lucro e profitto

Scopro da Massimo che l’onorevole Dario Franceschini ha un blog, la qual cosa non mi fa né caldo né freddo. Quello che mi infastidisce è una cosa molto più grave. Franceschini parla infatti di una sua proposta di legge sui CD musicali, terminando dicendo che la proposta inasprirebbe le pene per chi viola il diritto di autore “duplicando o riproducendo per fini di lucro cd musicali originali per destinarli al mercato nero” (neretto mio).
Sempre sul suo sito si può leggere la proposta di legge. Che si scopre? innanzitutto che la legge sul diritto d’autore del 1941 oramai è stata così modificata che forse converrebbe riscriverne una ex novo semplicemente copiandola rinumerando gli articoli. Abbiamo ad esempio dopo l’articolo 171 i vari 171 bis, 171 ter, … 171 novies, che non pensavo nemmeno esistesse la parola latina per “nove volte”. E la proposta aggiungerebbe un articolo “171 bis.1”. Poi vediamo scritto che nel primo comma dell’articolo 171 ter “le parole «per trarne profitto» sono sostituite da «a fini di lucro»”, il che non si comprende visto che la legge attuale ha scritto “fini di lucro”.
Nel migliore dei casi, Franceschini non si è accorto del testo della legge (o il Ministero della Giustizia ne ha in linea una copia errata). Nel peggiore, ha scritto nel commento che si parla di lucro, mentre in realtà vuole parlare di profitto. E la cosa è ben diversa: il lucro è “guadagnarci dei soldi”, mentre il profitto è “avere un utile di qualunque tipo, anche non pecuniario”. È lecito decidere di voler perseguire solo il lucro o anche il profitto, ma una persona laureata in giurisprudenza non può far finta di niente e confondere i due termini. Ci vuole chiarezza.
Aggiornamento: In effetti il testo al ministero della Giustizia è sbagliato, come mi è stato fatto notare nei commenti. La legge 128/04 (la legge Urbani, insomma) ha cambiato il testo del 171-ter da lucro a profitto, quindi Franceschini con la sua proposta tenderebbe effettivamente a cancellare quella modifica e ritornare alla vecchia “fini di lucro”. Potete guardare il testo sperabilmente corretto su Interlex.
Aggiornamento 2: la versione iniziale del testo di Franceschini aveva lasciato i fini di lucro, quella che ho poi letto oggi invece aveva inserito la modifica inserendo il fine di profitto. Resta sempre il fatto che il sito del ministero della Giustizia non è aggiornato.

elezioni e gelatai

Si stanno di nuovo avvicinando delle elezioni. Non so se sia capitato di sentire anche a voi questa “dimostrazione matematica” che porta in uno schieramento bipolare entrambi i candidati verso il centro dello schieramento.
Supponiamo di avere una lunga spiaggia (le posizioni politiche, da sinistra a destra) dove i vari bagnanti sono variamente distribuiti. Questa spiaggia non ha venditori ambulanti: gelati aranciate cocco e quant’altro si possono comprare solo da due banchetti, che hanno l’esclusiva. Si può immaginare che ognuno vada a prendersi il gelato da quello che è più vicino, e che all’inizio siano uno più o meno a sinistra e uno a destra. Però il primo può pensare “se mi spostassi un pochino a destra, continuo ad essere il più vicino per quelli alla mia sinistra; continuo ad essere il più lontano per quelli alla destra del mio collega; ma per alcuni di quelli in mezzo divento io il più vicino. Quindi ci guadagno: domani mi posiziono più a destra”. Il gelataio di destra fa naturalmente il discorso simmetrico, e così per Ferragosto ce li troviamo in mezzo schiena contro schiena.
Cosa c’è di sbagliato in questo ragionamento? Matematicamente, nulla. Fila perfettamente qualunque sia la distribuzione degli elettori, pardon dei bagnanti, sulla spiaggia. Funzionerebbe perfino con una spiaggia non lineare ma planare, se lo spostamento avviene in direzione dell’altro. L’errore è molto più sottile: viene fatto l’implicito assunto che tutti prendano necessariamente il gelato. Se qualcuno decidesse che non vale la pena fare tutta quella strada, e quindi si astenesse, il ragionamento viene subito inficiato. Il problema non è quindi sul ragionamento, ma molto più alla base, sul modello; qualcosa che non sembra però essere compreso da molta gente, che non solo si rifiuta di capire la matematica ma ha un atteggiamento fideistico che forse è ancora più pericoloso.
Aggiornamento: temo di essere stato troppo nebuloso: provo ad aggiungere un esempio con i numeretti. (ancora modificato… l’ho sempre detto io che è difficilissimo divulgare la matematica)
La nostra spiaggia ha cento persone. In questo momento, la situazione è simmetrica: ci sono 30 persone a sinistra del gelataio S divise in due gruppi di 20 e 10 persone, 15 un pochino a destra di S, 10 più o meno equidistanti tra S e D (che divido in 5+5 per far vedere meglio la simmetria… pensateli comunque tutti come pencolanti da una parte all’altra), 15 un po’ a sinistra di D, 30 a destra di D. Tutti inoltre si comprano un gelato. Graficamente:
20 10 S 15 S1 5 X 5 D1 15 D 10 20
Supponiamo che D decida di spostarsi verso il centro e andare a piazzarsi al punto D1, in modo che le cinque persone all’immediata sinistra e destra del centro X trovino più comodo andare da lui piuttosto che da S; il tutto mentre S se ne sta fermo. Così ad occhio sembrerebbe che S rimarrà con solo 45 clienti mentre D ne avrà 55. Se però i venti all’estrema destra decidessero che tanto a questo punto sia S che D sono due gelatai comunisti, e quindi preferiscono non degnarsi di andare a prendere un gelato, abbiamo che S continuerà ad avere 45 clienti, ma D ne avrà solamente 35. Ergo, l’imprenditore con maggior successo sarà S, nonostante D abbia più persone nel suo bacino di utenza.
Intendiamoci, anche questo è un modello estremamente semplificato, e che fa delle assunzioni molto forti sulla distribuzione dell’elettorato, pardon dei bagnanti: ma il mio punto è proprio che occorre studiare attentamente il modello.

