<em>War of the worlds</em>

(il titolo è in inglese non per un improvviso sussulto di filoalbionismo, ma banalmente perché ho visto il film in lingua originale)
Ieri sera ho commesso il grosso errore di andare a vedere il film. Intendiamoci, non che mi aspettassi molto, ma il risultato della serata è stato ancora peggio del previsto. Già l’inizio non è stato il massimo: a Milano città il film in versione originale esce solo all’Odeon, cioè da Silvio, e non mi sono accorto che la cassiera mi ha dato un euro in meno di resto. Poi la sala era piena, e ci siamo trovati un posto in seconda fila: fortuna che non soffro di crisi epilettiche.
Passiamo al film vero e proprio. L’unica parte in cui si rifà al romanzo di H.G.Wells è l’introduzione e il finale parlato, e se proprio vogliamo essere buoni l’avere i tripodi. La trama è assolutamente inesistente, e si può riassumere in “Tom Cruise riesce a sfuggire sempre a tutto quello che gli capita intorno”: tra l’altro, io non ho nulla in contrario alla suspension of belief, ma qua siamo ai livelli dei supereroi da fumetto, altroché! Certo, gli effetti speciali sono fatti molto bene, ma sapete quanto me ne può importare. Per i dialoghi, non posso dare un giudizio. La mia comprensione dell’inglese parlato è notoriamente molto bassa, a differenza di quello scritto: metà film è urlato o sussurrato, il che non mi ha aiutato certo.
Insomma, se non siete appassionati di effetti speciali potete tranquillamente fare a meno di vederlo.

scarpe

Ieri è stata giornata di acquisti di scarpe. Ho iniziato di mattino (no, non “buon” mattino, era già tardi…) prendendomi finalmente un paio di Birkenstock. La scelta non è stata poi così lunga, visto che ho provato tre modelli diversi prima di fermarmi sul primo. Le infradito avranno reso tanto sexy il mio piede, ma non mi ci trovo a mio agio… Nel pomeriggio invece abbiamo sfruttato i saldi estivi e siamo andati fino a Monza dove mi sono aggiudicato un bellissimo paio di Clark verdi che avevo visto un mesetto fa e che comunque erano andate abbastanza a ruba, visto che erano rimasti pochi numeri…
Il mio guaio è che è vero che avevo poche paia di scarpe, ma è anche vero che io generalmente uso un algoritmo molto semplice per scegliere quali indossare: sempre le stesse. Vedremo il risultato stavolta.

eliminare un’anomalia

Prima di trasferirmi a Milano, ho lavorato per quindici anni a Torino in Cselt (ora Telecom Italia Lab), quello che un tempo era il centro ricerche di Sip/Telecom e adesso non si sa più bene cosa sia. Il posto è sempre stato molto particolare: una delle particolarità è che da più di trent’anni la mensa interna è gestita dalla CAMLC, una cooperativa fondata dagli stessi lavoratori Cselt, che si erano stufati di una serie di gestori non esattamente interessati a fornire un servizio mensa. Nei primi anni della sua vita, i dipendenti Cselt andavano persino ai Mercati Generali ad acquistare le derrate: con gli anni, ci si è limitati a gestire la cooperativa, badando alla qualità del cibo e di chi ci lavora, senza dovere fare utili ma mantenendo il bilancio sostanzialmente in pareggio. La battuta che si faceva è “La CAMLC ha dato un nuovo significato alla frase «mangiarsi gli utili»”…
Purtroppo tutto questo probabilmente è giunto alla fine. Telecom Italia ha infatti improvvisamente mandato la disdetta del contratto di comodato per le due sedi della mensa. Voci di corridoio affermano che questa sia stata un’esplicita richiesta di CIR, che qualche anno fa vinse l’appalto per i ticket restaurant ai dipendenti del gruppo Telecom nel centro-nord e contestualmente la gestione di tutte le mense Telecom… eccetto le due gestite dalla CAMLC. Al tempo, Tilab era una società formalmente indipendente; adesso che è a tutti gli effetti una divisione Telecom, i già pochi margini di manovra si sono ancora ridotti.
Ci sono state assicurazioni verbali che i ventinove dipendenti della cooperativa verranno assunti da CIR e quindi non perderanno il posto, anche se sappiamo tutti come queste cose evolvono. Lunedì si terrà un incontro tra azienda e sindacato – che in teoria potrebbe avere voce in capitolo sulle mense aziendali, anche se il passaggio dal finanziamento diretto al ticket pranzo ha cambiato le carte in tavola. Parecchi soci della cooperativa chiedono se sia possibile prendere qualche iniziativa per scongiurare quella che in pratica segnerebbe la fine di questa esperienza. Io faccio il tifo per la CAMLC, visto che sono stato, oltre che naturalmente cliente della mensa, anche uno dei suoi amministratori: d’altra parte, ancora oggi ne sono socio e collaboro ad alcune delle iniziative collaterali gestite dalla cooperativa. Ma sono tristemente convinto che tutto questo sarà inutile: oggi le grandi società pensano solo al profitto, non certo alla qualità.

