All’Iper di Rozzano la pasta non è messa per marca. La mettono insieme per formato.
internalizzazione
La cosa non mi riguarda direttamente, ma è indicativa di come il gruppo Telecom stia navigando a vista.
A gennaio 2003 nacque I.T. Telecom SpA, società del gruppo Telecom con 4500 dipendenti che sarebbe dovuta essere il braccio informatico del gruppo. A gennaio 2005 non esisterà più, dopo avere sparso via via pezzi vari in giro – io ad esempio, assieme ad altre 550 persone, sono in Tim.
Bene, che succede con quelli che sono ancora in I.T. Telecom a fare gli informatici? Stanno facendo una cessione di ramo d’azienda. Cessione da I.T. Telecom SpA a I.T. Telecom Srl, società quest’ultima posseduta al 100% da I.T. Telecom SpA. Il 31 dicembre questo passaggio sarà formalizzato; in questo modo, quando il 1. gennaio I.T. Telecom SpA (al momento posseduta al 100% da Telecom) verrà incorporata in Telecom, quest’ultima avrà I.T. Telecom Srl. Lo scioglilingua non finisce però qua: I.T. Telecom Srl verrà poi convertita in una società consortile, dove il “consorzio” è formato da Telecom … e Tim (ecco il perché del titolo: non è una esternalizzazione, visto che rimane tutto in casa). Ma anche Tim verrà fusa in Telecom; quindi alla fine il consorzio sarà in realtà formato da una sola società, cioè esattamente la situazione attuale tranne che la SpA viene abbassata in Srl.
Io non ci ho capito nulla.
_Arlecchino servitore di due padroni_ (teatro)
Ce l’ho fatta. Sono riuscito ad andare a vedere Ferruccio Soleri recitare l’Arlecchino: ormai più che un’opera un simbolo, un po’ come il Concerto di Capodanno a Vienna e La vita è una cosa meravigliosa a Natale. Del resto, lo spettacolo è in cartellone dal 1947, eppure anche ieri sera il teatro era strapieno, nonostante la concomitanza della partita Juve-Milan (che tristezza quello dietro di me che negli intervalli accendeva il telefonino per sapere il risultato) e del concerto gratuito di Baglioni in piazza del Duomo (ci siamo passati alle 23:30, all’ultimo bis. Non ho ben capito come gli organizzatori possano dire che c’erano 200 mila persone, ma non divaghiamo). Molti bambini, cosa assai inusuale per il Piccolo.
Il primo problema è di chi è la commedia. La locandina recita “di Carlo Goldoni, regia di Giorgio Strehler, messa in scena di Ferruccio Soleri, con la collaborazione di Stefano de Luca”. Chi ha aggiunto cosa? Sicuramente rispetto all’originale goldoniano la lingua è stata molto italianizzata, e fin qua nulla di strano. Però c’è tutta una serie di siparietti che se vogliamo fanno molto Commedia dell’Arte, ma che non ci sono nel testo. La balbuzie di Brighella, la musica, con siparietti in stile finto operistico che arrivano qua e là, le gag come quella della mosca, e soprattutto il background, con i personaggi che quando escono di scena se ne stanno ai lati del palco e spesso fanno delle scenette in secondo piano – altro che “unico fuoco per l’azione”… – o il suggeritore che viene tirato in mezzo, e persino chiamato per nome. Mi chiedo quanto sia Strehler e quanto Soleri: ammetto, è una pura curiosità, perché il risultato è favoloso.
Anna, che si ricorda un po’ di quando trenta e più anni fa fu portata a vedere l’opera, ha alla fine commentato “mi ricordavo più capriole e salti da parte di Arlecchino”. Io a dire il vero mi sono stupito che Soleri – classe 1929, vi ricordo – riesca a saltare su e giù per il palco così tanto. Secondo me i due intervalli servono per farlo attaccare a una bombola d’ossigeno: soprattutto l’ultima scena del secondo atto fa stancare solo al pensiero. È un grande, non so trovare aggettivi sufficienti per mostrare la mia ammirazione per lui.
Che aggiungere? a gennaio ripartono le repliche, e poi vanno in tour. Se trovate i biglietti, andateci.
traffico e salti mortali
Stasera, per tornare a casa con un passaggio di Adolfo (spesso facciamo car pooling), ci ho messo un’ora e venti. In bici avrei fatto sicuramente prima senza dannarmi l’anima.
