un alfabeto per ricordare

Ieri era la Giornata della Memoria. Io odio queste ricorrenze. Mi hanno sempre dato l’idea di una maniera per tacitarsi la coscienza e fregarsene per i successivi trecentosessantaquattro giorni; quest’anno, uno in più.
Ecco perché ho aspettato oggi per invitarvi a leggere l’Alfabeto di Auschwitz, tradotto magnificamente dalla mia amica Isa. Per non ricordare solo una volta l’anno.

Non c’è limite al peggio

Ho ceduto. I trasporti si sono beccati una categoria tutta loro. Non è possibile che ce ne sia sempre una.
Prendiamo oggi, per esempio. Taxi prenotato per le 6:45 che è già sotto casa cinque minuti prima – ma c’ero anch’io! – e con 5 euro e 70 di tassametro, pari a sette minuti di percorso. La metà di quanto a quell’ora ci si mette ad andare a Linate. Però garantisco che con le nuove licenze non ci saranno problemi di tassisti che non conoscono la città. Già quello di oggi decide di arrivare su viale Lunigiana con un giro dell’oca e scopre che su viale Gioia uno è costretto a entrare nel controviale dall’altro lato… oppure svoltare contromano.
Arrivo in aeroporto, faccio il checkin in cinquanta secondi, ci metto un po’ di più al metal detector che adesso hanno deciso di tarare in modo tale da far suonare il bottone metallico dei miei jeans… e cominciano i guai. Il mio volo è indicato con mezz’ora di ritardo. Controllo il biglietto, e non c’era indicato nulla, come se la modifica fosse stata istantanea. Aereo in ritardo? No. I voli Alitalia delle 7, 7:15, 7:30 e il mio delle 7.45 sono tutti spostati di un quarto d’ora. Quello delle 8 al momento è stabile, mentre quello delle 8:30 ha solo 15 minuti di ritardo, ma giusto perché quello delle 8:15 è stato cancellato. Nebbia? guardo fuori, ce n’è un po’, ma robetta. Fin qua quasi tutto normale. Peccato però che ieri mattina la segretaria mi ha detto che mi aveva prenotato il volo delle 8:15 perché quello delle 8 era pieno, e io le avessi chiesto piuttosto di anticiparlo. O che forse abbiano deciso in anticipo di compattare i voli? Boh. In compenso hanno annunciato che il volo AirOne ritarderà di un’ora, mi devo sentire fortunato.
Ore 7:50: come non detto. Il tabellone al gate si spegne improvvisamente. Vado al monitor, e vedo che il mio volo è adesso indicato come “cancellato”. Ritorno al gate, dovo l’assistente cade dalle nuvole, prova a telefonare e trova occupato. Alla fine, mentre il volo AirOne annuncia un ritardo di due ore, conferma che dovremmo tutti essere spostati sul volo delle 8 che ha mezz’ora di ritardo. Parte una transumanza verso il gate 13, dove naturalmente non c’è nessuno. A questo punto abbranco il primo tipo Alitalia davanti a un monitor, che dopo un attacco non esattamente soft mi spiega finalmente che sta succedendo. A Fiumicino c’è vento molto forte (maestrale, mi comunica poi Eugenio da Roma) e quindi l’aeroporto funziona a ritmo ridotto, con un’unica pista trasversale per decolli e atterraggi. Oltre a questi ritardi che non fanno dare l’ok, si aggiunge il fatto che i velivoli di queste ore sono di stanza a Roma, e quindi se non arrivano non si parte. I nostri posti? Ammesso che il volo parta, siamo in “free seats”. Leggi: le assegnazioni sono saltate – giusto perché avevo il posto preassegnato, ne sono certo – e occorre prendersi un sedile con le unghie e coi denti.
Ore 8:25: adesso il nostro volo è schedulato per le 9.
Ore 9: il volo potrebbe partire alle 9:30.
Ore 9:20: il volo viene imbarcato. Ero finito in uno stato semiipnotico, tanto che sono riuscito a perdere la custodia del mio palmare. Che palle.
Ore 9:40: mi sono seduto in fila 2. Il pilota dice che ha lo slot di partenza alle 10:12.
Ore 9:55: Si contano i posti vuoti. Devono essere 11 oppure 12?
Ore 10:12: decolliamo. Nessuna scusa per il ritardo, né comunicazioni durante il volo. Anzi, hanno tagliato tutto il tagliabile, probabilmente per evitare risse all’interno.
Ore 10:58: atterriamo. No, niente finger, siamo pazzi?

