso del filo a piombo non sembra essere stato di moda da queste parti, oppure ognuno voleva esprimere la propria personalità. Anna mi ha fatto però notare i ganci in cima alle case, ad uso trasloco. Non ci avevo pensato.
  • Oggigiorno tutti gli operatori di telefonia mobile fanno a gara a scriverti messaggini non appena arrivi, per fornirti tutti i consigli su come spendere i soldi con loro. Qui in Olanda non sono stati delle schegge, però: KPN e Tim (via T-Mobile, immagino) ci hanno messo più di 24 ore a scoprie che ero arrivato, nonostante avessi spedito più SMS e anche fatto una telefonata.
  • I tram ad Amsterdam sono bellissimi, e dentro hanno di tutto: dal display con le prossime quattro fermate ai monitor dove vedi la pubblicità e le previsioni del tempo. Poi non è banale calcolare quante strips del biglietto bisogna timbrare, e si fa più in fretta a dare il biglietto all’autista. Perlomeno i biglietti valgono in tutta l’Olanda, il che aiuta. Pensate se avessimo un biglietto unico per il Piemonte. Inoltre il manovratore ama il suo campanello: scampanella come ne andasse della sua vita.
  • Van Gogh non si pronuncia Van Gogh, ma qualcosa tipo Fan Hrohr, che ti fa venir voglia di offrire una caramella balsamica al poveretto che la pronuncia. Il museo omonimo è simpatico, in stile architettonico ultraminimalista, e ti vende i poster in dei simpatici contenitori a sezione triangolare, che si ammaccano molto meno di quelli tondi.
  • Ho scoperto che Van Gogh ha deciso di fare il pittore solo quando l’hanno bocciato come predicatore, e aveva quasi trent’anni. Per tre anni ha dipinto quadri dalle tinte scure, poi il fratello gli ha detto “Guarda che a Parigi oggidì sono di moda i colori chiari e l’impressionismo” e lui da un giorno all’altro ha mutato stile e tavolozza. Il tutto per quattro anni, prima di ammazzarsi; intanto si era ammazzato di lavoro, producendo centinaia di opere che rimanevano a casa del fratello perché non gliele compravano. Visto che il fratello è morto sei mesi dopo, credo sia stata la cognata a rrimboccarsi le maniche.
  • Alkmaar è la capitale del formaggio. Come dice Maria, il mercato del formaggio che si tiene il venerdì è tutta una bufala a uso dei turisti italiani che fotografano il folklore manco fossero giapponesi. Quest’anno sono tutti felici perché la città compie 750 anni e fanno una serie di manifestazioni. Però il duomo continua ad essere visitabile (a pagamento) solamente il venerdì; e domenica sera quando siamo andati a prenderci qualcosa da bere c’era un mortorio. Viste le temperature, ci siamo bellamente fregati di guardare il calendario, e il 20 giugno ci siamo fatti due irish coffee (le fanciulle) e una cioccolata (io), in un angolo con poltrone, caminetto finto e libreria vera.
  • Anche il duomo di Utrecht, o almeno la sua prima pietra, compie 750 anni: da quelle parti il 1254 avevano davvero deciso di lavorare. La città ha la torre più alta d’ Olanda, che un tempo era parte integrante della chiesa; poi devono avere deciso che la chiesa era troppo ampia, e poi il gotico non piaceva più, così quando ne è cascato giù mezzo per una tempesta hanno lasciato le macerie per 150 anni, prima di decidere che potevano limitarsi a un duomo in formato ridotto. Che gente. Ma che ci si puo aspettare da questi calvinisti che nel 1580 hanno martellato via da un allora bellissimo altorilievo tutti i volti di Gesù, Madonna e dei santi perché erano simboli papisti? Poi qui non si butta via nulla, quindi l’altorilievo sfregiato rimane in bella vista. Ah: la scorsa settimana avevano fatto una serata celebrativa e avevano messo una serie di tubi Innocenti a ricompletare la chiesa, stile quei disegni di struttura fatti al calcolatore.
  • A proposito di stile calvinista: siamo riusciti a perdere il biglietto per ritirare la valigia, che avevamo messo in un armadietto per non portarcela in giro nelle due ore in cui eravamo a Utrecht. Siamo andati a cercare qualcuno che ci aprisse il lucchetto, dando ovviamente i nostri dati e indicando il contenuto della valigia. Alla fine io, da buon italiano, chiedo quanto devo pagare per il casino che abbiamo combinato. La risposta è “nulla”, seguito – in olandese, ma si pronuncia come in tedesco e quindi l’ho capito – da “non siete colpevoli”.
