When he’s sixty-four

Sir James Paul McCartney domani compirà 64 anni, e quindi tutti i giornali e le riviste sono lì da una settimana pronte ad annotare l’evento, ricordando l’allegra canzoncina composta dal nostro.
Io per par condicio vorrei ricordare una canzone scritta da John Lennon nel 1980 per il suo coetaneo Ringo: Life begins at forty. Quella profezia non si è avverata.

Lavori del combine

L’ultimo spam, di quelli della serie “riciclaci il denaro sporco”, arrivatomi.
Gli è che stavolta il testo non è una traduzione via babelfish, ma immagino di qualcuno che abbia imparato l’italiano sulla strada, con effetti esilaranti. Alcune perle:
“Creare a posto un ufficcio ativo in vigore :”
“Fare l?assistenza ai menager superiori nella realizzazione della spedizione finanziaria dai clienti”
“Per guardare attentamente la Sua dichiarazione , riempi, prego il quesionazio quale si trova giu è spediscalo indietro per nostro indirizzo elettronico”
“Semplicemente coppia questo questionario nella lettera a noi
( per rispondere a noi )”
Ma la parte davvero fantastica è il titolo del messaggio, che poi è quello della mia notiziola. Ti dicono subito che è tutta una combine!

misteri casualistici

Giusto per terminare il discorso sulla dogana pagata per i libri: dei tre pacchi che mi sono arrivati con l’ordine di Amazon, il primo e il terzo hanno avuto il balzello, mentre il secondo no. Il secondo pacco era molto più grande degli altri due, ed è stato consegnato (sempre via Deutsche Post) in un sacco di finta iuta, facendo probabilmente un giro diverso. Il mistero si infittisce.
Ah: giusto per spiegare come funzionano le cose a casa mia, Anna lunedì si è ordinata via IBS un po’ di libri che le servivano per lavoro, subito prima che io ricevessi un buono sconto di 5 euro per acquisti oltre 50 euro entro fine mese (chi è interessato può chiedermi il codice); e giovedì, visto che passava dalla Feltrinelli e aveva la tessera fedeltà piena, si è ancora presa della roba…

<em>Il codice Gianduiotto</em>

[copertina]
Gambarotta come Dan Brown. Questo libro (Bruno Gambarotta, Il codice Gianduiotto, Morganti 2006, pag. 240, € 16, ISBN 8887549745) è una parodia del Codice da Vinci, naturalmente ambientato nel torinese e dove il cibo la fa da padrone. Ma anche Gambarotta come Stephen King, che recentemente ha offerto la possibilità di vedere il proprio nome dato a uno dei suoi personaggi a chi pagava di più. Questo è il primo caso di libro sponsorizzato che io abbia mai visto; la Pernigotti figura appunto sul risvolto di copertina, e non per nulla il protagonista, esperto gianduiottologo, si chiama Pernigot.
L’avere una struttura del libro evidentemente parallela a quella del best seller aiuta sicuramente Gambarotta, che a mio parere è funambolico negli spaccati di vita ma difetta nella tenuta alla lunga distanza. Ci sono troppi riferimenti espliciti a Dan Brown e al fatto che il libro sia una parodia, ma in compenso alcune chicche sono imperdibili, come il titolo del corso universitario “I dialettofoni astigiani da Vittorio Alfieri a Bruno Gambarotta”. Un libro ideale per risollevarsi il morale la sera… a meno che non si sia a dieta!

Addio Sansone

E così il Famoso Arruffapopoli ci abbandona davvero. L’anno scorso ci avevano provato, ma la sollevazione popolare li costrinse a soprassedere; questa volta però mi sa tanto che facciano sul serio. Stamattina, mentre pedalavo sull’alzaia, ho attaccato la radio del mio Zen per sentire i saluti finali di tutti i conduttori che hanno allietato le code mattutine mentre cercavo di raggiungere l’ufficio, con delle sparate che uno si chiede come facessero a restare seri… ancora mercoledì, Thomas Infantozzi era a Roma con la chitarra a cercare di entrare nella sede del Ministero delle Finanze per consegnare a Padoa Schioppa un po’ di rock che secondo alcuni economisti avrebbe aiutato a risollevare l’economia italiana – l’operazione era stata soprannominata PIL McCartney.
È vero, bisogna andare avanti, e ci sarà qualcos’altro al suo posto: ma lasciatemi la lacrimuccia.

La Cena degli Emigranti

Lo Cselt non esiste più da una vita. A dire il vero, non esiste nemmeno più Tilab, assorbito da mamma Telecom dopo che l’idea di fare “un centro di innovazione autofinanziato” ha portato a un buco di bilancio tale che l’unica alternativa sarebbe stata portare i libri in tribunale.
Ma come la diaspora ebraica, l’unico risultato pratico è stato che gli ex-cseltini si sono sparsi ognidove. Così ieri sera c’è stato l’usuale raduno annuale della colonna milanese: dodici persone nonostante gli impedimenti dell’ultimo momento, tutti pronti a sparlare degli assenti e a ricordare con piacere i bei tempi in cui non solo eravamo tutti più giovani, ma probabilmente anche la vita era più allegra.
Devo dire che mi sono davvero divertito: basti pensare che quando me ne sono andato era mezzanotte e mezza ed ero perfettamente sveglio, il che non è proprio da me! (occhei, stamattina l’ho pagata, non si può pretendere troppo dalla vita)

un dito nell’occhio al cinema italiano

Oggi su Leggo c’è un articolone (rispetto alla media liofilizzata che si può trovare su un giornale gratuito) a proposito della puntata pilota di una serie tv che in realtà non esiste: nei venti minuti (!) de Il quarto sesso si racconta “la vigilia di Natale di un Jesus demotivato, depresso e disoccupato, alle prese con un rivale pagano deciso a rubargli il ruolo di star spirituale”.
Ora, non capisco bene come il regista dica che il film (da venti minuti, ricordo) apparirà presto in DVD né perché la seconda puntata (con Karl Marx) si dovrebbe preannunciare rovente: anzi lo capisco e penso che sia un peccato perché l’idea mi pareva simpatica.
Ma quello che mi sconforta è l’ultima frase. «Con questo progetto volevamo mettere un dito nell’occhio al cinema italiano. Se non ci avesse finanziato una fondazione di arte contemporanea, non avremmo mai potuto realizzare una cosa del genere nel nostro paese. Abbiamo lavorato completamente senza censura». Ma cosa volevi fare, scusa? Un’opera d’arte o un serial televisivo? Nel primo caso è ovvio che i fondi li cerchi da una fondazione; nel secondo è parimenti ovvio che il committente ti dice cosa vuole. Certo poi che se il tuo vero scopo è solo mettere le dita negli occhi…

estate, forse ci siamo

Stamattina verso le 10:30 il termometro della mia auto, ferma da un’ora e mezzo al sole, segnava 42 gradi. A pranzo era sceso a 40, ma in compenso il trippometro, insomma il coso che segna i dati sul percorso, aveva deciso che non mi ero fermato a sufficienza. Solo alle 18:30, quando sono rientrato a casa, la temperatura era scesa a valori più umani.
Insomma, in dieci giorni è scoppiata l’estate. Vai di magliette di scorta!