Come buon proposito per l’inizio di quest’anno (lo sappiamo tutti che l’anno inizia il primo lunedì di settembre…) ho riesumato il mio progetto di parlare delle parole matematiche usate in un altro contesto, e già che c’ero ho messo su Wikispaces un wiki apposta, così posso editarmelo con calma. La parola di oggi è parabola: se qualcuno ha una richiesta al solito basta chiedere :-)
La storia della parola (ah, lo sapete che “parola” deriva proprio da “parabola”?) è un po’ complicata. Naturalmente la parabola con cui si vede la tv via satellite è una parabola nel senso matematico, o più precisamente un paraboloide di rotazione: quindi non conta in questo mio racconto.
Però c’è anche un’altro tipo di parabola, quello “evangelico”, che a prima vista non ha nulla a che fare con la figura geometrica dallo stesso nome. Ma in effetti non è proprio così! Entrambe le accezioni derivano dal greco parabol? che significa “io confronto, metto in parallelo”. Nel caso della parabola intesa come figura geometrica, il nome è stato probabilmente dato perché se si facesse un tavolo da biliardo a forma di parabola e si colpisse – senza effetto – una biglia messa nel fuoco della parabola, dopo avere rimbalzato su un punto qualunque della parete la sua traiettoria sarebbe sempre nella stessa direzione. Per il racconto con la morale, invece, il parallelismo deriva dal fatto che prima dei vangeli i greci stavano già usando la parola con il significato di parallelo che serviva a chiarire un argomento più difficile mettendolo a fianco di uno più chiaro e noto: insomma, quello che oggi chiameremmo un esempio. Da lì il termine è stato riciclato dagli estensori del Nuovo Testamento, e come è capitato spesso il significato traslato dato dagli evangelisti è diventato quello principale.
Ah, a proposito dei significati traslati: quando si parla di “parabola di un potente” ovviamente si pensa alla figura geometrica, anche se un po’ distorta. Insomma, l’importante è che qualcosa prima cresca e poi cali, anche senza avere la forma specifica di una parabola. Però non mi sento di cassare questo significato: ci sono cose molto peggiori!
Aggiornamento: (5 settembre) Ho aggiunto “iperbole” e “quadruplicare”.
le vacanze a Marettimo
Sono pigro, lo so. Però nel weekend sono riuscito a catalogare le (troppe) foto scattate a Marettimo, che trovate su Picasa. (tra l’altro, sapete se è possibile fare un sottoalbum, mostrando solo gli highlight?). Naturalmente ci sarebbe anche il diario di viaggio, almeno in una versione beta.
Non so quando riuscirò a fare lo stesso con le foto della Norvegia, però :-(
_L’uomo che sapeva contare_ (libro)
Il sottotitolo di questo libro (Malba Tahan, L’uomo che sapeva contare [O homem que calculava], Salani settembre 1996 [1990], pag. 190, € 13, ISBN 9788877824813, trad. Lucio Zannini), “una raccolta di avventure matematiche”, è un po’ fuorviante. In realtà ci troviamo di fronte a una serie di problemi matematici sotto forma di racconti, un po’ come Le Mille e una Notte: il tutto viene ambientato a Baghdad nel periodo del Califfato. Beremiz Samir, l’Uomo che Sapeva Contare, è in primo luogo un buon musulmano, ma anche una persona che ama i numeri sotto tutte le sue forme. I problemi che dovrà via via risolvere sono tutti piuttosto noti, ma devo dire che il modo in cui l’autore li ha proposti dovrebbe renderli accattivanti anche per chi non apprezza la matematica, e che forse potrà capire, nonostante quanto Tahan stesso scrive, che è sì vero che per il matematico “la ricerca della verità non ha fini pratici”, ma dalla vita pratica si arriva comunque spesso alla matematica.
Nuovo posizionamento
In viale Zara c’è un negozio che fino a luglio aveva l’insegna, in stile anni ’70, “Spinelli – Elettrodomestici da incasso”. Ci sono passato davanti, e adesso ha un’insegna più “cattiva”, stile anni ‘0, che recita “Spinelli – Home Entertainment”. Naturalmente il contenuto del negozio è restato assolutamente lo stesso tra luglio e oggi, ma volete mettere un posizionamento di questo tipo con la mia generazione?
