fortuna che lo sciopero è domani

Stamattina ero persino in anticipo, e sono sbucato su dalla metropolitana in piazzale Abbiategrasso alle 8.38. Il display della fermata del tram scriveva “15: transito”, e in effetti un tram era appena partito. Beh, penso, non è la fine del mondo. In effetti non è stata la fine del mondo, ma una semplice attesa di ventidue minuti: il tram successivo è infatti arrivato lemme lemme alle nove in punto. Era anche da solo, nel senso che non è che stesse facendo da tappo a una sfilza di vetture che non potevano ovviamente superarlo. In questi ventidue minuti sono passati quattro 3, a coppie come i carabinieri: stava anche per arrivarne un quinto, giusto per la cronaca.
Già il fatto che non ci fossero altri tram dietro mi rende dubbioso sul ritardo dovuto a problemi di traffico, e non a un paio di vetture che non giravano; ma vorrei fare notare un’altra cosa. Come ho scritto sopra, alla fermata di piazza Abbiategrasso c’è un simpatico display comandato remotamente. Tale display per tre minuti dopo che sono arrivato ha lasciato scritto “15: transito”, per poi passare al mutismo assoluto (“15:”), all’ammissione di impotenza (“15: *”); solo dopo un quarto d’ora dal mio arrivo si è visto un orario previsto. Non so quanti soldi sia costato questo sistema, ma quello di oggi è un suo tipico “funzionamento”. Non sono inoltre mai riuscito a capire se i messaggi che a volte scorrono in questi pannelli siano selezionabili per singola fermata o gruppo di fermate, nel qual caso sarebbe stato carino provare a scrivere “scusate, abbiamo dei problemi”. Il guaio con ATM è che tanto non l’avrebbero scritto lo stesso…
Perlomeno, domani non ho di questi problemi, visto il loro sciopero; bicicletta e via.
(messaggio in codice per chi sa: il fattapposta era dove l’avevo lasciato)

E la Kamkatcha?

A quanto pare, freddo pioggia e fango hanno creato un ingorgo di cinquecento tra auto e camion “lungo alcuni chilometri” in Siberia orientale, nella… Yakuzia. L’articolo racconta un po’ di cose in stile “forse tutti non sanno che” o servizio del Tg2/Studio Aperto; ma si dimentica dell’unica ragione per cui qualche generazione di italiani, compreso il sottoscritto che pure lo odia, sa dove si trovi la regione: il Risiko.

trenitalia punto boh

In questi giorni Anna è stata a tenere un corso a Pescara. Il corso durava due giorni e mezzo, e quindi terminava oggi a pranzo. Solo che non era sicura di riuscire a prendere l’eurostar delle 13:54, e quindi non aveva fatto il biglietto di ritorno. Oggi all’una e trentacinque mi arriva una sua telefonata: «sei davanti al pc? per favore fammi il biglietto online, che qua in biglietteria c’è una coda impossibile e le macchinette automatiche sono tutte scassate». La mia connessione internet in ufficio è molto più lenta di quella di casa (mai capito perché), ma con un po’ di fatica riesco a fare il biglietto e pagare con la mia carta di credito. Già che ci sono, uso il famoso servizio “invia notifica ticketless al telefonino”, ovviamente di Anna. Per sicurezza, le anticipo il numero del posto.
Dieci minuti dopo, Anna mi richiama e mi dice «guarda che non mi è arrivato l’SMS: mi puoi spedire tu i dati?» Cerrrto, faccio io, e scrivo tutto compreso il codice di prenotazione.
Tre quarti d’ora dopo, Anna mi chiama per la terza volta, e fa «Per Trenitalia, la mia prenotazione non esiste, nonostante poi mi sia arrivato in duplice copia il loro sms di conferma. Adesso il controllore farà controllare il server centrale, altrimenti…» e inizia a spiegarmi una procedura che mi sono rifiutato di memorizzare.
Ho ricontrollato la pagina (il bello della navigazione a tab è che li puoi tenere a piacere): si dice che il pagamento è stato effettuato. Forse che hanno qualche problema di rete?

