Archivi categoria: recensioni

_Aquiliade_ (libro)

[copertina] Come è possibile che all’inizio del IX secolo ab urbe condita – insomma, alla fine del primo secolo dopo Cristo – un generale romano e suo figlio stiano andando a vedere qualche crocifissione su una biga a vapore? Spiegarlo qui rovinerebbe la sorpresa, quindi vi lascio al libro (Somtow Sucharitkul, Aquiliade, Urania 1021 (1986), pag. 224, trad. Olivia Crosio) scritto da un ancora più improbabile autore tailandese. Vi basti sapere che Roma ha sfruttato le invenzioni di Epaminondas per attraversare l’Atlantico e conquistare (si fa per dire) alcune province indiane. Aquila, capo della tribù dei Lacotii, è stato nominato senatore e fa la sua bella figura con la toga e il cappello piumato, soprattutto quando il Watson… ehm, il protagonista, il generale Titus Papinianus (Papinianus è il secondo nome di Sucharitkul per la cronaca) è costretto a diventare governatore della Lacotia e cercare la Cina.
La prima parte di questa ucronia è probabilmente la più divertente, e anche l’ultima più direttamente fantascientifica non è male; la parte mediana è invece un po’ troppo esagerata, visto che cerca di mettere insieme troppe cose senza limitarsi a far vedere il conflitto tra le usanze romane e quelle indiane. Carini alcuni riferimenti romani: i libri di scienza fantastica, Asimovius e le Fondationes li riconoscerete tutti, ma forse avrete qualche problema a capire chi è P. Josephus Agricola… che pure è un esperto di questo tipo di storie.

Ultimo aggiornamento: 2021-04-09 10:02

_Teoria degli infiniti_ (libro)

[copertina] John Banville sa scrivere molto bene, su quello non ci sono dubbi. E la traduzione di Irene Abigail Piccinini è anch’essa scoppiettante, d’accordo. Ma poi?
In questo libro (John Banville, Teoria degli infiniti [The Infinities], Guanda 2011 [2009], pag. 322, € 18, ISBN 9788860889744, trad. Irene Abigail Piccinini) c’è una storia, più o meno. Meglio, ci sono tante storie interallacciate, ambientate in un futuro non meglio identificato e di per sé inutile – o se preferite un’ucronia, visto che le non meglio identificabili teorie degli infiniti del titolo permettono di avere energia a piacere, ma l’ambientazione potrebbe essere negli anni 1930 senza nessuna differenza pratica. Per dare un’idea, a un certo punto si scopre che l’automobile con cui il Adam junior va a prendere il suo amico (conoscente? rompiscatole?) ha come fonte di energia l’acqua marina; ma la casa non ha all’interno nulla di futuristico, o anche solo di presente. La voce narrante è quella del dio Hermes, tanto per mischiare ancora di più le cose, proprio come nel libro gli dèi si mischiano agli uomini. Detto tutto questo, almeno a me il libro è sembrato più che altro un grande esercizio di stile, nulla di più.
Si legge in fretta, intendiamoci, ma una volta finito non è che ti lasci chissà cosa. Insomma, boh.

Ultimo aggiornamento: 2021-04-09 10:03

_Cyberteologia_ (libro)

[copertina]Antonio Spadaro è un gesuita. È il direttore di La Civiltà Cattolica, ma oltre alle sue competenze teologiche può vantare una lunga esperienza di Internet ottenuta sul campo. In questa sua nuova opera (Antonio Spadaro, Cyberteologia – pensare il cristianesimo ai tempi della rete, Vita e Pensiero – Transizioni – 2012, pag. 148, € 14, ISBN 978-88-343-2144-7) padre Spadaro raccoglie alcuni saggi che, come dice il titolo stesso, gettano le basi per una teologia cattolica che tenga conto del nuovo paradigma che si è formato da quando la Rete è diventata non tanto una realtà parallela a quella usuale ma una realtà agganciata (“aumentata”, direbbe qualcuno). Attenzione: non si parla di pastorale della rete (come usare la rete per evangelizzare), che è una cosa completamente diversa: nel libro si parla proprio di come gli studi teologici dovrebbero tenere conto che noi vediamo le cose in maniera diversa da prima, e quindi potremmo dover modificare la nostra comprensione finita dell’essenza infinita di Dio.
Alcune delle considerazioni di Spadaro mi lasciano perplesso, come per esempio considerare il “nuovo significato elettronico” del verbo giustificare – per i verbi “salvare” e “convertire” le sue riflessioni mi trovano d’accordo – e il rischio della manipolabilità del testo sacro in un’epoca di duplicabilità assoluta (pag. 110): per me è più semplice verificare oggi la corrispondenza di un testo all’originale, basta usare un hash, che sapere se un’opera a stampa pur con un imprimatur sia effettivamente identica all’originale. Anche la definizione di surplus cognitivo applicato a Wikipedia (pag. 79) mi pare troppo ottimistica: se l’accostamento non fosse un po’ blasfemo direi che al più chi ci scrive su è il sale della terra. Ma queste sono pecche minori: il libro è davvero ricco di spunti interessanti, sia grazie allo spessore culturale di Spadaro che per il suo punto di vista “altro”, non solo cattolico ma anche più in genere umanista, che riesce a cogliere aspetti rispetto ai quali i sedicenti guru informatici (quorum ego) sono ciechi. Segnalo tra gli altri il cambiamento dell’uomo dal Medioevo a oggi, da bussola in cerca di Dio a radar che ascolta tutto a decoder per cui occorre lanciare un segnale preciso (pag. 41), Facebook che ha cambiato la rete da insieme di pagine e contenuti a relazioni tra persone (pag. 50), la liturgia vista come un tipo peculiare di realtà aumentata (pag. 115), e la bella disanima del pensiero di Levy e Teilhard de Chardin nell’ultimo capitolo. Insomma, una lettura non semplice ma indubbiamente piacevole.

