Archivi categoria: pipponi 2015

i mesi da 28 giorni

A quanto pare sono tutti a lamentarsi del fatto che le compagnie telefoniche italiane abbiano deciso di fare tariffazioni a 28 giorni anziché mensili come adesso, inventandosi pertanto un tredicesimo mese, tanto che c’è chi dice che AGCOM ha vietato la pratica. Le cose però sono un po’ diverse, andando però a leggere il comunicato stampa.

Intendiamoci: sicuramente passare dalla tariffazione mensile a quella a 28 giorni a parità di prezzo implica un aumento surrettizio del costo delle offerte quantificabile intorno al 7%. Su questo non ci piove. Controllando però meglio cosa è successo, si scopre che Tre ha sempre fatto offerte a 28 giorni, mentre Wind lo fa da marzo e Vodafone da giugno: ora che con agosto anche Tim si è decisa a cambiare tariffazione, AGCOM scrive in maniera un po’ nebulosa «l’Autorità – pur riconoscendo la libertà commerciale degli operatori – ha ritenuto opportuno segnalare all’Autorità antitrust, per gli accertamenti di
competenza, gli effetti sulla concorrenza derivanti dalla concomitanza delle politiche tariffarie delineate, e in particolare gli effetti restrittivi sugli utenti di ricaricabili che in pochi mesi hanno visto drasticamente ridursi la possibilità di reperire sul mercato offerte di rinnovo automatico della tariffazione alternative a quella ogni 28 giorni». Permettetemi di dire “mah” con un esempio pratico. Immaginiamo che gli operatori avessero tutti deciso di aumentare le proprie tariffe del 7% oppure che avessero sì portato la durata a 28 giorni ma abbassando le tariffe. Il fatto di trovare in questo secondo caso solo contratti a 28 giorni come avrebbe cambiato le cose? E nel primo caso ci sarebbe stata un’inchiesta perché non era più possibile trovare le offerte al prezzo iniziale?

Ciò detto, devo riconoscere che la mia azienda sembra avere giocato un po’ sporco, perché non solo cambia tariffazione per i nuovi contratti ma lo fa anche per i vecchi senza avere chiaramente avvisato della cosa gli utenti, dando loro la possibilità di recedere gratuitamente dal contratto: su questo non c’è nulla da dire. Ma per tutto il resto non vedo nulla di nuovo (compresa la storia degli accordi sottobanco tra i gestori)

Ultimo aggiornamento: 2015-07-31 13:10

Stupidità artificiale

Premessa: io abitualmente regalo per Natale un abbonamento a Cose di Casa a mia cognata, che vive a Torino. L’altro giorno lei mi scrive dicendo “lo sai? sono tre mesi che non mi arriva l’abbonamento. Puoi verificare?” Io faccio un po’ di controlli: vedo il pagamento fatto a dicembre sulla mia carta di credito, passo al setaccio la mia posta elettronica e trovo la notifica di pagamento con tutti i dati: nome e cognome della cognata, sua email, indirzzo (via Bobbio), CAP (10141), città (Milano).
Ehm… ho scritto Milano anziché Torino: ci credo che non gli arrivino i numeri (da marzo, presumibilmente). Telefono al servizio clienti e mi dicono che queste modifiche non possono essere fatte per telefono, ma devo… no, non è necessario mandare un fax: basta la posta elettronica. Scrivo, correggono e mi dicono che dal numero di settembre la rivista cartacea arriverà alla città corretta, se non ho sbagliato ancora.
Bene. La cazzata è stata mia, e sono abbastanza grandicello per immaginare che quando il postino milanese va in via Bobbio e non trova il cognome di mia cognata non rimanda certo la rivista indietro. Però c’è una cosa che non mi torna. La signora del servizio clienti mi ha detto che a lei il CAP risulta 20144, che effettivamente è quello della milanese via privata Bobbio. Il suo commento è stato “penso che il sistema abbia visto una discrepanza tra città e CAP e abbia corretto automaticamente quest’ultimo”. Ecco. Se il CAP fosse stato sbagliato per una singola cifra non mi sarei stupito: ma così mi sembrava più logico segnalare l’incongruenza e far controllare qualcuno, oppure lasciare tutto come sta. Sono troppo ingenuo?

Con molta calma

Oggi nella posta ho trovato una lettera di una coppia di parenti lontani di Anna. La lettera aveva il numero civico sbagliato, il 46 anziché il 40, e qualcuno aveva scritto a mano NO – SÌ – 40. Tutto bene… o quasi, considerando che il timbro postale era dell’8 gennaio.

Ultimo aggiornamento: 2015-07-24 19:33

Fisco online

Ho scoperto ieri che da più di un anno è possibile consultare il catasto online per gli immobili posseduti anche solo in parte. Che bello, mi sono detto, iscriviamoci.
Mi dicono “Per utilizzare il servizio è necessario essere registrati ai servizi telematici Entratel/Fisconline”: mi sembra corretto. Entro, scopro che per un privato come me il servizio è Fisconline, vado sulla pagina e trovo la pagina di iscrizione. La carta nazionale dei servizi ce l’avrei anche, ma non avendo un lettore di smart card decido di dire che non ce l’ho, e così arrivo su quest’altra pagina dove devo indicare (preciso all’euro, ma non di più) quanto è stato il mio reddito indicato nel 730/2014. Se lo indovino allora mi verranno dati quattro cifre del mio pin, mentre le altre sei, insieme alla password, mi arriveranno «entro 15 giorni, al domicilio conosciuto dall’Agenzia delle Entrate». Attenzione, però: abbiamo solo tre tentativi, altrimenti dovremo recarci di persona in un ufficio territoriale a chiedere il pin (a questo punto spero tutto assieme, ma con l’Agenzia delle Entrate non si sa mai).

