La mostra al Pac chiuderà il 17 settembre; domenica Anna mi ha chiesto se volevamo andare a vederla e io ho quasi immediatamente accettato, pur immaginando a che cosa sarei andato incontro. Off Broadway è una collettiva di giovani fotografi – che poi tanto giovani non sono, ce n’è uno che ha due anni più di me – dell’agenzia Magnum. Il foglietto esplicativo spiega che la mostra è «una blanda coalizione tra creatori di immagini profondamente individualisti», che io traduco come “da soli non ce la facciamo a farci fare una mostra, magari tutti assieme sì”. È vero che io sono assolutamente refrattario alle foto, se non in casi eccezionali, diciamo uno scatto su venti presentati: quindi non prendete come oro colato questa mia recensione. Però scoprire che Rosso, l’«opera creata site specific per la mostra milanese» (è sempre l’anonimo estensore delle note che lo fa presente) è un’ecografia di un cuore durante un’operazione, pardon, «il cuore pulsante di Off Broadway, organismo che ha preso corpo nelle sale del PAC», mi ha fatto capire che i cinque euro di ingresso che ho speso avrei potuto sfruttarli meglio. Le uniche installazioni che mi sono abbastanza piaciute sono Landscape, una serie di scatti di distruzioni varie – guerra, inondazioni e altre tragedie – e Propaganda, un video con spezzoni ultrarapidi di immagini di politici che serve per costruire un’impressione in chi lo guarda. In tutto, un po’ poco.
tutti in giro!
Qualche giorno fa mi chiedevo come mai la gente per strada sembrava sempre più imbranata. Non sono ancora certo sicuro di quale o quali fossero le risposte giusto, però un dato oggettivo ce l’ho: c’è più gente. D’accordo che piazza XXV Aprile è chiusa per lavori, ma gli anni scorsi non mi è mai capitato di trovare un ingorgo unico da Melchiorre Gioia a Moscova; e quello in circonvallazione all’altezza del Naviglio Pavese era anche superiore al solito.
Non ho bene capito che cosa abbiano tutti da fare, ma sarei molto più felice se riuscissero a farselo a casa, e/o quando io sono in ufficio :-)
Tempi duri per i ladri!
Ieri avevo parecchia roba da scrivere (per la gioia dei miei affezionati lettori…) e poco tempo a disposizione, visto che qua bisogna anche lavorare; così non mi è riuscito di segnalarvi un’interessantissima notizia tratta dalla sezione “metrosoldi” di Metro. In pratica, la Corte di Cassazione ha confermato la validità della norma del 1994 sulla “tassazione dei proventi illeciti”. Che significa? Che il malandrino che commette rapine, furti, truffe e quant’altro non solo – ammesso e non concesso che venga pizzicato e condannato – dovrà rispondere dal punto di vista penale; ma l’Agenzia delle Entrate ha il diritto di chiedere che sui redditi percepiti in questa maniera vengano pagate le tasse, immagino con un’aliquota forfettaria tipo il TFR considerando che i soldi saranno stati grattati parecchi anni prima. Ma c’è di più: quest’anno il decreto numero 223 ha ultimamente stabilito che le spese sostenute per conseguire questi redditi illeciti non sono deducibili, e quindi non si può chiedere un rimborso per il costo dell’acquisto delle mitragliette… di cui sicuramente il grassatore aveva conservato la fattura d’acquisto. Il tutto almeno fino al prossimo pronunciamento dell’Alta Corte: secondo alcuni fiscalisti quest’ultima norma è infatti incostituzionale, credo secondo il famoso principio “Gli Affari Sono Affari” (© Filo Sganga)
Permettetemi un’ultima battuta. La norma indicata all’inizio non è del 1994, ma è contenuta nella finanziaria 1994 (articolo 14, comma 4, della legge n. 537 del 24-12-1993, potete leggere qualcosa in più qua). Non avevate mica pensato che fosse arrivata all’inizio della XII legislatura, vero?
Gli sconti di Esselunga
Chi vive a Milano è probabile che sia andato qualche volta a comprare da Esselunga. Un paio di settimane fa Altroconsumo ha persino affermato che il negozio di via Cagliero è il più economico di Milano. Secondo me hanno semplicemente provato tutti i punti vendita a meno di 1500 metri dalla loro sede milanese, perché è l’unica possibilità logica che ci sia per avere provato quel punto vendita; ma non divaghiamo.
I supermercati del signor Caprotti hanno sempre avuto una politica peculiare: avevano iniziato con i prodotti low cost con il marchio Fidél, poi sono passati a quelli di qualità brandizzati (bleah) con il marchio Esselunga; avevano tirato fuori la carta di fidelizzazione, con il poco fantasioso name “Fìdaty card” e gli sconti per chi aveva la carta; da qualche mese non c’è nemmeno più il blocchetto degli sconti, ma essi vengono calcolati automaticamente facendo la spesa con la carta, il che è anche una comodità. Lo so, la si paga con il fatto che sanno quello che compri: ma su questo ognuno deve fare delle scelte. Una delle cose che però sta capitando ultimamente è vedere dei bollini gialli “20%” “30%” “40%” che indicano la percentuale di sconto sul prodotto (per chiunque), e la scritta “il prezzo sulla confezione è già scontato”.