Ultimo aggiornamento: 2018-06-26 16:38

_Alice in Puzzle-Land_ (libro)

[copertina] La Dover ha da poco ristampato, come sua abitudine a prezzo abbordabile, uno dei tanti libri di Raymond Smullyan, matematico noto per essere uno dei principali esponenti della corrente “esperti di problemi di logica”. In questa sua opera (Raymond Smullyan, Alice in Puzzle-Land : A Carrollian Tale for Children Under Eighty, Dover 2011 (1982), pag. 192, $12.95, ISBN 978-0-486-48200-2), come dice il nome stesso, Smullyan si ispira ai libri di Lewis Carroll con protagonista Alice: i problemi hanno pertanto come personaggi il Cappellaio Matto, la Lepre Marzolina, lo Jabberwocky, il Cavaliere Bianco, Humpty Dumpty e via discorrendo. Smullyan è delizioso e molto carrolliano nel testo: ma lo dice anche nel sottotitolo, “una storia carrolliana per bambini fino a ottant’anni”. Insomma è un piacere leggerlo anche senza darsi la pena di risolvere i problemi: questo va benone per uno come me che dopo un po’ si ingarbuglia nelle definizioni. Per esempio, la “logica attraverso lo specchio”, con la differenza tra quello che si crede esser vero e quello che è vero, dopo un po’ fa venire il mal di testa… A differenza dei classici libri smullyaniani che si occupano principalmente di quizzini logici, ci sono anche un paio di capitoli di “problemi per cui non serve l’algebra”, semplici problemi aritmetici che possono per l’appunto essere risolti con un po’ di attenzione e di conti ma senza dover scrivere un sistema di equazioni. Lettura insomma piacevole.

Ultimo aggiornamento: 2017-02-10 15:07

_È la matematica, bellezza!_ (libro)

[copertina] Il titolo inglese di questo libro (Tom Siegfried, È la matematica, bellezza! [A Beautiful Math], Bollati Boringhieri – Saggi Scienze 2010 [2006], pag. 276, € 24, ISBN 978-88-339-2064-1, trad. Simonetta Frediani) è molto più comprensibile: A Beautiful Math è ovviamente un gioco di parole sul titolo del film dedicato a Nash, A Beautiful Mind, e in effetti esso parla del Nobel e della teoria dei giochi. Per chi non sopporta la matematica, una buona notizia: qui non ne troverà. Persino i concetti di base della teoria dei giochi, come la tabella di guadagno per i giochi come il dilemma del prigioniero, sono relegati in soffitta… pardon, in appendice. La cattiva notizia è esattamente la stessa. Il libro è molto americano: si intervistano persone, si afferma che con la teoria dei giochi ancora un po’ e si potrà fare di tutto se non di più – il filo conduttore del libro associa la teoria dei giochi alla asimoviana psicostoria, ma alla fine non è che si riesca ad avere un’idea chiara di quello di cui si sta parlando. Non si parla nemmeno più di tanto di John Nash, se per questo… Insomma, niente di che: secondo me si può vivere tranquillamente anche senza il libro. Anche la traduzione del resto ha qualche punto che chiaramente non è stato rivisto da nessuno: per esempio, tradurre “heredity” come “eredità” quando si parla di ereditarietà è imperdonabile, ma mai quanto tradurre “decline and fall of the Roman empire” come “ascesa e caduta dell’impero Romano”. Anche se non si è mai letta la trilogia (esalogia? decalogia?) di Asimov, qui bastava aprire il dizionario…

