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Dopo Dario Fo, Moni Ovadia

E così anche il secondo attore “prestato alla politica” decide che il prestito è bello se dura molto poco. Dario Fo si è sfilato dal posto di consigliere comunale a Milano non appena terminati i conteggi dei voti; Moni Ovadia l’ha fatto oggi dopo essersi improvvisamente accorto che l’impegno necessario era ben maggiore di quello che si aspettava, e cozzerebbe contro i suoi spettacoli. Nemmeno Berlusconi si è ancora dimesso, il che è tutto dire.
Io non ho votato né per Fo né per Ovadia, e nemmeno per le loro liste, quindi la cosa mi tocca relativamente poco. Quello però che io (e non solo, direi) trovo tristissimo è questa volontà di gabbare l’elettore con lo specchietto del nome famoso. Occhei, mi direte, è colpa di chi vota che non pensa che fare l’amministratore della cosa pubblica non è esattamente la stessa cosa che stare davanti a un palcoscenico – non necessariamente più facile o più difficile, semplicemente diverso; ma ciò non dovrebbe esimerli dal semplificarci la scelta.

Ultimo aggiornamento: 2006-07-06 21:53

senso della misura

Capisco perfettamente che in Italia ci sia poco da gioire, e quindi una vittoria in semifinale dei Mondiali (con il bonus di avere battuto la Germania in casa loro, e segnando al 119. e 120. minuto… come scriveva Zucconi, la vittoria è più gustosa quando si ottiene per culo) è un’ottima occasione per uscire nelle strade.
Aggiungo anche che stamattina sono andato a leggermi il commento di bild.de, il loro quotidiano nazionalpopolare che è stato insolitamente tranquillo: giusto due righe sullo “Skandalurteil der Fifa” per il caso Frings e un pianto perché loro avevano dovuto fare i supplementari nei quarti e l’Italia no. (Per gli amanti dei corsi e ricorsi storici: nel 1970 capitò la stessa cosa).
Però ci sono due cose che non capisco. Sono rientrato in casa verso le 21, e prima che iniziasse la partita c’erano già gruppi in giro con clacson e trombe, il che mi pare indubbiamente un minimo anticipato. Ma la partita è terminata alle 23:30. Possibile che alle 2:30 (quindi tre ore dopo) dovessi ancora cuccarmi la gente a far casino sotto le finestre? D’accordo che abitiamo praticamente sulla circonvallazione, il che non fa bene in questi casi, ma avrei sperato in qualcosa di più breve.
Senza poi contare che stamattina ho dovuto prendere l’auto, visto che stasera sarò a Linate a riprendere Anna; avendo dormito poco sono partito più tardi, e mi sa tanto che tutti i simpaticoni in giro stanotte si siano anche loro messi in marcia dopo, con il doppio risultato di trovarmi in un ingorgone e di vedere dei numeri da ritiro della patente…

Ultimo aggiornamento: 2006-07-05 12:26

il decreto Bersani

Non mi aspettavo un botto così dal governo. Il decreto Bersani non porterà in realtà tanti soldi allo stato, ma dovrebbe fare risparmiare un po’ le famiglie a reddito fisso (è il bicchiere mezzo pieno: quello mezzo vuoto è subito stato cavalcato dalla destra dicendo che hanno voluto punire il loro bacino di voti, dimenticandosi che a votarli sono stati anche e forse in maggior numero lavoratori dipendenti e pensionati) e soprattutto dare un segnale che le cose cambiano.
Se è vero che qualcuno ha pagato 180.000 euro una licenza per un taxi (ascoltato ieri a radiopop), c’è sicuramente qualcosa che non va a monte, ma la soluzione non può essere “non si tocca nulla perché quel poveretto deve rifarsi dei soldi spesi”; basta chiedere a chi i taxi li deve usare fin troppo. Che le banche si lamentino perché saranno costrette nel caso di variazioni dei tassi a permettere la chiusura del conto corrente senza spese non mi fa venire alcuna lacrima; in un paese civile tutte le eventuali spese dovrebbero essere definite all’apertura, senza lasciare il pizzo finale. La necessità di un notaio per vendere un’auto, magari del valore di meno di 1000 euro, è una cosa che non sono mai riuscito a capire. Permettere a un ipermercato di vendere medicinali da banco, si noti solo se assume un farmacista, può dare gli stessi problemi dati da chi va in farmacia e compra un medicinale da banco. (Noticina: ma davvero l’unione dei Farmacisti Italiani Non Titolari si chiama FINTI? ma chi è stato a scegliere l’acronimo?)
Peccato non sia stato abolito l’ordine dei giornalisti, ma capisco Prodi e amici: avevano bisogno che la riforma non fosse affossata prima di nascere.
E infine non capisco una cosa: come mai in cinque anni di governo Berlusconi non sono mai state fatte queste misure che sono indubbiamente liberiste.
p.s.: un’altra cosa benemerita del decreto è rimettere il pagamento dell’ICI per le opere di proprietà di enti religiosi ma non usate per fini religiosi, tolto l’anno scorso. Prodi è proprio un comunista.
Aggiornamento: visto che sembra che molti clicchino ancora da queste parti, lascio il link alla pagina del governo da cui si può prendere il PDF del decreto stesso.

