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Twitter e Reddit: che succede?

forbiddenLa scorsa settimana Elon Musk ha messo un limite (temporaneo?) al numero di tweet che possono essere letti in un periodo prefissato di tempo. Nel frattempo Reddit ha messo le proprie API a pagamento, suscitando proteste immani da parte degli utenti (mi sa che le proteste siano rientrate). I due casi sono diversi: per esempio, oltre a limitare quanto si può vedere, Twitter ora non permette di leggere tweet se non si è loggati, probabilmente perché i costi di connessione erano troppo alti; Reddit deve invece dimostrare di fare soldi per l’ingresso in borsa. Ma una cosa in comune ce l’hanno: il voler bloccare le API.

Facciamo un passo indietro. Le API (Application Programming Interfaces) sono funzioni che un programma può usare per interagire con un altro programma. Per esempio Twitter mette a disposizione API per scrivere un tweet oppure per recuperare tutti i tweet che hanno al loro interno un certo hashtag. Ma questo lo fa già l’app di Twitter, direte! Certo, ma usando le API uno può scriversi una nuova app che faccia le cose in modo diverso: chessò, con un’interfaccia grafica migliore, con feature che non sono state pensate da chi ha scritto l’app ufficiale, eliminando i messaggi pubblicitari che inframmezzano il contenuto da scaricare, o radunando in un unico posto contenuti da diversi siti.

Tutto questo è bellissimo se si stanno usando programmi amatoriali: ma se qualcuno ha un servizio da cui vuole tirarci fuori dei soldi è una iattura unica. (E tra l’altro da quello che ho capito l’app ufficiale di Reddit fa schifo). Quello che succede in pratica è dunque che tutti questi servizi, non appena raggiungono una massa critica, fanno in modo che sia sempre più difficile se non del tutto impossibile recuperare i dati che si tengono in pancia e che sono il vero loro asset.

L’altra faccia della medaglia? Servizi davvero liberi, come per esempio Mastodon, non avranno mai le risorse per raggiungere la massa critica. Quindi o si sceglie esplicitamente di restare a livello amatoriale, come nel mio socialino di nicchia preferito (che comunque non ha API per non sbagliarsi…) o nulla. Viviamo in un mondo difficile.

Ultimo aggiornamento: 2023-07-17 14:06

E inoltre un bellissimo set di pentole

Di solito non guardo la colonna di destra di Twitter. (Ok, non guardo molto Twitter in generale: ieri sera mi sono accorto dopo non so quanto tempo che avevo tolto il pin all’unica lista che seguo). Non so quindi da quanto tempo ci sia questo annuncio, che pure è piuttosto visibile.

Per sapere quali sono le “nuove funzioni sbloccabili” occorre fare non uno ma due clic, per arrivare qui (e ci vuole un terzo tweet per capire quanto ti costa abbonarti). Non esattamente qualcosa che ti fa venire voglia di pagare Elon. Ma il punto è che un messaggio di questo tipo mi fa davvero venire in mente le gite di qualche decennio fa dove ti vendevano poi le pentole… Non so quanto Twitter durerà, se le idee di marketing sono queste.

Metaverso, che diavolo era?

zuckerberg La scorsa settimana BusinessInsider (quello americano) ha postato un articolo dall’eloquente titolo RIP Metaverse. Io come sempre non faccio testo, ma mentre con Second Life avevo provato a installare il programma, eliminandolo immediatamente visto che non avevo abbastanza banda, non mi è mai nemmeno venuto in mente anche solo di vedere come Zuckerberg avesse messo su tutto l’ambaradan. E dire che ormai la banda la dovrei avere.