Domenica eravamo al supermercato di viale Zara a prendere due cose, e ho anche comprato una confezione di erba gatta, che aveva il bollino “30%”. Guardo il prezzo, che era 80 centesimi tondi, e faccio un po’ di conti. Per raggiungere questo prezzo, quello originale doveva essere di 1.13 euro che – come tutti quelli che frequentano un supermercato sa – non è così probabile. Ho quindi dedotto che all’Esselunga i bollini di sconto sono solo degli specchietti per le allodole. Ma io sono notoriamente pignolo, e mi sono ricordato che la settimana scorsa avevamo comprato la stessa confezione con solo il 20% di sconto. L’erba era stata buttata via, ma il cartoncino intorno era stato messo nel sacchetto della carta per essere riciclato con calma. Così, arrivato a casa, tiro fuori il cartoncino, già tutto goduto: e scopro che il prezzo era 91 centesimi, il che torna perfettamente con l’ipotesi di un prezzo ufficiale di 1 euro e 13 e sconti variabili. Insomma, almeno in questo caso, io ho peccato di cattivi pensieri!
Moggi e Mastella
Ieri a Quelli che il calcio e…, o qualunque sia il nome della trasmissione quest’anno, c’è stata un’intervista a Lucianone Moggi, che ovviamente non ha perso tempo nel sostenere che lui è soltanto una vittima e che la vera cupola è un’altra. Per quel poco che può valere la mia opinione, la pena inflitta alla Juventus è corretta ma avrebbero dovuto infliggere condanne simili alle altre squadre, e quindi in un certo senso Moggi avrebbe anche ragione di lamentarsi, ma ammetto che della cosa me ne importa poco.
Molto più divertente è vedere la levata di scudi dei giornalisti Rai che si sono lamentati per la mancanza di contraddittorio in trasmissione, con «l’informazione sportiva della Rai» che ha «subìto l’ennesimo esproprio». Tralascio i commenti sull’informazione Rai e faccio solamente notare che la trasmissione in questione non è una trasmissione sportiva credo dalla sua nascita, e sicuramente non negli ultimi due anni. Quello che mi aspettavo là era appunto Gene Gnocchi che tira fuori una cartina dell’Italia, la mostra a Moggi e gli chiede “scusi, lei che è esperto, mi sa dire dove il telefonino non prende?”. E quello che purtroppo mi aspettavo pure è la prezzemolaggine del nostro Guardasigilli, il Clemente Mastella da Ceppaloni che al momento è migliore dell’ingegner Roberto Castelli solo perché a differenza di quest’ultimo non si è messo a fare leggi sulla giustizia. Ma in effetti non si poteva credere a un’atto di accusa dell’Usigrai contro un ministro.
una volta c'era Popov
Trent’anni fa o giù di lì c’era una barzelletta sui russi che affermavano che tutte le invenzioni moderne erano in realtà state fatte da un russo, un certo Popov. Non mi ricordo come andasse a finire la barzelletta, forse non era nemmeno tanto divertente. Però quando stamattina ho letto il trafiletto su Metro la cosa mi è tornata in mente, e adesso che Rep. è arrivata sulla notizia non posso esimermi dal commentarla.
A quanto pare Muhammar Gheddafi, durante i festeggiamenti per il settimo anniversario dell’Unione Africana, ha affermato che “Coca-cola, Pepsi Cola e Kiti Cola sono fatte con piante africane” e quindi le multinazionali devono ricompensare. Metro diceva addirittura che le piante sono libiche, il che avrebbe più senso. Ci si può chiedere come mai Repubblica abbia deciso di attenuare il discorso; ma io mi faccio un’altra domanda. Ho provato a fare una ricerchina su Google News; naturalmente non ho messo come chiave “gheddafi”, visto che lo potrei trovare scritto Kaddafi, Qaddafi o chissà come, ma più banalmente “Kiti”. Bene: le uniche fonti che ho trovato sono italiane. Direi che parte tutto da questo lancio Adnkronos. Ergo, amemsso che io non abbia sbagliato a fare la ricerca, significa che nel resto del mondo di tutto questo non gliene può fregare di meno. Insomma, il nostro giardinetto di casa non va dalle Alpi al Lilibeo, ma continua a raggiungere anche la Libia: e poi ci stupiamo delle sortite di Gheddafi? Lui lo sa bene che lo stiamo ad ascoltare!