Ultimo aggiornamento: 2017-08-27 15:44

_Pixar – 25 anni di animazione_ (libro)

[copertina]Per una rara coincidenza astrale mi è capitata per le mani questa pubblicazione (AA.VV., Pixar – 25 anni di animazione, 24 Ore Cultura 2001, pag. 183, € 39, ISBN 9788866480679), joint venture tra Il Sole – 24 Ore e il PAC (Padiglione di Arte Contemporanea di Milano) sull’omonima mostra là allestita in questo periodo. La mostra è itinerante ed è nata come “20 anni di animazione”; non era mai stata in Italia, ci sono voluti appunto cinque anni perché approdasse da noi, ma almeno abbiamo avuto il vantaggio di un suo aggiornamento.
Pixar è una compagnia di visionari, come saprete bene se vi è capitato di vedere qualche loro film. Quello che magari non immaginate è che anche se il computer recita una parte da padrone nella realizzazione dei disegni la base di partenza continua ad essere il duro lavoro dei disegnatori; e qui – una volta saltate le pagine di introduzione che mi sa siano il dazio da pagare in questi casi – si possono vedere appunto tanti disegni. Ho scoperto l’esistenza dei Color script che non sono gli storyboard ma sono molto più… beh, colorati oltre che completi. Ho scoperto che sono stati fatti dei modelli tridimensionali, probabilmente per poterli filmare sotto varie angolazioni e vedere l’effetto che facevano; mi sono chiesto se certi quadri (quelli di Lou Romano, per dirne uno) sono stati fatti dopo il film, visto lo stile peculiare; e mi sono accorto come il disegno degli Incredibili è diverso da quello di Ratatouille per l’ovvia ragione che devono far ricordare (ai grandi, non certo ai bambini…) qualcosa di ben preciso.
Commento finale: magari il libro non ve lo prendete, ma la mostra può essere interessante!

Ultimo aggiornamento: 2011-12-31 07:00

_The Art and Craft of Problem Solving_ (libro)

[copertina]Se amate risolvere i problemi matematici, non lasciatevi spaventare dal prezzo di questo libro (Paul Zeitz, The Art and Craft of Problem Solving, John Wiley & Sons 20072, pag. 366, $60.69, ISBN 978-0-471-78901-7): amazon americano al momento te lo vende anche a metà prezzo. Non preoccupatevi nemmeno della mancanza delle risposte nel libro stesso: se cercate bene in giro si trova il pdf “per gli insegnanti” (file che non è in vendita, quindi non si può nemmeno parlare di mancato introito per l’editore). Io ho apprezzato sia lo stile dell’autore, che molto onestamente spiega come il mondo dei problemi matematici non è il mondo reale e quindi la strategia del wishful thinking spesso paga, che le tecniche più “serie” per affrontare i problemi: alcune le usavo già inconsciamente, altre sono state una piacevole scoperta. In definitiva, un testo indubbiamente di nicchia, ma favoloso per chi nella nicchia ci sta già!

Ultimo aggiornamento: 2015-01-10 21:04

_Matematica per mamme e papà_ (libro)

[copertina] A me la cosa non tocca ancora, visto che i miei gemelli sono ancora duenni: ma sono davvero tanti i genitori che si trovano da fare i compiti dei loro figli, e magari scoprono di non saperli fare. La matematica è già una brutta bestia per tanti: peggio ancora, a quanto pare i metodi che usavamo ai nostri tempi sono cambiati. Ecco dunque questo libro (Rob Eastaway e Mike Askew, Matematica per mamme e papà [Maths for Mums and Dads], Salani 2010 [2010], pag. 335, € 14.90, ISBN 978-88-6256-298-0, trad. Valentina Daniele) che racconta ai genitori cosa c’è dietro i metodi attuali. O almeno cosa c’è nei programmi britannici, non so quanto la cosa valga per le nostre classi anche se i test INVALSI credo si avvicinino. In ogni caso, le nozioni spiegate sono un utile ripasso per i genitori un po’ arrugginiti, e aggiungono anche una bella dose di buonsenso che forse è ancora più importante per sapere non tanto quali sono le soluzioni (ci sono anche quelle, peccato una sia errata…) quanto come si fa a ricavarle. Peccato per alcuni punti che non sono stati localizzati: capisco i disegni all’inizio dei capitoli che spesso sono basati su giochi di parole intraducibili, ma per esempio la parte con i “messaggi alla calcolatrice” si sarebbe dovuta rendere in italiano. Ad ogni modo, tranquillizzatevi: non vi perderete nei teoremi!

Ultimo aggiornamento: 2011-12-17 07:00