Ultimo aggiornamento: 2006-07-02 13:37

Ivan Basso escluso dal Tour

A quanto pare (al momento in cui scrivo il sito ufficiale non riporta ancora nulla) la direzione del Tour de France ha escluso dalla corsa Ivan Basso, oltre a Mancebo e Beloki: per quanto riguarda Ian Ullrich, il suo team ha fatto che toglierlo direttamente dalla squadra.
Il tutto nasce da un’inchiesta spagnola sul doping, di cui però non si sa molto di più.
Premesso che avere Rijs come capitano della squadra ciclistica di Basso è una garanzia sulla qualità della “farmacia interna” del team, e che continuo ad avere il forte sospetto che a un certo livello siano tutti dopati – non bastano i ricostituenti a mantenere certi risultati così a lungo – confesso che le prese di posizione dell’organizzazione del Tour mi sembrano talebane e ipocrite. Talebane perché fatte prima di un qualunque tipo di processo, basandosi solo su un’inchiesta; ipocrite perché – come si è visto con Armstrong e l’EPO, presa ancora l’anno prima del suo inserimento nei farmaci non consentiti – viene fatto in modo che quel che è stato non si può toccare.
E se venisse fuori che è stata tutta una bufala?
aggiornamento: un famoso esponente del ciclismo calmo dà questo link a Cycling News con qualche notizia in più.

Ultimo aggiornamento: 2006-06-30 14:34

dopo il referendum

Non credevo a una vittoria così ampia del NO al referendum. Non tanto perché c’è stata un’affluenza tutto sommato alta, vista la stagione, quanto perché come dicevo stamattina la politicizzazione estrema dello scontro mi faceva temere il peggio. Invece con ogni probabilità molti elettori di UDC e AN se ne sono stati a casa.
Lombardia e Veneto sono rimaste le uniche roccaforti del SÌ, ma addirittura a Milano città i contrari alla modifica della Costituzione sono in maggioranza: in genere i favorevoli stanno nella provincia del nord, mentre le città hanno snobbato il profluvio di manifesti e gli spot di Mediaset.
Restano adesso le frasi storiche: l’ineffabile Calderoli che ridefinisce il nord Italia («una parte del Paese vuole cambiare e un’altra no. Il Nord, che per me è sopra l’Emilia, ha un Sì vincente e non perdente») ma anche Prodi che ancora a fine settimana invitava a votare per il no oggi afferma «Non ho mai pensato che questo referendum fosse un test sul nostro governo, come invece hanno tentato di far credere i leader dell’opposizione».
Vedremo adesso che cosa succederà, sia politicamente (la scommessa questa volta Silvio l’ha persa di brutto) che praticamente (non è che adesso debba necessariamente restare tutto immutato… compreso quello modificato nel 2001 che non ha dato buoni risultati)

Ultimo aggiornamento: 2006-06-26 19:46

affluenza al voto

ieri sera era già andato a votare il 35% degli italiani. Più che al referendum confermativo di cinque anni fa. La cosa sarebbe di per sé bella, se non fosse per il fatto che è il risultato di una politicizzazione estrema del voto, partita dalla destra e fatta propria dalla sinistra; e Ciò È Male.
Il referendum non è infatti su un blocco o no, ma su una singola legge: soprattutto in questo caso in cui la legge è quella fondamentale, non c’è nulla di strano nel vedere che gli schieramenti a favore e contro sono trasversali. Peccato che in questo modo si cancellino tutte le differenze interne… ma magari quest’idea di scontro perpetuo è proprio quella voluta da alcuni.
Divertente tra l’altro vedere come i quotidiani gratuiti hanno commentato l’affluenza. Per Leggo era bassa, per City alta, mentre Metro non ha ritenuto la cosa sufficientemente importante da essere messa in prima pagina, relegandola a pagina 2 e non commentando il valore.