Ma anche se io non faccio testo quello che ho notato è che comunque non c’è stato tutto l’hype di una quindicina di anni fa (ma ve lo ricordate Tonino Di Pietro che faceva i comizi?), il che mi fa pensare che almeno stavolta io sia in ottima compagnia. Ora, è facile fare un’analisi sociologica a posteriori sul flop del metaverso: molto meno facile farla corretta. Ma chi sono io per esimermi dal fornirvi il mio pensiero chiaramente erroneo? Quello che vedo è che la gente in rete fa fondamentalmente due cose: litiga per scritto e guarda video di gattyni, cioè due cose che non può fare di persona (quanti gattini trovate in giro?) Il metaverso, così come Second Life, doveva essere una copia in rete di quello che facciamo già tutti i giorni nella vita reale: e allora tanto vale farlo lì, no?

CRA e new PLD: le nuove direttive UE sul software

Nell’assordante silenzio dei media, Parlamento e Commissione stanno promulgando il Cyber Resilience Act e un aggiornamento della Product Liability Directive. Fin qua tutto bene: la prima legge richiede ai fornitori di apparati digitali devono garantire la sicurezza dei prodotti che vendono per mezzo di test di vulnerabilità resi disponibili, mentre la seconda direttiva prevede che chi produce software sia responsabile per i danni causati dal prodotto. Il guaio è che come al solito le buone intenzioni sono messe nero su bianco senza pensare alle conseguenze.

Un’azienda che scrive software proprietario probabilmente avrà un innalzamento dei costi, ma si limiterà a fare delle polizze per premunirsi su questi possibili errori. Ma chi scriverà più software libero, con questa spada di Damocle? I primi a parlare di questo sono stati quelli della Python Software Foundation; ma per esempio anche i wikipediani europei hanno espresso le loro preocupazioni. Ma i problemi sono proprio alla fonte, come nota Andrea Monti. Monti nota come il software, sin dalla preistorica direttiva 250/1991, è qualificato giuridicamente come “opera letteraria”, perché quello che viene considerato è il codice sorgente. Passare a una tutela sul prodotto, cioè sul codice compilato, cambia completamente le carte in tavola, anche perché sorgente ed eseguibile sono due cose ben distinte.
Che succederà ora? Non è ancora chiaro. Il termine ultimo per le osservazioni è vicinissimo, il 26 aprile: la speranza è che almeno questa volta i legislatori riescano a trovare una quadra, sperando che non ci siano le solite lobby che remano contro.

Meta vs Siae part 2

Dopo la lite tra Meta e Siae, scopro che l’AGCM ha aperto un’istruttoria “per presunto abuso di dipendenza economica da parte di Meta nei confronti di Siae”.

Io mi sarei aspettato che nel testo dove l’Antitrust spiega le ragioni di questa istruttoria ci fosse almeno un accenno al fatto che le condizioni che Meta ha fatto ad altre società di gestione di diritti (Soundreef, per non fare nomi) sono pessime. A questo punto si potrebbe pensare a un abuso di posizione dominante. Invece non c’è nulla di tutto questo, ma solo le lamentazioni perché «A seguito dell’interruzione delle trattative, Meta ha eliminato dalle piattaforme social i contenuti musicali tutelati da Siae in modo che non fossero più fruibili dagli utenti.» e continua dicendo che «Queste pratiche abusive […] potrebbero limitare in modo considerevole la possibilità di scelta dei consumatori che verrebbero privati della possibilità di fruire delle opere tutelate da Siae». Io avevo capito che il contendere erano i brani usati come colonna sonora su Facebook e Instagram, cosa diversa dalle playlist su Spotify; la “fruizione” è insomma molto indiretta. Ma evidentmente mi sbaglio e l’Antitrust ne sa molto più di me.

Ultimo aggiornamento: 2023-04-07 07:47

il Garante Privacy sa cosa colpire

A me non interessa più di tanto che il Garante della Privacy abbia provvisoriamente limitato l’accesso a ChatGPT dall’Italia, probabilmente prendendo come scusa un data breach del 20 marzo. Mi interesserebbe di più se il Garante riuscisse a bloccare le chiamate spam che arrivano al mio telefono nonostante il mio numero sia nel Registro delle opposizioni, ma capisco che dal loro punto di vista è molto più semplice bloccare un sito che fare un vero lavoro di ricerca: non gli costa praticamente nulla.

