Altro libro che mi è toccato leggere per verificare che lo facesse mio figlio; e ho dei forti dubbi che un quindicenne possa cogliere i riferimenti più sottili del testo (anche se Jacopo qualcosa lo ha compreso). L’idea di vedere Auschwitz (pardon, Auscit, come lo pronuncia Bruno nella traduzione di Patrizia Rossi: l’originale è “Out-With”) con gli occhi di un bambino di nove anni che crede di sapere cosa sta succedendo intorno a lui, pur con qualche dubbio, è pesantissima per un adulto che sa qual è la verità. È vero, le scene più dure sono solo fatte intuire, come l’omicidio di Pavel e la stessa fine del libro; ma forse proprio per questo sono più dure da digerire. Però, come dicevo, ce la fa un ragazzo a cogliere tutti i riferimenti? Ho dei dubbi.
(John Boyne, Il bambino con il pigiama a righe [The Boy in the Striped Pyjamas], Bur Rizzoli 2014 [2006], pag. 211, € 7,99, ISBN 9788858651247, trad. Patrizia Rossi – se acquistate il libro dal link qualche centesimo va a me)
Voto: 4/5

Personalmente non mi è piaciuto molto l’approccio di Ash alla teoria dell’informazione: mi è sembrato troppo legato all’analisi matematica e quindi si perde il significato pratico della misura dell’informazione. Ciò detto, il testo è comunque apprezzabile per avere una panoramica piuttosto completa della teoria dell’informazione di base, compresa la parte sui canali con memoria (e quindi sulle catene di Markov) e sui segnali continui, oltre che un approfondimento sui codici a currezoine di errore.
Come noto, “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. E i due John (Von Neumann e Nash) sono sicuramente dei duri. La teoria dei giochi è una branca moderna della matematica: i primi risultati sparsi risalgono all’inizio del secolo scorso, e bisogna aspettare la metà del secolo per avere la prima formulazione completa (con Von Neumann e Morgernstern) e la generalizzazione alle situazioni dove non esiste una scelta ottimale per tutti (con Nash). Nel volume racconto la parte di base della teoria, senza addentrarmi (troppo) nei particolari e soprattutto senza parlare di giochi ripetuti, che sono probabilmente la parte più interessante perché non basta la matematica ma occorre anche capire come la gente si comporta. Ma d’altra parte già il dilemma del prigioniero fa capire che non basta essere razionali per arrivare alla soluzione migliore, ma occorre anche tanta fiducia nel prossimo…
[Disclaimer: Ho ricevuto il libro grazie al programma Early Reviewer di LibraryThing]
Non mi lamento più di tanto di dover spendere 99 centesimi per un ebook di 13 pagine, o se preferite 19362 battute. Però mi lamento del fatto che questo è un capitolo estratto da un libro (Val più la pratica), e per saperlo ho dovuto aprire questo libretto. Se il testo fosse stato scritto ex novo gli avrei dato il massimo dei voti, perché lo stile di De Benedetti è spumeggiante – pensate ai neo-crusc… – e il contenuto assolutamente condivisibile. In contrapposizione per l’appunto ai cosiddetti neo-crusc che sono più realisti del re, De Benedetti nota innanzitutto che il congiuntivo non se la passa poi troppo male, nonostante molti attacchi; ma soprattutto che non è che si possa credere che esso sia sempre l’unica risposta possibile. In altri termini: è uno strumento dei tanti che abbiamo per comunicare e quindi dobbiamo imparare a usarlo quando serve e lasciarlo da parte negli altri momenti.