Archivi categoria: pipponi

notizie che non lo sono – san Gennaro

Titolo del Corsera: Anche San Gennaro soffre per l’influenza: niente bacio sulla teca del suo sangue.
Poi leggi l’articolo e scopri che è da anni che non viene più permesso di baciare la teca (poco male, per quanto mi riguarda, non sono mai stato un devoto devozionista), e che l’unica differenza è che non lo potranno fare nemmeno le autorità (di nuovo, sai che roba).
L’isteria è incredibile: non credo che ci fossero tutte queste scene di panico nemmeno ai tempi dell’epidemia di colera nel 1973, o più banalmente un anno e mezzo fa con tutta la monnezza sulle strade. Il tutto per un’influenza che è più contagiosa ma meno mortale della solita influenza. Forse è proprio vero che san Gennaro dovrebbe fare il miracolo di mettere in moto un po’ di neuroni… sempre naturalmente che il sangue dell’ampolla non sia stato infettato dal virus H1N1.

Ultimo aggiornamento: 2009-09-07 16:42

Rita Levi Montalcini e lo sfratto EBRI

Sono in tanti a piangere per lo sfratto esecutivo dato dalla Fondazione Santa Lucia all’European Brain Research Institute fondato nel 2001 dal Rita Levi Montalcini. Da quanto si legge, stanno per staccare la luce, dopo aver tolto i telefoni e non aver pagato gli ultimi mesi di stipendio ai cinquanta ricercatori dell’istituto.
Invece che piangere, però, non sarebbe stato meglio accorgersi con congruo anticipo che un istituto di quel tipo ha dei costi non indifferenti e che essere un bravo scienziato non significa affatto essere un bravo amministratore? O si aspettava il solito italico stellone – anche se è più semplice credere nelle fate che in un maggior finanziamento alla Levi Montalcini da parte dell’attuale governo?

Ultimo aggiornamento: 2009-09-04 17:57

Mario Calabresi e le dieci domande

La lettera al direttore pubblicata oggi sulla Stampa pone una domanda a Mario Calabresi: “Perché il giornale da lei diretto non ha messo in prima pagina le dieci domande di Repubblica al premier, come invece hanno fatto altri quotidiani esteri?” La risposta di Calabresi è tecnicamente ineccepibile: «Non le pubblichiamo perché sono le dieci domande di Repubblica e non quelle della Stampa. Sono una loro scelta editoriale, frutto del loro lavoro, ideate con uno stile e un obiettivo che le ha trasformate nella colonna portante di una campagna giornalistica.» Epperò…
È indubbio che il fogliaccio scalfariano usa le dieci domande in senso politico, come si vede in parte dal loro testo e soprattutto dalla loro reiterazione quotidiana; né ci sono dubbi sul fatto che un conto è un quotidiano straniero che le riprende, e un conto è la stessa cosa fatta da un giornale italiano. In quest’ultimo caso infatti la sensazione nel pubblico è quella di una testata minore che va al traino di chi è davvero importante; l’immagine del quotidiano sabaudo andrebbe così a farsi benedire.
Però c’è una frase molto più preoccupante nella risposta di Calabresi: «non appena ne avremo l’opportunità allora rivolgeremo tutte le domande che riteniamo sia giusto fare al presidente del Consiglio.» Io ad esempio vorrei sapere perché Berlusconi ha dato tre risposte diverse – tutte smentite – su come e quando ha conosciuto Benedetto Letizia (di Noemi non me ne importa nulla), e quale è la vera storia, visto che è arrivato appositamente a Casoria per i diciott’anni della figlia; vorrei sapere l’elenco delle persone senza cariche istituzionali ospitate sui voli di Stato – lo so che è stato decretato che la cosa non è illecita, ma visto che comunque quei voli sono pubblici mi sembra il minimo sapere chi come e quando li usa; vorrei sapere come mai ha querelato le giornaliste e opinioniste dell’Unità per avere osato affermare la sua impotenza, ma non ha fatto nulla del genere contro Vittorio Feltri che pure lo scrisse chiaramente su Libero; vorrei sapere come mai non ha mai smentito l’affermazione di Feltri secondo il quale è stato Silvio, e non Paolo Berlusconi, a chiedergli di tornare a dirigere Il Giornale; vorrei sapere perché le cause che intenta sono sempre e solo civili, e mai penali (occhei, questa è una domanda retorica, ma qualcuna ce ne vuole); vorrei sapere se qualcuno ha mai tentato di ricattarlo.
Non sono domande attinenti alla vita sessuale e alla salute del premier, come si può vedere; sono domande che vertono sulla sua figura pubblica, e che a me parrebbero interessanti. Sono sicuro che ce ne sarebbero anche altre; mi chiedo allora se La Stampa (anche il Corriere della Sera, di per sé, ma De Bortoli non ha mica dato una risposta così esplicita) pensa di non avere l’opportunità di fare domande di questo tipo, oppure ritiene non sia giusto farle. Mica per altro: ma comincio a temere che hanno ragione quelli che stanno dicendo che l'”Editto di Tirana” è stato applicato rigorosamente facendo fuori Paolo Mieli e Giulio Anselmi per rimettere alla guida dei due grandi quotidiani tradizionalmente filogovernativi un Ferruccio de Bortoli stranamente molto più silente di un tempo e appunto un Mario Calabresi che sta bene attento a non disturbare il manovratore, limitandosi a riferire le cose manco fosse un’Ansa.