La Brambilla e i quotidiani italiani
Oggi il Guardian pubblica un’intervista a Michela Vittoria “MVB” Brambilla. Cosa fanno i principali italici quotidiani? La Stampa segnala l’intervista, mette una foto di MVB, traduce i primi due paragrafi e si “dimentica” di mettere un collegamento all’originale.
Il Corriere della sera mette la foto, la stessa traduzione (parola per parola) dei primi due paragrafi, ma almeno lascia un link all’originale.
E Repubblica? Loro non hanno bisogno di citare il Guardian, perché hanno la loro intervista esclusiva.
(comunque consiglio di leggere l’originale inglese, anche se scade nell’agiografia quando racconta di tutti gli animali che la MVB tiene a casa. Ma la risposta all’ultima domanda, quando lei dice “del passato della gente non mi importa”, è da incorniciare)
Aggiornamento: ho controllato i feed dei due quotidiani copioni. La Stampa ha pubblicato la notizia alle 8:53 e l’ha modificata alle 9:56; il Corsera l’ha pubblicata alle 11:01 e l’ha modificata alle 14:18. Da questo si evince (a) che a Torino si svegliano prima, e (b) se non hanno copiato entrambi, sono i bauscia ad avere “recuperato” la traduzione.
chi ben comincia è a metà dell'opera
Il mio oroscopo secondo Internazionale:
«È il momento ideale per leggere cinque libri contemporaneamente, per sbocconcellare senza sosta ghiottonerie ed evitare pasti pesanti, per arrampicarti su un albero con un compagno avventuroso e fare l’amore in modo dolce ma sfrenato proprio lì, per rifiutarti di praticare qualsiasi forma di meditazione che non implichi il riso, per comprare dieci sveglie da quattro soldi e spaccarle con un martello in mezzo a un campo, per fingere di essere un adolescente ribelle allergico alla civiltà e per lanciare pietre invisibili contro qualsiasi dio, angelo o genio che non ti aiuti a ottenere l’amore che vuoi.»
Beh, il primo punto lo seguo già da una vita, e anche sul secondo mi trovo in ottima posizione :-)
Assemblea Wikimedia Italia
Purtroppo non ce la farò domani a partecipare all’assemblea romana di Wikimedia Italia, anche se sono socio fondatore. Amen, ho inviato la delega e spero vengano eletti i migliori.
Però ho notato con piacere che non solo Rep.it (sempre sulla notizia) ha scritto un articolo compreso di intervista all’attuale vicepresidente, ma addirittura che hanno scritto correttamente Wikimedia con la M, e non wikipedia (che è l’enciclopedia). Mi resta solo da capire se il merito è dell’ufficio stampa di WMI, oppure c’è qualche speranza per la nostra editoria :-)
la mafia delle riviste accademiche
Quando si parla di posizione dominante sul mercato, il primo nome che viene in mente è quello di Microsoft (e magari il secondo è Google). Ma ci sono altri campi in cui si arriva anche al peggio.
Un articolo di lavoce.info racconta infatti che cosa succede nel campo delle riviste accademiche. Tra il 1975 e il 1995, il loro costo è più che triplicato al netto dell’inflazione: e negli ultimi cinque anni è ancora cresciuto di quasi il 30%, sempre oltre il tasso di inflazione. Il tutto mentre i costi per le case editrici (ormai Elsevier, Springer e Wiley da sole superano di gran lunga il 50% del mercato totale) si sono ridotti, visto che si chiede agli autori di inviare il manuale già formattato per la stampa, e il peer review è storicamente stato fornito gratuitamente dai colleghi. Il tutto significa un esborso sempre maggiore per le biblioteche, che sono spesso costrette a comprarsi anche riviste di cui non si fanno nulla perché gli editori propongono un “o tutto o niente” per fare un sia pur minimo sconto.
Il guaio è che l’autorevolezza delle riviste non si crea da un giorno all’altro, e quindi la rendita di posizione dei grandi editori è enorme. Persino l’Unione Europea se ne è accorta: però non ha promosso il passo successivo, che dovrebbe essere quello di contribuire a creare una fondazione no-profit che raccolga la produzione dei centri di ricerca europei e quindi possa entrare a pieno diritto nel mercato delle pubblicazioni “importanti”.
È vero che ad esempio in matematica i preprint ormai sono il mezzo più usato per diffondere le informazioni, ma purtroppo anche in questo caso la frase “l’informazione vuole essere libera” deve essere emendata aggiungendo la precisazione “se si paga abbastanza”.