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_La dea delle piccole vittorie_ (libro)

[copertina]È la prima volta che mi capita di leggere (su carta) un libro non ancora uscito: Longanesi ha preparato un’edizione fuori commercio di questo romanzo (Yannick Grannec, La dea delle piccole vittorie [La Déesse des petites victoires], Longanesi 2014 [2012], pag. 399, € 17.90, ISBN 9788830438064, trad. Federica Di Lella e Maria Laura Vanorio) che sarà disponibile in libreria dal prossimo 28 agosto e l’ha inviata a un gruppo di lettori forti di cultura scientifica, quorum ego.

Perché un romanzo è stato spedito a chi in genere legge saggi? Beh, semplice: in un certo senso è un romanzo storico. L’ambientazione è il 1980: Anna, un’archivista all’Institute for Advanced Studies di Princeton, viene inviata in una casa di riposo per convincere Adele, la vedova di Kurt Gödel a consegnare gli archivi del marito, il Nachlass; inizia così uno strano rapporto tra le due donne. Tutto questo capita nei capitoli dispari: in quelli pari Adele rievoca vari avvenimenti della sua vita con Kurt, da quando lo conobbe alla sua morte. Una specie di biografia per interposta persona, quindi: biografia scritta ovviamente sotto forma di romanzo e che quindi non entra certo in disquisizioni matematiche, ma che comunque recupera non solo gli aneddoti su Gödel ma anche i fatti più famosi. Così si parla del famoso colloquio per ottenere la cittadinanza americana, nel quale il grande logico cercò di spiegare al giudice che lo interrogava come la Costituzione degli Stati Uniti ammettesse la possibilità teorica di abbandonare la democrazia, ma si parla anche della soluzione gödeliana delle equazioni della relatività generale dove il tempo si riavvolge su sé stesso come un uroburo.

Personalmente ho trovato il libro godibile, pur se un po’ sdolcinato nei capitoli dispari: penso che sia un’ottima lettura – ben tradotta da Federica Di Lella e Maria Laura Vanorio, anche sulla parte più propriamente matematica – per chi non è ferrato in logica matematica e voglia avere qualche idea in più non tanto su cosa ha scoperto il grandissimo austriaco quanto su come persino una persona chiusa se non paranoica come Gödel si rapportasse con il mondo del Ventesimo Secolo. Potreste stupirvi.

Ultimo aggiornamento: 2014-09-07 22:22

_Le tribolazioni del filosofare_ (libro)

[copertina] Conosco da vent’anni Achille C. Varzi, e mi sono sempre divertito con i suoi libri, dal primo sulla teorie dei buchi (e di altre superficialità). Inutile dire che quando al Salone del Libro di Torino ho saputo che aveva appena pubblicato con Claudio Calosi una “Comedia metaphysica ne la quale si tratta de li errori & de le pene de l’Infero” (Achille C. Varzi e Claudio Calosi, Le tribolazioni del filosofare, Laterza 2014, pag. 269, € 19, ISBN 978-88-581-1089-8) mi sono fiondato allo stand di Laterza per comprarmelo, sapendo che non sarei rimasto deluso.

