Non ho mai messo un banner sul mio sito: generalmente trovo siano una perdita di tempo, e che non servano a nulla. Ma c’è sempre una prima volta, come state vedendo. Non che creda che servirà a qualcosa, però continuo a non capire perché, invece che litigare “Afghanistan sì, Afghanistan no”, non si pensi a chi era insieme a Daniele Mastrogiacomo e a chi ha contribuito alla sua liberazione. Posso fare solo questo, lo so, ma è meglio che far finta di nulla.
Viabilità di Peano
La certezza ce l’ho avuta in questi giorni, quando ho scoperto che il modo più veloce per arrivare in bicicletta in ufficio comprende un tratto di cinquanta metri da percorrere contromano. La cosa di per sé non sarebbe così strana, se non fosse che tutto il resto di quella via è sì un senso unico, ma nell’altra direzione: in pratica c’è un isolato in cui è stato invertito il senso di marcia.
La ragione dietro questra stranezza viabilistica immagino sia l’impedire che gli automobilisti taglino per le vie dietro la Centrale per andare da una parte all’altra di Milano, e usino invece gli assi di “scorrimento” a ciò deputati. La cosa non è nuova a chi abbia ad esempio girato per l’Olanda, con la differenza che là in genere la possibilità di andare contromano in bicicletta è esplicitamente prevista, e che non si trova gente che comunque si fa dei giri incredibili pur di passare per quelle vie.
Ma vorrei ricordare il vero precursore di questa tecnica: il professor Franco Giannessi, cui nei primi anni ’80 venne dato l’incarico di ottimizzare la viabilità pisana. Giannessi aveva la cattedra di Teoria e Metodi di Ottimizzazione – ci ho anche dato l’esame – quindi di per sé era sicuramente una persona adatta al lavoro. Pisa d’altra parte è piena di viuzze, e quindi il compito non era affatto semplice. Però la lenta ma inesorabile modifica dei sensi unici mi aveva portato a congetturare che il vero compito di Giannessi fosse quello di creare la migliore approssimazione possibile a una curva di Peano: in pratica, fare in modo che ci fosse un unico percorso che ovviamente avrebbe toccato tutti i punti della città, eliminando le crisi di coppia legate al “te l’avevo detto, che avresti dovuto girare a destra!” al prezzo di un allungamento indefinito del percorso.
Ah, i bei tempi!
quanta fretta!
Stamattina sulla Stampa sia Gramellini che Beccaria gioiscono perché “l’italiano è diventato lingua ufficiale della Repubblica”. Qualcuno dei miei lettori più attenti probabilmente si ricorderà che avevo parlato della cosa qualche mese fa; pertanto non mi ripeto qua. Non posso però evitare di segnalare che la notizia pubblicata è assolutamente falsa. La Costituzione, all’articolo 138, afferma che una modifica costituzionale deve fare quattro passaggi, due per ciascuna camera; il Parlamento è arrivato solamente alla prima lettura. Insomma, se va tutto bene la legge sarà promulgata quest’autunno.
Non è bello che un giornale serio come La Stampa prenda una simile cantonata, non trovate?
(ps: devo dire che trovo divertente che il relatore del progetto di legge si chiama Italo Bocchino. Nomen omen)
La turbopolitica (libro)
Il sottotitolo di questo libro (Edoardo Novelli, La turbopolitica, Bur – Saggi 2006, pag. 294, € 9.80, ISBN 978-881700948-5) è “Sessant’anni di comunicazione politica e di scena pubblica in Italia: 1945-2005”. Come si puo intuire, il titolo riassume la tesi dell’autore: in questi ultimi anni la politica ha subito un’accelerazione incredibile, e ha per così dire messo il turbo. L’idea di per sé è buona, e ci sono molti spunti interessanti, sia per il periodo fino al 1963 che dagli anni ’90 in poi – stranamente la parte di mezzo è trattata molto meno, forse perché relativamente statica. Sarei anche passato sopra al primo breve capitolo, che è un concentrato puro di sociologhese per cui mi ci sarebbe voluto un vocabolario; in fin dei conti è molto breve. Però ho trovato il libro troppo ripetitivo, con lo stesso concetto ripetuto con praticamente le stesse parole a distanza di poche pagine, tanto che a volte mi chiedevo se non avessi perso il segno. Non so, ho come l’idea che sia stato scritto a spizzichi e bocconi e non ricontrollato alla fine; un vero peccato, perché capitoli come quello sul linguaggio, sul passaggio dal comizio di piazza alla convention e sul declino dei militanti secondo me valgono davvero.
punti di vista
L’Eurispes scopre che i salari italiani sono molto minori della media europea. L’Ansa titola “Ue: Italia moderi i salari”.
Tim Brazil è davvero importante
È un po’ che non racconto più dei troiani che mi arrivano in mezzo allo spam…ehm, alla posta elettronica. Ma è anche vero che non è che ci siano tante novità: la cosa più eclatante è probabilmente notare come mi arrivino cinque-sei messaggi spediti da “Posteitaliane” nelle sue varie incarnazioni di BancoPosta, PostePay e simili. La cosa più triste, però, è che sul sito delle poste non hanno nemmeno messo un bell’avvisone in grande sui rischi di phishing.
Ma qualcosa di buffo mi capita ancora. Non so come mai, ma mi arriva ogni tanto sull’account gmail qualche tentativo di phishing della serie “hai ricevuto una cartolina!” scritti in portoghese (brasiliano, per la precisione). Stanotte me n’è arrivato uno da una certa “Andrea”:
Olá, Você acaba de receber um TIM videomensagem do número 98247758
Para ver a Mensagem Clique abaixo em ver.
