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Melinda e Melinda (film)

Come sapete, ogni tanto vengo trascinato al cinema da Anna, questa volta con l’ausilio di Barbara. Insomma, venerdì sera siamo andati al Colosseo (che non si sa se apposta o no, proiettava il film nella sala Allen) a vedere l’ultima opera di Woody, stavolta solo in veste di regista e non di attore per mancanza di ruoli adatti a lui. Beh, se avesse avuto trent’anni di meno sarebbe stato un Hobie perfetto, ma l’età avanza per tutti.
Non posso dire che mi sia piaciuto molto. La prima parte soprattutto l’ho trovata inutilmente lenta, anche se il secondo tempo si è riscattato. L’idea “la stessa situazione può essere vista come commedia o come tragedia” è magari trita, ma avere costruito due storie con attori diversi – a parte Melinda – ha permesso al film di non essere una copia di Sliding Doors. Poi era divertente vedere certi particolari di una storia comparire nell’altra in tutt’altro contesto :-)
Insomma, si può fare di meglio che andare a vederlo.
(ps: interessante vedere i commenti “tutto o niente” su IMDB. I “niente” sono ovviamente degli statunitensi, ma anche dei francesi. Vorrà dire qualcosa?)

Ultimo aggiornamento: 2005-02-01 15:05

Salvate il soldato potere (libro)

[copertina]Non stiamo parlando di revisionismo. Non è che si neghino gli orrori hitleriani. Ma in questo saggio (Michael Zezima, Salvate il soldato potere, Il Saggiatore Nuovi Saggi 2004 [2000], € 17.50, ISBN 88-428-1192-0, trad. Daniele Ballarini) viene organicamente presentata una serie di documenti che mostra come il mito degli americani che vanno in guerra per portare la liberta agli europei oppressi sia per l’appunto un mito; che gli alti vertici americani sapevano della Soluzione Finale già alla fine degli anni ’30; che il razzismo statunitense non era certo inferiore a quello tedesco. Alcuni punti sono un po’ tirati per i capelli, come ad esempio l’idea che senza gli aiuti americani il Fronte Popolare nel ’48 avrebbe stravinto; altri sono questionabili, ma bisogna dire che generalmente vengono anche indicate voci diverse dalla tesi principale. Il libro tratta principalmente della seconda guerra mondiale, ma spazia dalla Grande Guerra al Vietnam; la cosa che mi ha lasciato più sconcertato è però il vedere indicati atteggiamenti che sembravano scopiazzati dall’invasione irachena da parte degli USA nel 2003… in un testo del 2000. Questi yankee sono davvero prevedibili. Ottima la traduzione, Ballarini è sempre apprezzabile.

Ultimo aggiornamento: 2005-01-31 11:41

Manuale del leccaculo (libro)

[copertina]Forse adulare non sarà un’arte né una scienza, ma sicuramente è un’attività che vanta millenni di esperienze umane. Con questo libro (Richard Stengel, Manuale del leccaculo, Fazi Tascabili saggi 2004 [2002], p. 334, € 9.50, ISBN 8881125021, trad. Daniele Ballarini) abbiamo la possibilità di scoprire come il concetto stesso di piaggeria, o di leccaculaggine se si preferisce, sia mutato nel corso dei secoli. L’autore tende sempre a prenderci per i fondelli, quasi riproponendo verso noi lettori i vari stili che man mano presenta – mi raccomando, state attenti a cosa è stato fatto il secolo scorso! Un plauso per la traduzione, che nonostante l’ovvia ripetitività e la necessità di mappare una serie di quasi sinonimi – tradurre l’appendice dev’essere stato un vero tour de force – mi pare ottima.

