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La conquista di Londra (libro)

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Nella prefazione – scritta quarant’anni dopo… – di questo libro (P.G. Wodehouse, La conquista di Londra [Bill the Conqueror], Guanda – Narratori della Fenice 2006 [1924], pag. 309, € 16.50, ISBN 88-8246-471-7, trad. Luigi Brioschi) Wodehouse spiega come per scriverlo si sia limitato a riciclare una sua trama per una commedia teatrale inglese… aggiungendoci altre sedici sottotrame. Non mi sono messo a contarle tutte, ma posso assicurarvi che ce ne sono tante, molto più che in una sit-com tipica. Ma tutto il libro è un pirotecnico esempio di commedia degli equivoci, con una sceneggiatura che sembra pronta per un film americano di quelli che in genere riesco anche a vedere al cinema: il tutto naturalmente scritto con l’inimitabile stile ben noto a chi abbia letto le avventure di Jeeves e Psmith. Nessuno va a cercare profondità in P.G. Wodehouse: ci si vuole rilassare e divertire, e anche in questo caso il risultato è raggiunto, anche grazie alla traduzione attenta. Una nota di demerito invece va a Guanda: a parte il costo del libro, non penso sia onesto cambiare il titolo rispetto alla vecchia traduzione, e perdendo tra l’altro il giochetto dietro l’originale “Bill il conquistatore”. Sì, in inglese suonava anche meglio, ma ci saremmo comunque potuti accontentare!

Ultimo aggiornamento: 2006-12-04 15:54

<em>Mathematical Quickies</em> (libro)

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Avevo preso questo libro (Charles W. Trigg, Mathematical Quickies, Dover Publications 1985, pag. 210, $ 9.95, ISBN 0-486-24949-2) sperando di trovare qualche gemma da aggiungere a uno dei miei tanti progetti che sono in attesa di un po’ di tempo da dedicarci: una raccolta di problemini da risolvere al volo. Purtroppo però la dura realtà mi ha colpito in faccia: di problemi belli e che non conoscevo ce ne sono veramente pochi, e quelli che ho trovato sono spesso di stile algebrico o geometrico ma non valgono molto, e sembrano più che altro un modo per dimostrare l’utilità di certi teoremi di cui spesso non si conosce nemmeno il nome. Vorrà dire che proseguirò solitario per la mia strada…

Ultimo aggiornamento: 2006-11-28 10:55

_La Stampa_ (quotidiano)

Io domenica a Roma avrei anche tentato di comprarla, ma le due edicole dove sono passato l’avevano entrambe terminata. Così, visto che tanto oggi ero a Torino, mi sono preso una copia “come deve essere” della Busiarda, vale a dire con tutte le cronache piemontesi. Ecco i miei commenti, in ordine sparso.
Dimensione: sono pazzi a fare un quotidiano di novantasei pagine in un solo fascicolo. Già Repubblica mi sta un po’ sulle palle, ma qua si esagera. Dov’era il problema nell’avere le trentadue pagine torinesi come fascicolo separato? Stanno ancora tremando al pensiero di quello che era successo ai tempi della prima riduzione di formato sotto Mieli?
Colore: mah, non ho mai capito bene quanta sia l’effettiva utilità, e soprattutto la copia che avevo io non era sempre bene allineata, il che porta a un brutto risultato.
Articoli e impaginazione: qui tremavo, ma ho invece visto che il risultato è ottimo. La pagina mi pare riempita bene, le notizie hanno tutto il loro bello spazio. Poi è chiaro che siamo sulla Busiarda, che se parla dell’omicidio a Napoli di un pregiudicato si affretta ad aggiungere che anni fa il fratello del morto era stato anche lui ucciso… a Torino; ma quello è ormai parte del gioco. Ho dei dubbi sul font usato: mi sta molto bene uno con le grazie, ma quello lì (è forse un Tahoma?) mi pare un po’ meno leggibile. Buffo che ad esempio Specchio dei tempi ora occupi in assoluto più spazio di prima.
Insomma, non è detto che la cosa andrà così male, anche se continuo a pensare che non ci sia una vera volontà di tornare ad essere un quotidiano a respiro nazionale.