  • Metro, inteso come giornale gratuito, è identico a quello italiano; senza occhiali un mezzo cecato come me non riuscirebbe a distinguere l’edizione, semplicemente guardando il layout delle pagine. Però in Italia non hanno avuto il coraggio di fare il supplemento per i campionati europei, con logo naturalmente arancione e tutto quello che i tifosi (non) avrebbero voluto sapere della prestazione dei loro beniamini.
  • Mentre il luogo dell’incontro è molto opportunamente a un minuto dalla stazione di Driebergen, non ho capito perché siamo finiti a Zeist per la notte. È vero che il nome completo della stazione ferroviaria è Dreibergen-Zeist e che il paese è abbastanza vicino, ma è anche vero che l’albergo è tre chilometri fuori dal paese, in mezzo al nulla, e che ci vogliono due bus per arrivare in stazione. Ci era persino venuta voglia di proseguire ancora un po’ e arrivare ad Austerlitz, che non avrei mai creduto essere da queste parti, e probabilmente non lo è davvero. Eppure qua su questo nome ci si marcia: persino le caramelline nella stanza sono i “Bon-bon Napoleon”.
  • Non ci crederete, ma la persona che abbiamo trovato che parlava peggio l’inglese era l’impiegata dell’ufficio turistico di Zeist. Ma ho come il sospetto che quaggiù ci vengano in pochi che non siano olandesi.
  • L’albergo sarà anche vicino a un bel parco – e al cimitero, aggiungo – ma non fa un bell’effetto svegliarsi il 22 giugno e vedere la nebbia agli irti colli piani. Uno si chiede dove diavolo è finito.
  • A proposito di chiese chiuse, a Utrecht si raggiunge il paradosso. Ci sono posti come la Pieterkerk che non solo non sono accessibili al pubblico, ma di cui non è neppure visibile la facciata, che si direbbe essere nel cortile interno… di una casa d’aste.
  • I treni hanno il loro bel posto in Olanda. Tralasciamo che dal primo giugno hai una tassa di 50 centesimi se compri il biglietto allo sportello e non alla macchinetta – che però non accetta banconote, ma solo il loro bancomat e al limite monete, anche se ostenta il simbolo Maestro. La cosa più incredibile sono i passaggi a livello. Si chiudono venticinque secondi prima che passi il treno, e si riaprono cinque secondi scarsi dopo il passaggio. Una specie di semaforo, insomma. Se la stazioncina del paese è immediatamente prima del passaggio a livello, non è che ci sia una chiusura preventiva: il treno si ferma, poi si abbassano le sbarre quando il treno è pronto a ripartire. Ah, i treni viaggiano sulla destra. Importuntubo che gli inglesi siano gli inventori delle ferrovie.
  • Bisogna però dire che non ci sono più i treni di una volta. Per rientrare da Driegergen a Schipol, avevamo due cambi. Il primo treno che abbiamo preso era in ritardo di una decina di minuti: nulla di male perché era quello prima del nostro. Arrivati a Utrecht, ci siamo portati sul binario dove era indicato il treno verso Amsterdam delle 17:16. Alle 17:17 vediamo gente che se ne va, alzo gli occhi e trovo scritto “Niet instappen” al posto della destinazione del treno. Alle 17:18 riusciamo a leggere dal tabellone che il treno successivo sarebbe stato a un altro binario alle 17:19, e siamo anche riusciti a fiondarcisi.
  • Il museo di arte sacra di Utrecht è chiuso per rinnovo locali, e mi sono dovuto accontentare di una coppia di mostre temporanee, tra cui ho apprezzato quella delle icone. Ho scoperto che gli ortodossi hanno una gerarchia ben precisa, e una simbologia ancora più complessa degli occidentali. Però sono ottimisti: al Giudizio Finale vinceranno tutti un posto in Paradiso, anche il ricco Epulone e Giuda Iscariota – ma per ultimi, sia ben chiaro! Come minuzia, Santa Paraskeve è la patrona delle casalinghe, dei venditori al mercato e degli avvocati. Mi chiedo il nesso logico di queste attribuzioni.
  • Mentre ero a Utrecht ho anche tentato di andare al museo dei treni; chiuso anch’esso per rinnovo stazione. Hanno molti soldi, si direbbe.
  • non ci sono