Ultimo aggiornamento: 2005-01-19 10:28

Spazi Atti/Fitting Spaces (mostra)

Titolo rigorosamente bilingue, perché il PAC a Milano non si fa mancare nulla.
Oggi abbiamo sfruttato la domenica con ingresso gratuito (ce ne saranno altre due: il 23 gennaio e il 13 febbraio) per vedere questi “7 artisti italiani alle prese con la trasformazione dei luoghi”. Diciamo che la mostra vale più di quanto abbiamo speso, ma non eccessivamente: facciamo due euro.
Tra le opere in visione, la più interessante era probabilmente 1:1 di Luca Pancrazzi: con un paesaggio dipinto in bianco che si può solo intravvedere (a meno di usare un percorso strano) perché tutto il resto della stanza era riempito da una bolla in pvc trasparente sì, ma non troppo. Anche le strutture di roulotte di Loris Cecchini non erano male, e Marzia Migliora divertiva abbastanza con le sue opere sensoriali. In compenso, l’idea di Alberto Garutti di dipingere le sedie e panche con vernice fosforescente in modo che nessuno possa vedere l’opera (per l’artista, la foto presa di notte “è da considerarsi parte interale di questo lavoro”) mi pare davvero esagerata.
Qualche noticina a lato: c’è un PC dove si può inserire il proprio indirizzo per entrare nella mailing list del PAC. Le istruzioni spiegano che per passare da un campo all’altro occorre cliccare il tasto blu, e in effetti sopra lo shift c’è un bel bollino blu. Inoltre si sono accorti che con una tastiera italiana quale avevano fare la chiocciola non era banale, così hanno messo il driver USA e già che c’erano hanno incollato sul tasto 2 il simbolo “@”. Non hanno però pensato che la gente userà le lettere accentate e si troverà caratteri a caso…
L’altra cosa interessante è il cartello appeso alla Galleria d’Arte Moderna, al momento chiusa per restauri. Vengono però fatte delle visite guidate dal martedì alla domenica, alle 9 e alle 11: orari comodissimi, vero? Il tutto spiegato appunto in italiano, inglese e… tedesco. Chiunque abbia scritto quella traduzione deve essersi divertito: “räumlichkeiten” (spazialità, così ad occhio) per indicare le sale interne a me fa venire in mente le Sturmtruppen…

Ultimo aggiornamento: 2005-01-09 19:39

_Pensa a Fleba_ (libro)

[copertina]Iain Banks è un esponente della fantascienza anni ’80. Eppure questo primo romanzo del “ciclo della Cultura” (Iain M. Banks, Pensa a Fleba, Fanucci Solaria 2002 [1987], p. 520, € 15.40, ISBN 88-347-0820-2, trad. Roldano Romanelli) a me ha fatto venire in mente le grandi saghe del passato, dal John Carter di Burroughs ai non-A di Van Vogt. Ovviamente lo stile è di quelli che fanno le cose in grande, con le guerre galattiche che impegnano migliaia di pianeti, distruzione di orbitali dove abitano miliardi di persone, astronavi così enormi da contenere tutta una serie di hangar per le riparazioni di astronavi normali, e così via. Non ci si può aspettare dalla storia altro che una serie continua di cambiamenti di scena, con la trama generale piuttosto sottile: ma bisogna ammettere che il libro si lascia leggere con piacere, aiutato anche dalla traduzione precisa.

Ultimo aggiornamento: 2016-07-18 22:12

_La matematica di Oz_ (libro)

