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metri teorici

Mentre Anna e io stavamo andando verso l’Ipercoop di Carasco, abbiamo visto i vari cartelli segnalatori, con la distanza indicata in “mt”. Anna ha commentato “chissà perché usano l’abbreviazione mt invece che la corretta m; alla fine abbiamo deciso che in effetti non si tratta di metri, ma dei famosi metri teorici. Ve ne sarete accorti anche voi: la distanza indicata non ha nessuna relazione con quella reale, e nel caso di più cartelli consecutivi per la stessa destinazione l’unica cosa di cui si può (di solito) essere certi è che i numeri che si vedono decrescenti.
La matematica delle unità di misura non finisce qui, però: ci sono i pesi indicati in “gr”, che non possono essere altro che grammi relativi: il loro uso è in genere limitato alle diete, dove si sa che il peso non è una variabile ma una costante, e quindi occorre giocare in altro modo per ottenere i risultati voluti. Non siamo però riusciti a trovare il significato dell’unità temporale denominata “sec”. Saranno “secondi e chissà”? “Secondi eventualmente compressi”? “Secondi effettivamente consumati”?

Ultimo aggiornamento: 2009-08-03 07:00

La matematica del Superenalotto

Ve lo dico subito: non vi racconto come si fa a vincere al Superenalotto, ma non mi metto nemmeno a fare tutte le solite storie sui 622 milioni di schedine possibili, sul fatto che il modo migliore di vincere è non giocare, e che cento milioni di euro sono molto più di quanto possa ragionevolmente spendere qualcuno. Lo fanno già in tanti, e non mi sembra serva a qualcosa. Preferisco un approccio più pragmatico e non così distruttivo.
È chiaro che il Superenalotto, come tutti i giochi di azzardo, statisticamente fa guadagnare lo Stato e non certo i giocatori. Solo il 34.6% delle giocate viene redistribuito nel montepremi: quindi per ogni euro giocato in media mi dovrei aspettare di ritrovarmi meno di 35 centesimi. Per prima cosa, il conto è sbagliato; il jackpot continua a crescere con i soldi non vinti in precedenza, anche se comunque non ne vale la pena: giocare tutte le possibili combinazioni costerebbe 311 milioni di euro, giusto per dare un’idea. Ma quella della vincita media è però una statistica alla Trilussa; nient’altro che il numerino che esce fuori da una formula di Excel™ o del vostro foglio di calcolo preferito, e che nella vita reale può o meno essere importante.
Elwyn Berlekamp un giorno mise giù la cosa in questi termini: “Supponete di dover necessariamente lasciare l’isola dove vi trovate, ma non abbiate i soldi necessari per il volo: il biglietto costa 360 euro e voi ne avete solo 10. Se lì vicino c’è un casinò, la vostra migliore chance è andare e puntare i costri dieci euro su un numero secco. Tanto restare con dieci euro o al verde è solo lo stesso!” Detto in altro modo, un conto è il guadagno teorico atteso, ma all’atto pratico possono essere più importanti altre considerazioni. Insomma, se uno decide di andare dal tabaccaio a farsi le due schedine esattamente come potrebbe andare al bar a prendersi cappuccino e brioche non è certo un problema, sempre che sappia che quei soldi li ha probabilmente persi. Il vero problema è quando uno continua a giocare sempre più soldi per recuperare quelli persi nei concorsi precedenti; quello sì che è pericoloso, e spero nessuno dei miei lettori sia finito in questo vortice. Temo che spesso sia così: tra l’altro, rispetto all’ultima megavincita di fine 2008 si può notare come con un concorso in meno ci sia un montepremi maggiore di quasi il 10 percento. Semplicemente un sottoprodotto della crisi?
Veniamo al montepremi abnorme. A parte che dopo avere scoperto che a maggio in Spagna hanno vinto 126 milioni di euro ho vieppiù capito che ormai i cugini poveri siamo noi, tutti i commentatori che tuonano contro le grandi vincite partono da un assunto: che la gente giochi singolarmente la schedina. Sarà vero? Io non lo so, ma mi sembra abbastanza comune vedere ad esempio venti persone che si coalizzino per giocare venti colonne. Il risultato pratico è moltiplicare per venti la probabilità – infima, occhei – di vittoria, dividendo per venti l’eventuale vincita e facendo soffrire molto meno i vincenti della cosiddetta “sindrome della fortuna”.
Insomma, la matematica è sempre una cosa seria: non basta tirare fuori una formuletta perché le cose funzionino sempre perfettamente! (Per i curiosi: no, io non ho mai giocato al Superenalotto, e credo di aver giocato una volta al Totocalcio con mia nonna quando avevo dodici anni; come vedete, posso pontificare da perfetto ignorante!)

