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Matematica umanistica

Con questo libretto Claudio Facchinelli vorrebbe mostrare al lettore che odia la matematica come ci sia un tratto “umanista” nella materia, tratto che a scuola non viene certamente mostrato. Fin qua sono perfettamente d’accordo: però secondo me i capitoletti del libro non riescono a mostrare questo lato umanistico. Va benissimo eliminare le dimostrazioni, che tanto nessuno legge; ma togliere i riferimenti alle formule lascia un senso di vuoto e soprattutto non riesce a mostrare quale sia la vera utilità dei temi trattati. Più volte mi sono fermato mentre leggevo, dicendo a me stesso “e quindi?” L’unica volta in cui ho trovato qualcosa di davvero interessante è stata il capitolo sulla trigonometria: non solo per l’ovvia considerazione che non si capisce perché mai fosse così importante studiarla al liceo classico, ma anche per la spiegazione del vero motivo per cui veniva un tempo usata. Però è davvero un po’ poco.

(Claudio Facchinelli, Matematica umanistica, Gaspari 2020, pag. 69, € 14, ISBN 9788875417680)

The Man from the Future (libro)

Se state cercando una biografia di John von Neumann, non siete cascati sul libro giusto. Sì, qualcosa che riguarda la sua vita la si trova, ma non è certo questo il punto di vista che Bhattacharya intende portare avanti nel suo libro. Gli ampi capitoli, sui temi di ricerca che von Neumann ha lavorato nella sua relativamente breve vita – logica matematica, fisica quantistica, le bombe A e H, la creazione dei computer, la teoria dei giochi, gli automi cellulari – tendono a mostrare il suo lavoro seminale soprattutto vedendo come è stato portato avanti; lo si vede soprattutto quando si parla di automi cellulari, dove il contributo di von Neumann – checché ne dica Bhattacharya che è chiaramente un suo fan sfegatato – non è poi così importante. In definitiva, il libro è interessante, soprattutto per chi vuole farsi un’idea di tutti questi temi: basta sapere cosa aspettarsi!

(Ananyo Bhattacharya, The Man from the Future : The Visionary Life of John von Neumann, [llen Lane 2021, pag. 368, Lst 20, ISBN 9780241398852)

Ultimo aggiornamento: 2022-03-25 12:27

Burning Brightly (ebook)

[Disclaimer: Ho ricevuto il libro grazie al programma Early Reviewer di LibraryThing]
Tradizione vuole che gli ospiti di Novacon – il ritrovo annuale dei fan SF del Regno Unito – scrivano un racconto per i partecipanti. Questo libro raccoglie alcuni di quei racconti. Naturalmente c’è un problemuccio: gli autori vivono con i proventi dei loro testi, e quindi è difficile che in qualcosa di regalato ci siano delle gemme. In effetti il livello delle storie è molto disuguale: soprattutto le prime sono più deboli, almeno a mio giudizio. Ecco un commento monolinea per ciascun racconto:
▪ Chiron (Stephen Baxter): Buona vecchia SF hard.
▪ The Spheres (Iain M. Banks): L’introduzione spiega come è nato il racconto (tagliato da un libro); ma non mi pare che il testo da solo regga.
▪ Acts of Defiance (Eric Brown): Variazione su Fahrenheit 451 che non aggiunge nulla.
▪ Heatwave (Anne Nicholls): Bella idea, ma con troppi buchi nella trama.
▪ Alien TV (Paul McAuley): L’idea sarebbe stata carina, ma arrivati alla fine l’autore si è perso.
▪ Canary Girls (Kari Sperring): Non l’ho capito.
▪ Softlight Sins (Peter F. Hamilton): In una parola: fantastico.
▪ Erie Lackawanna Song (Justina Robson): la fine è un anticlimax.
▪ Through the Veil (Juliet E. McKenna): I fantasmi possono diventare davvero reali. Bello!
▪ The Coming Of Enkidu (Geoff Ryman): Evocativo, ma non ho capito come finisce.
▪ Red Sky in the Morning (Adrian Tchaikovsky): Forse un po’ troppo fantasy, ma comunque carino.
▪ The God of Nothing (Ian R. MacLeod): Anche se il finale è divertente, il testo è troppo stiracchiato.
▪ The Ships of Aleph (Jaine Fenn) Fantastico!
▪ Bloodbirds (Martin Sketchley): Stora troppo triste per i miei gusti.

(Ian Whates (ed), Burning Brightly : 50 Years of Novacon, Newcon Press 2021, pag. 258, € 6,03, ISBN 9781914953033 cartaceo)

La pandemia dei dati (libro)

copertina Ha senso leggere a inizio 2022 un libro che parla dei dati sul Covid fino all’estate 2020? In questo caso assolutamente sì. Il punto è che Mira (in qualità di statistica) e Massarenti (come filosofo ma soprattutto epistemologo) usano quei dati – e la loro eventuale assenza, cosa che spesso viene purtroppo sottovalutata – per fare al lettore un corso accelerato di come funziona il pensiero statistico. IL “vaccino” che ci viene proposto è infatti quello contro l’infodemia: la pandemia dei dati, che genera meno morti ma non per questo è meno nociva.
Rispetto agli autori io sono meno definettiano, anche se concordo sull’esistenza di una componente soggettiva nella probabilità: altrimenti l’approccio bayesiano non potrebbe funzionare. Ma anche questo è un giudizio soggettivo, in fin dei conti: sono comunque convinto che sia importante avere una visione del mondo della probabilità e della statistica che non si fermi soltanto alle formule matematiche ma ci costringa a capire cosa stiamo davvero facendo. (Per l’indagine proposta dagli autori: secondo me l’approccio frequentista a Bayes è più intuibile, ma io preferisco la formulazione simmetrica P(I|F)×P(F)=P(F|I)×P(I), che non ha senso intuitivo ma è formalmente più chiaro). Carini i disegni (a colori!) di Teresa Sdralevich che ogni tanto spuntano.