Ultimo aggiornamento: 2009-09-04 12:22

Bofhfo

A me di Dino Boffo non può interessare di meno; soprattutto importuntubo se preferisce andare a letto con le donne o con gli uomini, fintantoché sono consenzienti e maggiorenni. (Nota per i vaticanisti dell’ultima ora: per la chiesa cattolica il peccato non è l’omosessualità ma gli atti omosessuali; e comunque se uno pecca perché è debole ma si pente viene sempre perdonato, “settanta volte sette”. Molto, molto più grave è colui che dà scandalo, e non mi pare che questo sia il caso del direttore dell’Avvenire.)
Le cose che mi fanno paura sono altre due. La prima è la famigerata nota informativa spacciata da Il Giornale come la “pistola fumante”. Nessun problema se è un falso – fatto piuttosto bene, in effetti, con quel lessico burosgrammaticato che fa immediatamente venire in mente le nostre forze dell’ordine. Ma se è vero, ciò significa che rischiamo di essere tutti segretamente schedati, proprio come in uno stato di polizia. La seconda cosa è che nel “sondaggio” di Skytg24, “state con il Giornale o con i vescovi?”, i feltristi sono circa il doppio degli altri. Facendo pure la tara degli anticlericali puri e duri – che non sono poi così tanti, esattamente come sono pochi gli integralisti cattolici – resta un risultato su cui mi sa che pesi parecchio l’omofobia. Detto in altro modo, se Boffo fosse stato condannato per evasione fiscale i risultati forse sarebbero stati diversi. Di nuovo, stiamo parlando di qualcuno che se è omosessuale comunque non lo sbandiera, quindi non c’è nemmeno la scusa del “guarda che pessimo esempio che dà”. Il tutto mi preoccupa davvero.
(di Feltri è inutile parlare. D’altra parte Silvio se l’è riportato ben per qualcosa, al Giornale di famiglia!)

Ultimo aggiornamento: 2009-09-01 09:18

Moria di librerie

È di questi giorni la notizia della chiusura di un’altra libreria milanese sufficientemente nota, la Libreria di Porta Romana; chiusura che segue quella degli Archivi del ‘900 (che mi ero perso, dopo il loro spostamento dalla parte opposta di Milano rispetto a casa mia) e quella della Libreria del Giallo.
Il Corsera ieri ha parlato un po’ più a lungo di questa moria di librerie, e aperto un forum dove come al solito è meglio lasciar perdere la lettura se non si ha il coraggio e la forza di tirare fuori le poche perle nel mare magnum dei commenti. Sapendo che qua nell’orticello il rapporto segnale/rumore è molto più alto, vi chiedo che cosa ne pensiate.
Da come la vedo io, il mercato dei libri, oltre che contrarsi, si è estremizzato; abbiamo da un lato i bestseller che trovi anche all’autogrill, da un altro lato le iperlibrerie tipo Feltrinelli e Mondadori, almeno nelle grandi città come Milano, e infine Internet per i divoratori di volumi e chi cerca opere della cosiddetta coda lunga (quorum ego). Forse nella cittadina da 20-30000 abitanti, diciamo anche 50000, una libreria “classica” – di quelle dove puoi chiacchierare con il libraio che ti consiglia il libro giusto per te e magari te l’ha anche tenuto da parte – può funzionare ancora. Ma mi sa che in una grande città il modello sia ormai irrimediabilmente superato. Il libro è un prodotto, e lo si vende come al supermercato. I gourmet ci sono ancora, ma l’offerta è così ampia che nessuna libreria standard può riuscire a gestire un magazzino decente.
Forse un print-on-demand davvero funzionante sarebbe una soluzione: mentre chiacchieri col libraio ti viene immediatamente stampata la tua copia. Ma questa mi sa sia troppo fantascienza.