Ultimo aggiornamento: 2009-07-30 12:26

Glossario matematico – ricreativo?

Sto giochicchiando con DokuWiki (ne parlerò più diffusamente in seguito) e mi è venuto in mente che si potrebbe fare un glossario di “matematica usata per i problemi ricreativi”.
Trovate un primissimo abbozzo qui: l’idea dovrebbe essere di avere una rapida spiegazione nel glossario, e poi almeno per alcune voci un wikilink che porti a una spiegazione un po’ più corposa. Domande varie:
– vi piace l’idea?
– avete degli argomenti che vorreste vedere definiti e/o trattati? (la differenza è quella indicata sopra)
– volete lavorarci su? (se riesco a settare la wiki)
ps: dokuwiki ha già al suo interno la possibilità di fare un wikilink a Wikipedia per eventuali approfondimenti. La mia idea è un po’ diversa da quella di Wikipedia, ma naturalmente non è in contrapposizione, pur essendo un progetto non-commercial. Me la posso portare avanti anche da solo, il terzo punto è il meno importante insomma.

Ultimo aggiornamento: 2009-07-21 18:11

Algoritmi per il MCD

Abbiamo visto che il minimo comune multiplo (mcm) e il massimo comun divisore (MCD) di due numeri sono strettamente correlati; dati due numeri r e s, si ha che mcm(r,s) = rs/MCD(r,s). Ne consegue che basta avere un algoritmo per calcolare uno dei due valori, e siamo anche in grado di trovare l’altro; visto che il mcm è (di solito molto) maggiore del MCD, chiaramente è meglio dedicarci a quest’ultimo.
L’algoritmo più antico noto per calcolare il MCD di due numeri è così antico che non sono non c’era ancora il nome “algoritmo”, ma non credo la gente avesse in mente addirittura il concetto idi algoritmo. Lo si trova infatti in Euclide, che nei suoi Elementi non ha trattato solo di geometria ma anche dei numeri. L’algoritmo euclideo per calcolare MCD(r,s) è concettualmente molto semplice: se r=s, allora MCD(r,r)=r; altrimenti, supponendo che r>s, MCD(r,s)=MCD(r-s,s). Tutto qua. Il lettore più attento (occhei, il lettore meno attento ha già semsso di leggere da un po’) si sarà sicuramente accorto che il procedimento deve per forza terminare, visto che nel caso generale si passa da una coppia di numeri a una coppia la cui somma è minore, e non si può scendere all’infinito visto che la somma sarà sempre positiva. Non è nemmeno troppo difficile scoprire che in effetti l’algoritmo calcola correttamente il MCD di due numeri. Se i numeri sono uguali la cosa è immediata; altrimenti, se m è l’ancora incognito MCD(r,s), allora r=mh e s=mk; quindi m è sicuramente un fattore comune di r-s=m(h-k) e s=mk: e se ci fosse un fattore comune maggiore nella differenza, quel fattore ci sarebbe stato anche all’inizio.
La cosa più incredibile è che l’algoritmo che si usa oggi per calcolare il MCD di due numeri è ancora essenzialmente quello di Euclide! L’unica miglioria che c’è stata è che non si sottraggono più i due numeri ma si prende il resto della loro divisione e lo si sostituisce al maggiore dei due; se il minore divide esattamente il maggiore, allora il MCD cercato è il numero minore. E in effetti non è che cambi molto, visto che come certo ricordate la divisione tra numeri interi non è altro che una ripetuta serie di sottrazioni. L’algoritmo così modificato è molto veloce, richiedendo una quantità di operazioni dell’ordine del logaritmo dei numeri; il caso peggiore si ha quando i due numeri dati sono in posizioni successive della successione di Fibonacci… ma questa è un’altra storia, che forse prima o poi racconterò.
Termino con un simpatico problemino matematico (la parola “simpatico” sta ovviamente a indicare qualcosa che farà arrabbiare chi cercherà di risolverlo, e farà arrabbiare ancora di più chi leggerà la soluzione e scoprirà la semplicità). Ci sono due amiche, Thelma e Louise, che hanno preparato due pile di pancake e si accingono a mangiarle. Le amiche si alternano a prendere pancake dalla pila in quel momento più alta, togliendone un multiplo a piacere del numero presente nella pila più piccola. Visto che il pancake più in basso è sempre molliccio, la prima che è costretta a prenderlo ha perso il gioco. Se Thelma e Louise scelgono la loro migliore strategia, chi vincerà, data una coppia di valori iniziali? La risposta alla prossima puntata!