Diario neozelandese

È stata dura. Ma ce l’ho fatta. I miei tre fan che si lamentavano per l’opera che si interrompeva a metà possono finalmente respirare. Ho infatti terminato di mettere in linea il racconto del del viaggio di nozze di Anna e mio in Nuova Zelanda. Mancano ancora le foto, che dovrei riuscire a mettere su nel weekend; e mancano le foto del matrimonio, per le quali devo lavorare di scanner. Ma basta aspettare un poco!

Ah, le auto!

Forbes dedica un articolo sulle “auto peggiori di ogni tempo”. Occhei, sono americani, e quindi occorre leggere tra le righe: in realtà si parla delle “peggiori auto vendute negli USA dal 1950 in poi”. Bene, tra le concorrenti c’è anche la Fiat Strada, che poi sarebbe la Ritmo: solo che negli States “Ritmo” era il nome di un preservativo, quindi doveva essere giocoforza cambiato. O forse no, visto che ne hanno comunque sparlato… lo sapevate che FIAT era letto come “Fix It Again, Tony”?
A parte il tocco di perfidia nel mostrare una foto “courtesy Fiat”, penso sia istruttivo leggere il commento dell’articolista, che riprendo qua.
«Per la sua subcompact Strada, la Fiat ha iniziato a spedire bollettini di servizio – istruzioni che i fabbricanti d’auto inviano ai venditori riguardo ai problemi ricorrenti – prima ancora che il veicolo fosse venduto. Cause legali a causa della ruggine – e doveva essere della ruggine ben seria – hanno aiutato l’uscita della Fiat dal mercato statunitense, e la Strada ha contribuito in maniera particolare. Il suo pianale, le sospensioni, gli assali e il motore avevano problemi di ruggine, giusto per indicarne un po’. Non che valesse la pena di salvare i motori: la “gamma” della Strada partiva da 60 HP per raggiungere addirittura i 75.»
Detto ciò, è interessante notare come nel sondaggio on line la Strada sia almeno in questo momento nelle ultime posizioni. Non credo sia un caso: semplicemente nessuno aveva avuto la sfortuna di vederne una…

Ma che freddo fa

Il lunedì qui in ufficio la gente oramai arriva vestita più pesante, perché sa che dopo due giorni senza riscaldamento la temperatura è scesa parecchio.
Ma oggi è martedì: eppure quando sono arrivato ho trovato i colleghi con giaccone e guanti. Ammetto che persino io sono in questo momento col golfino, e notate che sono arrivato coi mezzi lasciando il giaccone aperto.
Quello che mi fa specie è che il termometro che mi hanno piazzato per verificare la temperatura è semplicemente sceso da 22 a 20 gradi. Oserei dire che non è ben tarato.

E i panini di un tempo?

In un suo articolo su Repubblica, Sebastiano Messina parla della crisi esplosa al TG1, spiegando come i commenti alle notizie siano scientificamente scritti in maniera tale da lasciare sempre l’ultima parola al governo o a esponenti della maggioranza. Giustissimo. Però Messina ha la memoria corta, quando parla della “distribuzione apparentemente imparziale degli spazi – un terzo al governo, un terzo all’opposizione, un terzo alla maggioranza: come se il governo e la maggioranza fossero avversari”. E’ infatti esattamente quello che capitava fino al 2001, con forse la differenza che non c’era l’ordinamento delle notizie e a volte capitava che l’ultima parola andasse all’allora minoranza. Andare a sfogliare le cronache di allora, visto che se ne parlava abbastanza.
In questo modo è banale screditare una lotta sacrosanta, visto che si lascia alla parte avversa la possibilità di dire “facciamo esattamente come avete fatto voi”. Un po’ più di lungimiranza non sarebbe stata male, no?