Ultimo aggiornamento: 2015-07-10 14:22

Technoshopping (free press)

Questa mattina sono uscito da casa un quarto d’ora più tardi del solito: nel pacco di carta che c’era alla fermata della metro non ho trovato Goool!, che tanto però non prendo mai, né Leggo. In compenso c’era un giornale dal nome appunto Technoshopping, e con sottotitolo “realizzata dagli esperti di Suono, CarAudio, TuttoDigitale”. Il colophon afferma che è una pubblicazione mensile, già arrivata al secondo anno di vita, e che costa 2 centesimi di euro (mai capito questa storia, se non sbaglio anche Leggo ha un prezzo nominale).
Non che in realtà ci sia molto da dire: il giornale è unicamente composto da redazionali, tranne al limite l’articolo in prima pagina. Attenti! Non sto affatto denigrando il giornale: non vi è nulla di male, non è venduto – anzi regalato – come guida ragionata o altro, quindi dal suo punto di vista esegue perfettamente il suo obiettivo, ed è utile per chi vuole avere un’idea di una serie di prodotti di marche differenti. Quello che però mi chiedo è se in effetti tutta questa free press non stia abbassando ancora di più il lavoro del giornalista, che ormai si riduce sempre più spesso a fare il copincolla di cartelle stampa e lanci di agenzia, il tutto probabilmente per pochi soldi e un contratto precario. Gli editori si lamentano delle esose richieste del sindacato e bloccano il rinnovo del contratto, ma a quanto pare non si preoccupano più di tanto!

Ultimo aggiornamento: 2006-11-20 22:17

_24’_ (free press)

A quanto pare, il nuovo mercato della carta stampata è la free press pomeridiana. Dopo il Corsera con la sua Anteprima, oggi esce in pompa magna ventiquattrominuti, che come i più perspicaci tra i miei lettori [*] avranno immaginato, viene edito dal Sole-24 Ore. Trentadue pagine, distribuzione alle 17, formato quasi-tabloid nel senso che è largo come Repubblica ma leggermente meno alto, mentre se ci fate caso i quotidiani aggratis della mattina sono di dimensione minore. (Come, non ve ne siete accorti? male, molto male). In compenso, i caratteri usati sono molto grandi, il che significa che ci stanno poche parole. Generalmente viene usato un tipo senza grazie e di stile narrow, tranne nelle due interviste principali a Uolter Veltroni e Mestizia Moratti che hanno un font serif. La struttura delle pagine è composta da una striscia in alto con un paio di mininotizie e una foto, una fascia colorata subito sotto con un’altra mininotizia in evidenza, assieme a una foto più grande, e i due terzi in basso con la notizia principale della pagina. Un’attenzione particolare all’economia, due pagine di tivvù, e il resto sminuzzato variamente. La particolarità di questo numero è che c’è un solo inserzionista pubblicitario, Edison: l’azienda riesce a riempire quattordici pagine sulle 32.
Tra i grandi nomi, considerato che La Stampa ormai sta nel suo ridotto sabaudo, manca solo Repubblica: scommesse sulla sua data di uscita?
[*] vale a dire tutti. Se uno non è perspicace, perché viene a leggermi?

Ultimo aggiornamento: 2014-04-21 16:19

Lo scudo di Marte (libro)

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Lo speciale estivo di Urania (David G. Hartwell e Kathryn Cramer (ed.), Lo scudo di Marte [Year’s Best SF 8], Millemondi Urania 42 – estate 2006 [2003], pag. 491, € 5.10, 977-1123-076005-6004-2 , trad. Fabio Feminò) è la raccolta dei migliori racconti di fantascienza pubblicati nel 2002. Ero rimasto piuttosto deluso da quelli dell’anno precedente, ma devo dire che il livello medio si è di nuovo alzato, e mi è tornata la voglia di leggere di fantascienza. Intendiamoci, avrei apprezzato se Michael Moorcook non portasse l’omaggio a Leigh Brackett al punto tale da scrivere pessimamente come nei pulp degli anni ’30; ma racconti come quello di Ursula Le Guin, Bruce Sterling, Michael Swanwick, Eleanor Arnason, solo per citare i primi della raccolta, meritano davvero. Piuttosto, qualcuno mi deve spiegare chi è che pubblica oggi sotto il nome di Jack Williamson, classe 1912, primo suo racconto pubblicato negli anni ’20. Perché il fatto è che la sua storia è bella! Se volete, un po’ scontata, ma comunque bella.