in albergo c'è coppia e coppia

Avevamo prenotato gli alberghi per la gitarella di Capodanno in Francia via Internet. Al ritorno, mi sono arrivati due questionari per dare il gradimento sugli alberghi. Fin qua nulla di strano: avrei preferito fosse più chiaro che i commenti arrivano sul sito anonimi, ma agli albergatori in chiaro, ma lo si poteva comunque capire.
Quello che però mi ha lasciato interdetto è vedere tra le tipologie di viaggiatori, oltre alla classica “lavoro/svago”, la contrapposizione “coppia eterosessuale/coppia omosessuale”. Ci ho pensato su, ma non sono riuscito a capire quale possa essere la differenza nella fruizione di una stanza se si è un maschio e una femmina, oppure due persone dello stesso sesso. E a questo punto, perché allora non chiedere “coppia gay”/”coppia lesbian”? Le esigenze non sono ben diverse?

quale nuovo notebook?

bene, anzi male. Il mio Asus ormai si blocca dopo pochi minuti, e visto che mi dicono che il processore (il presumibile colpevole) è saldato alla motherboard e quindi sostituirlo costa un bel po’, credo proprio che dovrò far piangere il mio conto corrente e comprarmene un altro, anzi farlo comprare ad Anna che è libera professionista.
Considerando che cercavo una fascia medio-alta, che il widescreen non mi importa molto e che temo la risoluzione 1280*960 non sia ancora così comune, avevo visto da MediaWorld l’Asus Z81G (pentium 4) a 1290 euro, e nel sito on line il Fujitsu Amilo M7424 (centrino) a 1150 euro. Altri consigli?
Aggiungo che i 512 MB di RAM e i 60 GB di disco sono il minimo (sono quelli che ho adesso…), che la WiFi mi serve, che non faccio giochi grafici quindi la scheda video è il minore dei problemi, ma che lo uso molto in genere.

Venerdì sera in treno

Il viaggio di ritorno in Eurostar ha anch’esso fornito interessanti spunti. Il 9448 che ho preso arriva da Napoli, ed è un ETR 500, il che vuol dire – ma l’ho scoperto solo dopo – che non ci sono le prese di corrente se non nei salottini. Ma questo non era un gran problema. Un po’ più problematico è stato riuscire a salire sul treno stesso: aveva solamente cinque minuti di ritardo, ma non l’hanno annunciato fino all’ultimo, e così tante persone – ricordate che era venerdì sera – si acalcavano qua e là. A dire il vero a Roma Termini hanno messo dei simpatici monitor che indicavano dove si sarebbero fermate le carrozze 1, 2, 3 e così via: peccato che quando il treno è arrivato abbiamo scoperto che l’ordine era stato invertito. A me è ancora andata bene, visto che ero alla 3 e ho semplicemente proseguito; altri non sono stati così fortunati, e spero nessun altro si sia spaventato come me nel leggere che il treno sembrava provenire da Venezia!
Ero in vena di follie, così ho anche provato la carrozza ristorante del treno. Menu del giorno a 26 euro: lasagne al sugo di noci, manzo con patate novelle, acqua, fetta di torta e pezzo di frutta. A parte il sugo troppo salato e i tempi ristretti del primo turno di cena (si comincia dopo Firenze, e arivati a Bologna hanno già sbaraccato tutto per fare posto al secondo turno) direi che poteva andare peggio. Peggio è sicuramente andata al tipo che a Bologna è sceso per fare una telefonata – sarà l’unico italiano maggiorenne senza telefonino – e si è trovato le porte del treno chiuse con dentro la sua giacca e i suoi bagagli. Quello che non ho capito io è cosa sia successo nel minuto abbondante tra la chiusura delle porte e la partenza del treno, con il tipo che batteva la porta per farsi aprire, e il capotreno lì da quelle parti: quando il treno si è poi messo in marcia, ho sentito il capotreno dire “gliel’avevo detto che avrebbe telefonato a suo rischio e pericolo”, con un’aria soddisfatta. Sarà, ma mi viene in mente che a questo punto uno può fare un bell’attentato con una valigia esplosiva con timer, e non deve nemmeno essere votato al suicidio.
Il ritardo del treno, che era fisiologicamente sui cinque minuti, è fisiologicamente salito a dieci a Piacenza, come prontamente segnalato agli altoparlanti. Almeno di questo bisogna dargliene atto: il prossimo passo sarà spiegare i motivi del ritardo, preparando magari all’uopo una quindicina di cause più o meno probabili tra cui sorteggiare quella del giorno.

