Il libraio che imbrogliò l’Inghilterra (libro)

[copertina]
Questo libretto davvero smilzo che mi sono trovato nella biblioteca di quartiere (Roald Dahl, Il libraio che imbrogliò l’Inghilterra – Lo scrittore automatico [The Bookseller – The Great Automatic Grammatisor], TEA – Teadue 20063, pag. 61, € 5, ISBN 8878186880, trad. Massimo Bocchiola) contiene due racconti “per grandi” di Roald Dahl, entrambi legati al mondo del libro. Nel primo, Dahl racconta del libraio antiquario londinese Mr Buggage che insieme alla sua assistente Miss Tottle ha trovato un ottimo sistema per guadagnare soldi: inviare false fatture per inesistenti libri pornografici alle neovedove di vari personaggi; nel secondo, si racconta di come il giovane Adolph Knipe, pessimo scrittore ma tecnico sopraffino, abbia inventato una macchina per comporre libri di ogni genere, e di come abbia convinto i veri autori a smettere di scrivere.
A mio parere, il secondo racconto – anche se mi ricorda un po’ Primo Levi – è meglio del primo. Se devo essere sincero, però, mi aspettavo di più da Dahl: non so se la colpa è della traduzione che si direbbe formalmente corretta ma un po’ piatta, oppure è perché sono stato abituato troppo bene dalla prosa degli altri suoi racconti che ho letto.

Ma Esselunga l’hanno venduta o no?

Stamattina, mentre uno strano duo stava prendendo il tram con il solito ritardo (ma anche il duo era in ritardo, quindi tutto tornava) mi è capitato di vedere un trafiletto su Metro, che affermava “Chiude il primo supermarket d’Italia”. Il testo spiegava che l’Esselunga di via Regina Giovanna a Milano, nato nel 1957, è il primo del suo genere nella nostra nazione: ieri è stato venduto a un gruppo straniero (presumo Rewe), lo stesso che gestisce Standa e Pennymarket. Bla, bla, bla.
Nei fumi del sonno, sapendo che Bernardo Caprotti dopo che aveva estromesso i figli perché incapaci stava cercando di vendere l’azienda, mi ero convinto che appunto fosse stata ceduta tutta Esselunga: ma un controllo in rete che non mi ha fatto trovare nulla mi fa ora immaginare che ad essere ceduto è semplicemente il supermercato di via Regina Giovanna, il che non sarebbe così strano: ad esempio dieci anni fa il punto vendita di via Chiesa Rossa fu ceduto a Lidl. Il guaio è che adesso resterò per un bel po’ col dubbio…

figurine

Quando facevo le elementari (trentacinque anni fa, insomma…) tra i miei fumosi ricordi c’era quello del pusher che fuori dalla scuola, guardato a vista dai bidelli, ti regalava l’album delle figurine e il primo pacchetto. A quei tempi le “figu” erano solo e unicamente quelle dei calciatori made in Panini, forse non è inutile dirlo. Ho anche qualche flash sul pacchetto di figurine comprato la domenica (20 lire la busta?) ma nulla sull’avere effettivamente mai completato un album: l’idea era quella che le figurine servivano per giocarci (lanciarle più vicino possibile al muro, oppure dare una manata a un mucchietto lasciato per terra e prendersi quelle che venivano rovesciate) o al limite per la litania del “celo celo manca” ultimamente riciclata dal Gianni Morandi.
Ma si sa che i tempi cambiano: l’album delle figu me lo sono trovato oggi sulle scale della metro insieme alla free press, e con dentro le prime sei figurine per iniziare l’opera. L’unica cosa che non è cambiata è che l’editore continua ad essere Panini. Per il resto, a parte che puoi ordinare le figurine che ti mancano via internet, mi pare che lo spazio bianco ai margini della figurina si sia ridotto – la figurina stessa mi pare più piccola, ma quello può essere un effetto del mio essere cresciuto.
Ma resta l’ultima domanda, e a quella non so proprio come rispondere. Ma le figurine non dovrebbero essere appannaggio dei bambini? E allora, perché mai le danno agli adulti?

effervesciamo!