Ultimo aggiornamento: 2006-11-17 12:07

_Il giardino dei ciliegi_ (teatro)

Sfruttando la meritevole iniziativa dell’Elfo, che per 35 euro ti dà cinque biglietti per la prima settimana di rappresentazione dei suoi spettacoli (costa meno che andare al cinema…) sabato scorso siamo andati a vedere Il giardino dei ciliegi, con la regia di Ferdinando Bruni e con Elio De Capitani e Ida Marinelli come protagonisti: insomma, i pezzi grossi della compagnia.
Ho commesso un grave errore, però: non sono andato a leggermi prima la trama (scusate per il link in inglese, ma è il più completo che ho trovato, e almeno non è in russo!). Avrei ad esempio capito che anche se Cechov aveva pensato l’opera come una commedia, Stanislawski la rappresentò come una tragedia; oppure non mi sarei stupito a vedere una differenza di trattamento tra le due sorelle Anja e Varja, visto che quest’ultima in realtà è una figlia adottiva. La messa in scena di per sé è fatta molto bene: tenete conto che gli interpreti sono molti, e quindi bisogna anche avere un posizionamento in scena che non rubi il fuoco a chi parla. Ma la Compagnia dell’Elfo ormai è ben esperta, e lo si vede.
Sull’opera in sé, a me sembra che siano tutti dei vinti. I due fratelli Ljuba e Gaev, che non riescono a capire che il tempo in cui la nobiltà viveva tranquilla è finito. Ma è un vinto anche Lopachin, il borghese di umili origini che si compra la tenuta per raderla al suolo e fare tante ville, ma a cui rimane sempre dentro di sé la propria origine che lui sente come una macchia; è un vinto il vecchio servitore Firs, fermo come i suoi padroni in quel mondo che non esiste più; ed è un vinto anche lo studente Trofimov, che me lo vedo pronto ad essere falciato dalle truppe zariste nella rivoluzione russa (quella del 1905, claro). Gli unici personaggi che si salvano sono la giovane Anja, la vera eroina della storia, e il vecchio Piscik, che essendo matto come un cavallo non si accorge di nulla… Sì, aveva ragione Stanislawski a rappresentarlo come una tragedia.
Ah, del giardino se ne parla sempre ma non lo si vede mai!

Ultimo aggiornamento: 2015-11-29 19:06

_The Penguin Dictionary of Curious and Interesting Numbers_ (libro)

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Un paradosso matematico afferma che non esiste il “più piccolo numero NON interessante”. Infatti se n fosse tale numero, avrebbe immediatamente la proprietà di essere “il minore tra i numeri non interessanti”, e pertanto diventare ipso facto interessante. In questo libro (David Wells, The Penguin Dictionary of Curious and Interesting Numbers, Penguin 19972, pag. 231, Lst 8.99, ISBN 0-14-026149-4) David Wells sceglie un approccio molto terra terra: il primo numero di cui non sa cosa dire, per la cronaca il 51, diventa contemporaneamente interessante e non interessante. A parte questo sfoggio di paradossalità, il libro raccoglie tante notizie più o meno interessanti: sapere che 50625 è la più piccola quarta potenza esprimibile come somma di cinque quarte potenze distinte non mi scalda molto il cuore, e non oso pensare cosa può dire a uno che non sia appassionato di numeri. Però il libro è utile come manuale di riferimento, grazie al suo comodo indice ragionato al fondo del testo che permette di trovare facilmente la spiegazione di che cosa è ad esempio un numero di Kaprekar. Insomma, prendetelo più come un’enciclopedia che come una lettura.

Ultimo aggiornamento: 2006-11-07 11:10