referendum

Ieri la mossa del governo che aveva comunicato alla Consulta di essere formalmente opposto ai referendum è stata chiara. Si è voluto paragonare la “convenzione di Oviedo” a un trattato internazionale in modo da scongiurare il referendum sull’abrogazione totale della legge, il che potrebbe anche essere una cosa sensata. Gli altri quattro referendum sono stati decretati ammissibili, ma già Silvio e sodali stanno cercando di fare in modo che si voti il 12 giugno, per fare vincere come sempre negli ultimi anni il Partito dell’Astensione.
Ho già scritto in passato che non sono assolutamente d’accordo sull’andazzo per cui chi non vuole cambiare una legge fa propaganda attiva per l’astensione: o perlomeno bisognerebbe scorporare dal quorum la percentuale di chi non ha votato nelle ultime elezioni politiche. Per quanto riguarda i referendum (per la promulgazione dei quali firmai) credo che voterò quattro sì, anche per la fecondazione eterologa che sembra il quesito che abbia il maggior dibattito in questi giorni. Non riesco infatti a capire bene la differenza tra l’inseminazione con il seme di un tizio sconosciuto e una donna che decide di avere un bimbo scopando con tizi qualunque. Anzi, si spera che nel primo modo la cosa sia più sicura anche per la madre.

Formigoni mi ascolta!

Avevo scritto ieri sulla differenza tra il Campidoglio e il Pirellone sulla gestione dell’inquinamento da micropolveri, e subito scopro che con provvida decisione avremo un miniblocco totale (9-12 e 15-18) anche domenica 16, oltre a quattro giovedì a targhe alterne con orario più serio, 8-20. Non credo servirà a molto, ma almeno qualcosa si muove. Controllare la temperatura nelle case sarebbe forse anche più utile, ma le vedete voi le Guardie Termiche?

Ristorazione romana 2

Decisamente questo giro non è stato il massimo per la scelta dei ristoranti. Stasera, per evitare di essere nuovamente cazziato da storiedime, prima di uscire dall’ufficio mi ero copiato due indirizzi di locali da lei consigliati. In albergo, verso le 19:30, telefono al primo, e mi becco una segreteria telefonica che dice “siamo chiusi dal 10 al 20 gennaio”. Vabbé, è un loro diritto, penso: e poi sono stato furbo e mi sono preso due indirizzi. Chiamo allora il Cul ce Sac, chiedo se posso prenotare per le 20:30, mi dicono “nessun problema”, lascio il mio cognome e via.
Alle 20:25 arrivo, vado dal caposala dicendo che ho prenotato, e lui mi fa “guardi che noi non facciamo prenotazioni: lei è il primo in lista di attesa”. Lo guardo stupito, e mi ribadisce che la loro politica è di non accettare prenotazioni. “Ma ha chiamato proprio lei?”, mi dice. “Certo”. “E quando?” “Un’ora fa”. “Ah”. A questo punto comincia a raccontarmi che si vede che chi ha ricevuto la telefonata pensava che tanto questa è stagione bassa non ci sarebbero stati problemi, soprattutto alle ottemmezza, e che invece sono arrivati tutti alle otto, e bla e bla e bla. Mentre stava partendo con la solita tiritera “ma non si preoccupi, in cinque minuti…” gli rispondo “nessun problema, me ne vado a cenare da un’altra parte”. Il tipo ha anche avuto il coraggio di guardarmi male, poi per sua fortuna ha abbozzato – anche perché se provava a dirmi qualcosa era la volta che mi incazzavo sul serio.
A questo punto ho dovuto ripiegare sul piano C, e tornarmene verso via dei Serpenti 27 dove mercoledì avevo adocchiato il ristorante giapponese Hasekura (telefono 06-48.36.48) che fortunatamente ho raggiunto prima che si riempisse. Mi sono fatto la mia solita figura provando a chiedere un insalata non condita e ritrovandomi così la proprietaria che mi chiede se c’era qualcosa che non andasse: ma a parte questi problemi miei personali ho mangiato bene, il che è sempre un’ottima cosa.