Archivi categoria: recensioni

<em>Realware – la materia infinita</em>

[copertina]Rudy Rucker è un serio matematico – per quanto un matematico possa esserlo, chiaro – che si diletta anche a scrivere di fantascienza. Questo libro (Rudy Rucker, Realware – la materia infinita [Realware], Urania Mondadori n.1497 – aprile 2005, p. 346 € 3.60, ISBN 977-1120-528361, trad. Daniele Brolli e Margherita Galetti) è il quarto di una serie iniziata con Wetware, ambientata in un futuro non troppo lontano dove oltre agli umani ci sono i moldie, esseri artificiali ma senzienti… e a un certo punto arrivano anche degli alieni. La parte più interessante è però la matematica, anzi la geometria, buttata qua e là con noncuranza. Senza formule, non preoccupatevi… Io confesso di non avere letto i primi due volumi, quindi ogni tanto credo di essermi perso qualcosa, anche se ci sono molti rimandi. Ho letto cose migliori, ma non è che questo sia un libro da buttare via sdegnati. Però non mi aspettavo uno svarione simile dal Brolli: a pagina 78, si parla di una “orbita geosincronica ventidue chilometri sopra l’equatore”. Passi non usare il termine geostazionario, ma da Arthur Clarke in poi tutti gli appassionati SF dovrebbero sapere che sono miglia e non chilometri, e che sono ventiduemila

Ultimo aggiornamento: 2005-06-30 16:38

<em>Poporo</em>

Dovrei fare una recensione di questo ristorante giapponese a Milano, dove Anna e io siamo andati martedì scorso.
Però sono in sciopero, visto che non mi hanno dato la ricevuta. Che poi ho pagato col bancomat, quindi non avrebbe nemmeno senso la cosa… mah.

Ultimo aggiornamento: 2005-06-25 17:34

_I paradossi dalla A alla Z_

[copertina]I paradossi sono antichi come la filosofia greca: basta pensare a Zenone che amabilmente descrive la gara tra Achille e la tartaruga. Qualcuno magari ha anche sentito parlare di Bertrand Russell e del suo barbiere. Quello che in genere non si sa è che il ventesimo secolo ha inventato una sfilza di frasi che a prima – e seconda… – vista sembrano logicamente impossibili. In questo libro (Michael Clark, I paradossi dalla A alla Z, Raffaello Cortina Editore – Scienza e Idee 2004, p. 247, € 20, ISBN 88-7078-924-1, trad. Andrea Pedeferri) vengono presentati tutti i paradossi, dai più antichi a quelli contemporanei: a ognuno di essi viene dedicato un paio di pagine, con l’esposizione del paradosso stesso e un suo esame, e una possibile spiegazione per sciogliere i dubbi sul suo significato pratico e su come funziona.
Fin qua tutto bene. Purtroppo mi pare che il libro, non saprei dire se già in originale o per la traduzione, promette tanto ma mantiene poco. L’esposizione dei paradossi è fatta bene, ma nella loro spiegazione ci si avvita in discussioni che mi sembrano sviare il lettore dalla comprensione, e lo rendono ancora più dubbioso. Forse il guaio maggiore del libro è che non è né carne né pesce, oscillando tra la filosofia e il cognitivismo. Insomma, interessante più come raccolta che per imparare qualcosa di nuovo.

Ultimo aggiornamento: 2014-09-08 17:07

Creative Zen

Alla fine me lo sono regalato. Bianco e argento, che mi sembra un bel colore. Cinque GB (finti, perché i giga sono miliardi di byte e non trentacinque modi diversi di mettere un bit a zero o uno). Un pensiero un po’ triste al mio vecchio Nomad che i miei ex-colleghi di Tilab mi regalarono nel 2001 e che al confronto sembra un tir.
Che dire? il design è sicuramente carino, e anche l’ascolto mi sembra ottimo, almeno mentre cammino. Non ho ancora avuto la possibilità di provarlo in bicicletta – naturalmente con un solo auricolare, non sono così pazzo. La radio incorporata è quel che è, ma probabilmente non si può chiedere troppo; il touchpad mi è ostico, ma quello è sempre stato un problema mio; non ho ancora provato le opzioni più esoteriche. Non ho però capito perché, oltre alla clip per attaccare lo Zen alla cintura, non ce n’è anche una per tenere fermi alla maglia gli auricolari… strano.
Noticina finale: no, non lo volevo l’Ipod.

Ultimo aggiornamento: 2005-06-14 14:50

_Il violino, il soldato e il diavolo_ (teatro)

Ieri sera invece sono andato al teatro Verdi (in via Pastrengo, ha il grosso vantaggio di essere per noi raggiungibile a piedi) insieme ad Anna e a Roberta, per questa produzione del Teatro del Buratto “liberamente ispirata a L’Histoire du soldat di Igor Stravinskji”. Credo che Igor si sia rivoltato nella tomba.
Iniziamo dalle cose buone: gli attori (tutti mimi, anche il protagonista non parla mai) sono molto bravi, e il tecnico delle luci è fantastico. Ci sono anche delle idee carine, tipo i due giocatori all’inizio che partono dai dadi, proseguono con le stecche da biliardo, le mazze da golf e quelle da baseball fino a che non si ammazzano a vicenda, o la gioia del protagonista nel potere suonare il violino, o ancora la rappresentazione del diavolo. Ma nel complesso ci sono troppi punti oscuri o inutili, e la musica ha tolto tutto il bello di Stravinski, nascondendolo in mezzo a suoni più o meno cacofonici. Bah.