    Vado a fare il principe consorte di Anna che ha un meeting in Olanda. Torno mercoledì. Non posterò nulla nel frattempo.

    _Tour di Joyce_

    Come avevo scritto, il 16 giugno 1904 è la giornata di Leopold Bloom, come descritta da James Joyce nel suo Ulysses. Tra le iniziative milanesi per commemorare il centenario, c’era questo “Tour de Joyce”, lettura itinerante in giro per Milano fatta da un gruppetto di universitari pazzi scatenati che si fa chiamare Sturm und Drunk.
    Innanzitutto, invidia. Io a venticinque anni non sarei mai riuscito a organizzare nulla del genere. Non so che ufficio stampa virtuale avessero: fatto sta che ieri c’erano articoli sulle edizioni milanesi di Corsera Repubblica Giornale Il Giorno Manifesto.
    La cronaca: alle 18 sono arrivato in Largo Augusto con la mia bella copia dell’Ulisse, in attesa che il gruppo arrivasse dai giardini Guastalla. Intanto arriva lo Spinelli senior, con tanto di cartelletta con tutti i ritagli dei quotidiani di cui sopra e di macchina fotografica per immortalare i vari momenti, e mi racconta di come è iniziata la giornata. Il primo capitolo alle 9 del mattino non ha riscosso un gran successo di pubblico, ma in effetti non ci si poteva aspettare molto a quell’ora. Poi però è stato un crescendo. Alla biblioteca dell’università sono entrati in una quindicina a rappresentare il funerale di Dignam: un manichino per il corpo, tutti silenziosi, con sguardi attoniti da parte di chi stava studiando, fino a che all’uscita è scoppiato l’applauso. Alle 14 in piazza Santo Stefano hanno iniziato a offrire pane e formaggio e un bicchiere di vino a chi voleva declamare qualche paragrafo della scena del pranzo. È seguito il balletto pomeridiano ai giardinetti della Guastalla, con gli uomini che recitavano ciascuno il proprio brano mentre le donne si muovevano intorno a loro. Alla fine del brano, tutti si spostavano in una nuova posizione per ricominciare la lettura, un po’ come in un carillon; e dopo che tutti avevano occupato ogni posizione, la parte finale è stata letta in coro. I passanti, dopo un comprensibile momento di sconcerto, sembra si siano appassionati alla cosa: intanto c’erano anche Radio24 e RadioRai a seguirli.
    Finalmente il gruppetto degli Sturm und Drunk è arrivato al luogo deputato, ed è cominciata la parte dove ho partecipato attivamente. Abbiamo aspettato il 12 in direzione Viale Molise, siamo saliti, abbiamo regolarmente timbrato i biglietti… e poi ci siamo posizionati su e giù per il tram e abbiamo iniziato a leggere ad alta voce ciascuno il proprio brano, spostandoci man mano: alla fine ci siamo ritrovati tutti in centro tram a leggere all’unisono l’elenco dei santi – compreso S.Omonimo, S.Sinonimo, S.Eponimo, S.Fenomeno…
    La vettura fortunatamente non era strapiena: occorre dire che siamo stati guardati tra il curioso, lo stupito e lo spaventato, e non posso dare tutti i torti ai passeggeri. In effetti l’happening in questo modo presentava qualche problema, così siamo scesi dopo qualche fermata – ma questo era previsto, cinque-dieci minuti di sopportazione sono già tanti – e aspettato il tram successivo, nel quale abbiamo prima spiegato che cosa stavamo facendo, e poi letto in tre punti distinti alcuni paragrafi, terminando sempre con i santi che effettivamente sono divertenti da declamare.
    A questo punto ho purtroppo salutato la compagnia, che ha continuato con la cena che mi è stata detta davvero divertente. Garantisco comunque che anche la parte cui ho partecipato è stata assolutamente delirante. Aspetto che lo Spinelli mi mandi qualche mia foto, sperando che me ne abbia fatte!
    PS: oggi sul Corsera di Milano c’era il resoconto della giornata di ieri, compresa foto dove il mio profilo si vede perfettamente :-)

