zanzare montane

Ieri sono stato con Anna e alcuni suoi amici in montagna, nel cosiddetto VCO (Verbano-Cusio-Ossola, un sistema per fare spendere un po’ più di soldi pubblici creando una provincia senza alcun senso logico: chiedete a quelli di Domodossola se per loro era più facile andare a Novara o a Intra/Pallanza…)
Nonostante la giornata non fosse piena di sole, non è stata affatto male, con una (breve) passeggiata su per le montagne e una grigliata. Peccato per un piccolo problema. Ci sono molte più zanzare che a Milano, il che è già qualcosa di incredibile. Ma non solo: erano molto più interessate a me che agli altri compagni di gita – e questo capita spesso – e probabilmente erano zanzare tigre, tanto che oggi sono di nuovo tutto un bollo, nonostante il Polaramin.
Ma non parliamo di me. Se vi capita di passare da quelle parti, date un’occhiata al centro storico di Artò, frazione di Madonna del Sasso (VB). È semplicemente favoloso, e Google non vi dice nulla al riguardo. Sono riusciti a restaurarlo lasciando intatte le abitazioni, e sembra incredibile che in Italia si riesca ad avere qualcosa del genere. Sarà che sono davvero in capo al mondo…

volontari cercansi

Il guru cerca forti bloggatori (attivi ma anche passivi, insomma anche se non hai un blog ma ne leggi parecchi vai bene) per il suo nuovo Filter, vale a dire un sistema dove dovresti poter vedere ad occhio cosa si sta dicendo in questo momento.
Ricordarsi però di salvare la password, visto che non si può cambiare e ti viene chiesta ogni giorno…

Senso dello Stato

Silvio I si stupisce che qualcuno possa non essere d’accordo sul taglio delle tasse. Non tutti hanno le sue capacità di vedere nel futuro.

E i pezzi di ricambio?

Ovviamente ATM non ne parla nella sua pagina all’interno di City, dove invece spiega che gli ausiliari della sosta, ora che sono dipendenti ATM, non hanno incentivi sulle multe né concedono percentuali all’azienda. Ci pensa Leggo, che conferma le ipotesi fatte sul campo, pardon sulle rotaie, dai milanesi. Dieci sui 26 jumbotram Sirio, non so di quale delle due serie, sono fermi nei depositi per una serie di guasti soprattutto alle porte e all’aria condizionata, e gli altri non è che se la passino tanto meglio. La fregatura è che non si riescono a trovare i pezzi di ricambio, perché parcellizzati tra svariate aziende subappaltanti. Anche il Corsera fa uno stelloncino in prima pagina milanese, con ipotesi un po’ diverse (i tram sono in garanzia, la colpa è del primo committente), così come sono solo otto i tram fermi. Ma visto che li hanno chiamati Syrio, non so quanto dare peso alla notizia.
Due note. Possibile che nessuno abbia fatto delle prove di resistenza? Perquanto riguarda i ricambi: alcuni anni fa, quando l’attuale Trenitalia aveva messo in circolazione gli ETR 470, fu detto “sì, le parti del treno sono tutte fatte ad hoc; ma nel costo dei treni è compresa una quantità sufficiente di pezzi di ricambio per non ricordo quanti anni. Mistero. Ancora più misterioso il sapere che sono in arrivo altri dieci Sirio: non si sa su quale mercato nero i pezzi per costruirli siano stati trovati.

<em>Il nostro comune amico</em>

Forse non ci siamo capiti bene. Non dovresti essere qui a leggere la mia recensione (Charles Dickens, Il nostro comune amico, Einaudi tascabili n. 1014, pag. XXXVIII-1043, 15 €, ISBN 8806163434, trad. Carlo Pagetti). Devi prendere, andare in libreria a cercarti il libro, e iniziare a leggerlo. Ti concedo al limite di ordinarlo via internet.
Questa è l’ultima opera di Dickens, sempre scritta in comode puntate mensili come gli altri suoi romanzi a partire dal Circolo Pickwick, e dove si vede come il nostro abbia ormai un’abilità consumata nel sapere gestire i vari fili della storia, nonostante utilizzasse il sitema tipico di noi tutti per lavorare: i primi quindici giorni non si fa nulla, e gli ultimi cinque ci si incatena alla scrivania. Nonostante questo, tutti i personaggi hanno un loro ben definito carattere e uno spessore che non ti fa venire voglia di posare il libro; non mi vergogno poi a dire che ci sono alcuni momenti così toccanti che avevo i lucciconi. Dickens non ha nemmeno esagerato troppo con le punzecchiature al governo che fano capolino qua e là.
La traduzione è davvero buona e fila via scorrevole; l’unico appunto che farei è sulle note a pie’ di pagina. Sono fortunatamente poche, ma sono inutili alla comprensione del testo; comprendo perfettamente che il traduttore voleva farci vedere quanto ne sa, ma a questo punto avrei preferito che ce ne fossero di più, e fossero messe tutte alla fine del libro. Altrimenti io tendo a fermarmi a leggerle, e poi arrabbiarmi…

