Archivi categoria: Uncategorized

Cavalcare la propria tigre (libro)

[copertina] Si sa che il pensiero filosofico orientale, soprattutto quello antico, è al giorno d’oggi di moda. Ci si lancia così anche lo psicoterapeuta Giorgio Nardone con questo smilzo libretto (Giorgio Nardone, Cavalcare la propria tigre, Ponte alle Grazie, maggio 2003, pag. 109, €9, ISBN 978-88-7928-639-8) che come sottotitolo recita “gli stratagemmi nelle arti marziali ovvero come risolvere problemi difficili attraverso soluzioni semplici”. Mah. Di arti marziali in pratica non se ne parla, le soluzioni saranno “semplici” ma i tredici consigli mi sembrano tanto un modo come un altro di fare massime pseudozen. Per i curiosi, i consigli sono: Solcare il mare all’insaputa del cielo; mentire dicendo la verità; partire dopo per arrivare prima; intorbidire le acque per far venire a galla i pesci; se vuoi drizzare una cosa, impara prima come storcerla di più; circolare contro lineare, lineare contro circolare; uccidere il serpente col suo stesso veleno; spegnere il fuoco aggiungendo la legna; far salire il nemico in soffitta e poi togliere la scala; creare dal nulla; lo stratagemma del trucco svelato; cambiare costantemente rimanendo gli stessi; vincere senza combattere.
Il tutto è preceduto da tre capitoletti che spiegano quali sono le arti da seguire: la Metis (astuzia), dove tra l’altro scopriamo che nella filosofia platonica “fede religiosa e scienza si sovrappongono l’una all’altra sacrificando la saggezza al dogma” e che la biblioteca di Alessandria “venne data alle fiamme dai Cristiani che la ritenevano sacrilega”; la guerra (da evitare per quanto possibile); e la persuasione. Qualcosa di interessante lo si trova anche, ma bisogna spulciare bene.

Ultimo aggiornamento: 2007-08-05 17:55

Armonia celeste e dodecafonia (libro)

[copertina] Io sono uno dei tanti (troppi?) per i quali la musica dodecafonica e postdodecafonica è assolutamente inascoltabile. Devo dire che non ci ho mai perso il sonno sopra, visto che c’è tanta di quella musica a disposizione che non mi capiterà certo di trovarmi in crisi di astinenza: Andrea Frova invece, da buon fisico, ha deciso di andare a fondo sulla cosa e ha scritto questo libro (Andrea Frova, Armonia celeste e dodecafonia, Rizzoli – BUR, ottobre 2006, pag. 360, €10.20, ISBN 978-88-17-00763-4) per decidere “scientificamente” una volta per tutte se quello contro la dodecafonia è un pregiudizio oppure ha un qualche fondamento. Il risultato è stato “è proprio vero”, riuscendo così a spaccare i lettori. Tra gli altri commenti che ho letto, non ci sono mezze misure: o viene dato il voto massimo o il minimo. Il problema è che mi pare che i voti vengano dati più che altro per partito preso, a seconda se si sia dodecafilici (sparuta minoranza) o dodecafobici. Onestamente, nel testo ci sono parti molto interessanti, come ad esempio tutta la sezione centrale che spiega come i vari strumenti emettano il loro suono e come gli inviluppi delle varie armoniche modifichino il timbro. Anche la parte finale che mostra come i nervi vengono stimolati dalle onde sonore non è male. Però le settanta pagine del primo capitolo “Ascesa, trasfigurazione e morte dell’armonia tonale” sono un panegirico a volte persino imbarazzante di com’è bella l’armonia classica, com’è buona l’armonia classica, che perfino i neanderthaliani conoscevano l’armonia classica, che la musica delle altre culture sia così piatta in confronto all’armonia classica, e via discorrendo. (Su quest’ultimo punto devo ammettere che quando a Kobe ascoltai della musica tradizionale giapponese la trovai molto noiosa, tranne l’ultimo pezzo; il mio collega giapponese mi spiegò che quello era stato “contaminato” dall’armonia occidentale). Alla fine, insomma, il libro mi sembra quasi essere un pamphlet, intendiamoci scritto molto bene, ma che non smuoverà di un centimetro le certezze di nessuno.