Ultimo aggiornamento: 2009-07-06 08:00

Elezioni iraniane e legge di Benford

GaS mi ha segnalato un interessante articolo, che trovate su arXiv, di un tipo (Boudewijn F. Roukema) che si è messo a spulciare i risultati ufficiali delle elezioni iraniane del mese scorso per fare delle analisi statistiche sui risultati dei singoli seggi elettorali e scovare eventuali brogl… pardon, situazioni molto improbabili.
L’analisi più semplice da fare è la verifica della legge di Benford. Ve la ricordate? Ne avevo parlato un bel po’ di tempo fa. In pratica, se viene dato un insieme di valori molto sparpagliati (su vari ordini di grandezza) e si guarda la prima cifra di tali valori, è molto più probabile che tale cifra sia un 1. Per dare un’idea, in una distribuzione ideale il 30% dei valori dovrebbe iniziare per 1 e solo il 5% per 9. Nel mondo reale le cose sono un po’ più complicate, e l’autore propone una versione modificata della legge adattata ai risultati totali delle elezioni, in modo da eliminare alcune distorsioni. Per gli amanti dei complotti ci sono però delle brutte notizie: i risultati sono abbastanza vicini ai valori teorici, tanto che l’analisi continua osservando la strana frequenza delle cifre iniziali 7 di un candidato outsider che ha preso in tutto poche centinaia di migliaia di voti, e cercando di estrapolare da quei pochi collegi elettorali una tendenza totale – che toglierebbe circa un milione di voti ad Ahmadinejad ma non cambierebbe di molto i risultati. Almeno questo è ciò che ho capito: non sono un grande esperto di statistica, e sono riuscito a seguire i ragionamenti di Roukema solo a grandi linee. Però l’idea che mi sono fatto è che i risultati presentati sono un po’ tirati per i capelli.
Che dire? Trovo molto interessante l’idea di applicare analisi statistiche ai voti di un’elezione per vedere eventuali brogli. Ma in casi come questo, dove i risultati dei vari candidati sono così diversi tra di loro, non credo la cosa abbia un grande valore pratico. Se io dovessi fare dei brogli di questo tipo, sposterei direttamente in ciascuna circoscrizione elettorale metà dei voti del candidato M al candidato A; un’operazione di questo tipo non dovrebbe lasciare strascichi statistici verificabili, che io sappia.

Ultimo aggiornamento: 2009-07-01 13:22

FiboProdotti

Il problema di questa settimana di MondayMathMadness riguarda i numeri di Fibonacci, o meglio il loro prodotto.
Data la definizione quasi standard F0=F1=1 e Fn=Fn-2+Fn-1, con i primi numeri che sono 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, … viene chiesto di semplificare dare un’espressione più semplice per la somma
S(n) := F0F1 + F1F2 + F2F3 + … + Fn-1Fn + FnFn+1
La soluzione, se sapete come dimostrarla, è molto semplice; visto che fino a lunedì sera la gara è ancora aperta vi invito a non postare eventuali soluzioni qui da me, ma di mandarle se volete a Wild About Math. Però, se volete cimentarvi, potete provare a lasciare degli aiutini :-)
Aggiornamento: (1. luglio) nei commenti c’è un link alla soluzione.

Ultimo aggiornamento: 2009-06-27 17:00

Tre classici

Ci sono alcuni problemi matematici che sono ben noti a chiunque abbia una collezione di libri di giochi matematici. Questi problemi si dividono in due categorie: la prima consiste in quelli per cui occorre mettersi alla caccia di carta e penna per fare conti su conti – un esempio? prendete 12 palline, di cui 11 identiche e una che pesa un po’ di più oppure un po’ di meno, non si sa, e cercate di scoprire qual è la pallina farlocca avendo a disposizione una bilancia a due bracci e tre pesate – e che a me personalmente non piacciono più di tanto.
Poi c’è la seconda categoria: problemi che assomigliano agli altri ma hanno invece un punto debole, dove chi trova il grimaldello giusto può risolverli senza stancarsi più di tanto. Per uno fondamentalmente pigro come me, questi problemi sono molto più simpatici.
Alcuni dei miei ventun lettori sanno di cosa sto parlando (ma tacete… e ad ogni buon conto questa è robba nuova); per tutti ho pensato di inaugurare l’ennesima sezione del mio sito, con tre problemi di questo tipo. Per la gioia di chi non ama sbattere troppo la testa, i problemi hanno un aiutino: cliccate, e vi sarà dato un indizio per mettervi sulla buona strada.
Spero la cosa vi piaccia :-)