Protezione lamette da barba

Chi mi conosce sa che io e i rasoi abbiamo una conoscenza forzatamente limitata. Quando va bene, mi faccio la barba – e già questa è una parolona – ogni due giorni; inoltre per anni ho adoperato gli usa e getta, e li gettavo solo quando quelle povere lame non riuscivano più a tagliare nemmeno una confezione di tonno in scatola.
Così, un anno dopo avere deciso di comprare un rasoio trilama, ho deciso che le due (!) lamette accluse avevano terminato il loro contributo utile e me ne sono andato a comprarmene delle altre.
Entrato nell’ipermercato mi sono diretto agli appositi scaffali, ho lasciato perdere le lamette all’aloe e ho preso una confezione da quattro (due anni d’uso?). Solo che non c’era semplicemente un pezzo di cartoncino che le teneva insieme, ma il tutto era conservato all’interno di un contenitore di plastica tipo quelli che usano per evitare che gli rubino i CD, e che in effetti mi è stato tolto alla cassa.
A questo punto mi domando se c’è qualcosa di particolare che io non so.
La gente si nasconde le lamette in tasca? (visto quanto costano, non mi stupirei)
C’è stata una serie di suicidi nel supermercato usando lamette di trilama?
Una società produttrice di quella plastica ha fatto un contratto con l’ipermercato?

d’accordo che non andremo in pensione, ma…

Qualche giorno fa ho ricevuto una lettera dalla sede INPS di Collegno (TO), nella quale mi si chiedeva, per dare corso alla mia domanda di riscatto degli anni di laurea, di inviare il certificato di laurea o autocertificazione.
Prima che qualcuno mi chieda chi me lo fa fare a riscattare il corso di laurea, faccio notare che la mia domanda è datata 3 settembre 1988 (sì, millenovecentoottantotto. I tempi sono quelli che sono).
A questo punto, per pura curiosità, ho deciso di vedere quanto dovrei pagare: la legge dice infatti che il tutto è congelato al tempo della domanda, e il mio stipendio del 1988 non era poi chissà cosa: aggiungiamo poi che quella parte dovrebbe essere considerata come retributa e non contributiva. Infine, posso sempre fare finta di nulla e decidere di non pagare. :-)
Poco dopo mezzogiorno provo a fare il numero del call center di INPS per capire se effettivamente posso autocertificarmi. Voce registrata con piglio molto professionale che spiega che pagherò 16 centesimi solo se avrò risposta, solito avviso che intima di non agganciare se non si vuole perdere la priorità acquisita, altro avviso che mi fa gentilmente notare come l’attesa potrebbe essere maggiore di tre minuti… e poi solo musichetta. Avrei dovuto capire che usare la Danza delle Ore come musichetta di attesa aveva un certo qual significato subliminale.
Dopo un quarto d’ora passato a fare altro, decido di lasciare perdere; ho fatto effettivamente bene, visto che la successiva chiamata delle 13:30 è poi andata a buon fine in pochi secondi.
Il prossimo appuntamento sarà quando riceverò il modulo coi bollettini da pagare. Immagino che non ci vorranno ancora sedici anni.

Usanze americane

Leggendo Slashdot, ho scoperto che a BestBuy hanno deciso di dare un giro di vite sui consumatori che comprano un oggetto per avere un buono sconto (il “rebate”), usano il buono sconto e poi riportano indietro l’oggetto originale per farselo rimborsare.
Nella mia scarsa frequentazione statunitense avevo avuto modo di scoprire come generalmente il cliente avesse sempre ragione, ma giuro che non sarei mai arrivato all’idea di prendere un oggetto per un tempo limitato solo per avere lo sconto. D’altra parte, avrei pensato che con tutta l’elettronica sarebbe stato semplice per una catena di negozi dire “sì, te lo prendo indietro, ma ti tolgo i soldi del rebate che hai usato”. Mah, ognuno ha il suo modo di vedere le cose.
Notizia scorrelata: come si vede qui, ci sono più cittadini USA di lingua vietnamita che italiana.