Ultimo aggiornamento: 2019-12-11 11:15

La bussola d’oro (libro)

[copertina] Supponiamo di trovarci in un college a Oxford agli inizi del ventesimo secolo. Solo che non è esattamente la stessa Oxford, o meglio non è esattamente la stessa Terra. Qui infatti la Chiesa cristiana ha un potere molto più pervasivo: non da parte del Papa, visto che dopo lo spostamento della sede a Ginevra e la morte dell’ultimo papa Giovanni Calvino non ne sono stati eletti altri, ma da una guida collegiale detta Magisterium. Ma quello che è ancora più diverso è che ogni persona ha accanto a sé un daimon, una seconda parte di sé sotto forma di animale. Questa è l’ambientazione del libro (Philip Pullman, La bussola d’oro [His Dark Materials 1: Northern Lights], Salani 1996 [1995], pag. 354, € 14.50, ISBN 978-88-8451-182-9, trad. Marina Astrologo e Alfredo Tutino). La protagonista è Lyra, una bambina undicenne che si trova suo malgrado coinvolta in una lotta più grande di lei nel tentativo di scoprire un passaggio tra i mondi paralleli, che si avvicinano tra loro nell’estremo nord per mezzo dell’aurora boreale. Il tutto è condito da streghe, orsi senzienti con armature di ferro meteoritico… e un texano, che si sa fa sempre il suo bell’effetto: ti accorgi che è texano anche dall’ottima traduzione :-). Devo dire che per la prima cinquantina di pagine non è che la storia mi appassionasse, ma poi mi ha preso davvero, anche se tirare fuori il libero arbitrio come hanno fatto alcuni commentatori mi sembra un po’ eccessivo. Ah, il titolo non c’entra nulla, visto che lo strumento di cui si parlerà non è una bussola ma un aletiometro, che non vi dico cosa sia… leggetevelo!

Ultimo aggiornamento: 2007-07-30 10:47

La scienza di Sherlock Holmes (libro)

[copertina](se vuoi una mia recensione più seria, va’ su Galileo!)
Il periodo alla fine del diciannovesimo secolo è quello in cui nel Vecchio Mondo si era convinti che mancava pochissimo a scoprire tutto. Arthur Conan Doyle aveva una formazione da medico, come il suo alter ego Watson; ma le sue conoscenze sono meglio rappresentate dalle affermazioni di Sherlock Holmes, come si può immaginare. In questo libro (E.J. Wagner, La scienza di Sherlock Holmes [The Science of Sherlock Holmes], Bollati Boringhieri – Varianti 2007 [2006], pag. 228, € 20, ISBN 978-88-339-1749-8, trad. Alice Basso) l’autrice, esperta di medicina forense, racconta le conquiste della scienza dell’Ottocento attraverso i riferimenti nelle opere dell’investigatore londinese. Quello che si nota nei vari capitoli, dall’uso delle impronte digitali alle autopsie ma anche al modo in cui la polizia deve operare sui luoghi del delitto, mostra come Conan Doyle fosse estremamente attento alle novità che si stavano verificando, e in un certo senso facesse del proselitismo sotto la forma dei racconti investigativi. Ciò detto, pur riconoscendo lo stile leggero del libro fortunatamente mantenuto nell’ottima traduzione, mi pare che il libro abbia un interesse relativamente limitato per tutti coloro che non siano davvero appassionati della materia. La parte finale dei capitoli, una specie di “sapevàtevelo!” con notiziole sugli usi delle varie metodologie dopo la morte di Conan Doyle, era poi a mio parere inutile. Scegliete voi se la materia vi ispira o no.

Ultimo aggiornamento: 2007-07-25 10:07

Lavoratori di tutto il mondo, ridete! (libro)

[copertina] Mi sa tanto che non deve essere così facile essere nato in un paese dell’Est, essere emigrato in Italia, e nonostante tutto essere di sinistra. Anche Moni Ovadia deve essere d’accordo con me, visto che in questo libro (Moni Ovadia, Lavoratori di tutto il mondo, ridete!, Einaudi Stile libero big 2007, pag. XXIV-269, € 15.50, ISBN 9788806185350) si lancia in una lunga introduzione per spiegare come l’idea di base del socialismo rivoluzionario fosse buona, ma che è stata gestita sempre peggio: e che comunque il capitalismo non è certo meglio e che se non fosse stato creato quel “cordone sanitario” dopo la prima guerra mondiale magari le cose sarebbero andate diversamente. Resta il fatto che questo libro rimane né carne né pesce, con una serie di battute che dovrebbero essere la parte fondamentale del libro ma sono di valore disuguale: alcune fantastiche, mentre altre non sono riuscito a capirle. Paradossalmente è più interessante la parte storica, con l’appendice in fondo e i rapidi richiami durante il libro: ma allora perché non farlo esplicitamente? Avevano paura non vendesse?

