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La banalità delle distruzioni

Dando per buono quanto affermato dalle forze israeliane, l’edificio in cui si trovata Yahya Sinwar quando era stato ucciso era “protetto da cariche esplosive”, il che potrebbe far capire perché sia stato distrutto. Ma sempre a detta loro, in un pattugliamento “di routine” avevano trovato tre sospetti e quindi si sono sparati colpi di artiglieria da un carro armato. Ecco, pensare che una cosa come questa sia normale mi fa paura.

Ultimo aggiornamento: 2024-10-24 20:28

morte reale

In questi giorni avevo visto su Twitter/X un po’ di gente che parlava di un qualcosa legato alla titolare di una pizzeria e recensioni varie, con tutta una sfilza di commenti presumibilmente di insulti e simili. Essendo cose di cui non me ne può importare di meno non ho guardato cosa era successo. Stamattina il GR regionale di Radio Popolare ha aperto con la notizia che la titolare della pizzeria è stata trovata morta, presumibilmente suicida.

Io penso a quella povera persona, ma soprattutto penso a tutti quelli che hanno riempito i social di attacchi immagino pesantissimi, e che ora continueranno a vivere tranquilli e beati, “perché non è colpa loro”.

Ultimo aggiornamento: 2024-01-15 10:22

E cosa dire?

il titolo del Corsera Conoscevo Martino Benzi da più di trent’anni. Eravamo tra i fissati della telematica dei primi anni ’90 su usenet, o forse eravamo già entrambi su Fidonet; visto che viveva ad Alessandria è capitato qualche volta che ci trovassimo a Torino a qualche incontro de visu. Poi i contatti si erano diradati, ma visto che anche lui si divertiva con i problemi matematici – vedete per esempio questo suo post – capitava ogni tanto qualche scambio di mail: l’ultima è dello scorso ottobre, quando gli feci gli auguri di buon compleanno.
È vero, le interazioni via rete sono sempre limitate, soprattutto se legate a un preciso interesse comune: ma non avrei mai potuto immaginare una tragedia del genere. Né saprei cosa dire (e a chi, poi?).

Il bisogno di fiducia

Mercoledì sera mi ha telefonato l’ex moglie di un cugino di mio padre. (Scusate, sono di famiglia veneta e quindi terrone del nord. Questi giri sono per me assolutamente normali). Ci si sente ogni tanto, giusto per sapere come vanno le cose, ma nulla di particolare. Stavolta però mi ha chiamato perché voleva avere assicurazioni su quello che succederà con il coronavirus: e l’ha chiesto a me che non sono né un epidemiologo né uno statistico né un politico, semplicemente perché sono quello della famiglia “che sa le cose” (cosa diversa da “ha studiato”, che è da noi una cosa abbastanza comune).

Ovviamente non ho potuto dare risposte che non siano generiche, ma probabilmente non era nemmeno così importante. Quello che contava era trovare qualcuno di cui avere fiducia, in un momento in cui evidentemente ci sono troppe notizie contrastanti e la paura si espande a macchia d’olio. Su, stiamo persino aggrappandoci a Giuseppi Conte, che dopo il casino della settimana scorsa deve avere detto a Casalino che stesse pure in quarantena e si è trovato qualcun altro a scrivergli i messaggi: quello di mercoledì era preparato davvero bene. Beh, io ho paura di questo bisogno di certezze, in un momento in cui di certezze non ne possiamo avere. Siamo vulnerabili all’infodemia, oltre che alla pandemia; la seconda è molto più pericolosa sul breve termine, ma non sottovalutate la prima.

Didattica remota: un casino

Per quanto riguarda il mio lavoro, la situazione è complicata ma non impossibile. Fortunatamente la mia azienda ha liberalizzato il lavoro agile e il mio lavoro è fatto di scrittura documenti e audioconferenze, quindi può essere fatto più o meno ovunque. In realtà quando posso cerco di andare in ufficio, perché lavorare da casa con due gemelli che non hanno nulla da fare è una tragedia.

Ed è proprio di questo che vorrei parlare. Il secondo grande problema di avere i bambini a casa da scuola (il primo è naturalmente quello di evitare che la casa in questione sia distrutta senza anestetizzarli con televisione videogiochi e smartphones) è che stanno perdendo settimane di lezione. Che si può fare? Boh. Probabilmente avete letto che nel decreto con le misure per rallentare la diffusione del coronavirus il governo ha dato ordine ai dirigenti scolastici di avviare «modalità di didattica a distanza». Magari avete anche letto che nel Trentino, a Mezzolombardo, ci sono state diffide al riguardo da parte del sindacato. Non entro nel merito di quella storia perché non ne so abbastanza; vorrei però raccontare altre storie.

Per prima cosa, c’è sicuramente chi ha pensato che la situazione può comunque servire a fare affari, magari non adesso ma nel futuro. Come vedete dalla pagina creata dal Ministero dell’Istruzione, Google e Microsoft si sono affrettate a concedere l’uso delle proprie piattaforme. Vabbè, vi segnalo che esiste anche un’applicazione libera, Jitsi, con vari server disponibili. Gli amici wikipediani hanno anche un tutorial – lo trovate su Wikibooks – per spiegare come lo si può usare.

Ovviamente però le cose non sono così facili. Io vedo almeno tre tipi di problemi. Innanzitutto non è detto che tutti i ragazzi abbiano accesso a risorse elettroniche e abbiano la possibilità di avere abbastanza banda per una connessione a larga banda. Poi bisogna ricordare che un bambino di sei anni e un diciottenne quasi uomo hanno delle diverse necessità e capacità; e collegato a questa differenza c’è il tema dei contenuti (tra l’altro, Treccani è indicata nella pagina del ministero che ho segnalato prima, ma non so quanto del loro materiale è adatto a bambini e ragazzi di elementari e medie. Lo stesso vale naturalmente per Wikipedia: piuttosto vi ricordo dell’esistenza di Vikidia). Infine, per quanta buona volontà gli insegnanti abbiano, anche per la maggior parte di loro tutto questo è nuovo, e non si può pensare che facciano un corso accelerato senza neppure il supporto di qualcuno davvero esperto (No, io non sono esperto né di didattica né di interazioni video).