(Arnaldo Massarenti e Antonietta Mira, La pandemia dei dati : Ecco il vaccino, Mondadori Università 2020, pag. 352, € 19, ISBN 9788861849532 )

Regimi di verità (libro)

copertina I “regimi di verità” sono i nostri sistemi di credenze. Noi non possiamo vivere senza di loro; tutto quello che possiamo fare è decidere (consciamente o no) quale categoria prendere tra i regimi assoluti (c’è una conoscenza oggettiva ed esistono autorità che danno una risposta certa a ogni domanda), transizionali (la conoscenza può essere variabile, le risposte parziali), indipendenti (le opinioni personali sono valide tanto quanto quelle dell’autorità), contestuali (la conoscenza si ottiene con una co-costruizione).
Andrea Fontana, con una prosa che forse è un po’ pesante ma sicuramente porta esempi molto pratici, prende vari avvenimenti dell’ultimo periodo e mostra come la loro costruzione (la loro “narrazione”, se vogliamo usare una delle parole chiave dello storytelling) segua perfettamente una di queste linee. Ma soprattutto mostra come anche noi nel nostro piccolo facciamo la stessa cosa. Per Fontana questo non è necessariamente un male, perché non esiste un modo sempre migliore degli altri di esprimere qualcosa; quello che conta davvero è essere consci della scelta che facciamo tutte le volte in cui ci presentiamo agli altri nel cosiddetto “social drama” (che non è un dramma, ma appunto una rappresentazione). Social drama che Fontana codifica nelle categorie “il bullo con un destino”, “il diseredato che si riscatta”, “l’eroe dell’eureka”, “il portavoce degli dèi”. Consiglio la lettura a tutti coloro che non vogliono fermarsi alla fruizione passiva del flusso di informazioni che ci attanaglia.

(Andrea Fontana, Regimi di verità : Convivere con leggende e fatti alternativi, Codice 2019, pag. 148, € 17, ISBN 9788875788025)

La disinformazione felice (libro)

copertina Ve lo dico subito: non fidatevi del titolo, né dell’introduzione dove pare che Fabio Paglieri racconti una storia simile a quella del dottor Stranamore. Il tema del libro è l’epistemia, cioè la conoscenza scientifica e filosofica. Con esempi volontariamente tratti dai tempi avanti Internet, l’autore mostra come le bufale siano sempre esistite, che possono anche essere propagate più o meno volontariamente anche da illustri studiosi, e che noi ci abbiamo convissuto senza preoccuparcene più di tanto. Soprattutto però mostra come una bufala nasca e si sviluppi nonostante le possibili smentite, che anzi vengono immediatamente prese dai complottisti come la dimostrazione che c’è davvero sotto qualcosa. La conclusione di Paglieri è che l’unico modo per scansare buona parte delle bufale è mettere in moto il nostro cervello e capire per prima cosa di chi e quanto possiamo fidarci.
Ah: nel quizzino verso il fondo ho risposto correttamente a 8 risposte su 13 :-) Non era insomma così difficile prendere la sufficienza…

(Fabio Paglieri, La disinformazione felice : Cosa ci insegnano

La legge del perdente (libro)

copertina Il problema della ludopatia – o meglio dell’azzardopatia, come Federico Benuzzi scrive in questo libro – è che non è affatto facile curarla, perché non è una dipendenza da qualcosa di fisico. Inoltre i giochi d’azzardo, soprattutto le lotterie istantanee che sono fiorite in questi ultimi anni, sono costruiti in maniera subdola non solo dal punto di vista della matematica ma anche da quello della psicologia, il che significa che dare una spiegazione abbastanza convincente per togliere qualcuno dal gorgo del gioco è doppiamente complicato.
Io personalmente non apprezzo uno stile come quello scelto da Benuzzi, con una serie di chiacchierate con due interlocutori – uno più giovane di lui che è anche il protagonista del libro e uno più anziano – dove racconta le varie cose; penso però che un approccio di questo tipo possa in effetti essere più utile per lo scopo dichiarato, cioè appunto fornire in modo semplice al lettore gli strumenti necessari per avere coscienza di come funzionano davvero i giochi. Non c’è dubbio che temi come questo devono essere assimilati, e non certo imparati a memoria: se un dialogo a tre può funzionare, ben venga!

(Federico Benuzzi, La legge del perdente : La matematica come vaccino contro l’azzardopatia, Dedalo 2018, pag. 152, € 16, ISBN 9788822068750)

7 donne e un mistero (film)

locandina Anna mi ha detto che questo film è il remake del francese 8 Femmes di François Ozon, a sua volta preso da una piéce teatrale francese omonima, e che il film di Ozon era molto migliore. Io notoriamente non guardo praticamente mai film e quindi non sono in grado di dare un giudizio informato. Ma leggendo la recensione di Wikipedia oserei dire che Genovesi ha preso il film francese e gli ha tolto tutto il toglibile per trasformare un noir in una commedia leggera (con qualche buco nella sceneggiatura che non sta in piedi). Io sono una persona semplice e mi sono divertito alle battute; ho anche notato come la regia ha scelto di fare andare le attrici quasi sempre in gruppo, come uno stormo che si ricrea sempre uguale e sempre diverso ogni volta (e con un accento romano imperante: fortuna che Ornella Vanoni biascicava con una cadenza milanese). Ci sono modi molto peggiori di passare un’ora e venti minuti, intendiamoci: ma il risultato finale è impalpabile.