Mi fa già parecchio ridere che il garante rilevi «l’assenza di qualsivoglia verifica dell’età degli utenti in relazione al servizio ChatGPT che, secondo i termini pubblicati da OpenAI L.L.C., è riservato a soggetti che abbiano compiuto almeno 13 anni»: sono ragionevolmente certo che per fare un esempio su TikTok ti autocertifichi l’età e nessuno ha nulla da ridire.

Mi fa però molto ridere che pare che la nostra intelligence abbia affermato «chi vigila sui contenuti che l’intelligenza artificiale produce? Che atteggiamento bisogna avere davanti a informazioni palesemente false in grado di manipolare l’opinione pubblica?». Il tutto esplicitamente a causa delle immagini del Papa con indosso un bomber. Mi chiedo se l’intelligence abbia mai dato un’occhiata a quante informazioni palesemente false appaiano sui nostri media, o se pensa che tanto siamo un popolo di analfabeti e quindi la soglia di preoccupazione si ha solo con le foto.

tira brutta aria per Internet Archive

Qualche giorno fa si è tenuta l’udienza del processo intentato da Hachette contro Internet Archive, processo di cui vi avevo raccontato l’anno scorso. A quanto pare le cose vanno male per Internet Archive.

Occhei, la fonte è Publisher Week e quindi di parte. Ma secondo loro il giudice afferma che un conto è che una biblioteca acquisti un ebook e lo dia in prestito, un po’ come MLOL fa qui da noi in Italia; ma non è lecito trasformare un libro cartaceo in elettronico e poi prestarlo. Cito: “whether a library has the right to make a digital copy of a book that it owns and then lend that digital copy, which it has made without a license and without permission”.

La logica è un po’ scivolosa, perché si potrebbe in teoria anche applicare alle copertine cartonate messe per proteggere i libri ma che sono una modifica al libro stesso; e con buona probabilità non dovrebbe essere valida per i testi più vecchi, che non parlano di divieto di riproduzione digitale ma al più di divieto di fotocopie (che sono cartacee). Ma ho il sospetto che Internet Archive perderà la causa. :(

Aggiornamento (28 marzo) Questo articolo fa notare come la strategia dei grandi gruppi editoriali sia più sottile. Quello che vogliono ottenere è una sentenza che specifichi che Internet Archive non è una biblioteca, e quindi non può godere dei vantaggi che il sistema americano concede a esse…

Ultimo aggiornamento: 2023-03-28 12:39

Google Foto e le posizioni stimate

Nella sua infinita saggezza, Google stanotte mi ha mandato un messaggio di cui vedete qua la parte principale. In pratica, «Google Foto stima la tua posizione in base a informazioni quali i punti di riferimento rilevati nella foto e le posizioni nelle altre tue foto.» Insomma, qualcuno si è accorto che – anche dopo che Google Location è stato disaccoppiato da Google Foto – la Grande G indicava comunque nelle foto dove ti trovavi.

Io sono abbastanza certo di lasciare le opzioni di geolocalizzazione sul telefono, e quindi le mie foto dovrebbero avere comunque i dati; ma quella è ovviamente una scelta mia. Altra cosa ovvia è che se si prende una foto con un qualche punto di riferimento e la si dà in pasto a un sistema automatico quello riesce a capire dove ti trovi. Devo dire però che non mi piace il principio che a Mountain View usino anche le posizioni delle altre foto. Il fatto che nella sua infinita bontà Google segnali che le vecchie immagini vedranno – almeno ufficialmente – cancellate quelle informazioni secondo me significa solamente che c’è stata qualche sentenza dell’Unione Europea che li ha costretti a fare così: altrimenti non si capirebbe perché nelle opzioni la geolocalizzazione di quel tipo è stata lasciata in ON… Vabbè, sapevàtelo!