
[Disclaimer: Ho ricevuto il libro grazie al programma Early Reviewer di LibraryThing]
Quello di steampunk è un concetto molto ampio, come del resto lo è la fantascienza; non è strano dunque che in una collezione di racconti la qualità è variabile, e questo è in effetti il caso in questa raccolta. Segnalo subito che le storie che mi sono piaciute di più sono al fondo del libri, quindi se lo prendete non scoraggiatevi! Recensioni telegrafiche:
▪ The Kami of the Mountain (Cynthia Radthorne): Uno steampunk giapponese è buffo. 4/5
▪ No Safe Harbour (Aaron Rosenberg): No, non è steampunk, e comunque la storia non funziona. 2/5
▪ Mervat in the Maiden’s Tower (Jeff Young): Il finale inaspettato migliora il racconto. 4/5
▪ Ghosts in the Infernal Machine (Ef Deal): “scienza a vapore”, ma una trama molto debole. 2/5
▪ The Sand Boat (James Chambers): Funzionerebbe meglio se uno avesse già letto altre storie con quei personaggi. 3/5
▪ Justice Runs Like Clockwork (Christine Norris): Carina, anche se un po’ tirata per i capelli. 4/5
▪ On the Wings of an Angel (Danielle Ackley-McPhail) L’ho mollato. L’inglese degli stati confederali è impossibile.
▪ No One Alone (David Lee Summers): Triste ma interessante. 4/5
▪ Correspondence Transcribed in Code, Addressed to the Widowed Mrs. Clydebank (Beth Cato): Costruito molto bene: non so quanto steampunk, ma carino. 5/5
▪ The Merrie Monarch’s Mecha (Hildy Silverman): Il migliore del gruppo, secondo me potrebbe essere ampliato in un libro. 5/5
(Greg Schauer e Danielle Ackley-McPhail (ed.), Other Aether : Tales of Global Steampunk, eSpec Books 2024, pag. 160, € 2.90, ISBN 978-1-956463-32-3, – se acquistate il libro dal link qualche centesimo va a me)
Voto: 4/5
La matematica è reale? Per un platonista come me sì, ma non è questo il punto. La vera domanda è “la matematica ci permette di capire il mondo?” La risposta parrebbe essere positiva, ma a ben pensarci non è del tutto così. Diciamo che la matematica ci aiuta a comprendere la realtà, e la realtà ci costringe a inventarci nuova matematica per cercare di capirla. La cosa più interessante, che Marco Menale ci racconta in questo volume, è che non solo il pensiero di matematica come studio di modelli del mondo è relativamente recente (no, non parlo di Galileo, è ancora successivo!) ma sta anche cambiando negli ultimi tempi, sia per una concezione filosofica diversa che per la possibilità di avere a disposizione molti più dati.
Che cos’è un agente intelligente? Bella domanda. La definizione che si ha in matematica è un sistema – non necessariamente un essere umano, potrebbe anche essere un software – che può compiere azioni autonome per raggiungere i suoi scopi. Potremmo dire che un software non può compiere azioni autonome, ma qualche filosofo potrebbe anche affermare che nemmeno noi siamo davvero dotati di libero arbitrio, quindi siamo punto e daccapo. La parte più interessante, e quella che Pierluigi Vellucci tratta in questo volume, sono però appunto gli agenti umani. Sembra incredibile, ma si può formalizzare matematicamente concetti come quello di echo chamber, e vedere che sotto assunti assolutamente naturali essi sono il risultato inevitabile delle regole che ci siamo dati.
[Disclaimer: Ho ricevuto il libro grazie al programma Early Reviewer di LibraryThing] Il titolo spiega già tutto: il racconto è una rivisitazione in chiave fantascientifica della favola dei nuovi vestiti dell’imperatore. La storia però non funziona proprio. Non si capisce come mai il protagonista fosse da solo, né per quanto tempo lo sia stato (e questo significa molto nella trama); il ruolo della donna non è chiaro, e l’ultima pagina sembra incongrua. È vero che il racconto è breve, ma non è TROPPO breve, e ci sarebbe stato tutto lo spazio per svilupparlo un po’ di più.
L’infaticabile Paolo Caressa stavolta ci dà un’idea di quale rapporto ci sia tra matematica e filosofia, almeno in questi ultimi 150 anni, quando i filosofi (con rarissime eccezioni, tipo Alain Badiou) si sono arresi e hanno sentenziato che visto che loro non comprendono più la matematica attuale essa non è importante. Anche il viceversa è abbastanza vero: sono pochi i matematici che prendono una posizione filosofica sulla matematica. Per la cronaca, io sono un “platonista temperato”: per me i concetti matematici hanno una loro propria esistenza indipendente da noi, ma siamo noi a scegliere quali vogliamo vedere.
Io mi rifiuto di spiegare matematica ai miei gemelli. Tutto il resto va bene, anche materie che non ho mai studiato ufficialmente come il diritto, ma la matematica proprio no: non tanto perché io non sappia insegnare (anche se è vero), ma perché avrei troppe aspettative. D’altra parte non è che i due siano così amanti della materia…