Termino la mia trilogia di cover beatlesiane con questo disco (AA.VV., Hot Lips Records 8-23087-10052-0, 2002, 16.98$), che ha come sottotitolo “An A Cappella Tribute to The Beatles”. I suoi quattordici brani sono stati scelti per avere un esempio da ciascuno degli album degli Scarafaggi; alcuni di essi sono stati commissionati per questa raccolta. Per chi non è avvezzo al gergo musicale, “a cappella” significa “solo con le voci”, niente strumenti. I Beatles, che amavano fare armonie a più voci, sono generalmente un ottimo banco di prova.
Che dire? il mio giudizio è leggermente calato al decimo ascolto, anche se indubbiamente l’album merita di spenderci i soldi. A parte i bari come i five o’ clock shadow che hanno aggiunto suoni elettronici a Tomorrow never knows, è piacevole vedere come si può cantare senza strumenti in modi completamente diversi, che possono essere più o meno gustosi ma sempre interessanti. Mi è dispiaciuta la versione di All I’ve got to do dei Toxic Audio, che avrei visto più tendente al soul; meritevole Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band; dai Bobs non mi aspettavo nulla di meno che la loro Strawberry Fields Forever; Let it be è ovviamente gospel, mentre Come Together ha quella punta gotica che fa pensare a John Lennon che sibilava “shoot me”. Ma la cover di gran lunga migliore è All you need is love cantata dagli House Jacks. Oserei quasi dire che è meglio dell’originale…
Il libretto è smilzo, ma piuttosto informativo, e soprattutto pieno di puntatori ai siti dei gruppi.
conservazione dei dipendenti
A Milano nord oggi nevica; a casa mia e a Rozzano si limita a piovere di stravento, il che non è il massimo della vita.
Ma il peggio è in ufficio. Non ho mai capito perché da un paio di settimane ci siano dipendenti AEM, e non ho nemmeno capito perché guardino anche il riscaldamento. Fatto sta che in questo momento la mia bussola digitale con termometro segna 16.6°, e inoltre dai bocchettoni esce aria naturalmente fredda. Basta pensare che una persona notoriamente calda come il sottoscritto sta con indosso il maglione di cachemire manco fosse Bertinotti, e le mie mani sono gelate.
Il mio regno per una stufetta!
il motore del mondo
Il numero di oggi di City si direbbe monomaniaco rispetto al sesso. Si inizia a pagina 3 con gli studenti tedeschi che corrono nudi per attirare l’attenzione del governo sui pochi fondi che hanno le università: il tutto corredato da foto di bionda con fischietto e slogan dipinti sul corpo, con la coscia un po’ cellulitica ma tetta simpatica.
Ma il meglio lo si trova nella pagina “i fatti della vita”. A parte due stelloncini sul divieto di fumo nei posti di lavoro chiusi, compresi i pub, che si avrà in Irlanda dal 29 marzo, e la notizia che un parcheggio di Derby è stato decretato da Focus inviolabile come Fort Knox, scopriamo che la notizi! principale è sui matrimoni tra omosessuali a San Francisco, nonostante le prese di posizione di Arnold Manomorta Schwarzenegger; inoltre che a Singapore, già nota per metterti in carcere se butti per terra un mozzicone, farsi fare sesso orale è reato in quanto “nella cultura asiatica certi comportamenti offensivi non sono ancora accettati, anche se in qualche cultura uno può andare in giro a succhiare quello che vuole, e persone importanti l’hanno fatta franca”. Notare che la prostituzione è perfettamente legalea Singapore, e la ragazza, anche se minorenne, era consenziente. Notare anche che nell’articolo è rimarcato che il giudice che ha emesso la sentenza ha 77 anni: altro che riforma Maroni.
Le altre notizie della pagina? Una psicologa della York University di Toronto sostiene che nel periodo più fertile del ciclo mestruale le donne sono più aggressive tra di loro per difendersi a livello inconscio dalle rivali in amore: altro che sindrome premestruale. Nell’Essex un parroco è stato sospeso dopo avere messo una sua foto nudo su un sito Internet di appuntamenti, scrivendo che cercava donne per far “sesso veloce”. Taccio il nome del sito, ma penso sia interessante scoprire chi ha riconosciuto il prete: una sua parrocchiana, che indubbiamente passava di lì per caso. In Norvegia, un preside ha proibito nella sua scuola il famigerato braccialetto che indica cosa sei disposto a fare sessualmente a seconda del colore: notare che i bambini di quella scuola hanno dai 6 ai 12 anni. Infine, una funzionaria dell’esercito britannico è accusata dall’ex amante, un maggiore sempre dell’esercito, di voler fondare la Infidelity Inc., società specializzata in consigli su come tradire. No, la società non esiste (ancora, lasciatemi malignare), e sì, l’accusatore non è stato suo marito ma amante. Che il tradimento sia ancora più ferale?
scrivere email in Morse
Non ci crederete. È successo un paio di mesi fa, ma nessuno sembra averne parlato.