Ultimo aggiornamento: 2006-06-26 11:07

Silvio, i referendum e la privacy

Anche a noi, per la precisione ad Anna, è arrivata la letterina di Silvio Berlusconi che inizia con «mi permetto di disturbarLa per invitarLa a votare “sì”».
Bisogna dire che come sempre i comunicatori di destra sono bravi: spiegano che la riforma «è già stata votata quattro volte in Parlamento dall’intera maggioranza della Casa delle Libertà» e come primo punto fa notare che il numero di parlamentari è ridotto di 175 unità. Non manca il pianto contro i cattivoni «della sinistra massimalista e radicale» (no, stranamente non è comunista questa volta), «il cui governo ha come programma solo quello di distruggere le riforme del nostro governo»; il concetto dell’indegnità è espresso in maniera più forbita, visto che «partecipare al suo ammodernamento [della Costituzione] non è solo un diritto, è anche, e prima ancora, un dovere di ogni cittadino». Il quale cittadino magari non si accorge che mettendo questa frase insieme a quella iniziale si ottiene qualcosa che si può sintetizzare in “noi abbiamo fatto tutto, purtroppo dei cattivoni non sono d’accordo, ma tu fidati di noi”: bella considerazione.
Bisogna aggiungere che i ragionamenti logici iniziano a vacillare nel volantino allegato con le BUGIE della sinistra: ad esempio,
la bugia 2 (“la riforma porta alla dittatura del premier”) sarebbe sbugiardata dal fatto che i poteri maggiori del premier erano presenti nella bozza della Bicamerale, e la 5 (“la devoluzione aumenta il divario economico e sociale tra Nord e Sud”) dal fatto che il divario non è colpa della devoluzione che ancora non c’è. Tradotto in italiano corrente: “se c’era già una bozza, anche se mai votata, non può essere male” e “se adesso c’è il divario, in futuro non può che diminuire”.
Ma il meglio è come al solito nel testo in corpo 4 che racconta di come faccia il movimento politico Forza Italia ad avere l’indirizzo di casa nostra. I dati «sono stati estratti da un archivio elettronico di proprietà di Postel», archivio in cui «sono stati registrati negli scorsi anni dati ricavati da elenchi telefonici ed altri registri pubblici, all’epoca conoscibili da chiunque, e già utilizzati per inviarLe in passato materiale di propaganda elettorale o politica» (neretto mio).
Rispetto al passato, bisogna dire che almeno abbiamo un’informazione più completa. Però… Un annetto fa Telecom ci ha mandato una letterina in cui ci chiedeva se volevamo che nell’elenco del telefono il nostro nome venisse associato a un’iconcina “ok pubblicità”, e abbiamo risposto di no. La logica vorrebbe che dal momento in cui noi diamo il nostro dissenso, e fino a quando non diamo eventualmente di nuovo un assenso, nessuno possa utilizzare i nostri dati. E invece no! Come il peccato originale, quei dati sono ormai conservati e spammabili per l’eternità, visto che c’è stato un momento nella nostra vita in cui non avevamo detto che non volevamo pubblicità. Ad essere buoni, si fa per dire, la frase successiva può configurare un tentativo di opt-out (“ti abbiamo già scritto e non ti sei incazzato, quindi vuol dire che la cosa ti va bene”). Peccato che anche l’opt-out sia vietato dalla legge italiana.
Sto pensando di lanciare una campagna “cambia indirizzo”: scriviamo tutti (anzi, mandiamo un’email da un indirizzo usa-e-getta) e chiediamo ai sensi della legge della privacy… di modificare il nostro indirizzo. Proporrei quello della sede locale di Forza Italia, ma va benissimo un qualunque posto lontano da casa nostra. In questo modo chi vuole utilizzare quelle basi dati spenderà i soldi di spedizione, il che fa sempre bene perché muove l’economia…

Ultimo aggiornamento: 2006-06-23 17:32

informazione referendaria

Vabbè, Silvio ha detto che chi domenica non voterà sì non è degno di essere italiano, mentre il Garante ha diffidato Mediaset per gli spot che hanno voluto essere fedeli al proprio nome e hanno messo in luce solo un piccolo punto di quanto capiterà in caso di vittoria dei sì. Ma questa è in fin dei conti “normale dialettica”, non vale neppure la pena di parlarne. Dovrei scrivere qualcosa sulla letterina spedita da Silvio stesso, ma aspetto ancora un attimo per non buttare troppa carne al fuoco.
Invece sembra che il mio riassuntino di lunedì scorso abbia avuto un buon successo: numeri molti piccoli, chiaro, ma superiori all’impatto tipico di quanto scrivo. Ora, da un lato la cosa mi fa indubbiamente piacere, visto che ci ho perso un po’ di tempo a radunare le informazioni prima di metterle giù ed è bello sentire apprezzato il proprio lavoro. Dall’altro, però, mi dà da pensare.
La gente che viene a contatto con i miei sproloqui non penso siano pastori della Barbagia, ma persone che accedono regolarmente a tante fonti di informazione. Se hanno apprezzato il mio compitino, significa che non avevano trovato altrove – non tanto in televisione ma su articoli di giornali, o dal volantinaggio – qualcosa di simile. Questo significa ancora una volta che in Italia abbiamo un problema di comunicazione che sta diventando un problema politico più generale, e non sembra accorgersene nessuno. Io mi preoccupo.

Ultimo aggiornamento: 2006-06-22 12:53