Trudeau offre diecimila dollari a chiunque sia in grado di testimoniare che Giorgino Bush ha fatto il servizio militare.
che fette!
Vi siete mai chiesti come mai non riuscite a trovare un paio di scarpe del vostro numero? Avete osservato con orrore le dimensioni delle estremità di vostro figlio (nipote/cuginetto)? Ora avete un conforto tecnico. Come riferito da Metro, l’Associazione Italiana Podologi, AIP, ha celebrato il trentesimo anniversario dalla sua fondazione divulgando la terribile notizia: dalla fondazione delle associazioni le estremità degli italiani, maschi o femmine che siano, si sono allungate di due misure. Il tutto a causa di un’alimentazione più ricca, e fin qui ci siamo, e un diverso stile di vita. Ammetto che questo mi suona strano, e mi chiedo la ragione dietro. Stiamo più tempo in piedi, e il nostro peso allarga il piede? oppure siamo più abituati a lasciare i piedi sollevati, e quindi le ossa si possono allungare con maggior facilità? Urgono maggiori informazioni, anche se il sito dell’associazione parte in flash e quindi per motivi religiosi non lo guardo.
Posso solo aggiungere che i podologi puntano l’alluce, pardon l’indice, contro le scarpe a punta che strizzano l’avampiede (sì, è una parola italiana, sono andato a verificare) femminile.
La UE contro i prestiti?
Leggo da Massimo Mantellini che l’Unione Europea ha aperto una procedura per infrazione riguardante il diritto di prestito pubblico nei confronti di sei stati membri, tra cui l’Italia.
Il testo della procedura si trova
sul sito ufficiale UE, dove c’è scritto che l’Italia, assieme a Spagna, Irlanda e Portogallo, non applica correttamente una direttiva del 1993: infatti “esonerano tutte le istituzioni di prestito dall’obbligo di remunerare i titolari di diritti”, mentre potevano solo esonerare alcune istituzioni, oppure “pagare almeno agli autori un’equa remunerazione”.
Non sono abbastanza esperto di legge per capire se si può fare in modo che le biblioteche pubbliche restino esonerate: certo che se non fosse possibile questo significa che o direttamente o indirettamente qualcuno deve pagare: è vero che almeno andrebbe agli autori e non a chi ha comprato questi diritti, ma non è che la cosa mi ispiri molto, pensando ai problemi di fondi in cui le biblioteche si dibattono.
Gli interessati possono anche guardare la pagina preparata dalla biblioteca di Cologno Monzese.
politici ladri
scale mobili
A proposito di ATM, nei giorni scorsi City aveva pubblicato lamentele varie a proposito dell’obbligo di tenersi sulla destra sulle scale mobili in metro, in modo che chi volesse salire più in fretta potesse per così dire “sorpassare”.
Una signora si è adirata perché a suo dire chi ha fretta dovrebbe prendere le scale di corsa, e non può pretendere che la gente faccia delle code infinite per lasciare passare gli altri.
Notato il sottile ragionamento? tradotto in soldoni, dice “quello che faccio io è prioritario, quindi gli altri si devono adeguare”. Poi ci si chiede come mai il mondo va così. Sarà perché io non ho un comportamento univoco – a volte salgo le scale, altre volte sto fermo sulla scala mobile, altre ancora cammino sulla scala mobile, dipende da una serie di fattori – ma non riesco proprio a capire. Se non hai fretta, aspetti un attimo in più a salire, anche perché per definizione i frettolosi si lanciano subito e quindi alla fine ci si può anche mettere in parallelo. O no?
Ah, all’estero ho sempre trovato cartelli simili, tranne a Londra dove si sta fermi sulla sinistra :-) ed è proprio scritto “stand on left, walk on right”.
non mi era mai capitato
Chi è l'ignorante?
Stanotte è stato scritto un commento a una mia vecchia notiziola, parliamo di settembre, sul cosiddetto “tutor di linea”, dove dicevo di avere visto un tipo con questa targhetta a verificare i biglietti della gente scesa dal bus, e mi chiedevo “l’utilità pratica della cosa, dato che uno può prendere e scappare senza apparente problema”.
La signora o signorina CLARA (non pubblico l’email per ovvie ragioni, posso solo aggiungere che non è un indirizzo aziendale) risponde:
Tutor di linea=pubblico ufficiale, si occupa di controllo biglietteria su tutte le linee di ATM
(METROPOLITANE E DI SUPERICIE) supporta inoltre i vigili urbani per verbalizzare le infrazioni del codice civile riferite ai posteggi in soste vietate e il transito su corsie preferenziali.
Ignorante=l’ignoranza non è un difetto, ma prima di parlare e sempre meglio documentarsi, quando si vuol sembrare furbi rimanengo ignoranti si rischia di diventare degli zotici.
Cosa possiamo dire? Iniziamo dalla parte finale, e proviamo a documentarci. Una persona normale va al sito ATM, clicca su “Ricerca e mappa”, e inserisce nell’apposito campo le parole “tutor di linea”. Risultato: zero. Ma magari è un po’ esagerato: limitiamoci a scrivere “tutor”. Risultato: zero. O che forse l’ATM in un singulto di patriottismo lo chiama “tutore” nel proprio sito? Nisba.
Vabbè, se proprio uno vuole può tentare di usare san Google e scoprire così che il “tutor di linea” non fa esattamente quanto scritto da CLARA. Non che sia facile trovarlo: ho dovuto ricorrere alla cache di Google perché il link originale al documento (un’offerta di lavoro) non è reperibile.
Ma resta il punto di base che CLARA non ha ovviamente toccato. Se il controllore è diventato un tutor di linea, di per sé non mi importa molto. Se ha dei compiti più ampi del semplice verificare i biglietti mi sembra cosa buona e giusta. Ma che senso ha verificare i biglietti della gente già a terra che come ho già detto può scappare tranquillamente?
<em>Come Together</em>
Termino la mia trilogia di cover beatlesiane con questo disco (AA.VV., Hot Lips Records 8-23087-10052-0, 2002, 16.98$), che ha come sottotitolo “An A Cappella Tribute to The Beatles”. I suoi quattordici brani sono stati scelti per avere un esempio da ciascuno degli album degli Scarafaggi; alcuni di essi sono stati commissionati per questa raccolta. Per chi non è avvezzo al gergo musicale, “a cappella” significa “solo con le voci”, niente strumenti. I Beatles, che amavano fare armonie a più voci, sono generalmente un ottimo banco di prova.
Che dire? il mio giudizio è leggermente calato al decimo ascolto, anche se indubbiamente l’album merita di spenderci i soldi. A parte i bari come i five o’ clock shadow che hanno aggiunto suoni elettronici a Tomorrow never knows, è piacevole vedere come si può cantare senza strumenti in modi completamente diversi, che possono essere più o meno gustosi ma sempre interessanti. Mi è dispiaciuta la versione di All I’ve got to do dei Toxic Audio, che avrei visto più tendente al soul; meritevole Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band; dai Bobs non mi aspettavo nulla di meno che la loro Strawberry Fields Forever; Let it be è ovviamente gospel, mentre Come Together ha quella punta gotica che fa pensare a John Lennon che sibilava “shoot me”. Ma la cover di gran lunga migliore è All you need is love cantata dagli House Jacks. Oserei quasi dire che è meglio dell’originale…
Il libretto è smilzo, ma piuttosto informativo, e soprattutto pieno di puntatori ai siti dei gruppi.