Archivi categoria: pipponi 2015

California Uber

Non so voi, ma mi ha stupito che sia stata in California la prima causa contro Uber non tanto per concorrenza sleale ma per problemi giuslavoristici: è stata resa nota un paio di giorni fa, ora la potete anche leggere in italiano sul Post. Il giudice ha sentenziato che l’autista Uber (Black, non Pop: insomma quelli che da noi sono NCC) che ha fatto ricorso era stata costretta da tanti vincoli da non potersi più considerare una libera professionista.

Una sentenza di questo tipo non credo che verrà mai fatta in Italia, dove il mercato è completamente diverso: però c’è una cosa che almeno a me dà da pensare. Servizi come Uber, tralasciando tutti gli altri aspetti legali e no, partono dal principio che la semplice intermediazione è un valore aggiunto. Di intermediari ne abbiamo sempre avuti, pensate solo alle agenzie immobiliari: ma in quei casi c’era comunque un’interazione personale che adesso non c’è, sostituita da una semplice applicazione. Quello che mi chiedo è cosa succederà quando queste applicazioni saranno ancora più ubique di oggi: tutta la nostra vita sarà basata su tasse occulte che non noteremo neppure se non quando verremo pagati per i nostri servizi…

Ultimo aggiornamento: 2015-06-18 18:04

la reticenza di Amazon – 2

(segue da qui e qui)

Alla mia reiterata richiesta di sapere chi è stato a vendere il mio libro, la laconica risposta di notifica@amazon.it è stata

La ringraziamo per l’e-mail. Poiché le procedure operative interne di Amazon.it sono strettamente riservate, non siamo in grado di divulgare le informazioni richieste.

Se avessero aggiunto una frasetta tipo “tali informazioni sono state inviate alle autorità competenti” la cosa mi sarebbe anche andata bene. Così è una presa per i fondelli tale che ho abdicato ai miei princìpi e ho creato una casella PEC a mio nome per contattare AGCOM.

Ultimo aggiornamento: 2015-06-18 15:46

La reticenza di Amazon

(continua da qui)
Stamattina mi è arrivata una mail da notifica@amazon.it col testo

Sulla base delle informazioni contenute nel Suo modulo di notifica, i seguenti articoli saranno rimossi dal sito Amazon.it:

ASIN: B00WDCM6ZU (kindle)

Solitamente ci vogliono dai 3 ai 4 giorni perchè l’offerta scompaia dal nostro catalogo. Siamo convinti che questo risolverà la questione.

e la solita pappardella pseudolegale

Resta inteso che tale azione non è in nessun momento ascrivibile alle responsabilità di Amazon.it ed è intrapresa senza pregiudizio verso i diritti, i provvedimenti o le difese di cui Amazon.it e i suoi affiliati potrebbero essere titolari (ciascuno dei quali è espressamente riservato).

Tutto a posto, insomma? Per niente.

Il problema non è tanto il mio libro, che probabilmente non ha venduto neppure una copia. Poiché io non sono troppo paranoico, immagino che quello non sia l’unico caso. Non per nulla io avevo chiesto di notificare all’autorità competente ai sensi del D.lgs. 70/2003 la violazione segnalata e di fornirmi le generalità esatte del venditore e i dati di vendita; cosa che Amazon si è ben guardata dal fare. A questo punto l’idea di base sarebbe fare un reclamo ad AGCOM usando il famigerato regolamento antipirateria che l’autorità si è creata da sola, dando una nuova interpretazione al potere legislativo in Italia. Peccato che per compilare il modulo sia necessario avere un indirizzo PEC: motivo in più per notare come il regolamento sia a senso unico.

Cosa succederà ora? vedremo…

Aggiornamento: il libro è sparito martedì alle 19, insomma quaranta ore dopo la loro segnalazione. Niente male per un’opera digitale. Però è anche sparito da amazon.com :-)

Ultimo aggiornamento: 2015-06-18 15:46

Umberto Eco, internet e gli imbecilli

Yawn. Direi che questo è il commento più adatto all’esternazione di Umberto Eco, che a margine della sua laurea honoris causa in Comunicazione e Cultura dei media affermava «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli». Lo sbadiglio è perché sono anni che ripete le stesse cose contro Internet, dimenticandosi – come fa notare il peraltro direttore del Post Luca Sofri – che le imbecillità che arrivano in rete sono tipicamente prese dalla stampa e dalla televisione. Ma lo sbadiglio è anche perché la frase in questione è indubbiamente vera, ma non significa nulla.