Ultimo aggiornamento: 2009-08-28 07:00

non tutti gli scontrini sono uguali, ma…

Qualche giorno fa sul dorso locale di Repubblica è apparso questo articolo, dove due giornalisti (uno finto-straniero e l’altro finto-milanese) chiedevano a due tavolini distinti le stesse cose, per vedersi spesso fare due prezzi diversi, oppure perché la “straniera” non si vedesse dare lo scontrino fiscale. Tra i vari locali visitati c’è stato il Caffè Mercanti in via dei Mercanti (per i non milanesi: praticamente in Duomo) dove lo scontrino “straniero” è stato praticamente il doppio di quello “locale”; o se preferite, lo scontrino al bauscia è stato praticamente la metà di quello fatto alla turista.
No, non è la stessa cosa. Come il bloggher d’inchiesta mfisk ha verificato di persona, il prezzo fatto pagare alla sedicente turista estera era esattamente quanto indicato nei cartelloni appesi all’esterno del negozio. Tre euro e mezzo per una bottiglietta d’acqua da mezzo litro portata al tavolo secondo me è un furto, ma una volta che tu puoi saperlo in anticipo sei tu che scegli di essere rapinato, cosa di cui hai tutto il diritto. Se poi il barista vuole fare uno sconto a quello che potrebbe essere un futuro consumatore abituale, di nuovo quella è una sua scelta; l’Unico Prezzo Imposto – Milano (o era Unione Per Imbrogliare Meglio?) lo deve fare un ente pubblico, non certo un privato.
Faccio pubblica ammenda per esserci cascato anch’io ed essermi fermato alla prima lettura dei fatti, senza pensare a possibili altri fatti di contorno che avrebbero cambiato il quadro generale.

Ultimo aggiornamento: 2009-08-26 16:01

Faletti e _Io sono Dio_

Premessa: non ho nessun problema a riesumare questa mia vecchissima recensione di Io uccido, dove apprezzavo l’opera prima di Giorgio Faletti. Tanto più che l’ultima frase suonava profetica: «Il guaio di avere saccheggiato tutti i topos è che non ce ne sono più da usare…» D’altra parte, non mi è mai passato per la testa di comprare un altro libro dell’eclettico astigiano, e questo vuol dire forse qualcosa.
Da alcune settimane, con l’uscita del suo nuovo malloppo, c’è stato un tamtam in rete su alcune frasi che sono assolutamente incomprensibili in italiano perché calchi letterali di un’espressione idiomatica inglese: ad esempio, «Pensavo che una ventina di grandi vi avrebbero fatto comodo», dove i “grandi” sarebbero i “grands” “grand”, cioè i bigliettoni da mille. Si può leggere l’inizio da Severgnini e il prosieguo sul Giornale, con l’intervento di una traduttrice importante. Faletti risponde sulle colonne della Stampa, da cui è partito un pippone su FriendFeed.
Diciamocelo: parlare di “questa risibile querelle estiva e premestruale” significa non avere grandi argomenti a disposizione, e anche la mossa di far notare che “supper” non significa “zuppa” ma “cena” mi sembra un cercare di distogliere l’attenzione dal punto, di fare cioè un calco invece che una traduzione. Gli do atto che nell’italiano sono entrati svariati calchi, come appunto “verdoni” (i dollari sono verdi, le nostre banconote no…), anche se comunque un verdone è un dollaro, non mille; mi sono infine divertito a leggere che la traduzione letterale di «don’t beat around the bush» è esattamente quanto da lui scritto, cioè «non girare intorno al cespuglio». Ma forse essendo la musica beat stata incisa sui dischi a 45 giri, tutto torna.
Torniamo nel merito. La vera accusa sembra essere che Faletti abbia preso qualche negro (“ghostwriter”, se preferite il termine tecnico) che abbia tradotto (da cane) dei testi americani: accusa che Faletti nega decisamente. Confesso che all’inizio avevo pensato anch’io a qualcosa del genere, ma poi due persone decisamente più esperte di me mi hanno fatto notare che strafalcioni così non sarebbero mai potuti arrivare in stampa, e quindi sono stati fortemente voluti dal nostro autore. A questo punto la mia personale idea (e mi riallaccio a quello che scrissi cinque anni e mezzo fa, non ci posso credere!) è che Faletti voglia affermarsi come creatore di un nuovo lessico, e abbia scelto questo modo per avere delle nuove idee. Contento lui. Poi mi dirà che ha venduto dodici milioni di copie dei suoi libri, e sono contento per lui; ma anche le mosche possono accorrere a frotte, quindi non significa poi molto.
ps: sul Giornale c’è un articolo più o meno simile.

Ultimo aggiornamento: 2014-07-04 12:28

Raschiamo il fondo del barile

Forse sapete che tra meno di un mese – il 9 settembre, data scelta perché 9-9-9 si legge “Number Nine, Number Nine, Number Nine…” – verrà ripubblicato tutto il catalogo rimasterizzato dei dischi dei Beatles, comprese le versioni stereo degli album mono e le versioni mono degli album stereo. No, non li compro nonostante il 20% di sconto da IBS.
Oggi leggo che la Disney vuole prendere i diritti di Yellow Submarine (film e canzoni) per rifarlo in 3d e con tutte le supercazzole degli anni ’10.
Il tutto mi fa semplicemente sentire molto triste.

Ultimo aggiornamento: 2009-08-20 13:00