Anna e io abbiamo due idee diverse su come deve essere un’aspirina: lei la vuole effervescente, io no. Dal mio punto di vista una pastiglia infatti si inghiotte, generalmente senz’acqua. A casa ho trovato solamente aspirine effervescenti: ne ho prese due tra ieri e oggi, mi sono scocciato e mi sono detto “vabbè, tanto a pranzo vado al Fiordaliso e me ne compro una confezione”. Sbagliato. Non c’era il generico, non c’era l’aspirina, non c’era nemmeno il Bufferin.
Fortuna che di farmacie ce ne sono tante e prima o poi spero di trovarne una che non sia succuba di questo sistema sfrizzolino, ma mi domando il motivo di tanto odio verso le pastiglie (che non siano blu)…

una giornata iniziata male

Già ho dormito da cani stanotte, tra brividi di freddo e raffreddore; già stamattina quando mi sono alzato stavo pensando se andare in ufficio in auto e non con i mezzi – poi ho avuto un leggero miglioramento, e ho deciso di inquinare di meno. Arrivo a Famagosta, guardo l’orologio, e penso che posso rischiare di prendere il 15 e non aspettare dieci minuti che parta l’AMP. Sbagliato: in piazza Abbiategrasso scopro che il 15 arriverà dopo solamente 26 minuti. Faccio un po’ di conti, e me ne vado al Lidl più o meno da quelle parti, visto che c’erano i biscotti a 99 centesimi e le ricaricabili da 2500 mAh a 2 euro e 99. So che mi ci vorranno ventotto minuti, e infatti mi vedo passare davanti il famigerato tram mentre stavo ritornando alla base; ma faccio conto che il successivo sarebbe arrivato quasi subito, come in effetti è stato. A Rozzano era attaccato al precedente… mantenendo 18 minuti di ritardo sulla sua tabella. Perlomeno non hanno soppresso la corsa.

non solo Saddam

Nel processo che ha portato alla condanna a morte di Saddam Hussein, la massima pena è stata comminata non solo al Raiss ma anche ad altri due imputati: il fratellastro Barzan al-Tikriti e l’ex presidente del Tribunale Rivoluzionario Awad al Bandar. A quanto pare, i due non erano poi “così importanti”: sono pertanto rimasti un paio di settimane nel braccio della morte, e sono stati giustiziati stamattina, nonostante tutti gli appelli che sono stati fatti perché la pena venisse sospesa e commutata in ergastolo.
Appelli che però dalle nostre parti non mi pare di avere visto più di tanto, né sui giornali né sui blog. Probabilmente è più facile parlare di qualcuno (tristemente) famoso, o magari si pensa che tanto quegli altri non sono poi così importanti: insomma una di quelle cose che mi dà tanto fastidio. Capisco di più quelli che dicono “è giusto che certa gente sia messa a morte”… almeno sono coerenti.

Passo a MT3.3?

Io sono notoriamente molto pigro, e quindi il mio blog gira da almeno due anni sotto Movable Type 2.661 (prima avevo un sistema molto fatto in casa che avevo trovato in giro: d’altra parte nel 2001 non è che ci fossero molti blog).
Una volta avevo anche pensato di passare a WordPress, ma il tentativo è abortito quasi subito: qui comincia ad esserci troppa roba – questo post è il 2779mo – e a me personalmente non attira molto la struttura di WP dove ogni pagina è generata volta per volta. Intendiamoci, saranno anche fisime, ma me le volete lasciare?
Le alternative sarebbero quindi (a) lasciare tutto così, che funzionicchia – tranne il problema che i commenti sono sempre un’ora indietro, e non sono ancora riuscito a capire il perché – oppure (b) passare a Movable Type 3.3, che essendo aggratis per uso personale può essere usato senza problemi. La fregatura è che a mia conoscenza solamente il GNeri e la vicina di pianerottolo usano MT, e mi piacerebbe avere qualche commento in più. Che ne pensate?

1921 Classe della vittoria (libro)

[copertina]
Della seconda guerra mondiale se ne sta parlando parecchio, in questi ultimi anni: forse perché con l’inevitabile avanzare in età di chi la guerra l’ha vissuta si vuole cercare di fissare per quanto possibile le immagini e i ricordi. Questo agile libro (Neri Mietti Norega, 1921 Classe della vittoria, Edizioni Angolo Manzoni, pag. 125, € 9, ISBN 88-88838-66-X) racconta la guerra vista in prima persona da un giovane ufficiale dell’esercito italiano, che se vogliamo è stato relativamente fortunato, essendo stato in servizio sul fronte jugoslavo e non in Libia o in Russia. Non sono quindi narrate eroiche imprese: ma forse proprio per questo la lettura ti prende ancora di più, anche per lo stile assolutamente personale che giudica indubbiamente i fatti, ma non vuole dare nessun pre-giudizio. Basta vedere le ultime pagine, in cui Mietti Norega si chiede cosa avrebbe fatto se avesse dovuto scegliere tra l’adesione ai repubblichini e la fucilazione, e risponde “Forse sarei andato nella RSI”, con un’onestà che gli fa onore. Quello che forse stona un po’ sono le spiegazioni, specialmente all’inizio, sulla situazione italiana del tempo: la loro freddezza me le ha fatte sentire come qualcosa di estraneo. Ma questo non toglie nulla al valore del libro.