L’opera (“scoperta, redatta e commentata” dagli autori, come dice la copertina) è detta “Comedia” per l’ottima ragione che è scritta in terzine dantesche, e mimica la Divina Commedia dantesca. Parecchi versi sono presi verbatim o quasi da quest’ultima, e la struttura è modellata sull’Inferno dantesco, con una guida (Socrate) che porta il Poeta a scoprire quali pene i dannati soffrono. Naturalmente in questo caso non si parla di peccati, quanto piuttosto di errori filosofici, sempre più gravi man mano che si scende nell’Infero; oltre alle somiglianze vi sono anche molte differenze. Vi avviso subito che la lettura non è facile: non tanto per il testo poetico, quanto per tutto l’apparato di note che lo spiega, e che è del resto indispensabile per uno digiuno di filosofia come me. Nelle note vengono segnalate le analogie con molte altre opere, filosofiche e no, scritte nei secoli: il Poeta era davvero preveggente! Pensate che ci sono addirittura pensieri sulla quadridimensionalità spazio-temporale… Bisogna insomma centellinare il testo, ma vi assicuro che ne vale la pena! Per darvi un esempio, ecco alcuni versi che descrivono la Jungla de’ Lussuriosi, coloro che ritennero di poter risolvere i loro problemi filosofici arricchendo oltre misura il mondo nelle cose (IX, 68-75): “cotali apparizioni: un cavalero / che trassesi tirando ‘l suo capello; / un’arca ch’al suo dentro contenero / quell’arche che non si contengon loro; ed un fatal becchino, curvo e nero, / ch’iscava fosse a tutti e sol coloro / che la lor fossa non scavan da soli”. Avete indovinato a chi si riferisce il Poeta?
Un’ultima curiosità: il manoscritto non è completo, mancano infatti alcuni canti di cui si ha solo una sinossi. La cosa più divertente è che il numero complessivo di canti non è 34, come nell’inferno, ma 28: cioè un numero perfetto. Sarà una coincidenza?

Ultimo aggiornamento: 2014-09-07 22:27

_I cavalieri del congiuntivo_ (libro)

[copertina]Erik Orsenna ha scritto una serie di libri per ragazzi dove racconta in maniera molto romanzata le bellezze della grammatica – e anche le possibili bruttezze, a dirla tutta. Questo libro (Erik Orsenna, I cavalieri del congiuntivo [Les chevaliers du subjonctif], Salani 2004 [2004], pag. 163, € 11, ISBN 978-88-8451-466-0, trad. Francesco Bruno) è il secondo della saga, dopo “La Grammatica è una canzone dolce” che non ho letto, il che significa che ho avuto qualche problema di comprensione: non basta certo una pagina di “riassunto della puntata precedente” per potersi immergere completamente nell’opera.
Il libro non è certo un capolavoro assoluto, e non so come possa essere considerato dal presumibile target di lettori, cioè i dodici-quattordicenni: però almeno per quanto mi riguarda sono state due ore (scarse) di piacevole lettura, tra le storie relative ai vari tipi di forme verbali personificate – e per fortuna italiano e francese sono lingue piuttosto simili, non oso pensare a cosa possa essere la traduzione in inglese. Dal punto di vista didattico direi che è un ottimo modo per farsi un’idea della diversità dei vari modi verbali; il cameo finale di Jorge Luis mi ha poi strappato un sorriso. Nota di plauso per la traduzione di Francesco Bruno: è vero che francese e italiano hanno una struttura grammaticale simile, ma questo non significa mica che si possa fare una traduzione letterale. Il fatto che non ci si accorga che il libro sia francese è assolutamente positivo!
Nota finale: spero nessuno si offenda se dico che le illustrazioni di Fabian Negrin mi hanno lasciato freddo.

Ultimo aggiornamento: 2014-08-15 19:14

_Chaotic Fishponds and Mirror Universes_ (libro)