    Lo sport oggi

    Leggendo City di oggi, ritroviamo l’Associazione Italiana Podologi, che si premura di spiegare che i veri problemi della nazionale azzurra dipendono dalla mancanza nello staff di un podologo, l’unico appunto in grado di risolvere qualunque problema legato alla cura dei piedi. Siamo indietro: “in molti paesi è già nell’équipe medica”.
    Meglio forse passare all’automobilismo. A quanto pare, alcuni ricercatori dello University College di Londra stanno per presentare un loro studio a proposito dell’adattamento darwiniano delle monoposto alle condizioni dei circuiti. Non so che cosa significhi che “attraverso gli algoritmi si può trovare il migliore setup per i GP”, ma dev’essere qualcosa di bello. Chissà se anche questa teoria non si potrà studiare a scuola.

    sputi e ipocrisie

    Nemmeno Giulia Bongiorno, che pure è riuscita a fare assolvere Andreotti, ha potuto nulla contro la giustizia finale: quella UEFA. Er Pupone, all’anagrafe Francesco Totti, è stato squalificato per tre giornate. Motivo: una televisione danese ha mostrato un filmato dove si vede il baldo alfiere della nazionale azzurra di calcio sputare addosso al suo marcatore. Fine della notizia.
    Io proseguo, segnalando i commenti ipocriti che ho beccato qua e là.
    Cominciamo proprio da Totti. Sua propria frase: “Non mi riconosco in quello che vedo in questo video”. Ebbene sì, possiamo finalmente svelare il segreto: lunedì c’era una controfigura a giocare al suo posto. Altra sua precisazione: Totti “non ha autorizzato le riprese e non sapeva che esistessero”. Qui si dimostra la sua Vera Italianità: se sai che non sei pescato, puoi fare di tutto.
    Non che gli avvocati siano meglio: “C’è stato un accanimento mediatico sul giocatore. Per tutta la partita una telecamera è stata puntata su Totti ed è normale che in novanta minuti di gioco possa succedere qualcosa”. Insomma, volete che in novanta minuti a uno non venga in mente di sputare addosso a qualcuno che ti sta sempre alle costole? E poi, come potevamo pensare che un divo possa essere oggetto di attenzioni video per un’intera partita? E quindi la Bongiorno afferma che “per il futuro bisogna stare attenti a queste prove trappola. In 90 minuti chiunque può essere sorpreso in un gesto illecito”. Corsivo mio.
    Guardate: io posso immaginare che Poulsen non sia esattamente stato una mammola durante la partita. Credo anche che Totti di spintoni e simili se ne sia pigliati, e avrei capito una sua reazione fisica contro il suo marcatore. Ma uno sputo, no. Se uno, per quanto stressato possa essere, sputa addosso a un altro io mi faccio un’idea ben precisa di che tipo di persona sia. Sono queste le cose che importano, altro che l’italiano approssimativo. Per i pubblicitari che lamentano un danno di 35 milioni: se lo sono scelti loro come testimonial.
    Visto che sono qua a pontificare, ce n’è anche per Zucconi, che nella sua rubrica scrive che “un giocatore di calcio è pagato soltanto per giocare al calcio e non per essere un esempio di vita e di pensiero per i fanciulli”. Certo che non è pagato per quello. Perché sono cose che si dovrebbero avere dentro. Non si monetizza l’educazione.
    PS: Il Codacons ha deciso di citare in giudizio Francesco Totti per i danni che il calciatore, con il suo comportamento scorretto, ha provocato all’immagine dell’Italia all’estero. Qualcuno potrebbe citare a giudizio direttamente il Codacons?