iniziano le scuole
Oggi se non sbaglio anche in Lombardia iniziano le scuole. Non me ne sono accorto direttamente, a dire il vero: stamattina sui mezzi non è che ci fossero tanti ragazzi in più. In compenso, c’era una folla incredibile ad aspettare la gialla, come se fosse saltata una corsa, e la verde è arrivata in ritardo, come ultimamente non capitava più. Peggio ancora, salgo sul 15 – che a onor del vero è arrivato subito – mi metto tranquillamente a preparare le mie notiziole sullo Zaurus, quando mi accorgo con la coda dell’occhio che la tipa seduta davanti a me si alza di colpo. Alzo gli occhi, e noto che il tram si stava fermando al capolinea intermedio di Gratosoglio, cosa che non faceva più da un anno. Non credo nemmeno fosse un problema di vettura in ritardo: ne è arrivato un altro subito dopo, e il display dell’autista lo indicava “regolare”, e tre minuti dopo che sono sceso e stavo per entrare in ufficio ne è passato un altro presumibilmente in anticipo. L’orario in linea afferma che tra le 8:30 e le 9 molte vetture finiscono in rimessa, ma quelle si fermano a porta Ludovica e non arrivano certo a Gratosoglio. Lo sciopero ci sarà venerdì. Insomma, posso o no avere qualche certezza dalla vita?
cinque anni (e qualche giorno) fa
Chi conosce il mio egocentrismo avrà già capito che non sto per parlare degli attentati alle Torri Gemelle e al Pentagono: non avrei nulla di aggiungere ai fiumi di parole che appaiono più o meno ovunque; anche se ce l’avessi non sarei in grado di farlo bene come Leonardo; e ad ogni modo un pignolo come me avrebbe scritto nel titolo “cinque anni fa”. La ricorrenza che festeggio è molto più personale: a inizio settembre 2001 nasceva questo blog.
La causa scatenante fu la mia decisione di trasferirmi da Torino a Milano: il 16 luglio 2001 iniziavo a lavorare a Rozzano, nell’allora Saritel. Staccarmi dalla mia città natia non era stato facile, e significava per me un cambio di vita più sostanziale anche di quello ai tempi dell’università: quale migliore occasione per fare qualcosa di nuovo?
Ricordo confusamente che avevo leggiucchiato di una mania che stava nascendo negli States, quella di tenersi il “diario in rete”. Non mi era nemmeno rimasta in testa la parola “weblog” (la contrazione blog è successiva), e quindi non avevo esempi a cui ispirarmi; mi sono limitato a chiedere al mio amico bolognese Salvo se aveva idea di qualche software per potere aggiungere brevi frammenti di testo. Lui mi consigliò nphp, che scaricai e misi sul mio nuovo sito, che mi ero preso al posto di quello interno a Cselt che avevo utilizzato dal 1994.
Cominciò così la mia presenza blogghettara. L’inizio non fu molto semplice: ad esempio, un piccolo errore nella gestione manuale dei backup (in pratica copiavo quello che al tempo era un singolo file su e giù tra il server, il mio pc e il mio portatile) mi ha fatto perdere quasi tutto il primo mese di “notiziole”. Tanto, se non ricordo male, non avevo scritto nulla di sensazionale, e anche l’inevitabile commento a caldo che scrissi sull’11/9 può tranquillamente restare nel dimenticatoio. Ma in genere tutto il blog era ben diverso da adesso. Innanzitutto, scrivevo molto meno spesso e molto più concisamente di adesso; non c’era il concetto di categoria di un post, e non avevo dato la possibilità di inserire commenti, fedele alla mia prima idea “qui scrivo quello che mi capita di fare” – ecco il perché del nome, tra l’altro: le notiziole dovevano essere quelle su di me, non quelle di cui parlavo. Il fatto è che non si può mai sapere come le cose evolveranno, o almeno io non lo sapevo. Ad esempio, per qualche tempo ho mantenuto un forum, che con la mia solita modestia avevo denominato “.mau. fan club”, con l’idea che chi volesse commentare poteva farlo là: bene, è stato snobbato che è un piacere e dopo un annetto l’ho chiuso. Mi sono rimaste un po’ di spille del fan club: solo selezionatissimi miei lettori ne hanno chiesta una :-)
Il blog, invece, ha retto e sta reggendo più che bene. In cinque anni ci sono quasi 2500 post, che hanno via via avuto un’evoluzione. Un paio di cose al giorno da dire in genere le trovo, ma garantisco che se non le trovo non vado in caccia di qualcosa da scrivere; ho uno zoccolo duro di lettori (FeedBurner dà un valore variabile tra i 100 e 130 al giorno: per fare un confronto, Macchianera ne fa dodici volte tanto; ho un pugno di commentatori visibili, e gli amici invisibili che mi commentano in privato o a voce, e che sono la parte che preferisco: insomma, qualcosa dell’idea iniziale è rimasta!