[copertina]Richard Elwes, anche se poco noto al pubblico italiano, è tra i migliori divulgatori matematici della nuova generazione – beh, diciamocelo: sir Ian Stewart ha ormai la sua bella età… Elwes è del 1978, tanto per dire. In questo suo nuovo libro (Richard Elwes, Chaotic Fishponds and Mirror Universes : The maths that governs our world, Quercus 2013, pag. 368, Lst 8,99, ISBN 978-1-78087-160-8) Elwes lascia da parte i temi più didattici di Maths 1001 e Math in 100 Breakthroughs e si dedica alla divulgazione classica: tanti capitoletti, ognuno dedicato a un tema differente, nella migliore tradizione di Martin Gardner nella sua rubrica sullo Scientific American. Come naturale, tra i trentacinque capitoli ce ne sono alcuni riusciti meglio, per esempio “Knowing me, knowing you”, “Tulip bulbs and hedge funds”, “Hot stuff”, e altri più deboli, come “Untangling the stuff of life”, “Rain or shine?”, “Automata and articulation”; ma il risultato finale è comunque convincente. Guardando il libro nel suo insieme, che si può dire? Innanzitutto può sembrare banale, ma i vari capitoli non parlano di matematica ma del mondo reale e di come a esso si applichi la matematica. I conti espliciti che vi si trovano sono forse un po’ di più di quanto alcuni possono accettare, anche se non sono certo eccessivi: mica è un testo di studio, li si guarda e al limite si passa oltre! Il testo vuole essere autocontenuto, e qundi non c’è purtroppo alcuna bibliografia; da un lato più positivo, ho invece molto apprezzato che spesso Elwes fa riferimenti ad altri capitoli. La matematica è fondamentalmente interconnessa, anche se in genere viene insegnata a compartimenti stagni, ed è piacevole che questa interconnessione venga esplicitata… anche in collegamenti a prima vista incredibili, come la teoria dell’informazione con i buchi neri.

Ultimo aggiornamento: 2014-09-07 21:16

_Kangourou dell’informatica 2013_ (libro)

[copertina] Come già per l’edizione 2012, anche questo libretto (AA.VV., Kangourou dell’informatica 2013, Edizioni Kangourou 2013, pag. 103, € 5, ISBN 9788889249345) contiene i problemi assegnati nell’edizione 2013 dei giochi Kangourou. Quest’anno, però, non ci sono solo canguri ma anche castori! C’è stata una collaborazione con Bebras, che è un consorzio nato appositamente per organizzare il “Castoro dell’informatica”. In effetti i Kangourou nacquero per la matematica, e quella di fare un’edizione informatica è stata una felice scelta italiana.
Il vantaggio è che i problemi di quest’anno nascono da nazioni diverse, e in un certo senso segnalano così i temi informatici ritenuti più interessanti da quelle culture. Non crederete mica che informatica (e matematica) siano assolutamente identiche ovunque ci si trovi? Il modo di fare le cose cambia eccome! Inoltre, in aggiunta ai problemi, alle soluzioni e alla sezione “Anche questa è informatica!”, quest’anno alcuni problemi hanno anche una trattazione teorica più ampia, sempre per mostrare come funziona in pratica l’informatica. Inoltre ci sono le statistiche finali, che mostrano quali sono stati i problemi più ostici per le squadre. Ricordo che il testo del libretto è liberamente disponibile, quindi non avete scuse per non cimentarvici!

Ultimo aggiornamento: 2014-07-20 18:31

_La matematica del Club Olimpico Kangourou_ (libro)

[copertina] I giochi Kangourou sono dedicati agli studenti delle medie e delle superiori, su varie discipline (non necessariamente scolastiche…). In questo caso (Marc Bachmakov, La matematica del Club Olimpico Kangourou, Edizioni Kangourou Italia 2008 [1998], pag. 256, € 22,50, ISBN 978-88-89249-08-6, trad. a cura di Barbara Mastracchio) parliamo di matematica, e quindi di problemi matematici. Ma definirlo così sarebbe riduttivo: Bachmakov, matematico e alpinista russo (ha scalato tutti i “settemila” situati nel territorio dell’ex Unione Sovietica…) parte giustamente dalla considerazione che i Kangourou non sono tanto (e solo) competizioni, quanto un modo di usare i problemi per arrivare con maggiore facilità alla comprensione dei concetti sottostanti. Così i vari “temi” in cui è diviso il libro iniziano col mostrare i principi di base, insieme ad alcuni cenni storici; seguono poi vari esercizi “di riscaldamento” e infine alcuni problemi effettivamente assegnati alle Olimpiadi della Matematica. Nell’edizione italiana tutti i problemi hanno indicata la soluzione, o almeno una traccia, il che permette di non dover sbattere troppo la testa con i problemi più ostici; ma soprattutto fa sì che il testo possa essere molto utile a un’insegnante che voglia uscire un po’ dalle gabbie dei programmi ministeriali e far vedere ai suoi studenti come si possa fare matematica in modo più divertente del solito, il che fa solo bene. In libri come questo la traduzione deve soprattutto evitare di creare difficoltà di comprensione dei problemi; Barbara Mastracchio fa sicuramente un ottimo lavoro.