Si deve lasciare perdere tutto, allora? Mannò. Bisogna semplicemente non fare il passo più lungo della gamba, ma mettersi comunque a camminare. Male non fa, e a qualcosa il tutto servirà. Come si dice in piemontese ma non solo, “piutòst che nient, l’è mej piutòst”.Per esempio, la maestra di Cecilia ha trovato un sito svizzero, LearningApps.org, che permette di creare e usare delle semplici animazioni che possono utilmente servire come ripasso delle nozioni studiate a scuola. Poi c’è la parte che mi sta più a cuore, la matematica. Gli amici di MaddMaths! stanno per lanciare l’iniziativa #lascuolaconta e preparare materiale da lasciare a disposizione: ma credo che sia davvero necessario uno sforzo di tutti per tirare fuori idee prima ancora di metterle in pratica. Insomma, non siate timidi!

Ultimo aggiornamento: 2020-03-06 13:52

Povero Battiato

Qualche giorno fa è uscito un nuovo album di Franco Battiato, “Torneremo ancora”. L’album contiene quattordici brani storici arrangiati orchestralmente e suonati dalla Royal Philarmonic Concert Orchestra, e un inedito, quello che dà il titolo all’album, con la voce registrata tra il 2016 e il 2017 durante le prove di un tour con la Royal che abortì quasi subito, e la musica aggiunta questa primavera.

Il problema è che è abbastanza probabile che Battiato soffra di una forma piuttosto avanzata di Alzheimer. Ovviamente nessuno lo scrive, “per rispettare la privacy del Maestro” o più probabilmente per evitare di essere citati a giudizio; ma molti interventi lo fanno intuire, più alla lontana (Vanity Fair) o quasi esplicitamente (Roberto Ferri, che d’altra parte ne aveva già parlato l’anno scorso). Ecco: per me operazioni di questo tipo, con il Maestro vivo ma che non può avere parola al riguardo, sono di puro sciacallaggio. Non mi danno fastidio gli album postumi, anche quelli che raccattano gli scarti degli scarti: ma credo che ci sia un limite, e in questo caso è stato superato.

Oltre ai morti e ai feriti

Nella vicenda del cavalcavia crollato sulla statale 36 non ci sono solo i morti e i feriti da ricordare. Io penso al cantoniere che aveva segnalato il pericolo e a cui è stato detto di aspettare qualcuno più in alto che andasse a vedere e firmasse l’ordine di chiusura della strada. Formalmente il cantoniere non ha alcuna colpa, anzi. Ma se io fossi al posto suo non riuscirei a togliermi dalla testa l’idea che avrei dovuto fare di testa mia. Dev’essere una sensazione terribile.

Ultimo aggiornamento: 2016-10-29 19:45

No, non lo sapevo

Stamattina al GR ho saputo che Tiziana Cantone si è impiccata. Ho poi saputo che circolava da non so quanto tempo un video hard con lei come protagonista, che aveva avuto un’enorme diffusione e che le aveva distrutto la vita.

Poi ho purtroppo letto i post – su queste cose ho smesso da un bel pezzo di guardare i commenti, se non ogni tanto per ricordarmi il Paese Reale – al riguardo. Scopro che tale Francesco Guarino, che ammetto essermi del tutto ignoto, scrive «Una frase, un volto, un pompino. Quel video lo abbiamo visto tutti e tutti ci abbiamo riso su. E non solo. Lo abbiamo scandagliato in lungo e in largo, ridotto a meme, innalzato al rango di tormentone.» e poi ci rende noto che «Perché se salta fuori un mio video mentre scopo una tipa sul cofano di un parcheggio, io sono un “chiavatore” e quella che sta sotto di me è una “troia”. Perché Vaticano e Fertility Day ci hanno ̶i̶n̶s̶e̶g̶n̶a̶t̶o̶ indottrinato che il sesso è roba da uomini, e le donne sono le madri dei nostri figli. Oppure il fodero dove infilarci a piacimento.» Linus – a quanto pare parte dell’audio di quel video era diventato un tormentone a Radio Deejay – si difende scrivendo «Ma “non dite che non lo sapevate” vale per tutti. Non dite che chi gestisce la nostra vita attraverso i social non sapeva (non sa) che di storie come queste ce ne sono e ce ne saranno a migliaia, finché non si pone un limite.»

No. Non solo io non ho mai condiviso di questa roba,e ci mancherebbe altro; ma non sapevo nemmeno che quel video esistesse, e così immagino che sia per la maggior parte della gente. (Per favore non commentate che non l’avete visto nemmeno voi, non è questo il punto). Immagino che di questi video ne girino a migliaia, ed è possibile che qualcuno sia passato nelle mie timeline; non lo so, perché non mi verrebbe mai in mente di aprire e guardarlo. Chi dice “lo hanno guardato tutti” sta solo cercando di discolparsi con la più classica delle scuse: tutti colpevoli, nessun colpevole. Che così insultino implicitamente me non è importante: potete bene immaginare la stima che io possa avere per simili persone. Però stanno insultando quella povera persona. Essersi ammazzata evidentemente non è sufficiente per espiare la sua presunta colpa: colpa che per costoro evidentemente sotto sotto c’è stata.

Ultimo aggiornamento: 2016-09-14 12:12