TIM VideoMensagem ( VER )
Se andavi a “ver”, finivi su http://www.voxlove.kit.net/ che a sua volta ridirigeva su http://www.info-vip.com che rimbalzava al volo sul file http://www.bizaide.net/uploads/cartao32456.scr – così ad occhio, un sito giapponese che è stato bucato.
Ma il giro di link in stile “alla fiera dell’Est” non è in fin dei conti nulla di strano: quello che mi ha colpito davvero è che il videomessaggio fosse indicato arrivare da Tim Brazil. Ma allora la nostra consociata sudamericana è davvero importante!
la “precisione” della matematica
Tra i commenti a un post precedente, hronir ha scritto:
Una delle cose che piu’ mi impressiona(va) dei matematici (all’universita’) era proprio questa loro mania di precisione. Ricordo una sessione di open-day per gli studenti delle superiori, in cui un trio di matematiche, cercando di invogliare gli studenti ad iscriversi alla loro facolta’, ne elogiavano entusiaste quel suo tratto essenziale di insegnarti la “precisione” nelle cose. […] Tutt’ora ho un’idea della matematica moooolto lontana da una cosa “da precisini” che poteva intuirsi dalla matematica del liceo. E del resto, se penso a interi settori come la geometria (algebrica, topologica, metrica, proiettiva, differenziale…), la teoria dei gruppi, la teoria della misura… la matematica del liceo non c’entra niente, e’ mera computazione!
Ora, è indubbiamente vero che la “matematica”, così come si vede a scuola, è completamente diversa non solo dalla matematica “di ricerca” ma anche semplicemente da quella universitaria. Io, che spesso faccio conti per iscritto o a mente, sono effettivamente fuori dai canoni del Vero Matematico. Però la storia della “precisione” è un po’ più complicata, e non può essere liquidata così. Lo spiega molto bene Ian Stewart (immagino), nel libro Darwin’s Watch: Science of Discworld III, che prima o poi recensirò. Ecco la sua citazione, graziosamente tradotta dal vostro affezionato blogghettaro:
Lo sviluppo di nuove idee matematiche tende a seguire un modello ideale. Se i matematici dovessero costruire una casa, partirebbero dai muri a pianterreno, librantisi senza supporto mezzo metro sopra la soletta catramata… o dove sarebbe dovuto esserci la soletta catramata. Non ci sarebbero porte o finestre, solo buchi della forma giusta. Una volta arrivati al primo piano, la qualità dei muri sarebbe migliorata enormemente, le pareti interne sarebbero intonacate, porte e finestre sarebbero tutte al loro posto, e il pavimento sarebbe sufficientemente robusto per poterci camminare su. Il secondo piano sarebbe ampio, ben rifinito, pieno di tappeti, con quadri sui muri, mobili a iosa, tutti bellissimi anche se di stili che fanno tra loro a pugni, sei tipi diversi di tappezzeria in ogni stanza… L’attico, in compenso, sarebbe poco arredato ma elegante – design minimalista, nulla fuori posto, tutto quello che c’è con uno scopo ben preciso. A questo punto, e solo a questo punto, i matematici tornerebbero al pianterreno, scaverebbero le fondamenta, le riempirebbero di cemento, metterebbero la soletta incatramata, ed estenderebbero in giù i muri fino a raggiungere le fondamenta.
Alla fine di tutto questo si avrebbe una casa che si regge in piedi, ma che per buona parte della sua esistenza sarebbe sembrata altamente improbabile. Però i costruttori, tutti eccitati nel far crescere i muri fino al cielo e decorare gli interni, sarebbero stati troppo impegnati per accorgersene, fino a che gli ispettori edili non avrebbero piantato il naso nelle falle strutturali.
La metafora a me pare davvero bella e azzeccata. Chi fa matematica – e non penso solo ai matematici di professione, ma anche semplicemente a chi si diverte a risolvere i problemini matematici… – non sa assolutamente dove andrà a finire, ma non si preoccupa più di tanto della cosa: la cosa principale è trovare il risultato, nella metafora costruire il primo piano. Se poi in effetti si fa matematica sul serio, si iniziano a buttare giù risultati su risultati (il secondo piano), senza preoccuparsi più di tanto di metterli insieme organicamente: quello al limite è un passo successivo, dove si sfronda tutto quello che non serve direttamente (l’attico). Il guaio è che la matematica che ti insegnano a scuola è appunto l’equivalente logico dell’attico. Capisco che alcune di queste cose ti dovrebbero servire nella vita – anche se già sulla risoluzione delle equazioni di secondo grado avrei dei dubbi – e non è che si possa stravolgere i programmi di studio. Ma se devo essere sincero comprendo anche il disagio, per non dire lo spavento, di chi si trova queste costruzioni perfettine e senza sbavature. Ci credo che poi resti questa idea della mania di precisione; purtroppo ci sono cascate anche le tre matematiche citate da hronir. Non tutti sono perfetti.
E le fondamenta, starà pensando qualcuno? Beh, il matematico tipico non si preoccupa più di tanto, visto che sa che prima o poi ci sarà qualcuno che gliele farà :-)
macchina per fare il pane
Oggi il Lidl ha in offerta uno sfornapane automatico a 39 euro. Anna l’ha visto e ha detto “lo voglio”. Però oggi Anna è a Roma per lavoro, quindi, per guadagnare un po’ di punti-moglie™ le ho detto “non preoccuparti, vado io”.
Stamattina alle 9 meno qualche minuto ero così davanti al Lidl di via Valassina, con un po’ di gente che stava aspettando l’apertura. Devo dire che Anna aveva ragione a farmi andare subito: a parte i commenti delle signore davanti a me, ho visto un assalto alla pila di scatoloni. In cassa (alle 9 e tre minuti…) eravamo in quattro, tutti colla nostra bella scatola!