Ultimo aggiornamento: 2014-07-20 17:47

_Cildo Meireles_ (mostra)

La mostra che sta per terminare all’Hangar Bicocca (chiude il 20 luglio) è una personale dell’artista brasiliano Cildo Meireles. Ora, come sapete, l’arte contemporanea ha tutto un suo modo di porsi, che spesso si può commentare con un’unica parola: bah. In questo caso, però, devo riconoscere che ho trovato la mostra divertente. Per esempio Cruzerio do Sul, una delle sue prime opere, non è altro che un cubetto di legno di un centimetro circa di lato lasciato sul pavimento, giusto con un faretto spot che lanciava un fascio di luce più o meno nella posizione. Ho come il sospetto che di quei cubetti ce ne sia qualche dozzina, e quando la sera si scopre che qualcuno ha accidentalmente scalciato via l’opera d’arte essa venga surrettiziamente sostituita da una nuova copia (cosa che tra l’altro è ininfluente: l’opera d’arte concettuale esce infatti dagli angusti confini del materiale con cui è stata prodotta, ed entra in relazione con lo spazio e il fruitore). Meno piacevole Através, dove si cammina letteralmente sui vetri rotti – probabilmente spaccandone a nostra volta qualcuno…, e non mi ha detto nulla Olvido, un tepee realizzato con 6000 banconote di paesi americani e circondato da un muro di 70000 candele di paraffina che racchiudono, oltre al tepee, tre tonnellate di ossa di bue. Diciamo che preferivo il minimalismo, e se proprio bisogna fare le cose in grande allora era meglio Amerikka, con 22000 uova di legno sulle quali camminare (senza scarpe) mentre in alto ci sono 55000 proiettili (svuoltati…) che puntano verso di noi. Ma ci si diverte di nuovo con Abajur, con un panorama che ruota lentamente… perché c’è sotto della gente che fa girare una ruota. Il massimo secondo me sarebbe stato il dover girare noi la ruota perché gli altri vedessero il panorama cangiante: dite che dovrei suggerirlo a Meireles?
Ci sono anche altre opere: mi limito a lamentarmi che per Entrevendo non c’erano più i due pezzetti di ghiaccio da mettere in bocca per sentirli sciogliere dal ventilatore con l’aria calda. Peccato.

_The Tokyo Puzzles_ (libro)

0584103573 Mentre stavo facendo shopping di libri matematici usati mi sono trovato davanti questo titolo (Kobon Fujimura, The Tokyo Puzzles, Biddles 1981, pag. 184, ISBN 9780584103571) e ho pensato “vabbè, costa poco, vediamo com’è”. Diciamo che non ho sprecato molti soldi, ma non consiglierei comunque il libro.
Il problema non è naturalmente il fatto che molti dei 98 problemini del libro mi fossero già noti: quella è una cosa che ci si può – o meglio ci si deve – aspettare da un testo come questo. Quello che speravo era trovare un tocco di “giapponesità” nella forma in cui i problemi erano proposti: in fin dei conti la cultura giapponese era sufficientemente diversa da quella occidentale per poter immaginare che Fujimura avesse provato a trasferire le ambientazioni. Invece, a quanto pare, è capitato l’opposto. L’autore aveva infatti tanto apprezzato i problemi “esotici” di Dudeney da volerli portare alla conoscenza dei propri connazionali. Nel testo sono così pochissimi gli accenni al Giappone che si potrebbe credere che l’autore fosse naturalizzato americano… Le uniche curiosità che ho scoperto – ma non dal libro… – sono che il problema del pesce a cui far cambiare direzione è suo, ed esiste la congettura di Kobon sul massimo numero di triangoli non sovrapposti che si possono ottenere con n rette.