Ultimo aggiornamento: 2007-07-16 15:48

Etnomatematica (libro)

[copertina](se vuoi una mia recensione più seria, va’ su Galileo!)
Per tutti noi la matematica è fondamentalmente una successione di teoremi e dimostrazioni. Magari le dimostrazioni non le capiamo, ma ci fidiamo. Questo però è il lascito del pensiero greco, e non è affatto detto che la stessa cosa capitasse con altri popoli. Ma effettivamente, come potrebbe la matematica essere diversa? In questo libro (Marcia Ascher, Etnomatematica [Mathematics Elsewhere], Bollati Boringhieri – Saggi Scienze 2007 [2002], pag. 235, € 28, ISBN 978-88-339-1767-2, trad. Paolo Pagli) l’autrice cerca di dare una risposta, proseguendo le ricerche etnologiche già portate avanti da lei in passato. Vengono cosi presentati vari concetti matematici in culture primitive, anche se non necessariamente: la sezione in cui viene spiegata la logica “prescrittiva” del calendario ebraico è assolutamente gustosa, cosi come la struttura ciclica che i baschi delle montagne usavano fino a pochi decenni orsono per ottenere equità ed evitare prevaricazioni. La matematica sottostante i vari procedimenti raccontati è svolta in maniera fin troppo completa, il che forse potrebbe nuocere a chi non è così abituato a masticarla; la traduzione è ottima – ma Paolo Pagli è docente universitario di matematica, quindi ce lo si può aspettare. Peccato per qualche svista sfuggita ai correttori di bozze.

Ultimo aggiornamento: 2007-07-11 12:09

<em>Afghanistan – i tesori ritrovati</em> (mostra)

Oggi gita turistica a Torino, per farmi respirare un po’ d’aria di casa e andare a vedere la mostra di cui in oggetto. In pratica, a quanto pare, una delle clausole non scritte della guerra Onu contro i talebani sembra essere stata “bene, noi ve li togliamo di torno, però poi ci fate portare in giro un po’ della roba che c’è dalle vostre parti”. I talebani continuano ad esserci, però la mostra almeno la si può vedere: è stata prima a Parigi, adesso è a Torino fino al 23 settembre perché Sanpaolo pre-Intesa aveva cacciato i soldi, poi penso finirà ad Amsterdam, Bonn e New York.
Anche se sapevo dov’era il museo di Antichità di Torino ho fatto comunque fatica a trovare l’ingresso, visto che l’hanno spostato ed è a fianco del duomo. In effetti, la mostra sta nel seminterrato della Manica Nuova di Palazzo Reale, quella che quando hanno deciso di costruire hanno scoperto che rimaneva per metà sopra i resti del teatro romano: solo che i Savoia non si lasciavano intimidire da tutto questo, e quindi ora si vede solo metà del teatro perché l’altra metà resta appunto all’interno del palazzo. La mostra non è enorme come quantità dei reperti, ma la qualità è davvero eccezionale: la parte delle tombe di Tillia Tepe, scoperta tra l’altro dai sovietici, è semplicemente favolosa. A parte la ricchezza e l’abilità nella creazione dei manufatti, la cosa più interessante è probabilmente la commistione di temi greci e indiani, legata al fatto che la maggior parte dei reperti è databile tra il 300 a.C e il 100 d.C, dopo che Alessandro Magno aveva aperto anche la via dell’occidente.
Visto che il biglietto è cumulativo, abbiamo anche dato un’occhiata al museo di Antichità, che io avevo già visitato alcuni anni fa. A parte che continuo a trovarmi a disagio con la logica “di scavo” dell’esposizione – in pratica, si fa un percorso a spirale e man mano che si scende verso il basso si trovano reperti più antichi – bisogna dire che il confronto con quello che facevano in Afghanistan è impietoso. Ma è anche vero che il Piemonte è sempre stata una provincia periferica… non si può pretendere troppo. Il museo però ha i suoi punti di interesse, come ad esempio le ampie spiegazioni sui manufatti – solo in italiano, purtroppo.

Ultimo aggiornamento: 2007-07-01 22:39

Che cos’è il tempo? Che cos’è lo spazio? (libro)

[copertina]
In questo libretto davvero smilzo (Carlo Rovelli, Che cos’è il tempo? Che cos’è lo spazio?, Di Renzo “I Dialoghi – Scienza”, pag. 59, € 8.50, ISBN 9788883230820) l’autore, fisico teorico e uno dei cosiddetti “cervelli all’estero”, racconta le sue ricerche sulla natura dello spazio-tempo. Spero di non rovinare la sorpresa a nessuno se vi dico che secondo la sua “teoria dei loop” (da non confondersi con la più nota teoria delle stringhe) non esiste né spazio né tempo. Ciò detto, devo anche rassicurare il lettore allergico alla matematica: qui di formule e robacce del genere non ne troverà affatto; piuttosto leggerà una specie di rapida autobiografia dove qua e là si parla anche di fisica. Magari la cosa può anche interessare, ma di una divulgazione così all’acqua di rose non me ne faccio molto.

Ultimo aggiornamento: 2007-06-25 10:54