Avete presente il codice Morse, quello pieno di punti e linee? Bene, anch’esso è uno standard, ovviamente: ed è gestito dall’ITU, l’International Telecommunications Union, che poi sono anche quelli che fanno gli standard per la telefonia e stanno disperatamente cercando di prendersi anche quelli internet.
Ultimamente la gestione dello standard è passata a un diverso sottocomitato dell’ITU, lo Study Group 8; e nella World Radiocommunication Conference tenutasi a Ginevra nel 2003 (WRC-2003) è stato proposto di aggiungere un nuovo carattere al codice Morse. Il carattere, denominato “commat” (Commercial AT) non è altro che la cara vecchia chiocciola @, e se la proposta verrà approvata dagli stati membri il suo codice sarà la giustapposizione di una A e una C, cioè “.--.-.“.
Mi sarebbe piaciuto mettere un puntatore alla specifica vera e propria, ma come potete vedere gli standard ITU si pagano.
Problem-Solving Strategies (libro)
Il titolo è un po’ fuorviante. Forse è meglio dire subito la collana: “Problem Books in Mathematics”. Il libro (Arthur Engel, pp. 403, Springer 1998, ISBN 0-387-98219-1, 54.95$) è soprattutto un’enorme raccolta di problemi di quelli che danno alle gare di matematica, divisi in sezioni. Alcuni di questi problemi hanno una specie di spiegazione, che permette di capire il punto di vista da seguire: ad esempio, cercare di trovare un invariante che permetta di dare velocemente la soluzione a un problema. Pensiamo ad esempio di togliere due caselle agli angoli opposti di una scacchiera e chiederci se possiamo coprire la parte rimasta con trentuno rettangoli 1×2. L’invarianza è data dalla parità, ogni rettangolo copre lo stesso numero di caselle bianche e nere, ma la scacchiera mutilata ha 32 e 30 caselle.
Non preoccupatevi: tutti i problemi – e sono 1300! hanno, se non proprio una soluzione, gli aiutini che portano alla soluzione stessa. Se vi piace la matematica, è il vostro libro; altrimenti forse è meglio cercare qualcos’altro.
bandiere e scarsa memoria
E così Berlusconi ha deciso di candidarsi alle europee, precisando che “sarà una candidatura di bandiera”. Che tristezza.
Il problema non è tanto l’eleggibilità o meno del Cav, quanto l’idea della candidatura solo e unicamente per sfruttare il proprio nome, affermando candidamente che il giorno dopo l’elezione si dimetterà. Ma cribbio :-), se proprio sei convinto che il tuo partito si sciolga come neve al sole se tu non ci sei allora prepara il simbolo “Forza Italia per Berlusconi”, no? Che ci vuole? Cosa cambierebbe? Mah.
Ah, nel caso qualcuno avesse sentito la sua dichiarazione “Tutto quello che avviene è contro la sovranità del popolo italiano, che aveva già deciso con un referendum che Rai e Mediaset potessero tenere tre reti.”, sarà meglio ricordare il testo del fallito referendum del 1995. È il primo indicato in questa sentenza della Corte Costituzionale; andando a prendere il testo della legge Mammì, otteniamo che essa sarebbe diventata
1. Al fine di evitare posizioni dominanti nell’ambito dei mezzi di comunicazione di massa è fatto divieto di essere titolare:
a) di una concessione per radiodiffusione televisiva in ambito nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura annua abbia superato nell’anno solare precedente il 16 per cento della tiratura complessiva dei giornali quotidiani in Italia;
b) di più di una concessione per radiodiffusione televisiva in ambito nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura superi l’8 per cento della tiratura complessiva dei giornali in Italia;
c) di più di due concessioni per radiodiffusione televisiva in ambito nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura complessiva sia inferiore a quella prevista dalla lettera b).
Quindi è stata bocciata la limitazione a una sola emittente, mentre la Corte Costituzionale ha detto che non devono essere più di due. Piccola differenza, nevvero?
amministratori
Ieri sera avevamo la riunione di condominio. Io e Anna siamo andati insieme, pronti allo scontro con la signora della villetta interna, che però non era presente. Non era presente nemmeno la Simona del primo piano, però, al che ci inizia a venire qualche dubbio. Anna telefona, e scopre che Simona non aveva mai ricevuto la raccomandata di convocazione. L’amministratore fa un rapido controllo, e scopre che anche la raccomandata ai proprietari della villetta era stata spedita al loro vecchio indirizzo, “perché non ci hanno mai comunicato ufficialmente la modifica”. Si noti che abitano da settembre nel condominio, hanno già spedito all’amministratore una serie di lettere, e questo gli ha anche risposto scrivendo in Abbadesse. Non vorrei dire, ma c’è qualcosa che non va.
