Vabbè, Ben Orlin e i suoi disegni brutti non hanno bisogno di presentazioni. I giochi qui presenti (non sono davvero 75 1/4: alla fine c’è tutta la spiegazione di come è arrivato a quel numero) mi erano in parte noti ma generalmente sconosciuti: Orlin si muove nel sottile crinale tra non spiegare assolutamente le possibili strategie e dare troppe spiegazioni. La struttura secondo me è anche ottima, non tanto per la suddivisione in capitoli a seconda della matematica che sta dietro il gioco quanto per le variazioni indicate alla fine di ogni gioco e che spesso sono giochi dalla strategia completamente diversa. Ma soprattutto quella che mi è piaciuta è la parte “perché è importante” alla fine della spiegazione di ogni gioco. Spesso quando giochiamo non vogliamo farci tanti problemi: ma se uno è un matematico dentro, a volte i problemi sono più divertenti del gioco stesso, e sapere quali sono i temi matematici toccati può essere utile.
Ricordo che esiste anche la scatola con gli strumenti per giocare, se uno è un collezionista :-)
(Ben Orlin, Math Games with Bad Drawings : 75 1/4 Simple, Challenging, Go-Anywhere Games & And Why They Matter, Black Dog and Leventhal 2022, pag. 369, $28, ISBN 978-0-7624-9986-1 )
Voto: 5/5
Ultimo aggiornamento: 2023-04-23 17:44



La cosa più strana di questo libro è che parte con la teoria combinatoria dei giochi, che sono davvero in pochi ad associare alla teoria classica (e in effetti i giochi sono di tipo completamente diverso). I primi quattro capitoli sono così dedicati a giochi come Nim e Hackenbush e al teorema di Sprague-Grundy, ben noti a chi abbia letto Winning Ways for Your Mathematical Plays. La parte di teoria dei giochi classica giunge fino ai giochi cooperativi e a un accenno ai giochi a più persone, terminando – spiazzando un’altra volta chi arriva alla teoria dei giochi dall’economia – al teorema di impossibilità di Arrow. Alcune parti più tecniche sono lasciate in appendice per i più coraggiosi. Devo dire che ho molto apprezzato questo approccio, proprio perché permette di vedere le cose in modo diverso dal solito.
Rispetto all’altro libretto di Spreckelmeyer (che poi ho scoperto essere stato un insegnante liceale americano) che ho letto, questo sui numeri reali mi è parso più fruibile anche a un lettore odierno. (Ricordo che questi libri sono stati scritti nei primi anni ’60 del secolo scorso, e pubblicati alla fine di quel decennio dalla Progresso Tecnico Editoriale.) Partendo dalla fattorizzazione unica e dalle approssimazioni con i numeri razionali, si giunge alla definizione dei numeri reali mediante le successioni di Cauchy, immagino preferite ai tagli di Dedekind perché più semplici da visualizzare graficamente. Ecco: l’approccio grafico è probabilmente la parte migliore di questo libriccino, che direi essere tranquillamente alla portata di uno studente liceale attuale (e quindi facile per uno del tempo). La traduzione di Domenico Costantini è quella tipica del tempo.
[Disclaimer: Ho ricevuto il libro grazie al programma Early Reviewer di LibraryThing]
Il mio primo incontro con Zellini fu a Pisa, quando io ero un giovane studente di matematica che ogni tanto andava a fare incursioni tra gli informatici, e ho seguito per curiosità personale parte del corso di teoria della complessità che lui al tempo teneva. In effetti mi ero sempre chiesto come mai nei suoi libri scrivesse di temi apparentemente lontani dal suo campo di studi: con questo libro finalmente sono riuscito a comprendere il motivo. La tesi di Zellini è piuttosto spiazzante, e la si può leggere nel titolo dell’ultimo capitolo del libro: “il continuo come approssimazione del discreto”. In pratica, la matematica nacque come discreta e algoritmica, si pensi alle tavolette babilonesi per esempio, e il continuo fu introdotto in età relativamente tarda perché semplificava i conti. Ma adesso la situazione è di nuovo cambiata! Sono i computer a risolvere i problemi, lo fanno con una struttura numerica discreta – quella dei numeri di macchina – e quello che conta è riuscire a dimostrare che si resta vicini alla soluzione teorica, sintetica ma non calcolabile, e che le operazioni sono fattibili in un tempo umano – ciò che studia la teoria della complessità, insomma.