Ultimo aggiornamento: 2009-06-13 07:00

Massimo comun divisore e minimo comune multiplo

Non so se le frasette “massimo comun divisore” e “minimo comune multiplo” facciano ancora venire a qualcuno un brivido di terrore, al pensiero dei conti che ci facevano fare a scuola e magari anche per capire com’è che una di quelle due sigle – che ricordano pericolosamente 1400 e 1900 scritti in numeri romani – fosse tutta in maiuscolo e l’altra tutta in minuscolo, e perché quello maiuscolo fosse il più piccolo dei due numeri, e non il più grande. Forse è vero che oggi questi concetti sono un po’ meno importanti di un tempo, quando i conti si facevano a mano; ma hanno ancora un certo qual interesse.
Per prima cosa occorre fare un passo indietro e approcciare il tutto da parecchio lontano. I numeri naturali hanno una simpatica proprietà, niente affatto scontata: quella della fattorizzazione unica. Un fattore di un numero n è un numero f tale che la divisione n/f non dà resto: i numeri primi, forse ricordate, sono quelli maggiori di 1 che hanno come fattori solo sé stessi e 1. Se prendiamo un qualsiasi numero, la fattorizzazione unica ci assicura che lo possiamo scrivere in un solo modo come prodotto di numeri primi; per esempio, 1001 = 7·11·13.
In matematica la fattorizzazione unica è importantissima, ed è il motivo fondamentale perché si definisce che 1 non è un numero primo; piuttosto che aggiungere qui la frasetta “eccetto che si possono aggiungere tanti fattori uno quanti si vogliono”, si preferisce aggiungere “eccetto 1” nella definizione di numero primo. Come curiosità posso aggiungere che all’inizio del XIX secolo si pensava di poter dimostrare il teorema di Fermat con alcune tecniche nemmeno troppo difficili matematicamente ma che presupponevano che la fattorizzazione unica valesse anche per numeri “più o meno interi”, quelli della forma n + m √(-1); ed è stato un brutto colpo acccorgersi che non è affatto vero.
Ma basta con le divagazioni, e torniamo alla fattorizzazione unica. Abbiamo visto che ogni numero si può scrivere in modo univoco come prodotto di numeri primi; ma allora se prendiamo due numeri possiamo trovare quali fattori – e presi quante volte – hanno in comune. Per esempio, 9009 = 32·7·11·13 e 147 = 3·72 hanno in comune il prodotto 3·7, cioè 21. Detto in altro modo, posso dividere sia 9009 che 147 per 21 senza ottenere nessun resto, e non c’è nessun numero maggiore con questa proprietà. Quindi 21 è un divisore, comune a entrambi i numeri e massimo; il Massimo Comun Divisore (MCD), appunto. In maiuscolo, perché immagino che la parola “massimo” faccia pensare a qualcosa di grande.
Supponiamo però che ci interessi qualcosa di diverso; possiamo riempire degli scatoloni di libri mettendoli a gruppi di sei oppure a gruppi di otto a seconda di cosa il Comitato Centrale ci comunicherà, non vogliamo scatoloni mezzi pieni perché non sta bene, e vogliamo evitare di fare troppi scatoloni perché siamo pigri. Ovviamente prendere sei per otto, quarantotto, libri ci permette di riempire in ogni caso gli scatoloni; però si può fare di meglio limitandoci a 24 libri. Questo 24 è il minimo comune multiplo (mcm) di 6 e 8, appunto. In minuscolo, perché immagino che la parola “minimo” faccia pensare a qualcosa di piccolo.
Se ci capita di sommare due frazioni, a denominatore ci conviene usare il minimo comune multiplo dei denominatori, perché ci troveremo con numeri più piccoli. Ma come si fa a sapere qual è il mcm di due numeri? Più semplice di quanto possa sembrare a prima vista: si moltiplicano tra di loro i due numeri e si divide il risultato per il loro massimo comun divisore. In fin dei conti il MCD indica proprio quali fattori sono in comune tra i due numeri, e quindi è inutile contare doppi. E come si fa a sapere qual è il massimo comun divisore dei numeri? Beh, quello lo racconto la prossima volta :-)

Ultimo aggiornamento: 2009-06-10 16:07