<em>Realware – la materia infinita</em>

[copertina]Rudy Rucker è un serio matematico – per quanto un matematico possa esserlo, chiaro – che si diletta anche a scrivere di fantascienza. Questo libro (Rudy Rucker, Realware – la materia infinita [Realware], Urania Mondadori n.1497 – aprile 2005, p. 346 € 3.60, ISBN 977-1120-528361, trad. Daniele Brolli e Margherita Galetti) è il quarto di una serie iniziata con Wetware, ambientata in un futuro non troppo lontano dove oltre agli umani ci sono i moldie, esseri artificiali ma senzienti… e a un certo punto arrivano anche degli alieni. La parte più interessante è però la matematica, anzi la geometria, buttata qua e là con noncuranza. Senza formule, non preoccupatevi… Io confesso di non avere letto i primi due volumi, quindi ogni tanto credo di essermi perso qualcosa, anche se ci sono molti rimandi. Ho letto cose migliori, ma non è che questo sia un libro da buttare via sdegnati. Però non mi aspettavo uno svarione simile dal Brolli: a pagina 78, si parla di una “orbita geosincronica ventidue chilometri sopra l’equatore”. Passi non usare il termine geostazionario, ma da Arthur Clarke in poi tutti gli appassionati SF dovrebbero sapere che sono miglia e non chilometri, e che sono ventiduemila

dopo la pioggia

Visto che ieri sera è un po’ piovuto – non per nulla avevo deciso di andare in bicicletta a mangiare la pizza con un paio di amici :-) – oggi ho pensato che sarebbe stato finalmente possibile andare in ufficio in bicicletta.
Indubbiamente ho avuto dei vantaggi, visto che Adolfo che è partito un quarto d’ora dopo di me è rimasto imbottigliato in Papiniano, e alla fine ho vinto io la gara ufficiosa; e devo anche riconoscere che all’arrivo ero sudato ma non fradicio – anche perché nel pezzo al sole lungo il naviglio mi ero tolto la maglietta e avevo girato a torso nudo. Però temo che oggi pomeriggio non sarà così bello.
Ah: ho provato a usare il Creative Zen con un solo auricolare, e la cosa sembra funzionare bene. Non ho però provato la radio.

Forse ce la facciamo

Il 12 luglio avremo qui a Milano (in Bocconi) un’assemblea “vera” della Naming Authority, il “cadavere” come lo chiamo familiarmente dopo l’assemblea del 9 dicembre 2003 che sancì la fine del suo scopo (creare e mantenere le regole per l’assegnazione dei nomi a domino che finiscono in .it). Adesso le regole sono fatte in pratica direttamente dal Registro (gestito da un istituto pisano del CNR), con una Commissione Regole che dà un parere consultivo.
Il bello è che naturalmente lo statuto della Naming Authority è ancora formalmente valido, quindi se a qualcuno saltasse il ticchio di dire “non c’ero quando NA nacque, ma voglio poter dire che c’ero quando morì” potrebbe fare domanda di iscrizione. La fregatura è naturalmente che probabilmente l’assemblea voterebbe contro l’iscrizione…

auricolari mono

Dopo un thread con DElyMyth, mi è tornata in mente una cosa. Ma esistono ancora auricolari (con jack mini) monofonici? Oppure sono considerati una cosa talmente arcaica da essere contesi a fior di bigliettoni?

Attenti a quell'uso

Qui in ufficio oggi si divertivano tutti a cercare casa propria con Google Earth (di per sé si può fare la stessa cosa con le mappe Google, ma bisogna dire che così l’interfaccia è più divertente).
Io ho scoperto che il mio portatile d’ufficio diventa un chiodo, tanto che ho installato e disinstallato. Durante l’installazione, ho però letto la licenza d’uso, e ho scoperto che THE SOFTWARE IS NOT INTENDED FOR USE IN THE OPERATION OF NUCLEAR FACILITIES (il maiuscolo è loro).
Quindi, se non ho capito, male, non puoi usare Google Earth all’interno di una centrale nucleare… per vedere dove stanno i vari reattori, immagino.