(Ir)reality e (non)fiction

Praticamente tutto quello che io so dalla televisione arriva dai giornali, solitamente quelli gratuiti; quindi ogni tanto mi capita di scoprire cose che non avrei mai voluto conoscere. Prendiamo oggi: la triade Leggo Metro City mi ha fatto sapere che all’Isola dei famosi c’è stata una rivolta dei partecipanti, che hanno minacciato un ammutinamento. Nella puntata odierna scopriremole pene che la produzione del reality comminerà ai dusobbedienti. Fin qua a dire il vero non c’è nulla di paricolarmente strano: basta prendere i dati Auditel, confrontarli con quelli degli anni passati, scoprire che la Ventura sta perdendo ascoltatori e immaginarsi che qualcosa avevano pure da tirare fuori. Neanche la copertura della notizia è fuori dalla norma: il quotidiano Rcs si limita a un trafiletto, il quotidiano globale una colonna, e i Caltagirone strabordano, con un’intera pagina e richiamo in prima.
Mi ha lasciato molto più perplesso la pagina delle lettere su Metro. Io ho scoperto solamente ieri sera, e assolutamente per caso, che in Distretto di polizia N il personaggio Memphis, a quanto pare amatissimo dai fan della serie, è morto. Bene: presumibilmente in seguito alla letta di una telespettatrice disperata, sono state pubblicate varie lettere al riguardo, arrivando al coming out di una tipa che ha confessato senza remora alcuna di avere scelto di non guardare le puntate di quest’anno dopo aver saputo della ferale notizia, e ai consigli su altre serie da usare come metadone… ehm, succedanei se proprio non si riesce a farne a meno. So bene che la politica editoriale di Metro favorisce la quasi rissa tra i lettori sui temi più futili, però arrivare a parlare in questo modo di una serie tv mi pare sia un triste specchio della società italiana.

orologiao

Da quando ho scoperto gli orologi analogico-digitali Casio, circa vent’anni fa, sono rimasto loro fedele: costano poco, sono relativamente piccoli e fanno tutto quello che mi serve. Il che significa che ne ho avuti tre: uno si è definitivamente rotto, il secondo è quello che stavo usando in questi giorni perché il terzo si era fermato del tutto, dopo un tentativo di rianimazione a inizio settembre.
Il problema è che ho comprato tutti e tre quegli orologi a Torino, in un negozietto dietro piazza Castello, e avevo dei problemi a fare un viaggio apposta; e da quello che vedevo Milàn l’è un gran Milàn ma gli unici Casio che trovavo erano quelli che si connettevano con Francoforte per regolare l’ora, il che dal mio punto di vista è overkilling. Immaginate dunque la mia gioia stamattina: mentre il corteo passeggiava amabilmente per via Pirelli ho visto un negozio di orologi – e non una gioielleria, notate bene – con il logo Casio bello in vista.
Oggi pomeriggio sono così passato nel negozio, e dietro esborso di 25 euro sono il felice proprietario di un orologio praticamente identico al precedente, giusto con i numeri più grandi e il quadrante bluette invece che nero (ok, anche senza luce, ma il penultimo era anche così). Ero indeciso se prenderlo con il quadrante quadrato come il mio primissimo orologio, ma mi sono innamorato a prima vista dell’altro.
Solo che in un impeto di follia ho anche speso cinque euro per cambiare la piletta dell’ultimo orologio, sapendo che non lo userò probabilmente mai. Non so, mi è venuto in mente una storia dove Paperino apriva l’armadio e sceglieva una delle dieci bluse da marinaio tutte identiche…

ma-ni-fe-stia-mo!