Dai giornali di oggi

D’accordo. È lunedì, e i quotidiani in Italia non brillano generalmente per la quantità di notizie extracalcistiche. Ma leggendo oggi i quotidiani gratuiti, l’impressione è quella del vuoto pneumatico, non fosse mai che i pendolari dovessero mettere in moto il cervello. C’è stata la celebrazione per il mezzo ventennio di Forza Italia, con strascichi a non finire? Nulla, se non un trafilettino su Metro a proposito della querelaa fatta da Di Pietro. Qualche altra brevissima sulle altre beghe politiche italiane, tranne il pomeriggio milanese della Mussolini su City, mentre Leggo tace e limita anche al minimo indispensabile gli aggiornamenti sulla finanza creativa Parmalat, che gli altri almeno sviluppano per quanto possibile dati gli spazi a disposizione. Qui non si parla di politica, insomma.
E di che parla allora Leggo? Beh, in prima pagina abbiamo il titolo “Ingorgo su Marte, arrivata l’altra sonda” dove si dice tra l’altro che “migliorano le condizioni dell’altra navicella, Spirit”. Manco fosse in terapia intensiva in ospedale. Anche City ci dice che Spirit “si è ammalato”, in puro stile E.R.; continua poi affermando che il suo software è stato resettato 60 volte in due giorni. Nulla di inusuale per chi ha lavorato con certi sistemi operativi, ma mi chiedo chi o cosa abbiano utilizzato per schiacciare il ctrl-alt-del.
Tornando a Leggo, scopriamo che l’Italia sta preparando la lavatrice spaziale, e che al politecnico di Milano devono avere attivato un corso di laurea in architettura spaziale; invece in Asia c”è la caccia all’untore per l’influenza dei polli. Ma volete mettere la pagina dedicata allo status di eventuali fidanzati dei rampolli di sangue blu? O la pagina sul Grande Fratello, dove è scoppiata la “polemica SMS” su Sky? Poi ci sono le solite pagine calcistiche.
Metro sembra più vicino alla ggente, anche se il titolo in prima pagina sui saldi che hanno registrato un aumento solo del 5% mi pare più della parrocchia dei commercianti che di quella degli acquirenti. Ma lasciamo da parte questi punti di vista e cerchiamo qualcosa di più corposo. Basta arrivare a pagina 2, e troviamo l’intervista alla responsabile ufficio stampa di Triumph Italia che ci racconta del reggiseno antifumo, la cui imbottitura “contiene due fialette. una al gelsomino che rende sgradevole il sapore del tabacco e una alla lavanda, che calma l’irritazione che si ha quando si smette di fumare”. Il tessuto dell’imbottitura è in ossido di titanio, mica male no? Ma “c’è di più: l’imbottitura si stacca e può essere usata come mascherina antismog”. Me la vedo la manager che con noncuranza infila la mano nella scollatura e recupera la mascherina!
Scopriamo inoltre che “Il presidente egiziano Hosni Mubarak ha ricevuto ieri il fondatore e presidente della Microsoft, Bill Gates, al Cairo per la sua prima visita in Egitto”. A parte il tono da cinegiornale Luce, è degno di nota la dichiarazione del Guglielmo Cancelli, secondo cui “presto le email spazzatura saranno sconfitte”. La notizia della diciottenne britannica che mette all’asta la propria verginità “per garantirsi la prosecuzione degli studi” era appena accennata su Leggo, mentre qui ha un risalto maggiore. Interessante però notare come là non era indicato il nome della fanciulla in questione né il numero delle richieste pervenute; però c’era il valore della massima offerta ricevuta, 14000 dollari (dollari, sì. Non sterline né euro. Mistero: sarà stato uno sceicco?)
Il paginone centrale parla del costituendo museo della Shoah, e ciò è bello. Mi chiedo però come mai il Comune di Roma abbia già identificato lo stabile dove il museo dovrebbe avere sede, che però “è di proprietà della Regione” e “oggi è occupato abusivamente da un centro sociale di destra”. Si impara sempre qualcosa di nuovo, però mi sembra una poco simpatica querelle politica.
Terminiamo con City, che ci offre un reportage sulla felicità del vivere nella parte curda dell’Iraq, con tanto di foto di un Mac Donald. Per la serie “ma chi l’avrebbe mai detto”, la ricerca di oggi arriva dal Canada e mostra come “Lo stress post trauma cambia il cervello”. In una notizia non correlata, due non meglio identificati ricercatori americani hanno dimostrato (?) che quando un piede poggia a terra invia dei segnali ai nervi periferici che “avvertono” l’altra gamba stimolandola a muoversi, il tutto senza impulsi provenienti dal cervello. Insomma, una giustificazione scientifica per chi scappa al minimo segno di pericolo e poi dice “non so, le gambe hanno fatto tutto da sole”.