L’assemblea si è fatta lo stesso perché si superava comunque i 500 millesimi, ma credo proprio verrà impugnata. Io comunque me n’ero andato via subito lasciando Anna a fare le pulci: dovevo essere a lezione di impro, e non c’era più bisogno di me.
Ah: il costruttore, che ha ancora un po’ di unità, è riuscito a dare una delega all’amministratore tranne che per il punto relativo all’umidità nelle cantine. Anche qui ne vedremo delle belle.
il collega Andrea
Un mio ex collega di cui taccio il nome mi ha segnalato questo articolo di Pier Luigi Tolardo apparso su Zeus News, quasi sfidandomi a commentarlo. Beh, qualcosa di personale lo posso in effetti dire…
Innanzitutto, io ho visto di persona Andrea Granelli una sola volta, ai tempi per l’appunto di Video on Line, quando facemmo una visita a Cagliari per vedere se c’erano delle possibilità di collaborazione con Telecom On Line, il servizio web che Telecom Italia aveva lanciato abbastanza di nascosto per timore dell’antitrust: basta pensare che veniva offerto solo a chi aveva una linea ISDN, proprio per rimarcare la volontà di non entrare in competizione. Ad ogni modo, quel giorno Niki Grauso non c’era, così il capo di TOL e il suo “esperto informatico” che pure quel giorno avrebbe dovuto scioperare hanno avuto come guida il giovane Granelli che ci spiegò la visione dietro VOL.
L’anno dopo Video On Line venne acquisita da Telecom: le voci dicono che TI aveva un credito di più di venti miliardi di lire verso VOL che tanto non avrebbero mai visto, ma non ho mai avuto conferma del fatto. Ad ogni modo, nacque TIN , ancora senza il “.it” del logo attuale, e il povero Enzo Berti si trovò non si sa bene come sotto il giovane Granelli che era passato alla nuova azienda assieme agli altri asset.
Passa ancora qualche anno, e il ragionier Colaninno decide che Cselt così com’è non va bene, e occorre una sferzata di novità. Sfatiamo un mito: l’autonomia di Cselt c’è stata più o meno fino al 1990, quando i due terzi del suo bilancio era destinato alla ricerca. In meno di dieci anni, la situazione si era invertita: i due terzi del bilancio erano su progetti a breve termine, il resto tra spese generali e progetti a lungo termine. Comunque viene fatta questa nuova società, che mette insieme i laboratori di ricerca torinesi e il Venture Capital, dove era a capo… il giovane Granelli, che diventa immediatamente l’amministratore delegato di Telecom Italia Lab: millequattrocento persone, di cui 1100 nella vecchia CSELT, ma con tutti i centri di potere a Roma. Come si presenta il nostro? Invia a tutti i dipendenti dell’azienda, tranne ai cattivoni che stavano licenziandosi, una lettera dove il “collega Andrea” (è lui che si definisce così) spiega che dobbiamo fare squadra, e ci omaggia di un segno tangibile di questo fare squadra. Un orologio con il logo tilab, costo unitario cinquemilalire – l’avevamo trovato in un catalogo di gadget.
Vogliamo parlare dell’incubatore? Io in quegli anni ero rappresentante sindacale, quindi mi erano state date le 113 pagine di slide dove veniva spiegato abbastanza in dettaglio cosa doveva diventare Tilab. Le ho lette, e ho deciso di andarmene via. Il vecchio Cselt non esisteva più, passi: ma quello che doveva esserci al suo posto era un sistema per fare soldi, non per fare ricerca e sviluppo. Non so quanto di questo fosse una visione del giovane Granelli, ma penso abbastanza, visto il suo attaccamento alla new economy. Inutile dire che la scelta di tempo ha aiutato il fallimento della storia, il ridimensionamento di Tilab e il suo assorbimento in Telecom – anche perché altrimenti penso avrebbe dovuto portare i libri in tribunale: il contributo a fondo perduto del gruppo Telecom era stato eliminato perché tanto i soldi sarebbero stati fatti con l’incubatore… Ah, Granelli non ha mai incontrato i sindacati mentre io ero in Tilab. Eravamo troppo old economy, immagino.
L’unica parte dell’articolo su cui concordo è che Telecom non è affatto interessata nell’innovazione. Purtroppo non è una cosa di oggi; è un misto tra la globalizzazione e la concorrenza, che fanno concentrare gli sviluppi in pochi posti e fanno ritenere non solo la ricerca ma anche lo sviluppo a più di un anno nel futuro soldi buttati.