[.mau. vessillifero] Oggi i dipendenti del gruppo Telecom (e quindi il Vostro Affezionato) erano in sciopero contro il piano industriale di Tronchetti Provera, o per la precisione quello che sembra essere il suo piano, visto che è ancora tutto fumoso; la parola “industriale” possiamo però toglierla tranquillamente. Lo sciopero comprendeva anche una manifestazione, anzi due: i Cobas a Roma e la Triplice qui a Milano. Considerando che tanto era abbastanza chiaro che al top management dello sciopero non gliene poteva fregare una cippa, e che il tutto era fatto a nuora perché suocera intenda, mi sono affrettato a presenziare.
Il concentramento era alle 9 in porta Venezia: manco a farlo apposta, ieri quando Regina ha fatto pulizia deve avere azzerato il volume della radiosveglia che quindi si è accesa ma non ha emesso suono, e mi sono svegliato in ritardo, tanto che sono uscito di casa alle 8.50. Non che fosse un problema: non pensavo che il corteo sarebbe partito prima delle 10 e quindi, visto che tanto non pioveva anche se il cielo non è che fosse chissà che cosa nemmeno per gli standard milanesi, me la sono fatta tranquillamente a piedi, con la maglietta rossa di ordinanza. Occhei, la maglietta è quella con la scritta “la matematica è un gioco da ragazzi”, ma potevo sempre dire che era una scritta contro la finanza creativa di MTP, no?
Una volta arrivato, mi sono trovato i colleghi del piano di sopra e mi è stata subito cacciata in mano una bandiera (vedi foto sopra), per la serie “tanto sei qua, non hai nulla da fare e sei alto”. No, non è vero: per prima cosa ho incontrato i Cobas che distribuivano un volantino dove non si capiva esattamente se ce l’avevano di più contro Tronchetti, Prodi o la CGIL-CISL-UIL, come del resto è sempre stata la loro storia. A dire il vero mi sono preoccupato un po’, perché non è che ci fosse troppa gente: così ad occhio un trecento-quattrocento persone. Ma ero semplicemente in anticipo: man mano che passava il tempo, infatti, la cima del corteo andava un po’ avanti sui bastioni per fare spazio a chi stava arrivando, e penso che alla fine ci saranno state più di duemila persone a sfilare: non tantissime, ma facevano un bell’effetto per strada. Ci siamo trovati con Massimo, abbiamo preso un caffè, e siamo rimasti in attesa degli altri colleghi, che non spuntavano. Solo alla fine siamo riusciti a telefonare a Franco – cosa non banale, visto il rumore e il fatto che mi ero dimenticato di mettere in carica il mio telefonino – che ci ha detto che erano tutti verso il fondo, e ci siamo così uniti. Bisogna dire che il gruppo rozzanese ex-tutto era ben rappresentato: eravamo in tredici, quindi metà del totale, e credo che in ufficio fosse rimasta una o due persone al massimo. Quando alle 10.15 siamo finalmente partiti, ho fatto come al mio solito l’elastico, su e giù per il corteo fino a quando sono riuscito a trovare il gruppetto degli ex-colleghi cseltini da salutare: devo dire che non mi è sembrato uno di quei cortei “cattivi”, e le facce della gente erano sì incazzate ma nemmeno troppo. Molto peggio erano gli automobilisti bloccati dal nostro passaggio: quando abbiamo attraversato viale Tunisia, il rumore dei clacson sovrastava quello dei fischietti. Ah, a proposito: c’era un tipo un po’ strano che aveva un sacco di fischietti e li vendeva a un euro l’uno. Non so quanti affari abbia fatto, visto che dal pulmino del sindacato uscivano fuori fischietti a iosa…
Noi siamo arrivati in piazza Einaudi verso le 11.15, mentre stava già parlando il primo oratore, immagino del sindacato della gomma visto che si riferiva soprattutto a Pirelli. Dal palchetto nel parcheggio, pieno di gente che non si sapeva bene chi fosse, si sono poi alternati ben due segretari generali (Angeletti per la UIL e Bonanni per la CISL), inframmezzati dal segretario della SLC-CGIL Emilio Bonanni, che a sentirlo così sembrava più prodiano di Prodi quando ha proposto di avere l’ultimo miglio separato per permettere più occupazione… anche se si deve essere accorto di quanto stava dicendo e ha subito aggiunto che però va benissimo se questa nuova società rimane all’interno del gruppo. Angeletti mi sembrava un po’ fuori dalla storia, mentre invece Bonanni è stato di un logorroico da far paura, tanto che molta gente ha iniziato ad andarsene.
Qualche appunto di colore: nonostante in assoluto ci fossero più bandiere della SLC, quelli della Fistel-Cisl sono riusciti a mettersi tutti intorno al palco, dimostrando un’ottima capacità di scelta dei posti più visibili. C’era poi un gruppo di bandiere Uilcom, che formava una specie di ridotta, e addirittura qualcuno con le bandiere UGL; quelli però se ne stavano ben lontani dal centro della manifestazione, forse anche comprensibilmente. Il panettiere dall’altro lato di via Melchiorre Gioia deve essersi fregato le mani, vista la quantità di gente che si è fiondata nel negozio per comprarsi un po’ di pizza al taglio: io sono arrivato al solito troppo tardi, ma tanto mi sono accontentato di un paio di pagnottine, non essendo un tipo troppo pretenzioso. Infine una nota lessicale: la differenza tra CGIL e CISL è chiarissima. Bonanni non si è indirizzato ai lavoratori chiamandoli “compagne e compagni”, ma bensì “amiche e amici”…