Ultimo aggiornamento: 2005-06-12 13:28

Quo vadis, Baby

È molto raro che io vada al cinema. Devo proprio essere trascinato da Anna. (D’altra parte non guardo nemmeno molti film in dvd o in tv, non faccio preferenze). E quando ci vado non mi viene nemmeno in mente di recensire il film: l’ultima opera di Salvatores l’abbiamo infatti vista domenica scorsa.
Devo dire che non mi è dispiaciuta questa incursione nel noir, con una Bologna dove piove sempre quando non nevica, a differenza di una Roma solare. Certi “colpi di scena” sono di una prevedibilità assoluta, ma in fin dei conti io mi accontento di poco. La registrazione in alta definizione rende anche piacevole vedere il film al cinema, e la colonna sonora – a parte le incursioni del mio datore di lavoro con le risponderie… – è un bell’equilibrio tra impegnato e trash. Pollice su, insomma.

Ultimo aggiornamento: 2005-06-12 13:14

Torino gialla e nera (libro)

[copertina]Renzo Rossotti ha scritto per Newton Compton alcuni libri interessanti a riguardo delle curiosità relative a Torino, dai suoi palazzi alle vie ai misteri legati alla città. Ho così comprato con fiducia questa sua ultima opera (Renzo Rossotti, Torino gialla e nera, Newton & Compton – Quest’Italia 2004, p. 264, € 18, ISBN 88-541-0157-5) che parla dei casi subalpini di cronaca nera; mal me ne incolse. La struttura dei capitoli, qualche paginetta per ogni singolo fatto, potrebbe ancora andare bene per dare un taglio giornalistico al libro: ma mischiare in modo gratuito fatti e commenti personali come ha fatto Rossotti mi ha fatto più che altro venire in mente Novella 2000, che ha indubbiamente il suo affezionato pubblico ma il cui target è ben diverso da quello dei probabili acquirenti. Sembra che le cronache locali durante i processi siano più degne di attenzione che la storia dietro i delitti… Nella sezione dedicata ai gialli nei dintorni di Torino, aggiunta probabilmente per rimpinguare il testo, troviamo anche un riferimento a Cogne, cioè a un fatto per cui c’è ancora un processo in corso. L’avvocato Taormina sarà fiero di lui: io sicuramente no.

Ultimo aggiornamento: 2005-06-10 09:50

La Cappella degli Scrovegni

Avevo scritto che avrei anche parlato della nostra visita alla Cappella degli Scrovegni, ma per una serie di ragioni me n’ero poi dimenticato. Rimedio subito.
Come avevo già fatto notare, occorre presentarsi con almeno un’ora di anticipo a ritirare il biglietto, che non è un biglietto ma un foglio A4 a colori con istruzioni varie e i tagliandi per le varie sezioni del museo degli Eremitani, di cui la Cappella fa parte. Non sono riuscito a capire la necessità di cotanto anticipo, visto che c’erano due persone davanti a me: misteri della burocrazia. All’ora della visita si aprono le porte della struttura high-tech che dovrebbe servire da camera di compensazione, e si entra per vedere un filmino di un quarto d’ora – in italiano, con sottotitoli in inglese e sopratitoli in tedesco – che racconta la storia della Cappella e alcune particolarità sul’opera pittorica di Giotto. Divertente, anche se a ripensiarci naturale, scoprire che nello stemma del committente era raffigurata… una scrofa. Per una famiglia di noti usurai, una giusta associazione!
Finito il video, prima che si aprano le porte per il gruppo successivo, siamo finalmente entrati. Commento? Non so se perché avevamo la guida, oppure perché le spiegazioni del filmato avevano messo l’acquolina in bocca, ma posso garantire che un quarto d’ora è troppo poco per bearsi di tutto, soprattutto per riuscire a vedere tutti i particolari. Il “finto marmo” dipinto da Giotto, per esempio, l’ho riconosciuto come tale solo perché ne avevano parlato: per me sarebbe stato assolutamente vero, almeno alla distanza di un metro. Ma in genere sono le minuzie che non si possono che apprezzare. Nella raffigurazione dell’Ultima Cena, gli apostoli hanno un’aureola nera e non dorata come al solito (perché quella notte abbandoneranno il Cristo?) con Giuda che nei tre dipinti ce l’ha sempre meno visibile: un trucco che pensavo fosse nato con i fumetti contemporanei. Generalmente le figure sullo sfondo sono poi curate come quelle principali, e nonostante le pose risentano ancora dello stile bizantino si vede benissimo come Giotto facesse di tutto per sßfuggire a tale costrizione.
Come ho detto, dopo quindici minuti e senza preavviso siamo stati fatti sloggiare. Mi piacerebbe però sapere come mai il gruppo penso con guida non solo era già dentro quando siamo arrivati e c’è rimasto quando ce ne siamo andati, ma li facevano andare tranquillamente alle pareti della cappella quando la cosa sarebbe vietatissima. C’è sempre qualcuno più uguale degli altri.

Ultimo aggiornamento: 2005-06-04 13:36