In compenso, scopro che nonostante io non riesca a respirare seduto in auto non ci sarà nessun blocco straordinario della circolazione. Il comunicato ufficiale della regione Lombardia spiega infatti che (il neretto è loro) “i valori di concentrazione sono drasticamente scesi” (beh, non so in questi due giorni, ma dal 14 al 15 in effetti il valore al Verziere è sceso da 148 a 122 μg/m3, e quello in via Juvara da 163 a 139!). Formigoni si dilunga a ringraziare tanta gente “che hanno promosso misure di immediata attuazione”, a differenza di ” alcuni ‘profeti di sventura’, i quali, puntualmente smentiti dai fatti, oltre ad aver creato inutili allarmismi, non hanno dato alcun contributo alla soluzione del problema” (scusate se continuo a copiare, ma la prosa è troppo divertente). Si prosegue con la famosa excusatio nota in codice come “signora maestra, è stato lui!”, spiegando che “peraltro una situazione simile e anche più critica di quella lombarda ha riguardato tutta la pianura padana ed anche altre zone della penisola che pure sono più favorite dalle condizioni climatiche”, con tanto di dati puntuali – da cui si evince che la media del PM10 a Milano è più del doppio della soglia d’allarme; inoltre fanno notare che con i loro “interventi strutturali” nel tempo, “la media di PM10 a Milano-Juvara è scesa dai 46 microgrammi per metro cubo nel 2003 a 42 nel 2004” (cioè il valor medio dell’anno è il 16% in meno di quello limite).
Ma dobbiamo essere fiduciosi. La Regione è “pronta anche a misure straordinarie qualora fosse necessario”. Si accettano suggerimenti sul significato della parola “necessario”.
Solaris (libro)
Stanislaw Lem è uno dei pochi autori di fantascienza noto anche al di fuori degli appassionati del genere, e probabilmente l’unico non americano: presumibilmente il film tratto da questo libro (Stanislaw Lem, Solaris, Mondadori Oscar Narrativa 2004, p. 245, € 8.40, ISBN 88-04-51047-1, traduzione Eva Bolzoni) ha contribuito parecchio a tale notorietà. Io come al mio solito il film non l’ho visto, e stranamente avevo letto molte opere di Lem ma non questo libro. Che dire? È piuttosto diverso dalle sue altre opere, e definirlo “fantascienza” mi pare riduttivo, anche senza arrivare alle ineffabili vette della postfazione a cura di Gianfranco de Turris.
Indubbiamente l’ambientazione è SF: siamo su un pianeta sconosciuto e peculiare. Ma il tema principale sembra essere l’inconoscibilità aliena e l’impossibilità di capire anche solo chi ci è vicino. Le lunghe descrizioni scientifiche, esplicitamente asettiche, sono un po’ pallose, lo ammetto: ma credo che siano necessarie per accentuare ancora di più la differenza tra le nostre concezioni mentale e la realtà che è affermata essere inconoscibile. Il guaio è che Lem si è trovato a un certo punto su un binario morto: il finale dà tanto l’idea di essere raffazzonato, o meglio di essere stato appiccicato lì perché il libro doveva essere terminato in un qualche modo, ma fa lo stesso effetto di un parrucchino malmesso…
quando uno è sveglio
Dopo tutta la fatica per portarmi a Milano il mattone (il vecchio Armada da usare in attesa che riparino il mio) stamattina lo accendo e provo a metterlo in rete. Peccato che non ci siano schede di rete (o modem, se per questo), ma due PCMCIA che hanno il loro attacco speciale, che è rimasto a Roma. Adesso spero che mi arrivino per posta interna.
Ma la cosa peggiore è che ieri a Roma ho acceso il PC per vedere se funzionava, ma non mi è proprio venuto in mente di connetterlo in rete :-(
zafi
la ballata della patente
Ieri sera, mentre prendevo la carta di credito per pagare il ristorante – e fargli notare che mi aveva messo un euro di pane che non avevo chiesto, mi avevano portato e non avevo toccato: è vero che poi non pago io, ma i principii sono principii… – mi accorgo che mi manca qualcosa: la mia patente, che essendo di quelle nuove lascio insieme alle carte di credito. Ci penso un attimo su, e immagino di averla persa nel casino di Linate: in fin dei conti stavo già dimenticandomi il tesserino Tim, e di quello me ne sono accorto solo perché il cordoncino si impiglia più o meno ovunque.
Bene, mi dico, adesso telefono all’Alitalia e mi sapranno dire qualcosa. Chiamo il call center, e attacca una voce registrata che mi dice, prima in italiano poi in inglese, di provare l’e-ticket, e che dallo scorso giugno è entrata in vigore la convenzione di Montreal del 1999. Dopo una decina di minuti, persino io riesco a immaginare che forse dopo le 22 non c’è più nessuno al call center, ma non hanno pensato a mettere un messaggio che avvisi della cosa. (Ma si sa, Alitalia deve tagliare i costi. Adesso non ci sono più le targhette bagaglio in plastica, ma di carta, che si spaccheranno al primo viaggio e non serviranno a un tubo).
Aspetto parecchio abbacchiato fino a stamattina, e ritelefono. Un minuto di linea sollevata – sentivo i rumori di fondo – ma nessuna voce dall’altra parte. Riprovo, e parte “Alla fiera dell’Est”. Il call center Alitalia mi dice “deve sentire Fiumicino: le do il numero del lost & found”. Il lost & found mi dice “deve sentire la polizia; eccole il numero”. La Polizia mi dice “no, qui non abbiamo nulla, però potrebbe essere finita alla Polizia Giudiziaria, dove raccolgono tutto; ecco il numero”. La Polizia Giudiziaria… aveva la mia patente!! Oggi pomeriggio corro al recupero, sperando di non avere null’altro di fantozziano.