Posso immaginare che la procedura barocca dell’inserimento del reddito 2013 serva per evitare che qualcuno si diverta, inserisca una sfilza di codici fiscali e faccia spendere allo stato i soldi dei francobolli (virtuali) per spedire dati a persone che non se ne fanno nulla. Ma perché il pin deve essere diviso in due parti? Qual è la differenza pratica tra dare tutto il pin e spedire la password, e dare mezzo pin e spedire l’altro mezzo pin e la password? Ecco, qui mi sono davvero perso.

Binetti e matrimoni gay

È da ieri che vedo battute su quanto Paola Binetti avrebbe detto a riguardo delle unioni civili tra omosessuali, e che sarebbe “qual è il problema? basta che uno vada all’anagrafe e dica di voler cambiare sesso, visto che non serve più l’intervento chirurgico” (vedi la sentenza di lunedì scorso). E giù (giusti) pipponi sul fatto che due persone possono benissimo voler restare anche ufficialmente maschi e avere una relazione tra di loro.
Però sono andato a leggere le dichiarazioni della Binetti (vabbè, sull’HuffPo) e a me pare che lei stia dicendo tutta un’altra cosa, che a suo parere quella decisione della Corte Costituzionale di Cassazione è ridicola e lo afferma con un paradosso – dal suo punto di vista. Non per nulla, la frase «Perché accontentarsi di una modesta unione civile, quando recandomi all’anagrafe per far registrare un mio desiderio, posso avere un matrimonio coi fiocchi?» è seguita da «Dobbiamo tornare al concetto di natura umana recuperando tutto il valore della identità sessuale nella sua specifica e ineludibile differenza e concretezza. La teoria del gender, che molti si affannano a negare, rende totalmente attuale tutta l’ambiguità del messaggio pirandelliano: così è se vi pare.» Insomma, nulla di diverso da quanto ha sempre affermato.
Ma a questo punto è chi si mette a fare disquisizioni sulla stupidità della frase prendendola come seria che fa una figuraccia…

Ultimo aggiornamento: 2015-07-23 17:19

Copyright automatico

[niente musica sotto copyright] Ieri, mentre stavo ascoltando la performance di sir Paul alla Casa Bianca, l’audio si è improvvisamente ammutolito. Sono andato a guardare il video (io YouTube lo uso solo come colonna sonora) e ho trovato il messaggio di cui nell’immagine.
I miei pensieri sono stati: (1) ma PBS aveva pagato i diritti per usare come sigla iniziale quella versione live di Band On The Run? (2) ma PBS lo sa che il suo video è stato pubblicato? (questo potrebbe essere irrilevante, magari PBS è come la NASA e questi video sono nel pubblico dominio). Ma soprattutto (3) ci sarà mai qualcuno che verifica queste segnalazioni automatiche, oppure abbiamo lasciato agli algoritmi anche questo pezzettino del nostro giudizio critico?

Ultimo aggiornamento: 2015-08-10 17:38

servi della gleba 2.0

Io sono perfettamente d’accordo che i profughi ospitati in Italia lavorino secondo le loro capacità. (Più precisamente “siano occupati”: seguire un corso di italiano è un’ottima cosa, se vuoi restare in Italia). Ma mi chiedo se il sindaco di Brescia Emilio Del Bono sappia che persino le ragazze alla pari hanno nel loro contratto dell’argent de poche, insomma non hanno solo vitto e alloggio. È vero che «[n]on possono restare settimane senza fare nulla», ma il lavoro deve essere correttamente retribuito. Altrimenti abbiamo davvero dei servi della gleba.
(Ah: ho il sospetto che l’«assenza di una formazione specifica» sia più alta tra gli italiani che tra i profughi, ma non ho le prove)

Aggiornamento: dimenticavo il link e la frase virgolettata «devono lavorare gratuitamente per la collettività, in cambio dell’ospitalità».

Ultimo aggiornamento: 2015-07-20 13:42

battutari profughi

Sabato sembrava che nella parte di italica Internet che mi capita di frequentare non ci fosse più nulla di importante sulla Grecia o sull’Isis, e persino l'”ondata eccezionale di caldo” pareva essere scemata. Tutti parlavano della vignetta di Giannelli sul Corriere (tanto per linkare la concorrenza, la vedete qui), con una famiglia che torna a casa, vede una serie di “negri mussulmani e affini” sul loro divano, che alla domanda “e voi?” rispondono “profughi”.
Ovviamente Giannelli ha affermato di essere stato frainteso, dicendo «Il mio intento era prendere in giro chi teme che i rifugiati arrivino a casa sua: la satira è anche paradosso». Ma il punto è un altro: molto banalmente, quella vignetta non fa per nulla ridere. Io sono notoriamente un esperto di vignette che non fanno ridere, ne produco tutti i giorni: e so bene che qui di paradossi non ce n’erano affatto, perché quello disegnato è semplicemente quello di cui tanta gente ha paura. Cosa c’è di satirico? nulla. L’unica cosa che mi chiedo è come mai ci sia stata tutta quella sollevazione popolare :-)

Ultimo aggiornamento: 2015-07-19 16:53