Ancora sulle tasse

Non credo che occorra chissà quali conoscenze matematiche per intuire che se la Finanziaria ha (parecchie) maggiori entrate (e poche spese in meno) questo significa che il contribuente in media pagherà di più. È vero che le nuove imposte non sono necessariamente quella sui redditi, ma è il ministero stesso ad affermare che la “rimodulazione” delle aliquote IRE – notato tra l’altro che il verbo “rimodulare” è diventato sinonimo di aumentare? – porterà quasi mezzo miliardo in più all’erario.
Ci vuole un po’ di matematica in più per capire che di per sé è possibile che – nonostante un aumento medio pro capite – il numero di persone che pagheranno meno tasse potrebbe anche essere del 90% (o del 70%, si mettano d’accordo prima); però la cosa è improbabile, e comunque significherebbe che il 30% che paga di più ci perde molto di più di quanto ci guadagni il resto del 70%. Esempio banale: ci sono dieci persone che pagano mille euro ciascuno, per un totale di 10.000 euro. L’anno dopo il totale da pagare è di 10.200 euro, ma sette persone pagano dieci euro in meno, quindi 990 a testa. Le tre persone rimanenti dovranno pagare i 200 euro di aumento e i 70 euro risparmiati dagli altri, e quindi pagheranno novanta euro in più ciascuno.
Intendiamoci: questo è un esempio forzato, ma spero che renda l’idea dei problemi nel tirare fuori numeri a capocchia. Lo faceva Silvio, lo fa Romano: su questo c’è continuità.

Quando manca il senso dell’umorismo

La famosa frase ripetuta nove volte dal nostro PresDelCons è stata messa sotto forma di rap: all’autore è andata anche bene, perché c’era una – spero involontaria – rima in mezzo alla frase, e quindi l’effetto è probabilmente stato simpatico (“probabilmente” perché a me il rap non piace, quindi non so giudicare).
Questo rap è stato presentato nel TG2 delle 13 di venerdì scorso: nulla di così strano, visto il taglio “ggggiovane” di quel telegiornale (leggi, più Novella 2000 che Micromega). Però la cosa non è piaciuta a qualcuno: così quattro parlamentari della maggioranza hanno presentato una richiesta al CdA Rai per valutare se il Tg sia stato colpevole di «vilipendio alle istituzioni», dimostrando così che la mancanza di umorismo non è appannaggio del centrodestra ma è distribuita in maniera assolutamente bipartisan.
Mi sembra doveroso fare nomi cognomi e appartenenza politica dei valenti controllori del servizio pubblico televisivo, come indicati dal Corsera (chissà perché, Repubblica.it non fa i nomi…): Loredana de Petris (Verdi), Giorgio Merlo (Margherita), Gennaro Migliore (Rifondazione comunista), Esterino Montino (Ds). Lo so che se – come temo – non cambierà la legge elettorale non sarà possibile utilizzare il nostro voto, ma non si sa mai.
(vedi anche Mantellini)