L’idea non era male: un libro di problemi sotto forma di raccontini, anche se Frank Baum non è così noto in Italia. I problemi non sono poi tutti matematici in senso stretto; ce ne sono alcuni che richiedono un po’ di senso fisico per aggiungere qualche ipotesi verosimile; altri che non hanno una risposta canonica, e quindi sono spunto ideale per discussioni magari a scuola; altri ancora in stile Settimana Enigmistica.
Peccato. Il libro (Clifford A. Pickover, La matematica di Oz, Franco Muzzio Editore “Il piacere della scienza” 2004 [2002], p. 349, € 18, ISBN 88-7413-104-6, traduzione Emanuela Luisari) ha delle pecche gravissime. Non parlo della classificazione della difficoltà dei problemi che a me sembra definita a caso: quello è un guaio classico, ognuno ha il suo criterio di complessità. La prima credo che sia già presente in origine: nella sezione “Approfondimenti”, che contiene le risposte ai problemi, ci sono spesso dei nuovi problemi dei quali non si vede la soluzione da nessuna parte, il che è sicuramente frustrante. Ma tutto italiano è il problema con la traduzione: se la signora Luisari si sente in dovere di ringraziare per la consulenza sulle varie unità di misura angloamericane, c’è forse qualcosa che non va – e lo si vede quando ci sono problemi per cui si poteva tranquillamente trasformare miglia in chilometri. Man mano che si va avanti nel libro, anche il testo non matematico comincia a diventare meno leggibile, e mi è stato a volte necessaria la famigerata “doppia traduzione”, riportando la frase in inglese. È chiaro che non c’è nemmeno stata una vera correzione di bozze; se trovo scritto “le prime cento cifre di e” e mi trovo più di venti righe di cifre, non viene in mente che qualcosa non va? Insomma, se la divulgazione matematica in Italia è inesistente, è anche demerito di certe scelte editoriali.

Ultimo aggiornamento: 2014-11-06 19:51

Shrek 2

Visto ieri sera, in qualità di “film natalizio”, assieme ad Anna e – udite udite! – mia mamma, che penso non andasse al cinema da almeno trent’anni. Accadono cose veramente incredibili al giorno d’oggi.
Commento? Beh, era meglio Shrek 1, ed era molto meglio Gli Incredibili. Soprattutto il primo tempo l’ho visto un po’ lentuccio, mentre il secondo aveva finalmente un po’ di azione. La dissacrazione delle favole, direi soprattutto delle loro versioni disneyane, naturalmente continua: la carrozza a forma d’aglio è un must. Continuano anche i riferimenti per la mia generazione, che riconosce tutte le musiche – il tema di Mission Impossible non è malaccio. Anche il Caffè Farbucks non mi è dispiaciuto. Sarà anche pubblicità occulta, occhei, ma è fatta bene.
Però garantisco che se trovo il distributore italiano gli strappo i peli a uno a uno. Ci siamo guardati cinque minuti di titoli di coda per vedere chi aveva doppiato i personaggi in italiano. Abbiamo avuto il bonus della scenetta di coda a metà dei titoli, e questo è bello; ma la schermata con le voci è rimasta circa per sette secondi, rendendo assolutamente impossibile leggere. Non che il sito italiano aiuti.

Ultimo aggiornamento: 2004-12-26 13:03

_Esercizi per il Signor Rossi contro l’Impero del Male_ (teatro)

Solo due giorni in cartellone al Piccolo, prezzi non esattamente popolari (22.50 euro, rigorosamente fuori abbonamento) per questo spettacolo che dovrebbe servire a Paolo Rossi come banco di prova per testare il nuovo spettacolo che porterà in giro per l’Italia a partire dal prossimo gennaio.
Che dire? Paolo Rossi mi sembra ingrassato :-) A parte questi dettagli, direi che il materiale era molto disomogeneo. È vero che immagino che nello spettacolo definitivo la struttura cambierà completamente – qui avevamo solo una serie di “esercizi”, scene, con un minimo di legatura tra l’una e l’altra; però non tutto fila liscio, e ci sono battute, come quella di Milano 12 a soli cinque minuti dal centro di Pescara, che hanno almeno quindici anni. Mi è piaciuto molto l’esercizio finale con la coppia tunisina che guarda Bush alla tv, e non posso non menzionare le Brigate Calderoli. Il classico monologo iniziale è invece un po’ debole. Per quanto riguarda la compagnia multietnica, il Teatro di Rianimazione, ho apprezzato gli strumentisti e Kais Boumaiza.
Ultima nota: non ho ben capito cosa significhi “musiche scelte da Franco Battiato”. Però vi garantisco che di Battiato non c’è nulla.

Ultimo aggiornamento: 2019-10-21 13:54