Tra i commenti che ho letto credo che il giudizio che Pasolini diede di Eco quasi mezzo secolo fa in un’intervista fattagli da Oriana Fallaci sia illuminante: «Considera gli italiani: sono sempre padroni del sapere, anche quando sono ignoranti. Non c’è mai un attimo di timidezza, negli italiani, verso il sapere. Un tipo come Umberto Eco, ad esempio. Conosce tutto lo scibile e te lo vomita in faccia con l’aria più indifferente: è come se tu ascoltassi un robot.» Eco è della scuola che pensa che ci siano i docenti e i discenti, e che solo i primi abbiano diritto di parola (e ovviamente ragione su tutto ciò che dicono, perché se uno sa allora sa tutto di tutto). Gli imbecilli ci sono sempre stati e ci hanno sempre invasi. Prima di Internet scrivevano appunto sui giornali, e prima ancora convincevano magari la gente ad andare in guerra “perché era giusto così”.

La tecnologia è neutra: sta a noi imparare ad usarla, e giudicare quanto valgono le affermazioni di chi stiamo leggendo. Quello sì che è importante: il diritto di parola ce lo possono avere tutti, io però rivendico il diritto di scegliere chi ascoltare. Ma mi sa che Mario Tedeschini Lalli abbia proprio ragione, quando con perfida cattiveria fa balenare il pensiero che i suoi colleghi giornalisti hanno fatto con Eco la stessa cosa che facevano con Berlusconi: hanno lanciato l’esca sapendo che l’interlocutore avrebbe mangiato anche amo e lenza, se non addirittura la canna da pesca. Almeno queste sue banalità sono meno da facepalm delle barzellette dell’ex PresConsMin.

P.S.: mi meraviglio che Eco non abbia citato questo racconto.

Ultimo aggiornamento: 2015-06-11 16:03

precettazioni di precetto

Praticamente all’ultimo minuto, ieri sera il prefetto di Milano ha precettato i dipendenti ATM che avrebbero dovuto scioperare domani. Il tutto in una giornata tutto sommato tranquilla, con le scuole che sono terminate, in un giorno diverso dal venerdì e con le previsioni meteo buone. Perché? Perché c’è Expo.

A me pare che queste precettazioni rafforzino semplicemente i sindacati autonomi che stanno continuando a tirare la corda: se fossi un sindacalista della Triplice farei pressioni sul prefetto perché non precettasse i lavoratori. Tanto chi arriva da fuori può tranquillamente prendere il treno per arrivare in Fiera :-)

Ultimo aggiornamento: 2015-06-10 11:06

Addio SMS

Il signor Google Calendar mi ha scritto l’altro giorno segnalandomi che tra un mese eliminerà il servizio di reminder via SMS, per il quale usava non so quanti numeri di telefono diversi (ma non poteva fare direttamente un accordo con qualche operatore?) Motivo: ormai hanno tutti gli smartphone e quindi i messaggi se li possono leggere via mail.
Lavorando sul backoffice della gestione SMS, posso assicurare che i messaggi person-to-person spediti calano del 20% l’anno, presumibilmente in favore di Whatsapp (su, chi di voi usa Telegram?); però i messaggi application-to-person sono ancora in lieve crescita. La mossa di Google è insomma pittosto spiazzante, anche se immagino il mercato americano sia diverso da quello europeo e soprattutto inviare SMS era comunque un costo: se uno ha un piano Google a pagamento, le notifiche SMS restano eccome.

Quello che se volete trovo strano è che nonostante tutto l’email continui a seguire una sua strada: gli instant messages hanno infatti aggiunto di default le metainformazioni degli sms (avete presente le spunte semplici e doppia?) mentre le notifiche per le emailsono sempre rimaste facoltative e poco usate, anche quella di consegna al server che pure è immediata. Misteri…

Vivere di diritto d’autore

Sto leggendo l’ultimo numero della rivista del Gruppo Mauri-Spagnol, Il Libraio, e per la precisione l’editoriale di Stefano Mauri che racconta i primi dieci anni di GeMS. A un certo punto Mauri ha scritto “abbiamo ribadito a Bruxelles che gli autori di maggior talento di diritto d’autore vivono” e mi sono fermato.

Quanti sono gli scrittori italiani (viventi: meglio specificarlo, con il copyright che permane per settant’anni dopo la morte) che vivono di diritto d’autore? Cinquanta? Cento? Duecento? Mi piacerebbe davvero saperlo. È chiaro che non sto parlando di saggistica: i libri che scrivo io hanno un mercato così piccolo che mi permettono sì e no di andare una volta al mese in pizzeria. Ma anche nella narrativa, e anche considerando i diritti per le riduzioni tv e cinematografiche, non credo proprio che ci sia tutta quella gente che vive di diritto d’autore.

Nulla di male, intendiamoci, non è che tutti debbano vivere di diritto d’autore: però non mi pare che questo sia un argomento da portare così tanto in giro…

Ultimo aggiornamento: 2015-05-21 21:58