Vengo a scoprire da una fonte di gossip solitamente ben informata (il Corsera) che il nostro attuale PresDelCons si è lamentato con il vescovo di Tempio Pausania perché Lui, che è divorziato, non ha il diritto di fare la comunione come tutti i fedeli cattolici.
Prendendo per buona la ricostruzione del quotidiano, le cose non devono essere andate proprio così: se Silvio ha fatto la domanda al vescovo «che gli stava porgendo l’ostia» (e che immagino l’abbia riconosciuto) e poi «ha rifiutato cortesemente la comunione», è chiaro che stava cercando il caso. Sospendo il giudizio sul vescovo che stava comunque facendo finta di niente e alla fine gli ha consigliato di rivolgersi «a chi è più in alto»: potrebbe essere un incrocio tra don Abbondio e Agostino Saccà, oppure più banalmente avere deciso che essendo Silvio già in peccato mortale era meglio evitare ulteriore scandalo (in senso evangelico, non novelladuemilistico).
Vorrei però farvi notare un simpatico parallelo con le ultime leggi ad personam sbucate dal cappello del nostro, come quella sul rinvio dei processi: anche in quel caso la giustificazione ufficiale è che in realtà Lui sta pensando al volgo in ambasce, e il fatto che la stessa legge si possa – favorevolmente – applicare a lui è un puro accidente, senza alcuna correlazione. Anche qua si parla “dei divorziati”: mica è colpa sua se anche a lui è capitato di vedere che «L’amore si trasforma in sincera amicizia» e quindi che lui e Carla, «di comune accordo, decidono di continuare la loro vita seguendo ognuno le proprie aspirazioni». O forse non è così? Chissà, magari tutta la profferta d’amicizia verso il Vaticano serve solamente a spingere questa leggina, e far sì che Silvio non si senta più un cattolico di serie B quando i fedeli si accodano per la comunione!
Ultimo aggiornamento: 2008-06-21 16:43